rp: giorgio ronchini

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Comico
Pairing: Giorgio/Maicol, Luke/Noah, xddd/xdddddddd.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: IDIOZIA, CRACK, ASSURDITA'. Ottime probabilità che non conosciate la metà delle cose che vi sono menzionate. Altrettanto ottime possibilità di aver bisogno di un supporto psicologico alla fine della lettura XD
- Non esiste un riassunto che possa davvero riassumere quanto accade qua dentro.
Note: Dunque, innanzitutto questa fic partecipa alla challenge da me stessa medesima indetta qui XD Tale challenge consiste nel creare una fic inserendo all'interno della storia le parole della twitcloud generate da Twitter - che poi è il motivo per cui, all'interno del cut, alcune parole sono in grassetto: è per identificarle al volo XD Non poteva venirne fuori una cosa normale, e infatti è una follia totalmente sclerata e senza senso. Ma è ok. Voi ignoratela, andrà tutto bene. *li coccola tutti* (Caska, questa non conta come fic su una soap!) (Ah, la mia cloud, se volete vederla, è qui!)
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Bring The Madness On


La fangirl accese il computer e si sedette.

*

Giorgio non sapeva bene perché si trovava in quel letto. Ciò che era indubitabilmente vero è che lui fosse lì, questo era poco ma sicuro, e che Maicol fosse accanto a lui, sdraiato fra le coperte e intento a fissare il soffitto. Tutto il resto – come ci fosse arrivato, perché in primo luogo si fosse mosso da casa e soprattutto per quale motivo non ricordasse nemmeno di essersi spostato, figurarsi spogliato integralmente e infilato in un letto con Maicol – era una nuvola di confusione. Parole casuali si aggiravano per il suo cervello, dotate di pratiche alucce con le quali si spostavano piroettando da un neurone all’altro. Poteva quasi vederle lasciarsi dietro una scia di vapore azzurrino. Le temeva. Lui e le parole non erano mai andati d’accordo. E nemmeno lui e il cervello.
- Ronchini. – sbuffò Maicol, sospirando e cercando una posizione più comoda, - Piantala di pensare. Hai gli ingranaggi così arrugginiti che si sente il rumore fin qua. Mi disturba.
Una volta, sua madre gli aveva detto “Giorgio, sta’ attento. Un tipo come te avrà un mucchio di problemi, nella vita.” Forse perché era scemo.
Maicol gli tirò addosso un cuscino e poi cominciò a strillare per farsi portare la colazione a letto. Giorgio si alzò mestamente e si diresse in cucina, preparandosi ad una vita ricca di situazioni come quella ripetute ogni mattina per i secoli dei secoli, finché fosse sopravvissuto.

*

“8D”, disse la fangirl, e ricominciò a digitare.

*

Noah e Luke non erano abituati a tutta quella confusione. Oddio, per essere propriamente sinceri, essendo loro due personaggi gay semi-protagonisti di una soap opera americana in onda nella fascia pomeridiana, per la veritàcomprendevano come la confusione potesse regnare in generale sul mondo. Tutti i baci che erano scomparsi dalle loro scene e tutte le volte in cui la regia s’era piegata ad inquadrare il vischio, il caminetto, le stanze vuote o anche i maiali nel cortile pur di non mostrarli al mondo mentre, limonando, rendevano noto allo stesso il loro amore, erano ormai passati alla storia. Ma una confusione come quella, proprio no, era del tutto nuova.
- Ma cosa sta succedendo? – chiese Noah, guardandosi intorno con aria un po’ persa, - Perch ci sono parole che volano intorno a noi?
- …perch? – chiese Luke, guardandolo con aria incerta, - Che fai, ti perdi le lettere?
- …non so che dire. – sbottò Noah, incerto, - Non esce la é finale. Perch. – provò a dire, - Non esce! Perch. Perch! Perch!!! – e subito scoppiò a piangere.
Luke gli fu immediatamente accanto, stringendolo a sé.
- Lascia che io ti abbraccia. – disse, e poi spalancò gli occhi, - Abbraccia. Abbraccia! Non riesco a parlare correttamente!!!

*

La fangirl ghignò soddisfatta. “Pare che le cose stiano andando per il verso giusto,” commentò allegra. E poi scrisse “*muore*” su Twitter.

*

- Okay. - disse Sammy, cercando di darsi un’aria competente, - C’è palesemente qualcosa che non va.
Mario annuì lentamente, fissando Zlatan appena apparso nel mezzo del campo, davanti ad entrambi, dal nulla.
- Ma che cazzo sta succedendo?! – imprecò lo svedese, gesticolando animatamente, - Ma cosa minchia (cont) http://tl.gd/udgy6
- …questa è una cosa ancora più strana. – deglutì Mario, cominciando a pensare che forse sarebbe stato meglio tornare in camera, fingere di non essersi mai svegliato e scivolare tranquillamente nel letto accanto a Davide per qualche coccola o qualcosa in più.
- In pratica, - riprese Sammy, grattandosi pensieroso il mento, - non solo è apparso dal nulla, ma si è anche messo a parlare come, boh, come se i suoi post fossero troppo lunghi per Twitter.
- Ma non ha senso! – sbraitò l’attaccante, - Io non sono un fottuto post di Twitter! Sono un essere umano e (cont) http://tl.gd/f7g6f
- Che poi – ragionò Mario, - è anche un Twitlonger automatico privo di criterio. Voglio dire, se contiamo i caratteri, non sono mica più di centoquaranta. Vorrà dire qualcosa?
- Forse lo scopriremo, - propose Sammy, positivo, - se riusciamo a capire dove cliccare per raggiungere il tweet per esteso.
Mario rifletté per qualche secondo, inclinando il capo per osservare Zlatan con piglio quasi scientifico. Quindi allungò un braccio e gli pigiò il naso.
Zlatan lo guardò senza battere ciglio per qualche secondo.
- Ma andatevene a fan (cont) http://tl.gd/f8g7g

*

La fangirl rise ad alta voce, e quando sua madre, dopo averla ascoltata ridere da sola per minuti interi, preoccupata, si affacciò dalla stanza accanto per chiederle cosa avesse, lei scosse il capo, rispose dolcemente “niente” e riprese a scrivere.

*

xddd era triste. Da quando stava con xdddddddd la sua vita aveva preso pieghe inaspettate e deprimenti. Inizialmente, tutto era sembrato andare per il verso giusto. Si amavano, erano felici insieme, erano anche reciprocamente attratti l’uno dall’altro. Insieme si divertivano, avevano un senso dell’umorismo molto simile – per quanto alle volte xdddddddd fosse decisamente più esagerato, ciarliero e ridanciano di lui – le loro famiglie si rispettavano a vicenda e la loro storia sembrava destinata a fiorire rigogliosa nel prossimo futuro. xddd, da sempre un romantico, amava sognare il giorno in cui avrebbero vissuto insieme, generando milioni di piccoli xd che sarebbero poi cresciuti sani e forti, riempiendoli d’orgoglio.
- Che ti prende, adesso? – gli chiese xdddddddd, stendendosi accanto a lui sul materasso dopo averlo osservato scostarsi e raccogliersi in una piccola palla d’angoscia e frustrazione nel punto del letto più distante da lui in assoluto, - Cosa c’è che non va?
xdddddddd era bello, bellissimo, e xddd non riusciva a parlargli con la disinvoltura di cui avrebbe avuto bisogno. Soprattutto per confessargli una cosa simile.
- Io non… - cominciò incerto, - non te lo posso dire.
- C’è qualcosa che non puoi dirmi? – chiese xdddddddd, quasi inorridito, - Ma no, xddd! Tu puoi dirmi tutto, puoi parlarmi di ogni cosa, ogni singolo problema! C’è forse qualcosa che non va? Non siamo forse felici? Forse non tipiace come mi comporto con te, o come esprimo il mio amore nei tuoi confronti?
- No… - piagnucolò xddd, sempre più abbattuto, - Mi piaci tanto, xdddddddd, e ti amo, e sono felice con te, certo che lo sono, ma… - deglutì, - non posso fare a meno di sentirmi inferiore, guardandoti. Sei troppo lungo, per me.

*

“Insomma,” disse la beta, “è per questa storia che sei rimasta in paranoia tutta la notte fino ad oggi?”
La fangirl chinò il capo, mestamente. “*piange*” digitò su MSN, depressa.
Guarda che puoi pure smettere,” rise la beta, riempiendo tutta la finestra di faccine, “L’avevo detto io che non poteva essere altro che stupenda! E infatti…”
“Ma…” biascicò la fangirl, ancora incerta, “Le ragazze su LJ hanno detto che il tema del duetto doveva comunque essere presente…”
“E cosa c’è di più duettante delle xd che si accoppiano, scusa?!” insistette la beta, ridendo allegramente.
“Ma che ne so!” piagnucolò ancora un po’ la fangirl, “Dici che c’entra col tema della challenge? Mi sento così insicura…”
Vedo!” la prese in giro la beta, occhieggiando l’rss feed di fcinternews che le annunciava che qualcuno era stato visto nudo in allenamento, anche se non si sapeva ancora chi. “Siete delle zoccole,” pensò fra sé ridacchiando, e poi riprese a leggere quello che la fangirl stava blaterando su MSN, trillando per interromperla. “Tu sei assolutamente fuori di melone,” le disse la sua beta, scorrendo il documento word con gli occhi.
“Non ti piace?” chiese la fangirl, angosciata.
“Scherzi?” rise la beta, rovesciandosi indietro sulla propria sedia, “È assolutamente folle! E tu sei pazza! Ossignore, lo sapevo che stare a guardare mentre in giro fiorivano tutti quei challenge ti avrebbe fatto male.”
La fangirl sorrise entusiasta, giungendo le mani sotto il mento.
Grazie! Quindi dici che la posso postare?” chiese speranzosa, gli occhi che brillavano di una nuova luce.
“Ma sì, vai con dio,” concesse la beta, “Adesso devo andare, ho da fare. Pare che ieri Ricky si sia spogliato quasi integralmente durante l’allenamento mattutino, e internet aspetta solo che io mi metta a batterlo in lungo e in largoalla ricerca di foto e video. Divertiti, eh!” si raccomandò, chiudendo MSN.
La fangirl batté le mani, soddisfatta, e cominciò ad organizzarsi mentalmente per aprire Photoshop e realizzare un bannerino degno per la propria fanfiction. Prima, però, passò da Twitter.
NCLPF,” scrisse, e – ridacchiando – aspettò le reply.
Genere: Introspettivo, (lievemente) Romantico.
Pairing: Giorgio/Maicol.
Rating: PG-13 (per scrupolo)
AVVERTIMENTI: Slash.
- Subito dopo la fine dell'ultima puntata.
Note: Questa fic ha ricevuto attestati d'amore insperati (sì, è già stata postata altrove e no, non intendo dire dove, è stato un momento di irripetibile follia), ma a mio parere la cosa più bella che ha è il titolo, che è rubato da Twenty Years dei Placebo u.u No, va be', non voglio che Fae mi odi: in realtà sono affezionata a questa cosina, perché insomma, nonostante non vedessi l'ora di vederla finire, questa edizione del GF (l'unica che io abbia seguito con una qualche costanza, peraltro XD) mi rimarrà per sempre nel cuore, perché ci ho riso tanto con persone splendide, e con quelle stesse persone ho cominciato a fangirlare anche per questo fandom, e so che nonostante il programma sia finito, ecco, il fangirling sopravvivrà. Ed è una cosa bellissima.
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That's The End, That's The Start Of It


Il fatto che sia tutto buio un po’ lo spaventa. Quegli ambienti li conosce a memoria – d’altronde, ci ha passato centotrentraquattro giorni della sua esistenza, un numero talmente lungo che a pronunciarlo gli s’inceppa la lingua – ma adesso che è vuoto e tutte le luci sono spente, le telecamere hanno smesso di funzionare e non c’è più la voce del GF che li chiama periodicamente in confessionale, sembra un posto del tutto estraneo. È come se avesse smesso di conoscerlo nel momento esatto in cui ha varcato la porta rossa ed è tornato alla realtà – ma c’è una cosa che non dimentica, ed è quella che lo conduce attraverso le stanze, fino al giardino. Il suono delle lacrime di Maicol.
Maicol ha un sacco di modi diversi di piangere, e lui li conosce tutti. Quando è arrabbiato, urla, perché vuole essere sentito. Se sei la causa della sua rabbia, poi, carica ogni lacrima e ogni singhiozzo di una tale quantità di dolore da costringerti al senso di colpa anche se hai un cuore di pietra, e lui lo sa, perché il suo cuore tutt’altro che duro dal peso di quelle lacrime è stato schiacciato tante volte.
Quando invece la sua tristezza è figlia di un tormento inconfessabile, le lacrime scendono giù quasi in silenzio, e tutto quello che riesci a sentire sono i suoi sospiri e i singhiozzi che cerca di costringere a tacere mentre tenta di riprendere fiato tra un’apnea e l’altra.
C’è questo tipo di dolore, ora. Giorgio sente un singhiozzo appena accennato, poi silenzio, poi la piccola esplosione di un altro singhiozzo abortito sul nascere, e quando schiude la porta a vetri che dà sul giardino, anche se è buio, istintivamente sa che Maicol è ancora lì, accucciato per terra davanti al megaschermo che, nella notte, pare la sagoma spaventosa di qualche idolo pagano.
Freesbee. – lo chiama piano, e i singhiozzi di Maicol si interrompono per una lunga scia di secondi, al punto che Giorgio si chiede se si stia ricordando di respirare, prima di riprendere, più sommessamente di prima. – Ma che fai? Piangi? – chiede avvicinandoglisi e tendendogli una mano. Maicol non la vede, o comunque la ignora. – Oh. Dai, che sono venuto a prenderti.
- Per andare dove? – chiede Maicol in un pigolio spezzato, e Giorgio ride.
- Ma come dove? Fuori! – risponde, - Mi hanno detto che sei rimasto chiuso in albergo per tutta la settimana, praticamente sei passato da una prigione a un’altra. Non hai voglia di uscire? Oh, di fuori c’è un casino allucinante.
Maicol sorride – Giorgio sente lo sbuffo ironico che si disperde nell’aria attorno a lui – ma non si muove.
- Sinceramente? – chiede invece, - No. Non ho nessuna voglia di uscire. Pensi che se lo chiedessi al GF mi permetterebbero di diventare il custode, come diceva Bonolis prima?
- No che non te lo permetterebbero, Maicol. – ride Giorgio, tendendogli nuovamente la mano e ritrovandola ancora una volta ignorata, decidendosi pertanto a piegare le gambe ed accucciarsi di fronte a lui. – Non te lo permetterebbero, perché di fuori ci sono un casino di cose da fare. Bisognerà girare un sacco di programmi, e— e sai cosa? Se anche non dovessero esserci programmi da girare, tu e Giulia dovete decisamente approfondire questa cosa del tango, perché vi è venuta davvero bene.
- Ma come? – ride anche Maicol, tirandogli una spallata abbastanza forte da fargli perdere l’equilibrio, così che Giorgio si ritrova il secondo dopo seduto sull’erba umidiccia del giardino, le mani ben piantate per terra e gli occhi ben piantati sul sorriso sottilissimo di Maicol. – Non eri geloso?
- Posso mettere da parte la gelosia, se guardarvi ballare il tango insieme è il prezzo che devo pagare per avervi entrambi nella mia vita. – risponde senza perdere di vista i suoi occhi.
Maicol, però, evita il suo sguardo, e dopo un’esitazione di pochi secondi quasi salta in piedi, rientrando in casa. Giorgio lo segue quasi subito, è convinto di potersi dirigere tranquillamente verso l’uscita e per un secondo si complimenta con se stesso, perché non pensava che convincere Maicol sarebbe stato così semplice. È proprio in quel momento, comunque, che capisce che non ha ancora risolto un bel niente, perché Maicol, invece di dirigersi verso la porta rossa, ha preso la via del salotto, e costeggia il lungo tavolo da pranzo lasciando scivolare le punte delle dita sui profili degli schienali di tutte le sedie, lo sguardo perso nel vuoto. Muovendosi, non fa nemmeno rumore, come fosse un fantasma.
- Uscire… - comincia, mordendosi un labbro, - sarà difficile. La settimana scorsa dovevo farlo.
- Ma anche adesso devi. – gli fa notare Giorgio, seguendolo mentre Maicol passa accanto alla piscina, guardando l’acqua immobile e la sedia galleggiante a ridosso di una delle pareti. – La casa fra poco sarà chiusa, e noi dovremo uscire.
- Adesso è diverso. – dice Maicol in un soffio. Continua a non guardarlo, fissa dritto davanti a sé, ed ormai sono in salotto, i divani a due passi, e Giorgio sa che la prossima cosa che Maicol farà sarà lasciarsi cadere fra i cuscini e sospirare esausto. Ecco perché non si stupisce, quando Maicol lo fa davvero, e anzi si siede al suo fianco, voltandosi per poterlo guardare senza dover girare il collo. – Adesso il gioco è finito. – continua Maicol, - Non c’è nessuno che mi guarda, nessuno cui devo rendere conto delle mie azioni. Se voglio, posso restare qua, e le uniche persone alle quali dovrò rendere conto saranno i vigili del fuoco quando verranno a scardinare la porta per tirarmi fuori di qui con la forza. – ridacchia, - È meno pesante che dover spiegare perché non sono voluto uscire a tutta Italia.
- Ma l’hai già spiegato. – dice Giorgio, strisciando sul divano per avvicinarglisi, - Hai detto che ti fa paura quello che potrai trovare fuori, dover fronteggiare i tuoi familiari e tutto il resto.
Maicol sbuffa un’altra mezza risatina, scuotendo lentamente il capo.
- No, quella paura è scomparsa nel momento in cui mio padre mi ha abbracciato in camera da letto. – confessa, - Non credevo che sarebbe potuto succedere, ma è bastato che lui mi dicesse che non l’ho deluso e che è fiero di me, e tutto il resto, tutte le paure, tutte le incertezze, tutto il resto si è volatilizzato. – si prende una pausa, inspirando ed espirando profondamente, prima di voltarsi a guardarlo. – Una sola cosa non si è volatilizzata. – dice a bassa voce, - La paura che avevo per te.
Giorgio inarca un sopracciglio, perplesso.
- Per me? – chiede, - Maicol, se ora ricominci con quella storia della mia amicizia fasulla, giuro che m’incazzo.
- No. – ride piano Maicol, accoccolandosi contro la sua spalla mentre Giorgio, quasi automaticamente, lo stringe a sé con un braccio ed appoggia il mento sulla sua testa. – No, non è quello. – sospira profondamente, quel petto stretto e magro che si ritrova si gonfia e poi si sgonfia all’improvviso, e Giorgio lo sente abbandonarsi completamente su di lui, arreso. – Io non sono stato completamente sincero, in questi ultimi mesi. – dice, e Giorgio si tende come una corda di violino accanto a lui, al punto che Maicol non può fare a meno di notarlo, e ride, per cercare di stemperare la tensione. – Adesso non fare così. – lo rimbrotta, - In fondo, l’hai sempre saputo.
- …sentirselo dire è diverso. – risponde lui, deglutendo a fatica.
- Okay. – ride un’altra volta Maicol, - Allora non te lo dirò. D’altronde, ho promesso che non l’avrei mai fatto, neanche—
- Sotto tortura, sì. – conclude Giorgio per lui, con un mezzo sorriso, prima di allungarsi a sfiorargli la fronte con le labbra. – Maicol. – lo chiama quindi, - Visto che stiamo parlando di non-detti… - ma Maicol lo interrompe scostandosi abbastanza da sollevare un braccio e coprirgli la bocca con la mano, fissandolo con due occhi azzurri, umidi ed enormi che implorano pietà.
- Non dirlo nemmeno tu. – lo prega, scuotendo il capo, - Giorgio, la mia paura è… - comincia a fatica, - è che noi una storia non potremo mai averla. Questo io lo so. E non ho mai pensato di chiederti altro— a ben pensare non ho mai pensato neanche di volere altro, proprio perché sapevo che non avrei mai potuto ottenerlo. Ma… - continua con un mezzo sorriso, - la nostra non-storia, quella non può levarcela nessuno.
Giorgio ci mette un secondo, prima di capire cosa Maicol sta cercando di dirgli. Quando lo capisce, comunque, sorride contro le sue dita, poi stringe la sua mano fra le proprie e posa un bacio leggerissimo su ogni polpastrello, prima di lasciarlo andare. Maicol ride, un po’ per il solletico, un po’ perché è tutto molto ridicolo, un po’ perché è tutto troppo romantico, e poi si alza dal divano, guardandosi intorno un’ultima volta prima di sospirare.
- D’accordo. – stabilisce quindi, le mani sui fianchi e un’espressione fiera e orgogliosa dipinta sul viso, - Andiamo.
Giorgio sorride e si alza in piedi, seguendolo fra le stanze e fino alla porta rossa, e man mano che attraversa ogni ambiente e sfiora ogni parete e il profilo di ogni mobile, gli sembra di essere riuscito a riappropriarsi almeno un po’ di quel luogo che, fino a pochi minuti prima, gli era sembrato così ostile ed estraneo.
- Ho bisogno di un po’ di coraggio. – dice, quando Maicol apre la porta e guarda di fuori.
- Tu? – ritorce Maicol, ironico, - Ma come?
- Così. – risponde Giorgio, ed allunga una mano ad intrecciare le dita con le sue. Maicol non si sottrae al contatto e per un secondo Giorgio ha l’impressione che, quando varcheranno quella soglia, la stretta della sua mano diventerà impalpabile come l’aria.
Ma resta lì per tutta la lunghezza del corridoio, ed è ancora lì quando escono per strada. Perciò, Giorgio è ragionevolmente certo di poterci contare per tutto il resto della sua vita.
Genere: Erotico, Introspettivo, Commedia, Romantico.
Pairing: Giorgio/Maicol, Giorgio/Maicol/Alberto.
Personaggi: Giorgio, Maicol, Alberto, nominata Mara.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Threesome.
- "[...] solo ora che rivede quello stesso identico sguardo in una situazione così diversa gli sembra di essere veramente in grado di interpretarlo per cos’è davvero."
Note: ...io non avrei mai pensato di scrivere su questi tre insieme XD Poi, fondamentalmente, Fae ha deciso che dovevo e più o meno nello stesso istante anche Baiocco ha deciso che dovevo, strusciandosi felicemente contro Maicol. Che poi non c'entra niente con quello che accade all'interno della shot, ma questo è del tutto secondario.
Titolo rubato a Guiding Light dei Muse.
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Stripped To The Core


Alberto lì con loro nel letto non ci voleva stare.
Un conto è se Ronchini, nel mezzo della propria sclerata pazzia, dopo aver litigato per ore con Maicol, aver devastato un letto e rotto i coglioni a una casa intera, gli chiede il favore di dormire insieme per evitare che Maicol possa andarsi a sdraiare accanto a lui.
Cosa completamente diversa, com’è ovvio, è stare nel letto sia con Ronchini che con Maicol perché, nel corso delle ventiquattro ore più allucinanti da che vivono in quella casa – sebbene sia difficile identificarne soloventiquattro, dal momento che fondamentalmente Giorgio e Maicol hanno preso d’assedio il GF rendendolo una follia fin dal primo giorno – i due cretini hanno deciso di fare pace, ricominciare a lottare come leoncini in calore come non fosse mai successo niente di brutto fra loro – e Alberto dovrà parlare a lungo con Giorgio di questo, perché per un periodo ha pensato o s’è illuso che il problema fosse Carmen, quando evidentemente non era così – e dulcis in fundo Maicol ha deciso di mozzarsi un piede sa Dio solo come mandando in paranoia tutto il mondo e Giorgio per primo, che quando l’ha chiamato a notte fonda per farsi dare una mano con bende e cerottame vario aveva una faccia che pareva gli fosse morto un parente.
Lui vuole bene a Maicol, davvero, ma quando è arrivato in cucina e lui sembrava svenuto e Giorgio gli si aggirava attorno come un’anima in pena, Alberto s’è sentito male. Perché già prefigurava come sarebbe andata a finire, e non era un bel finale. Tra l’altro, poi, è stata esattamente in quel modo che è andata: Maicol s’è ripreso – perché, figurarsi, è come i bambini, che sbattono ovunque ma non si fanno mai niente – e Giorgio s’è guardato intorno con quell’aria carica di innocenza che contraddistingue sempre le sue uscite più idiote, e ha detto “sì, ma io non me la sento di lasciarlo solo, stanotte”. Fine del mondo in atto.
Alberto avrebbe voluto dirgli “guarda che sta nel letto in fondo alla stanza, se vuoi puoi alzarti ogni venti minuti per controllare non sia caduto di lato, e comunque, cielo, s’è fatto un taglietto al piede, placati, Ronchini!”, ma ha taciuto. Ha colpevolmente taciuto. E quando ha fatto per dire “va be’, allora io vado di là a dormire con Mara, eh? Addio”, Maicol ha allungato un braccino magro, gli ha tirato la maglia e gli ha detto “resti, per favore?”, con quegli enormi occhi azzurri che brillavano come fari nella notte nonostante il buio pesto della camera, e lui cosa poteva fare, a quel punto? Uscire e sbattersene bellamente come ogni essere umano sano di mente avrebbe fatto nella sua situazione? Ma naturalmente no.
E quindi sì, è rimasto. Giorgio a destra, così preoccupato da dimenticare perfino la solita pantomima della camicia che forse un tempo millemila secoli fa tratteneva un po’ del profumo di Giulia ed ora sa solo della colonia dolciastra di Maicol, lui a sinistra e Maicol al centro. Mai avuto più ottimi motivi per sparire in un lampo da qualsiasi posto in cui si trovasse, eppure lì è rimasto, ed ha anche mantenuto la lucidità mentre osservava Giorgio rigirarsi come un pollo sullo spiedo e chiedere a Maicol “ma fa male?” a intervalli regolari di una volta ogni dieci secondi, costringendo perfino Maicol a sbottare “ma non devi mai scoppiare, Ronchini?!”. Alla fine, però, la stanchezza e il pensiero delle pulizie anticipate il giorno dopo l’hanno costretto alla resa, e s’è addormentato.
Lo risveglia la voce di Giorgio, naturalmente, e già questo potrebbe bastargli ad afferrare il battipanni rosa di Maicol posato lì accanto e darglielo in testa per stordirlo o addormentarlo per sempre. Lo fermano il tono diverso della sua voce e le diverse cose che dice rispetto a prima.
- Mi hai fatto preoccupare, prima. – sospira, ed Alberto apre un singolo occhio per cercare di capire cosa sia cambiato, osservando Maicol minuscolo fra le braccia di Giorgio, che lo stringe ben riparato dalle coperte tirate fin sopra la testa, sotto le quali anche lui è finito, peraltro, e la cosa non gli piace più di tanto.
- Guarda, mi sono tagliato apposta. – sbuffa lui, dimenandosi come un’anguilla ed ottenendo in cambio solo che Giorgio stringa la presa attorno alle sue spalle, sistemandoselo sul petto come altre volte l’ha visto sistemarsi addosso la camicia bianca.
- Ci scherzi, - sospira lui, accarezzandogli una guancia, - ma ci ho quasi pensato.
Alberto osserva Maicol sollevare il viso e cercare gli occhi di Giorgio nel buio.
- Mi credi davvero così spregevole? – chiede con una vocina sottilissima. Giorgio lo guarda per qualche secondo, Alberto può vedere i suoi occhi con una chiarezza impressionante, ma sono così incredibilmente densi di non detti che non riuscirebbe a tirarne fuori dalla massa nemmeno uno. Fa come per aprir bocca, e le labbra le schiude anche, ma non le usa per parlare: si china su Maicol, solleticandogli l’angolo della bocca in un bacio piccolo e umido prima di sistemarsi contro il suo fianco e tirarselo contro, baciandolo più profondamente.
“No,” pensa Alberto, teso come una corda di violino, “no, non sta succedendo davvero”. E invece sì, sta succedendo davvero, e Alberto non può neanche dire di esserne stupito perché, insomma, si sapeva, Walker gliene aveva parlato a lungo, spiegandogli di cosa si poteva parlare e cosa invece andava taciuto, spiegandogli come funzionava là dentro, le telecamere, i microfoni, il buio di notte, “e non preoccuparti che un favore lo si fa a tutti”, il tono ammiccante e le rassicurazioni della sera dopo “ti ho visto, con Mara, guarda che non c’è bisogno di farsi problemi”, e via discorrendo. Non lo stupisce, solo sperava che, insomma, fossero discreti, o evitassero almeno mentre c’era lui nello stesso letto.
Solo che poi li osserva muoversi – Maicol che dischiude le gambe per far posto a Giorgio, e Giorgio che prende a strusciarsi lentamente contro di lui in un ritmo quasi pigro, i bacini che collidono e si strofinano mentre l’incendio divampa nel suo bassoventre – e realizza che loro, a lui, probabilmente nemmeno hanno pensato. Il mondo in cui cominciano a vivere quando le luci si spengono e stanno da soli sotto le coperte, è un mondo completamente differente rispetto a quello in cui vivono di giorno, sotto gli occhi delle telecamere. È un mondo in cui non esiste altro che loro, tutto il resto scompare.
Giorgio si allontana poco dopo, e non ha bisogno di chiedere niente perché Maicol si volti a pancia in giù e si sollevi appena sui gomiti, schiudendo le gambe mentre Giorgio tira fuori un preservativo da dentro la federa del cuscino e si sistema dietro di lui, indossandolo ed inumidendosi le dita per prepararlo. Alberto cerca di restare immobile, ma il punto è che non riesce a tornare a fare almeno finta di dormire, è irrazionalmente terrorizzato da quello che sta succedendo e, molto più razionalmente, si sente di troppo, anche se – di nuovo irrazionalmente – non riesce a tirarsi fuori da quel casino.
Maicol deve mordersi il pugno per impedirsi di gemere quando Giorgio si spinge appena contro di lui, costringendolo col suo movimento a strusciarsi sul materasso, ma nello stesso momento in cui l’onda di piacere lo costringe a sollevare il viso nota che Alberto è sveglio. Alberto che ancora non riesce a muoversi e si sente i suoi occhi terrorizzati e sconvolti addosso, come stesse realizzando solo in quel momento quale fosse il rischio di mettersi a scopare con un terzo incomodo nel letto, ma è già troppo tardi, perché Giorgio entra dentro di lui con un sospiro che gronda piacere e Maicol non fa in tempo a fermarlo, anche perché forse nemmeno voleva.
Alberto stringe i denti ed ascolta i loro sospiri flebilissimi in perfetta sincronia coi movimenti appena accennati dei loro corpi, e proprio non riesce a pensare che quello che sta vedendo in teoria non dovrebbe piacergli, perché quelli sono suoni universali, gesti universali, è il linguaggio dell’amore in tutto il mondo, e gli sta parlando dolcemente, soffiando miele e voglia nelle sue orecchie e sulla sua pelle accaldata, ed Alberto è uno abituato a resistere, davvero, ma stavolta proprio no, non ce la fa. Mentre il profumo di Mara, conservato gelosamente nella sua memoria olfattiva, si mescola e si confonde col profumo di Giorgio e Maicol e con l’odore di sesso che impregna l’aria sotto le coperte, lui lascia scivolare una mano fra le gambe, e non si ferma nemmeno quando gli occhi di Maicol si schiudono – due fessure brillanti e un po’ umide – e le sue labbra si piegano in un sorriso tenero e comprensivo.
Lo osserva strisciare sul materasso nella sua direzione – Giorgio lo segue con un gemito insoddisfatto, preoccupandosi perfino di tirarsi dietro le coperte, mentre Alberto pensa ai tappi nelle orecchie di Gianluca e alla possibilità li abbia prestati anche a Mauro – e quando si ferma a pochi centimetri da lui, trattiene il respiro.
- Chiudi gli occhi. – sussurra Maicol sul suo collo, appena sotto l’orecchio, prima di tornare a scivolare verso il basso. Giorgio continua a seguire, ma il suo grugnito di disappunto si fa più sonoro. Maicol sbuffa una risatina sarcastica.
- E non rompere, Ronchini. – dice, prima di liberare la sua erezione dalla dolorosa trappola dei pantaloni e dei boxer e sfiorarla appena con la punta della lingua, per poi lasciarla scivolare fra le labbra.
Alberto lascia andare un gemito sorpreso e francamente terrorizzato, ma pressa una mano sulla bocca appena capisce che altri gemiti potrebbero seguire il primo, e prima di rassegnarsi a chiudere gli occhi – perché che altro vuoi fare, in una situazione simile? Chiudi gli occhi, è così – lancia un’occhiata a Giorgio e vede che i suoi, di occhi, non sono affatto chiusi. Seguono la curva bianca e sottile della schiena di Maicol con una devozione che ha del surreale e che di giorno è solo possibile intuire nelle lunghe occhiate che gli lancia quando se lo vede passare davanti mentre va da una stanza all’altra.
Prima di quel momento, Alberto aveva sempre pensato che fosse diffidenza. Che quelle occhiate significassero in qualche modo paura, una qualche incertezza su quelli che avrebbero potuto essere gli imprevedibili comportamenti di Maicol, così incline a cambiare umore da un momento all’altro anche senza un evidente perché, ma solo ora che rivede quello stesso identico sguardo in una situazione così diversa gli sembra di essere veramente in grado di interpretarlo per cos’è davvero.
E poi niente, poi gli occhi li chiude e lascia che la mente vaghi libera dove vuole. Ogni tanto le labbra sono quelle di Mara, e lui ne segue i movimenti col bacino inspirando ed espirando a fatica e passandosi una mano sugli occhi. Ogni tanto, però, le labbra sono quelle che sono in realtà – quelle di Maicol – e le spinte di Alberto non cambiano. E quindi forse c’è un ragionamento da fare, dietro a tutto questo, ma Alberto non è sicuro di volerlo affrontare adesso. Non adesso e sicuramente non mentre viene fra le labbra di Maicol e resta lì, ansante, mentre anche Giorgio si lascia andare dentro di lui e poi lo convince a rigirarsi supino e si occupa cura della sua erezione, stando bene attento ad essere lì vicino quando finalmente anche Maicol, arreso contro il cuscino, viene fra le sue dita, esausto.
Giorgio si prende cura di Maicol come si prenderebbe cura di un bambino infebbrato. Lo ripulisce con calma e precisione, lo accarezza per tranquillizzarlo mentre il suo respiro torna regolare e poi lo stringe fra le braccia, cullandolo lentamente mentre aspetta che torni a dormire. Non ha bisogno di dirgli che niente di quanto ha visto deve uscire da quel letto, e in realtà non ha nemmeno bisogno di guardarlo. Alberto sa che la bocca di Maicol non è stata altro che la ricompensa anticipata per il suo silenzio, e volta loro le spalle, nascondendo la testa sotto il cuscino per cercare di dimenticare tutto il più in fretta possibile.

Genere: Erotico, Commedia, Romantico.
Pairing: Giorgio/Maicol.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Non per stomaci delicati a livello generico.
- Il Flexo, una stanza chiusa e buia, due ragazzi e profumo di more.
Note: Allora, prima di leggere questa storia, sarebbe il caso che leggeste questo post, perché altrimenti non avrete la minima idea di che tipo di background sia quello in cui ho scelto di farli muovere XD Siccome è molto lungo (e a mio parere neanche del tutto condivisibile), vi riassumo: in pratica, tramite un'analisi del comportamento di Giorgio in generale ed anche in un momento specifico, con tanto di video, si ipotizza che il ragazzo possa essere molto più vicino all'ambiente gay di quanto lasci trapelare in tv (...e questo non stupisce nessuno), e che addirittura possa essere stato in qualche modo un "lavoratore del sesso" in una delle discoteche gay che frequentava, il Flexo, provvista anche di darkroom. 
Ci tengo a specificare che omg niente di quanto descritto in questa storia dovrebbe essere accaduto davvero, a parte l'accenno della toccata di culo dopo tre metri di cui parla Maicol all'interno della fic, che è un particolare di cui Maicol ha parlato in diretta dalla casa mentre io scrivevo. Chiamasi realtà che si adatta a ciò che scrivo, non è nemmeno la prima volta che capita ed ha ormai smesso di inquietarmi.
Giovanni, chiedo scusa. *si prostra*
Titolo rubato a The Sun dei Maroon 5.

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Back And Forth And Here And Gone


Quanto abbia pagato il tizio, non lo sa. Spera che sia una cifra congrua e che Giovanni non si tenga niente in tasca, perché a parte il fatto che ‘sta settimana sono in uscita tipo trecento titoli della Planet che gli interessano, se s’è mosso di casa col gelo che fa e la pioggia che gli si è infilata fino nelle ossa, come minimo si aspetta una ricompensa adeguata. Giovanni la sua percentuale ce l’ha, si tenga quella e non allunghi le mani, che non è lui quello che deve mettere in gioco il culo o l’uccello ogni volta che a qualcuno salta il picchio di farsi una scopata anonima al Flexo.
La stanza, al solito, è buia come ogni tanto Giorgio immagina debbano essere le bare sigillate e sepolte tre metri sotto terra. Non è che sia un tipo cinico o pessimista, anzi, è fin troppo un cazzone – o non si guadagnerebbe gli extra come fa – però ogni tanto questi momenti ce li ha anche lui. Momenti in cui si lascia andare sul letto, al buio, chiude gli occhi e, rilassandosi, prova a restare immobile, sotto le coperte, e immaginare come potrebbe essere dopo la morte. Non è che abbia proprio le idee chiare, lui, su ciò che ci sia dopo, se qualcosa poi davvero c’è, ma ogni tanto gli piace semplicemente mettersi lì e immaginare come sarebbe morire, magari rimanere in stand-by per un paio di giorni e poi riprendere coscienza. Poter osservare e sentire tutto ma essere bloccato in un involucro di carne morta e putrescente, impossibilitata a muoversi. E immagina l’oscurità asfissiante della bara, anche se comunque non potrebbe respirare, e sa che sarebbe identica al buio nero e pesante di quella stanza che odora di sesso – e non è nemmeno un odore piacevole.
Mentre si muove a memoria indovinando le direzioni per abitudine, sente un profumo sottilissimo farsi strada a fatica fra le pieghe dell’aria satura dell’odore del sudore di altri, e lo segue puntando il naso per aria, quasi divertito dalla stranezza. È un profumo diverso dai soliti, alle more, o comunque fruttato, un profumo da ragazzina. Per un secondo è tentato di chiedere al tipo – che dev’essere lì, da qualche parte – se è proprio sicuro di essere un maschio, ma poi lascia perdere. Arriva vicino al letto, lo tocca con le ginocchia e sente qualcuno muoversi nervosamente sopra il materasso.
Adesso che i suoi occhi cominciano ad abituarsi al buio, può intuirne la sagoma sottile e piccolina, e ancora una volta accarezza l’idea di chiedere al tipo delucidazioni in merito al suo sesso, e ancora una volta desiste.
- Ohi. – dice, tirando via la maglietta e poggiandola sulla ringhiera ai piedi del letto, - Come ti va?
Il tizio respira a fatica, tanto che a Giorgio viene da chiedersi se non sia in arrivo un attacco d’asma o qualche merdata simile che sarebbe proprio meglio si risparmiasse, ma poi riesce in qualche modo a darsi una calmata e, dopo aver cambiato posizione quelle trecentocinquantamila volte per trovarne una comoda, tira fuori un filo di voce dal fondo della gola per rispondere.
- Sono nervoso. – dice, ogni lettera che trema sulle labbra, - È la prima volta che io-
- Va’ che non è diverso dalle volte in cui scopi guardando chi ti scopa. – scrolla le spalle lui, sbottonando i jeans.
- No, non hai capito. – dice quello, il tono improvvisamente più sicuro, quasi ironico, - È la prima volta in assoluto.
- Oh. – risponde lui, dopo un attimo di riflessione. – Vergine? – chiede quindi, - Ma dai, che figata. Sai che non l’ho mai fatto con un vergine? Cioè, sono abituato a culi di tutti i tipi ma-
- Guarda che se continui così, - lo interrompe quello, la voce acuta, quasi inorridita, - neanche stavolta riuscirai a vedere com’è il culo di un vergine! Dio, che schifo… - quasi mugola quindi, e Giorgio lo sente rannicchiarsi in un angolo del letto, - La prossima volta, col casso che mi faccio convincere…
- Non sei mica di qui, te, uh? – chiede, scalciando via i pantaloni e rassegnandosi a doverli cercare a tentoni nel buio fra mezz’ora, - Che accento, da dove vieni?
- Ma che ti frega! – scatta quello, tirandosi ancora più indietro mentre lui sale ginocchioni sul materasso e prova ad avvicinarsi.
- Sei qui perché non volevi andare in un posto dove ti conoscevano? – ride, allungando una mano per cercarlo e trovando solo lenzuola ammonticchiate ovunque che lo costringono a chiedersi se il tipo non sia alto un centimetro e largo mezzo, perché non è veramente possibile perdersi in una branda così piccola, - Mi sa che difetti un po’ in palle.
- E a me sa che sei proprio una merda! – protesta lui, e finalmente Giorgio riesce a toccarlo, se si può chiamare tocco il calcione che riceve nello stomaco.
- Oh, piano! – dice, ricambiando il calcione con uno schiaffo all’altezza dello stinco, - …ma sei ancora vestito? Ma dai, che palle!
- Ma come che palle! – strilla il ragazzo, cominciando a sgambettare come una furia nel tentativo di tempestarlo di calci ovunque, - Ma sai che sei stronzo, Dio mio! Ne voglio un altro! Dov’è che si cambia, posso premere un pulsante e lui finisce inghiottito dalla terra mentre il soffito si apre e ne viene fuori Kledi, tipo? – comincia a urlare al vuoto, e Giorgio si mette a ridere afferrandogli le caviglie e cercando di tenerlo buono.
- Ma che merda ti guardi in televisione? – lo prende in giro, - Ma quanti anni hai?
Il tipo borbotta qualcosa che Giorgio non capisce, e quando gli chiede di ripetere quello scatta e gli dà un mezzo ceffone in fronte, una cosa ridicola in seguito alla quale Giorgio ride anche più di prima.
- Diciotto. – ripete quello, offesissimo, - Compiuti oggi.
- Auguri! – ride ancora lui, infilandosi disinvoltamente fra le sue gambe più per trovare posto sul lettino minuscolo che con un intento veramente sessuale.
- In realtà questo sarebbe il mio regalo di compleanno. – sospira teatralmente il ragazzo, - Me l’hanno fatto le mie amiche. Vedi che bel regalo, poi.
- Senti, se permetti sono il migliore che ti poteva capitare. – protesta lui, punto nel vivo, - Dicono tutti che sono dolcissimo.
- Eh, guarda! – commenta il tipo, palesemente ironico, - Proprio uno zucchero, va’! Mai incontrato uno più dolce, in assoluto!
- Diosanto, ma ci credo che sei ancora vergine! – sbuffa Giorgio, tenendolo ancorato al materasso ed aiutandosi con un ginocchio per obbligarlo a tenere larghe le dannate gambe, - Chi vuoi che ti si pigli? Sei una lagna!
Il ragazzo si blocca all’improvviso sotto di lui, ed è strano perché fino a pochi secondi fa si agitava come un’anguilla posseduta, perciò sentirlo quasi smettere perfino di respirare così repentinamente è una cosa che gli mette addosso una certa paura.
- Oh? – lo chiama infatti, visto che non conosce il suo nome, - Tutto a posto?
- …certo che sì. – sputa fuori lui, con rabbia, - Figurati. Ho superato di peggio, tu sei solo un povero stronzo che in teoria mi doveva scopare ma in pratica manderò a fanculo fra due minuti. Non preoccuparti.
- No, ehi, aspetta. – cerca di fermarlo lui, lasciandolo pure andare, che tanto è palese che non scapperà da nessuna parte, - Parliamone.
- Ma di che cosa vuoi parlare?! – lo attacca subito il ragazzo, mettendosi nuovamente seduto e tornando a rannicchiarsi nell’angolo più lontano del letto, - Che cosa vuoi dire?! Ti vuoi scusare? Ti ascolto!
- Ma no che non mi scuso! – risponde lui, cocciuto, - Era una battuta! Del cazzo, ma pur sempre una battuta! Un po’ di senso dell’umorismo?
- Mi difetta, come le palle! – ritorce quello, tirandogli uno schiaffo sulla nuca.
- E ahi! – si lamenta Giorgio, afferrandolo per un polso, - Ma sei manesco!
- Mica con tutti, solo con quelli che mi fanno girare le palle.
- Ma non avevamo stabilito che ti difettavano? – riesce a dire in una mezza risata, prima di sentirsi piombare addosso il cuscino, proprio sulla faccia. – No, dai! – cerca di schermarsi il viso, dibattendosi sotto il peso leggerissimo del corpo del ragazzo, - Gli acari!
La pressione si affievolisce, e il ragazzo – restandogli addosso – allontana il cuscino. Giorgio sente il suo sguardo scettico addosso e gli viene di nuovo da ridere.
- Dico, con tutto lo schifo che probabilmente gronda da questo cuscino pulcioso… - commenta, - tu ti preoccupi degli acari? Ma tu hai dei problemi, mamma mia, ma gravi!
- Secondo me, - ribatte lui, ribaltandolo sul materasso con un colpo di reni e tornando a sovrastarlo subito dopo, - quello che ha un problema adesso sei tu.
Può quasi sentirlo inarcare un sopracciglio nel buio.
- E quale sarebbe questo mio problema? – chiede, - No, perché magari sono i jeans, ma non sento proprio niente, sai?
Giorgio ridacchia, scivolando con le mani sui suoi fianchi ed arpionando i bottoni che chiudono i pantaloni strettissimi attorno alla vita incredibilmente sottile.
- Allora io direi di toglierli di mezzo e vedere cosa senti dopo. – propone, cominciando a spogliarlo.
Il ragazzo si irrigidisce subito sotto i suoi tocchi. Purtroppo, non nel senso che preferirebbe: non si eccita, questo è evidente, ma piuttosto si tende tutto, immobile e ghiacciato come una lastra di cemento.
- Ma che, hai paura? – gli chiede con una punta di curiosità mentre gli porta fisicamente entrambe le braccia verso l’alto, per agevolarsi mentre gli tira via la maglia, dato che lui non collabora.
- Eh, dimmi tu! – borbotta quello, quasi nascondendosi dietro le proprie stesse braccia magre pienissime di braccialetti, - Ti pare di avermi rassicurato, da quando sono qui? A parte rinforzare la mia convinzione sui maschi che sono tutti stronzi, dico…
- Be’, sei un maschio anche tu. – gli fa notare con una risatina, mentre lui si lascia maneggiare senza opporre resistenza.
- Non è che siccome sono nato in un certo modo… - accenna il ragazzo con un mezzo sospiro, ma poi scrolla vigorosamente le spalle. – Lasciamo perdere. – chiude lì.
Giorgio lascia perdere, perché dopotutto il suo mestiere è anche quello – lasciare perdere quando chi paga vuole smettere di pensare – e lo accarezza lentamente fra le gambe, cercando di studiarlo.
- Sì, ma guarda che è dura così. – sbuffa dopo un po’, mentre il ragazzo si lascia sfuggire un mugolio di fastidio, - Nel senso che è dura se non diventa dura. Capiscimi. Sciogliti! – cerca di consigliargli, accarezzandogli vigorosamente spalle e braccia, come volesse salvarlo dall’assideramento dopo averlo lasciato fuori nudo in balcone per una settimana.
- Ma ti pare facile?! – strilla il ragazzo, nascondendo il viso, - Dio, non è come quando sono da solo. Tu non mi conosci, perché dovrei lasciarmi scopare? È una cosa importante e la sto dando via…
- È solo una scopata! – gli spiega, - Il fatto che sia la prima, vuol dire solo che, a Dio piacendo, dopo ce ne saranno molte altre! Non saranno con me, ma saranno ugualmente piacevoli, magari anche meglio! – si ferma, ragionando per primo su quanto ha appena detto. – Capisci cosa intendo? – chiede, e il ragazzo sospira.
- Capisco solo che tutte le mie amiche hanno perso la verginità con ragazzi che amavano, e alcune ci stanno anche ancora insieme. – si lagna in un mezzo singhiozzo, - Perché invece per me deve essere squallido? Sarà così per tutta la mia vita? Ogni volta che mi tirerà il cazzo potrò solo farmi un solitario o venire in posti simili?
Giorgio si morde un labbro, piantandola per un secondo di provare a tirare su i morti con la mano fra le sue cosce e stendendosi al suo fianco, tenendosi sollevato su un gomito come farebbe se volesse guardarlo negli occhi.
- Senti, io non è che me ne intenda parecchio, - borbotta, - anche perché sono etero. – il ragazzo fa un verso incredulo e lui gli tira uno scappellotto sulla fronte, andando un po’ a intuito e prendendolo probabilmente sul naso fra le sue proteste, - Dicevo, io non me ne intendo, però, voglio dire, capita a tutti prima o poi di innamorarsi e avere anche il culo di essere ricambiati. Non è facile, però succede. Quando capiterà anche a te, non avrai bisogno di niente del genere. – sorride, - E poi, voglio dire, non deve essere per forza squallido anche stasera. Lo so che il posto è quel che è e tutto, ma possiamo anche renderlo dolce. Se fingiamo di essere altrove, per dire.
- …sì, certo. – borbotta quello dopo un’esitazione carica di ansia, - In un letto a baldacchino fucsia con il profumo di incenso e la musica celtica che viene fuori dalle casse alle pareti.
- Eh, ma anche tu, collabora! – dice Giorgio, stringendolo in un mezzo abbraccio, - Qui il buio non c’è solo per l’anonimato, ma anche perché così puoi immaginarti dove vuoi e con chi vuoi, no?
Il ragazzo solleva una mano, e Giorgio ne sente i polpastrelli freddi e un po’ tremanti contro la pelle subito dopo. Sembrano prendere le misure dei suoi lineamenti, memorizzarli in qualche modo, e le sue labbra si piegano in un mezzo sorriso proprio mentre l’indice e il medio del ragazzo le sfiorano in una carezza appena percettibile.
- Vorrei poter vedere te. – dice lui sovrappensiero. E poi, immediatamente, quasi volesse cancellare ciò che ha appena confessato, - Me lo dai un bacio?
Giorgio sospira, e quando pensa “finalmente”, chinandosi a baciarlo sulle labbra morbide, piene e un po’ umide, non è un finalmente del tipo “che palle, finalmente me lo levo di torno”, ma qualcosa di più simile a un “finalmente ce l’ho fatta”. Sa di conquista, ma è una conquista più dolce delle ragazze che riesce a portarsi a letto durante le sere di libertà – quando il sesso non l’ha già nauseato del tutto durante la settimana, s’intende – è una cosa più tenera, più genuina, perfino più pura, nonostante tutto.
Le labbra del ragazzo si schiudono sotto la pressione delle sue, e così fanno anche le sue gambe quando torna ad accarezzarlo fra le cosce, cercando il ritmo giusto e trovandolo quando si adatta alle spinte lente e un po’ languide del suo bacino.
- …è bello… - gli concede il ragazzo, sempre vagamente ironico, - Mi secca un po’ che dovrò per forza associargli un momento doloroso. – sospira. Giorgio ride, scivolando con le labbra lungo il suo collo.
- Non per forza. – risponde, - Voltati un po’.
- Senti, “voltati un po’” lo dici a tua sorella, chiaro? – protesta lui, ma si lascia comunque ribaltare sul materasso e piegare in avanti, mantenendo il bacino sollevato. – Oddio ma che è? È una posizione oscena! – dice, nascondendo il viso fra le lenzuola.
- Allora è una fortuna che tu non possa vederti. – commenta Giorgio, accarezzandogli la schiena seguendo il disegno della spina dorsale sottopelle, - E una sfortuna per me, ovviamente.
- Ora non fare lo splendido, per carità. – continua a borbottare lui, e Giorgio ride ancora, stupito da quanto tutto ciò sia diverso da tutte le altre volte in cui si è ritrovato a scopare con uno sconosciuto in una situazione simile.
- Facciamo che la tua verginità non me la prendo. – dice, chinandosi sul suo orecchio, - Faremo finta di sì, e in realtà la conservi per quello giusto. Ti piace come idea?
Il ragazzo rabbrividisce contro di lui, e solleva il capo, come cercando di guardarlo.
- E come…? – comincia, ma Giorgio lo interrompe subito, riprendendo ad accarezzare la sua erezione ormai svettante fra le gambe.
- Tu fidati. – gli dice, - Ti fidi?
Il ragazzo si prende un po’ di tempo, prima di rispondere.
- È assurdo, perché io non mi fido praticamente di nessuno, a stento di mio padre… - dice un po’ incerto, - Ma sì.
Giorgio sorride, continuando ad accarezzarlo e poggiandogli una mano sul fianco per tenerlo fermo.
- Bene. – dice compiaciuto, - Allora lasciami fare.
Quando prende a scivolare lentamente fra le sue natiche, il ragazzo si irrigidisce subito, e poi comincia a rilassarsi seguendo il ritmo delle sue carezze, che poi è lo stesso delle sue spinte. Giorgio si muove piano, si fa sentire su ogni centimetro della pelle sensibilissima attorno alla sua apertura, senza però mai forzarla. La sua erezione non trova quasi il minimo attrito, perché – oh, cazzo, ma è senza preservativo – il liquido preseminale sta già provvedendo da sé a lubrificare ciò che deve, ed è piacevole sentirsi scorrere così facilmente addosso a lui – chissenefrega del preservativo – soprattutto visto che ad ogni suo movimento corrisponde una spinta del bacino del ragazzo ed un suo mugolio sempre più soddisfatto mentre, piano, si avvicina all’orgasmo.
Quando stringe la presa attorno al suo cazzo e pompa con più forza, perché si sente vicino e non esiste venire prima di lui, per una questione di principio e anche di professionalità, lo sente trattenere il respiro così a lungo, ma così a lungo che quasi ha paura possa soffocare, e poi quel momento di immobilità surreale si scioglie in un singhiozzo e nel suo orgasmo fra le sue dita, mentre tira le lenzuola con tanta forza da staccarle dagli angoli e ammucchiarle tutte sotto il suo petto, portando le mani al cuore. Giorgio si stende sopra di lui quando gli viene addosso, e può sentirlo martellare fortissimo attraverso la schiena, sotto la sua pelle così sottile, e tenera, e calda. Le punte dei suoi capelli si sono appiccicate alla nuca e gli solleticano il naso quando si solleva a baciarlo appena proprio alla base del collo, una specie di segnale per dirgli che è tutto finito adesso, e che spera lui capisca anche se non l’hanno mai codificato.
Lui lo capisce, perché riprende a respirare normalmente e dopo un po’ si volta sulla schiena. È strano come il corpo di Giorgio si faccia automaticamente da parte e poi si accomodi per fargli spazio e permettergli di sistemarsi sul suo petto.
- Non penso che ci verrò più, in un posto simile. – biascica, - Non è che non mi sia piaciuto con te, è che proprio è il posto che mi mette a disagio. Figurati, appena sono entrato dopo tre metri mi hanno messo una mano sul culo.
Giorgio ride, prendendo automaticamente ad accarezzargli i capelli, in un gesto del tutto inconscio.
- Da queste parti succede, lo metti in conto. Poi, se sei carino specialmente.
- …non mi hai visto. – gli fa notare lui, quasi deluso, - Non puoi dire se sono carino o meno.
- Ti ho sentito. – ribatte Giorgio con sicurezza, - Sei carinissimo.
Il ragazzo si lascia sfuggire una mezza risata soffice fra le labbra, e poi resta lì a farsi coccolare, senza dire una parola di più. Giorgio sa che non dovrebbe addormentarsi sul lavoro, sa che probabilmente arriverà tardi all’appuntamento con Giovanni e che questo gli darà un buon motivo per detrargli qualcosa dalla paga giornaliera, ma si lascia cullare dal profumo da ragazzina che ormai è riuscito a invadere l’aria tutta intorno a lui e chiude gli occhi, dicendosi che ad un paio di numeri di qualche manga può rinunciare, per questo mese. Recupererà il prossimo.
*
Maicol è così straordinariamente emozionato che non gli stringe nemmeno la mano, no, gli salta direttamente addosso e lo abbraccia stritolandolo pure con forza, neanche fosse un peluche, subito dopo essersi presentato.
- Che figata! – dice, dopo essersi allontanato da lui, - Dio mio, che figata! – ripete, cominciando ad aggirarsi per la casa in mezzo agli altri, saltellando felice, - Dio, non ci posso credere, non ci posso credere!
Giorgio lo osserva muoversi in tondo e toccare tutto, e ride un po’. Il profumo di more gli solletica il naso solo per un istante. È sufficiente a farlo sentire rilassato, e poi se lo dimentica, e comincia a mescolarsi con gli altri.
Genere: Romantico, Introspettivo.
Pairing: Giorgio/Maicol.
Rating: PG13
AVVERTIMENTI: Slash.
- Maicol non ha la benché minima intenzione di dire a Giorgio che è innamorato di lui. Per qualche ragione, però, Giorgio quelle parole vuole sentirle assolutamente.
Note: Scritta perché andava scritta u.u Per il titolo (che è lo stesso della canzone di Megara in Hercules *w*), ringraziate la solita Fae XD
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I Won't Say I'm In Love


L’ombra lunga e filiforme di Maicol si staglia sull’erba fangosa del giardino. È scura e netta e non somiglia nemmeno a un’ombra umana. Giorgio resta appoggiato al muro, fissa la notte senza neanche una stella oltre le luci abbaglianti dei riflettori che infestano ogni angolo di quella casa, e aspetta. 
Maicol, però, non parla. Muove qualche passo verso di lui, arriva abbastanza vicino da permettere a Giorgio di sentire sulla pelle il calore che si irradia dal suo corpo, o almeno da dargli l’illusione di poterlo fare, ma non un centimetro di più, e così resta distante. Giorgio non lo guarda. Non riesce a staccare gli occhi dal cielo perché quella massa scura e anonima sembra meno spaventosa del chiarore confuso e sempre agitato degli occhi di Maicol.
- Ce ne hai messo, di tempo. – dice quindi, - Stavo cominciando a pensare che ti servisse l’invito scritto o che so io.
Maicol sbuffa teatralmente, decidendosi a muovere quel passo in avanti che ancora lo tiene arretrato rispetto a lui e posizionandosi al suo fianco, affogato in quell’enorme piumino viola che teoricamente dovrebbe odiare – chissà poi perché. 
- Gli spagnoli mi hanno trattenuto. – si giustifica, - Che poi non ho ancora capito come si chiamano, che quando parlano non si capisce un cazzo. Ma vedi te, ma chi li vuole questi? Io rivoglio il Pit.
Giorgio ride, scuotendo il capo e spostando il peso del corpo da un piede all’altro per sistemarsi più comodamente contro lo stipite. 
- Sarebbe stato meglio se ci fossi andato tu in Spagna, eh? – chiede a mezza voce, e Maicol fa un lungo e sonoro verso di approvazione, alzando entrambe le braccia al cielo, prima di mettersi a sproloquiare a caso.
- Ah, senza dubbio! – asserisce sicuro, - A parte che mi sarei perso un sacco di stronzate, cosa che sarebbe sicuramente stata meglio per me, tipo che magari Signorini aveva meno voglia di scherzare, se stavo in un altro stato, e poi non ti rompevo il tuo preziosissimo braccialetto regalato da Carmen, così sarebbe stato meglio per tutti!
- La pianti con questa cazzo di storia del braccialetto di Carmen? – quasi ringhia lui, voltandosi a guardarlo con aria risentita, - Questa tua gelosia è completamente fuori luogo, Maicol! Lo vuoi o no capire che fra me e Carmen non c’èniente?!
- Bene! – strilla Maicol, allontanandosi di qualche passo e continuando ad agitarsi neanche fosse attraversato da una corrente continua di energia elettrica, - Perché io non dico che c’è qualcosa! Io dico solo che con me c’è ancora meno, il che evidentemente è tutto dire!
Giorgio si lascia sfuggire un lamento angosciato, passandosi una mano sugli occhi ed appoggiandosi di schiena contro lo stipite per poter seguire i suoi movimenti confusi per il giardino.
- Sai che sei furbo? – considera, osservandolo attentamente, - Tu stai cercando di farmi dire una cosa non vera, e cioè che di te non mi sbatte una sega, soltanto perché vuoi evitare di ammettere tu una cosa vera, e cioè che ti piaccio.
Maicol si ferma all’improvviso e si volta verso di lui con una lentezza innaturale, fissandolo con aria scettica.
- Ma sei scemo? – balbetta, - Tu non-
Io non un cazzo. – lo interrompe ancora Giorgio, allontanandosi dalla portafinestra ed avvicinandosi a lui, per poi afferrarlo rudemente per un polso e trascinarlo verso la parete più distante dalla casa, sperando di beccare un angolo cieco rispetto alle telecamere, sempre che qualcosa del genere esista in quel posto. – Per una volta, invece di parlare di cosa provo io per te o cercare di capire cosa provo io per te, parliamo di cosa provi tu per me. – lo fissa dritto negli occhi, spingendolo contro il muro. Può leggere nel tremito brevissimo delle sue labbra il fastidio che prova per i mattoni umidi che gli sfiorano la nuca e gli bagnano le punte dei capelli piastrati di fresco. – Dimmelo.
Maicol si tira indietro, sottraendosi alla sua stretta. La sua espressione è disgustata, quasi inorridita, indubbiamente ferita. Giorgio si morde un labbro ma ha l’impressione che se cedesse adesso lo perderebbe per sempre, e davvero non è sicuro di essere pronto ad una cosa simile, per quanto assurdo e idiota possa essere, perciò regge il suo sguardo senza un tremito di più.
- Se lo sai già così bene, - replica Maicol, tagliente, - allora io non ho proprio un bel niente da dirti.
- No. – insiste lui, poggiandogli una mano sulla spalla e stupendosi di quanto sembri fragile sotto la sua pressione quasi violenta, per la prima volta da quando lo conosce, mentre lo spinge più decisamente contro il muro. – No, voglio sentirmelo dire da te.
- Perché?! – strilla ancora Maicol, piantandogli due pugni contro il petto e spingendo con forza per qualche secondo, prima di cedere ed abbandonargli addosso le braccia, - Perché, per poi rispondermi finalmente che per te non è lo stesso? E non avere più niente che ti freni dal dirmi che non ti piaccio? Per questo? Okay, Ronchini, mi piaci, cazzo, mi piaci tantissimo, e ora?
Non c’è un ragionamento sensato, dietro al suo movimento verso Maicol. Le loro labbra si sfiorano appena, umide e incerte, solo per una frazione di secondo. Poi, Giorgio si allontana, sopraffatto dall’enormità di ciò che ha appena fatto e ammesso. Maicol lo fissa, gli occhi enormi di paura e stupore e tristezza.
- Ma sei uno stronzo! – gli urla addosso, spintonandolo malamente, - Cristo, Giorgio, sei una merda! Affogati davvero, cazzo, ti odio! – urla, continuando a tempestargli il petto di pugni. – Cosa cazzo era questo?! Cosa cazzo vuoi da me?!
Giorgio gli lascia scivolare le mani lungo le braccia, mollando la presa sulle spalle e stringendola attorno ai suoi polsi. La pressione del suoi polpastrelli è dolce, appena accennata, e Maicol non oppone resistenza quando Giorgio lo costringe ad abbassare le braccia per azzerare quei centimetri che ancora separano i loro corpi, stringendolo in un abbraccio caldo e rassicurante. Abbandona il capo sulla sua spalla perché questa è una cosa cui è abituato – il suo profumo, la sue carezze dolci e morbide sulle spalle e sulla nuca – questa è una cosa per la quale non deve per forza chiedere spiegazioni. Solleva le braccia, allacciandogliele attorno alla vita, e Giorgio respira piano fra i suoi capelli che gli solleticano la punta del naso, gli occhi chiusi, perso alla ricerca di qualcosa che non è sicuro di voler trovare.
- Mi piaci anche tu. – dice in un filo di voce, vicinissimo al suo orecchio, il respiro che gli accarezza il collo in un brivido che si arrotola su se stesso, salendo e scendendo lungo la sua spina dorsale fino a togliergli le forze. – Forse aspettavo di sentirtelo dire per trovare il coraggio di risponderti .
Maicol trattiene il respiro così a lungo che per un breve, terrificante istante Giorgio sospetta di averlo fatto fuori in un colpo, e quasi si arrabbia, perché fra i numerosi diritti che ha regalato a Maicol nel corso di quei lunghissimi ed estenuanti due mesi, di sicuro non figura il diritto di tirare le cuoia dopo averlo costretto a confessare cose in favore di telecamera – ora che si accorge dell’apparecchietto che li spia da sopra le loro teste – e a due millimetri da un fottuto microfono.
- Ronchini, se mi stai dicendo stronzate, - esplode quindi Maicol, tirandosi indietro abbastanza da guardarlo negli occhi, - giuro che ti do fuoco, sai?, altroché! – minaccia con aria isterica, e Giorgio non può fare a meno di ridere e tirarselo contro, stringendolo con forza alle spalle e mugolando divertito.
- Ah, Maicol, Maicol… - lo prende in giro, - Ma magari ti stessi dicendo stronzate… - si allontana un po’ e poggia la fronte contro la sua, cercando i suoi occhi vagamente umidi. – Almeno non sarei nei casini come sono.
Maicol abbassa lo sguardo per qualche secondo, pensieroso.
- Tanto non ce le hai mica le palle di ripeterlo di fronte alla tua ragazza. – biascica aggrottando le sopracciglia, e Giorgio rotea gli occhi.
- No, ti pare? L’ho appena detto di fronte a chissà quanti italiani compresa probabilmente Giulia, ma no, di sicuro non avrei le palle di ripeterlo di fronte a lei soltanto, figurati. Sarei idiota anche solo a credermi tanto coraggioso. – borbotta offeso. Maicol ride, e Giorgio si accorge che la sua risata, quando non è sguaiata o venata di cattiveria, quando è così piccola e sentita, è bellissima. Anche se forse dire che se ne accorge è improprio, forse l’ha sempre saputo, solo che non ha mai capito in che modo.
- Quindi adesso… - sussurra Maicol, tornando a guardarlo e sporgendosi appena verso di lui, - Tipo se mi avvicino e provo a darti un bacio, tu non mi dai un ceffone che mi schianta nella piscina dentro da qui fuori, mh? – chiede, un po’ spaventato, anche se Giorgio è abbastanza convinto che non sia spaventato tanto da lui o da una sua possibile reazione, quanto più dalla situazione in sé.
- Cazzo, Maicol, ma che problema hai? – sbuffa, stringendolo un po’ più forte, - Ti ho appena detto che mi piaci, dico io, cazzo, sporgiti e baciami, no? Iniziativa! 
- Ronchini, non fare lo splendido! – gracchia Maicol, tirandogli un ceffone dietro la nuca e fissandolo con evidente sgomento. Giorgio ride ed è lui il primo a sporgersi in avanti e baciarlo, dato che è convinto che come consiglio nei confronti di Maicol non fosse niente male, per cui non vede per quale motivo non dovrebbe seguirlo lui stesso in prima persona. 
Le labbra di Maicol sono salate e, per la prima volta da quando la routine ormai dolorosamente ovvia dell’eliminazione si è conclusa, Giorgio realizza che quando Alessia ha detto che non sarebbe uscito Maicol ha pianto. Di gioia. Per lui. Braccialetto del cazzo o meno.
Quando si separano l’uno dall’altro, Maicol ha stampato in viso un sorrisetto soddisfatto che non manca di terrorizzarlo.
- Questo perché…? – chiede, accennando col capo alla piega delle sue labbra. Maicol ridacchia, coprendosi la bocca con una mano, e poi lo fissa furbo.
- Adesso non potrai proprio più dire che ti sto troppo addosso. – risponde, - Adesso, starti addosso è un mio diritto.
Giorgio sospira e rotea gli occhi, annotando mentalmente questo nuovo diritto alla lunghissima lista mentale dei diritti che Maicol già possiede, e sorride un po’ nell’accorgersi del fatto che questo era proprio l’ultimo che gli mancava, prima di poter dire di esserseli presi tutti.
Genere: Romantico, Commedia, Erotico.
Pairing: Giorgio/Maicol.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, PWP.
- "Okay, questo mi piace."
Note: Scritta per il P0rn Fest @ fanfic_italia su prompt RPF Grande Fratello, Giorgio/Maicol, "Non ti dirò mai che sei stato un errore". La colpa di tutto ciò è imputabile principalmente a Fae e, in misura minore ma ugualmente consistente, a Sacchan, in quanto trascinatrice. Il titolo è un doppiosenso magnifico, perché to grope vuol dire sia brancolare che palpeggiare, ed è sempre idea di Fae. Verrà un giorno in cui smetterò di vergognarmi come un cane nello scrivere/postare sul GF, ma quel giorno non è oggi. (cit. riadattata allo scopo)
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Groping In The Dark


Giorgio vorrebbe mangiarsi le mani, in questo momento, e possibilmente sprofondare in un buco di almeno quattro metri, perché il solo pensiero di ritrovarsi seminudo su quel letto immerso nel caldo asfissiante del corpo di Maicol e della coperta che si sono tirati sulla testa per schermarsi davanti agli occhi indiscreti delle telecamere lo rende così nervoso che sente il cuore battere fortissimo, molto più di quanto non avrebbe creduto possibile tollerare ed infinitamente più di quanto non avrebbe creduto possibile per Maicol provocargli.
È tutto sbagliato, lui non dovrebbe essere lì. Dovrebbe essere nel suo letto con la foto di Giulia sul petto e Maicol non dovrebbe essere così dannatamente vicino. È tutto sbagliato, è tutto-- oddio, non gli importa poi tanto che sia giusto o sbagliato, adesso che Maicol, evitando i suoi occhi, si preme tutto contro di lui, aderendo al suo corpo e alla sua pelle sudata e scivolandogli addosso con una naturalezza che lo confonde, le mani che scorrono lungo il disegno definito dei muscoli sul petto e sull’addome e che si soffermano appena a giocherellare coi peli del pube prima di decidersi a stringere la sua erezione pulsante fra le dita, accarezzandola piano.
- Okay, - mugola Giorgio, lasciandosi un po’ andare e sollevando una mano, per poggiarla sulla nuca di Maicol e tirarselo contro il più possibile, ora che il caldo non è più tanto fastidioso e il sudore è solo una cosa umida e piacevole che li aiuta a scivolare meglio l’uno contro l’altro, - Okay, questo mi piace.
Maicol, appoggiato contro la sua spalla, ride piano. Giorgio sente la sua risata vibrare sulla pelle e si inumidisce le labbra, prima di trattenere il labbro inferiore fra i denti con uno spasmo di voglia, spingendosi con una certa violenza in mezzo alle mani di Maicol, chiuse attorno alla sua erezione.
- Sarebbe strano se non ti piacesse questo, voglio dire, lo puoi fare anche da solo. – gli fa notare petulante, e Giorgio si tira un po’ indietro, fermandosi un attimo prima di baciarlo.
Maicol sembra deluso – l’idea di un bacio doveva piacergli proprio tanto, visto che fino a quel momento non ce ne sono stati – ma Giorgio non si sente ancora pronto, e per quanto possa essere idiota non sentirsi pronto per baciare un uomo che ti sta facendo una sega meno di un metro più in basso è così che si sente al momento, perciò appoggia la fronte contro la sua e respira dalle sue labbra, senza però sfiorarle.
- Non è la stessa cosa. – dice, accarezzandogli teneramente la nuca ed arrotolandosi attorno alle dita le punte asimmetriche dei suoi capelli, - Sei più bravo.
- Le lusinghe non ti porteranno da nessuna parte, stronzo che non sei altro. – sbotta Maicol, spingendo con la fronte contro la sua in una pallida protesta, senza però accennare a scostarsi né ad interrompere le carezze sempre più svelte fra le sue cosce.
- Ti dispiacerebbe-- - dice, la voce rotta dal piacere e i muscoli che sembrano contrarsi tutti assieme per cercare di ritardare l’orgasmo e non fare una colossale figura di merda, anche se non riesce a realizzare in che senso, - smetterla di sparare cazzate almeno per una volta, visto che--
Maicol non gli lascia il tempo di finire, probabilmente perché di cazzate è già stufo lui stesso, e si spinge di scatto verso di lui, incollando le labbra alle sue e forzando a dischiuderle per scivolare con la lingua sulla sua in una carezza bagnata e bollente che Giorgio non riesce e probabilmente nemmeno vuole rifiutare, tant’è che la sua mano, che prima stava poggiata sulla sua nuca nel tentativo di tenerlo fermo, adesso resta esattamente allo stesso posto, ma con una pressione del tutto diversa, che lo attira invece di respingerlo. Maicol lo accarezza più velocemente e Giorgio ha difficoltà a chiamarlo per nome, ansimare, implorarlo di fermarsi e cercare di non soffocare tutto assieme, e infatti l’unica cosa che riesce a fare è stringere improvvisamente i denti, col rischio di tranciargli la lingua, e venire in un gemito strozzato che, coperta o meno, avrà sicuramente sentito mezzo popolo italiano – e, fra quelle persone, anche l’unica di cui gli importi qualcosa. Fuori da lì.
- Animale! – lo rimbrotta immediatamente Maicol, la voce acuta e pungente come uno spillo, mentre gli tira uno scappellotto contro la nuca, - Mi hai quasi staccato la lingua! Ma guarda te se questo è modo di ringraziare la gente che si sporca le mani per farti una sega! Eh no, bello mio, non è così che funziona con una signora!
Ed è ancora tutto così tragicamente sbagliato che Giorgio sente che potrebbe anche finire a perdersi in una crisi di panico, ma l’emergenza più pressante, al momento, è cercare di frenare il fiume di parole in piena che scivola fra le labbra di Maicol, e l’unico modo per farlo è seguire il suo esempio. È per questo che si sporge verso di lui e, ancora ansante e pieno di brividi per l’orgasmo, lo bacia profondamente, ribaltandolo sul materasso e coprendo il suo corpo esilissimo col proprio, mentre lui mugugna qualcosa di incomprensibile e spalanca le gambe per fargli posto – Giorgio se ne compiace, per un secondo, prima di capire che l’ha fatto solo per evitare che la coperta volasse dall’altro lato della stanza lasciandoli seminudi e sfatti in balia di almeno tre milioni di guardoni notturni.
Si struscia contro il suo corpo e sente la sua erezione premere contro una coscia attraverso i pantaloni in cotone pesante del pigiama, e si concede un attimo per sorridere prima di lasciargli scivolare una mano fra le gambe, accarezzandolo attraverso i vestiti. Maicol mugugna, nient’affatto compiaciuto, e pressa le mani contro il suo petto, costringendolo a stendersi supino sul materasso ed affrettandosi a risistemare il lenzuolo sopra le loro teste subito dopo.
- Che…? – prova a chiedere Giorgio, ma Maicol lo interrompe con un altro sbuffo da primadonna, ravviandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e rinunciando quando altre ciocche cominciano a piovere a cascata sulla sua fronte e lungo le sue guance.
- Senti, tesoro, - sbotta, armeggiando coi suoi pantaloni per lasciarlo finalmente nudo, una buona volta, - non so che idee abbia tu ma qui non mi si soddisfa certo con una palpatina e via, tu ora rimetti in moto l’arnese e facciamo le cose per bene, hai capito?
- Cosa?! – chiede, ma non può fare a meno di ridere, perché il modo in cui Maicol ha espresso i suoi piani per la serata, insomma, è esilarante, e chi è lui per opporsi? A parte, naturalmente, un eterosessuale fidanzato. Ma questo non ha importanza, al momento.
Maicol, comunque, ride a propria volta, e si accovaccia fra le sue gambe, regalandogli un’occhiata da Bambi – gli occhioni azzurri che luccicano nonostante l’oscurità che regna sovrana sotto la coperta – prima di sfiorare il suo sesso già per metà nuovamente in erezione con le labbra, neanche volesse prenderlo in giro sulla possibilità di prenderlo in bocca o meno.
Fortunatamente, l’idea non sfiora nemmeno la mente di Maicol, che si china su di lui e comincia a leccarlo piano, dalla base alla punta, prima di tirarsi un po’ su sulle braccia e poi calarsi nuovamente sul suo corpo, prendendolo in bocca per tutta la sua lunghezza e costringendolo ad inarcare la schiena e gettare indietro il capo mentre si chiede se sia normale avere già tanta voglia di venire ancora - e ancora e ancora e ancora - dopo essere venuto non più di un paio di minuti fa, a voler essere molto generosi.
I pensieri nella sua testa si fanno confusi e vischiosi, Giorgio resta intrappolato al loro interno e si tormenta immaginando Maicol fare cose cui nemmeno riuscirebbe a dare un nome – anche se fosse molto più lucido di quanto non sia in questo momento – e perciò in un primo momento proprio non riesce a sentire il tocco umido delle dita di Maicol farsi strada fra le sue natiche sfruttando la libertà che gli lasciano le sue cosce spalancate per fargli posto. Lo sente all’improvviso, quando una delle due dita con le quali lo sta accarezzando piano all’esterno si spinge contro la sua apertura, cercando una via per l’interno del suo corpo.
- Maicol? – lo chiama in un lamento impacciato, cercando di guardare cosa stia accadendo e divincolarsi allo stesso tempo, ma lui succhia con più convinzione e tutte le sue proteste scivolano via in un gemito, assieme al suo dito che, invece, altrettanto facilmente scivola dentro di lui.
- Lascia fare. – sussurra Maicol sulla sua pelle bollente, Giorgio geme ancora e si passa una mano sugli occhi, stringendo le dita attorno al lenzuolo e tirando con forza, staccandolo da un angolo. 
- Ma- aspetta. – cerca di fermarlo, ma Maicol non sente ragioni e fruga dentro di lui come fosse alla ricerca di qualcosa che Giorgio non è proprio sicuro di voler lasciare che trovi. Respira svelto, impaurito, la sensazione non è piacevole e sembra ancora più sbagliata di quanto non fosse già prima, ma il dito di Maicol dentro di lui sembra quasi togliergli ogni difesa, è come se sapesse che, pure provando a ribellarsi, non ci riuscirebbe.
- Cristo, ma sei una femminuccia! – lo prende in giro lui, prima di tornare a prenderlo tutto in bocca, distraendolo più che bene rispetto a quello che sta succedendo dall’altro lato e dandogli qualcosa di più piacevole su cui concentrarsi.
Giorgio coglie l’occasione al volo, chiude gli occhi e prova ad ignorare il fastidio per escludere qualsiasi cosa che non somigli al calore infernale della bocca di Maicol che si apre e si chiude bagnatissima attorno al suo sesso, e il gioco riesce fino a quando qualcosa nel suo bassoventre esplode e Giorgio è costretto a spalancare gli occhi e tirarsi quasi a sedere, tale è il brivido di piacere che lo scuote da dentro quando il dito di Maicol trova finalmente ciò che stava cercando.
- Que-Questo – biascica, ansimando pericolosamente, - Questo è-- 
- Il motivo per cui non moriamo di dispiacere al pensiero di farcelo mettere su per il culo da qualcuno, esatto. Bravo! – si complimenta Maicol, allontanandosi da lui ed osservando compiaciuto la sua erezione svettante fra le cosce. Giorgio lo fissa inebetito per qualche secondo e poi, nell’attimo più intenso e spaventoso della sua intera esistenza, decide che non gli interessa quanto tutto questo possa essere sbagliato, non gli interessa di cosa penseranno i tre milioni e più di guardoni e, soprattutto, non gli interessa cosa penserà l’unico guardone che potrebbe avere qualche diritto di sentirsi offeso e rattristato da ciò che sta accadendo.
Lo afferra per le spalle e lo ribalta sul materasso, ed è solo per la buona cura di Maicol che la coperta, dopo essere stata spostata, ritorna al proprio posto. Si sistema fra le sue gambe e geme profondamente quando la punta del suo cazzo preme contro l’apertura di Maicol e poi penetra per un paio di centimetri dentro di lui.
- Ahi! – strillacchia Maicol, - Bestia! – si lagna, - Fortuna che ti ho praticamente ricoperto di saliva prima, altrimenti mi spaccavi in due!
Giorgio ride, senza fiato, e lo bacia piano, cingendolo per i fianchi e cercando di trattenerlo per impedirgli di dimenarsi come un’anguilla sotto le sue mani.
- Scusa. – biascica sulle sue labbra, - Scusa, cercherò di fare piano, non voglio farti male.
- Eh, adesso! – rotea gli occhi lui, tirandogli uno schiaffetto in piena fronte, - Chi ti credi di essere, Rocco? Ohè, vola basso, cocco!
Giorgio continua a ridere e realizza che anche solo per questo potrebbe restargli accanto per sempre, perché non ha mai conosciuto qualcuno che neanche assomigliasse a Maicol, perché è la cosa più unica dell’universo, e perché la cosa più unica dell’universo ha scelto di essere sua. E se suona come una responsabilità così grande, è proprio perché lo è.
Lo bacia dolcemente, a lungo, mentre entra dentro di lui con un riguardo di fronte al quale Maicol sbuffa platealmente, continuando a lagnarsi che “così mi fai aria, tesoro, su, un po’ di olio di gomito!”, e Giorgio non ha alcuna difficoltà ad incoronare come Momento Più Soddisfacente della sua Vita il momento glorioso in cui, finalmente, chiude il pugno attorno all’erezione di Maicol e lo accarezza seguendo il ritmo frenetico delle proprie spinte, riuscendo, una buona volta, a zittirlo.
Continua a baciarlo anche quando viene dentro di lui, godendosi fino all’ultimo istante la sensazione magnifica del suo corpo che gli si chiude tutto attorno come una tenaglia o una trappola, e non riuscendo neanche a sentirsi disgustato o a disagio come aveva pensato nel momento in cui anche l’orgasmo di Maicol si libera fra le sue dita, accompagnato da un urletto stridulo che, per qualche ragione, invece di infastidirlo lo intenerisce.
Crolla al suo fianco ansante e distrutto, e Maicol lo stringe fra le braccia in una perfetta imitazione del se stesso più appiccicoso esistente fra le sue svariate decine di personalità. Lo lascia fare – è carino che per una volta sia lui a stringerlo, sia lui a giocare con la peluria rada della sua nuca, e non il contrario. È carino e basta, e non sembra neanche più tanto sbagliato, dopotutto.
- Adesso – sussurra Maicol, la voce soffice come un batuffolo di cotone, - sicuramente mi dirai che tutto questo è stato un errore enorme e che dobbiamo prenderci una pausa per riflettere. – anticipa. Si ferma un attimo, come riflettendo sul punto, e poi riprende a parlare: - Guarda che se me lo dici mi incazzo come una iena, Giorgio, ti strappo le palle a morsi, sai?
Giorgio ride sulla sua spalla, lasciandovi sopra un breve bacio appena umido e poi stiracchiandosi fino a raggiungere il suo orecchio.
- Non ti dirò mai che sei stato un errore. – promette. Maicol sembra incerto sulla possibilità di prenderlo a parolacce o farselo bastare, e per fortuna, alla fine, decide per la seconda opzione. Le sue dita che giocherellano fra le ciocche dei suoi capelli lo accompagnano per tutto il tempo, finché non si addormenta.