Genere: Generale
Rating: NC-17 (riferito a tutta la raccolta nella sua complessità)
AVVISI: Angst, Boy's love, Chanslash, Girl's love, Incest, Lime, Violence.
- Una raccolta di racconti originali che hanno a che fare con la mia vita e con quella delle persone che conosco.
Commento dell'autrice: Questa è una cosa a cui tengo parecchio. E' come se fosse una sorta di diario romanzato. Tutto quanto è rigorosamente vero.
Rating: NC-17 (riferito a tutta la raccolta nella sua complessità)
AVVISI: Angst, Boy's love, Chanslash, Girl's love, Incest, Lime, Violence.
- Una raccolta di racconti originali che hanno a che fare con la mia vita e con quella delle persone che conosco.
Commento dell'autrice: Questa è una cosa a cui tengo parecchio. E' come se fosse una sorta di diario romanzato. Tutto quanto è rigorosamente vero.
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Aprendo gli occhi si guardò intorno stupendosi di varie sensazioni e di tutto ciò che le stava intorno. Anzitutto il fatto che gli occhi le bruciassero così tanto, era normale? Per continuare con la semi-oscurità in cui era immersa. Guardò l’orologio, le sei meno venti. Non riuscì a capire se di mattina o di pomeriggio. Poi, la morbidezza che sentiva sotto le mani. Il suo letto? Aveva dormito?
Si girò, guardando il soffitto sopra la sua testa. Non riuscì a distinguerne il colore. Il mal di testa che, lentamente, la prendeva, di certo non aiutava. Allungò piano un braccio, giusto per verificare di essere ancora capace di muoversi. Le era sempre piaciuta la sensazione che le davano le lenzuola fresche a contatto con la pelle. Un vero sollievo, anche perché si sentiva accaldata. E poi, d’improvviso, sentì qualcos’altro. Qualcosa che aveva la sua stessa temperatura corporea. Qualcosa che, se ne accorgeva solo in quel momento, respirava profondamente cullato tra le braccia del sonno. Lo stupore di sentire questa presenza accanto fu tale da farle voltare il viso di scatto. I muscoli intorpiditi le fecero immediatamente capire che, se non voleva soffrire le pene dell’inferno. Avrebbe fatto meglio a controllare gli scatti del proprio corpo.
Comunque, si era ormai girata. L’aveva ormai visto. L’illusione di aver semplicemente dormito svanì, si sciolse come neve al sole.
Stava ricominciando a controllare il suo corpo, e si diede un’occhiata. Come immaginava, era completamente nuda. Lui invece teneva su i boxer. Abbassati, è vero, ma non li aveva sfilati. Chissà perché questa cosa le dava così fastidio, ora…
Cercò di ricordare la serata prima. Si, ok, era depressa. Brutto voto in matematica… c’è poco da fare. Era depressa ma non le andava mica di esserlo…
- Che cosa si fa stasera, ragazzi?
- Pensavamo di andare a casa di Tony, guardare un film, prendere una pizza magari…
E così si era andati da Tony.
- Per la sera come ci organizziamo? Non posso mica tornare a casa da sola!
- Ah, ti accompagno io, sono in moto.
Si era fatto avanti innocentemente. Lei aveva risposto con un grazie ed un sorriso.
Poi non ricordava molto… aveva bevuto? Forse un po’, ma non era certo ubriaca… Lui? No, assolutamente no. Un semplice discorso, sotto la porta di casa sua.
- Allora, come va?
- Eh, come vuoi che vada… ma sto bene, credo.
- Sicura?
- Non ti saprei dire. Da un lato mi sento così euforica che neanche ho voglia di andarmi a coricare…ma dall’altro…
Chissà che meccanismo mentale la portava a ragionare così. Era così triste… e continuava a ridere e scherzare. Nascondere le apparenze. Avrebbe potuto diventare naturale.
- Posso lasciarti sola stanotte o devo aspettarmi di leggere la notizia del tuo suicidio, domani sul giornale?
Lei l’aveva guardato. Non c’era alcun dubbio che l’avesse detto per scherzo. Ma… lo guardò ancora.
- Potresti salire un po’, no? Mia madre di sicuro già dorme, e se facciamo piano forse…
La frase non l’aveva finita. Per il resto ricordava solo le sue labbra. E poi il resto di lui. E per quanto riuscisse a ricordare… non c’era stato un solo momento durante il quale, mentre era fra le sue braccia, non si fosse sentita al settimo cielo.
Si voltò, per guardarlo meglio, sperando ardentemente che sua madre non si svegliasse così presto. Ed anzi, avrebbe preferito che il suono regolare della sveglia delle sette del mattino non arrivasse mai. E… cavolo, da quando era diventato così carino?
Guardò tutto. Gli occhi chiusi, i capelli scomposti, le guance rilassate… si faceva la barba… non l’aveva mai fatta crescere, probabilmente.
Rimase in estasi a guardarlo per un tempo inquantificabile. Poi, improvvisamente, di scatto, anche lui aprì gli occhi, e si ritrovarono inaspettatamente immersi l’uno nel castano scuro dell’altra.
- Buon…
Accennò lui, ma lei lo zittì con un dito sulle labbra.
- Mia madre sta qui accanto…
Aggiunse bisbigliando. Lo vide arrossire.
- Senti…
Gli disse poi.
- … credo sia meglio uscire di casa prima che si svegli. Dovremmo cominciare a prepararci.
Lui annuì.
Si vestirono piano, evitando ogni rumore e soprattutto ogni possibile occasione di guardarsi nuovamente negli occhi. Troppo l’imbarazzo.
Appena furono usciti di casa, lui parlò.
- Potremmo passare da casa mia a prendere lo zaino? Sto qui vicino.
- Si, si, non c’è problema…
Gli rispose infilandosi il casco. Il ragazzo sorrise maliziosamente.
- Ehi, ma non ti preoccupa quello che penseranno vedendoci arrivare insieme come ce n’eravamo andati ieri sera?
Lei rifletté un po’, stringendo dolcemente la sua giacca mentre lui dava gas ed il motorino partiva.
- Ci penserò poi.
Concluse, e si ancorò saldamente a lui con le braccia.
Si girò, guardando il soffitto sopra la sua testa. Non riuscì a distinguerne il colore. Il mal di testa che, lentamente, la prendeva, di certo non aiutava. Allungò piano un braccio, giusto per verificare di essere ancora capace di muoversi. Le era sempre piaciuta la sensazione che le davano le lenzuola fresche a contatto con la pelle. Un vero sollievo, anche perché si sentiva accaldata. E poi, d’improvviso, sentì qualcos’altro. Qualcosa che aveva la sua stessa temperatura corporea. Qualcosa che, se ne accorgeva solo in quel momento, respirava profondamente cullato tra le braccia del sonno. Lo stupore di sentire questa presenza accanto fu tale da farle voltare il viso di scatto. I muscoli intorpiditi le fecero immediatamente capire che, se non voleva soffrire le pene dell’inferno. Avrebbe fatto meglio a controllare gli scatti del proprio corpo.
Comunque, si era ormai girata. L’aveva ormai visto. L’illusione di aver semplicemente dormito svanì, si sciolse come neve al sole.
Stava ricominciando a controllare il suo corpo, e si diede un’occhiata. Come immaginava, era completamente nuda. Lui invece teneva su i boxer. Abbassati, è vero, ma non li aveva sfilati. Chissà perché questa cosa le dava così fastidio, ora…
Cercò di ricordare la serata prima. Si, ok, era depressa. Brutto voto in matematica… c’è poco da fare. Era depressa ma non le andava mica di esserlo…
- Che cosa si fa stasera, ragazzi?
- Pensavamo di andare a casa di Tony, guardare un film, prendere una pizza magari…
E così si era andati da Tony.
- Per la sera come ci organizziamo? Non posso mica tornare a casa da sola!
- Ah, ti accompagno io, sono in moto.
Si era fatto avanti innocentemente. Lei aveva risposto con un grazie ed un sorriso.
Poi non ricordava molto… aveva bevuto? Forse un po’, ma non era certo ubriaca… Lui? No, assolutamente no. Un semplice discorso, sotto la porta di casa sua.
- Allora, come va?
- Eh, come vuoi che vada… ma sto bene, credo.
- Sicura?
- Non ti saprei dire. Da un lato mi sento così euforica che neanche ho voglia di andarmi a coricare…ma dall’altro…
Chissà che meccanismo mentale la portava a ragionare così. Era così triste… e continuava a ridere e scherzare. Nascondere le apparenze. Avrebbe potuto diventare naturale.
- Posso lasciarti sola stanotte o devo aspettarmi di leggere la notizia del tuo suicidio, domani sul giornale?
Lei l’aveva guardato. Non c’era alcun dubbio che l’avesse detto per scherzo. Ma… lo guardò ancora.
- Potresti salire un po’, no? Mia madre di sicuro già dorme, e se facciamo piano forse…
La frase non l’aveva finita. Per il resto ricordava solo le sue labbra. E poi il resto di lui. E per quanto riuscisse a ricordare… non c’era stato un solo momento durante il quale, mentre era fra le sue braccia, non si fosse sentita al settimo cielo.
Si voltò, per guardarlo meglio, sperando ardentemente che sua madre non si svegliasse così presto. Ed anzi, avrebbe preferito che il suono regolare della sveglia delle sette del mattino non arrivasse mai. E… cavolo, da quando era diventato così carino?
Guardò tutto. Gli occhi chiusi, i capelli scomposti, le guance rilassate… si faceva la barba… non l’aveva mai fatta crescere, probabilmente.
Rimase in estasi a guardarlo per un tempo inquantificabile. Poi, improvvisamente, di scatto, anche lui aprì gli occhi, e si ritrovarono inaspettatamente immersi l’uno nel castano scuro dell’altra.
- Buon…
Accennò lui, ma lei lo zittì con un dito sulle labbra.
- Mia madre sta qui accanto…
Aggiunse bisbigliando. Lo vide arrossire.
- Senti…
Gli disse poi.
- … credo sia meglio uscire di casa prima che si svegli. Dovremmo cominciare a prepararci.
Lui annuì.
Si vestirono piano, evitando ogni rumore e soprattutto ogni possibile occasione di guardarsi nuovamente negli occhi. Troppo l’imbarazzo.
Appena furono usciti di casa, lui parlò.
- Potremmo passare da casa mia a prendere lo zaino? Sto qui vicino.
- Si, si, non c’è problema…
Gli rispose infilandosi il casco. Il ragazzo sorrise maliziosamente.
- Ehi, ma non ti preoccupa quello che penseranno vedendoci arrivare insieme come ce n’eravamo andati ieri sera?
Lei rifletté un po’, stringendo dolcemente la sua giacca mentre lui dava gas ed il motorino partiva.
- Ci penserò poi.
Concluse, e si ancorò saldamente a lui con le braccia.