rp: consuelo lallai

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo.
Pairing: Marisol/Consuelo.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Incest, Angst, Femslash, Flashfic.
- "Marisol che si agita con un niente, che si spezza con un soffio di vento, anche se fa la voce grossa, e ogni volta che canta sembra ruggire. È sempre così piccola, sempre così sottile, con quegli occhi così grandi che quando è spaventata ci puoi leggere dentro di tutto. Così spaventata dal mondo, perché è fragile. Così fragile. Tanto che davvero, a toccarla ci si prende paura."
Note: Scritta nel corso della Notte Bianca #4, su prompt X-Factor 5, le Lallai; cabin pressure. Per questa mi ha sfottuta anche la Caska, allucinante. E' una maledizione, comunque, è scritto nelle stelle che ad ogni Notte Bianca io devo scivolare di un gradino verso il fondo del barile. Temo cosa troverò quando ci sarò arrivata. *sospira* (Comunque non è colpa mia, esse erano canon /O\ E io piangerò per sempre perché mi sono state tolte. *lacrime*)
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CABIN PRESSURE

Sedute l’una accanto all’altra sull’aereo che le porta a Milano, Marisol e Consuelo rimangono immobili, rigide, e fissano dritto davanti a loro, senza scambiarsi neanche un’occhiata. Marisol è così tesa che potrebbe mettersi a tremare da un momento all’altro, e la cosa più spaventosa di tutte è che quei tremori Consuelo se li sente sulla pelle come fossero i propri.
È sempre stato così, in fondo. È per questo motivo che è andata via, ma come può dirlo a Marisol? Marisol che si agita con un niente, che si spezza con un soffio di vento, anche se fa la voce grossa, e ogni volta che canta sembra ruggire. È sempre così piccola, sempre così sottile, con quegli occhi così grandi che quando è spaventata ci puoi leggere dentro di tutto. Così spaventata dal mondo, perché è fragile. Così fragile. Tanto che davvero, a toccarla ci si prende paura.
E il problema qual era, se non questo? Toccarla. Consuelo lo sa, Consuelo lo sa che è sempre stato questo, il fulcro di tutti i loro casini. Toccarla. Aver sempre voluto toccarla. Prima del casino con mamma e papà, prima di ogni altra cosa, fin da quando erano solo due ragazzine. Dal primo momento in cui Consuelo ha cominciato a capire cosa volesse dire amare qualcuno, desiderarlo al punto di sentirsi stringere lo stomaco in una morsa d’acciaio, fin quasi a voler piangere per cercare di scacciare via quella voglia che le bruciava nel bassoventre con furia inestinguibile, Marisol è sempre stata lì. Piantata nel centro dei suoi pensieri, dei suoi sogni, di tutte le sue fantasie.
Come avrebbe potuto dirglielo? Come avrebbe potuto restarle accanto? Chi poteva pretendere che, posta davanti alla scelta fra scappare e restare soffrendo, avrebbe scelto di restare? E morire di dolore un po’ di più ogni giorno? E perché? Per chi? No, neanche per Marisol. Neanche per lei poteva valere la pena di sopportare una tale quantità di dolore.
Ma quando hanno cantato insieme su quel palco, sì. Lì forse per un istante ha pensato che potesse valerne la pena. Quando l’ha stretta fra le braccia e, dopo minuti interi di ritrosie e recriminazioni, Marisol le si è sciolta sul petto, singhiozzando e nascondendosi contro il suo collo, stringendola con forza, terrorizzata all’idea di lasciarla andare, lì sì, lì sì che, anche se solo per un secondo, tutto ha avuto senso, e l’idea di restarle accanto nonostante tutto non era più soltanto possibile, ma quasi necessaria.
Silenziosamente, mentre la hostess annuncia che l’aereo sta per atterrare e sarebbe proprio il caso che tutti controllassero la chiusura delle cinture di sicurezza, Consuelo decide di sciogliere il nodo a quella che s’è stretta attorno al cuore anni fa, ed allunga una mano. Intreccia le proprie dita con quelle di Marisol e la sente tendersi e poi rilassarsi, e rispondere alla stretta quasi con rabbia. Con forza e disperazione e sì, anche rabbia.
Non la lascia più andare.