animanga: misako kurata

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Drammatico/Malinconico/Triste/Romantico
Pairing: Sana/Akito
Rating: PG
- Una fuga dalla realtà ha ben poco di vero. Non c'è vita, fuori dal mondo. Sana ed Akito lo impareranno.
AVVISI: Nessuno.
Commento dell'autrice: *_______* Era una vita che non scrivevo oneshot *_* Che poi non è neanche vero, ma mi sembra davvero tanto ù_ù Comunque, frutto di un’ispirazione improvvisa che, tra alti e bassi, si è protratta per giorni e giorni XD Un finale surreale ù_ù XD Ma un significato profondo ^_*
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Back To Reality


Lascio scorrere il mio sguardo sul tuo corpo addormentato di fianco al mio. So che, se fossi sveglio, quest’incanto non esisterebbe, quindi cerco di godere appieno di ogni istante prima che tu risorga dalle lenzuola. Nella luce del primo mattino, i tuoi capelli sembrano brillare. Non vale a nulla la tenda bianca che c’è sulla finestra di questa camera d’albergo, il sole è irrimediabilmente attratto da te, raggiunge il tuo corpo e lo avvolge, dandogli calore, facendolo brillare.
E non perché tu sia una persona solare. Anzi, proprio perché sei sfuggente, proprio perché sei una luna dalle mille facce, il sole non può fare a meno di volerti.
Spiacente sole, lui è già mio.
Pelle abbronzata… colore del miele… diverso sapore. Il sapore è tuo. Lo stesso che sentii quella volta, lo stesso del nostro secondo bacio.
Ehi, ricordo ogni bacio con precisione, fino al liceo! Mi perdonerai se non riesco a fare la conta dei successivi, ma ti renderai conto che sono diventati troppi perché io possa tenerli a mente…
Troppo numerosi e troppo concentrati.
Ovviamente è uno scherzo, non saranno mai troppi né troppo concentrati. Io non mi sazio, a quanto pare.
Quel neo sotto l’ascella… quante volte l’ho sfiorato nello stesso momento in cui tu sfioravi i miei…? Innumerevoli. Soprattutto ultimamente.

Vai, Sana, sei un’adulta!

Ridacchio al pensiero, silenziosamente perché non voglio assolutamente che ti svegli di già.
È stata una bella idea venire qui in vacanza, sai? Lo penso davvero. Quando ero più piccola pensavo sempre che quando sarei stata grande, indipendente, quando avrei vissuto per conto mio, sarei stata maggiormente in grado di organizzare e gestire i miei impegni. Ero fiduciosa nel dire “Vedrai, quando sarò autonoma potremo vederci più spesso.”. Purtroppo però, più divento grande più lavoro, e con dei film in mezzo – oltre alle solite pubblicità e le apparizioni in tv – puoi organizzarti bene quanto vuoi, ma sono le esigenze di regia che stabiliscono i tempi della tua vita. Non è bello dirlo, eh?
Poi, ovviamente, devo pensare di non essere l’unica ad avere degli impegni. Spesso, quando io sono libera tu sei impegnato, e viceversa, così passo ore intere davanti alla televisione aspettando la prossima edizione del telegiornale che mi ripeterà per la centesima volta che ti sei qualificato per le Olimpiadi, che hai vinto un torneo nazionale, che hai superato il record di KO eccetera, eccetera, ecctera.
Tu guardi ancora la televisione per ricercare il mio viso?
È brutto anche questo. In ogni caso, foto e televisione non rendono giustizia alla tua presenza.
Alla tua presenza di fianco a me.
Più ti guardo e più penso che queste vacanze siano una benedizione divina.

No, non svegliarti ancora, voglio nuovamente perdermi nel guardarti. Espressione rilassata, come dormi bene…
Sono rilassati tutti i muscoli del tuo corpo, e sei ugualmente bello di quando invece sono tutti tesi e sotto sforzo. Una volta, lasciando vagare la mano su di te, mi sono chiesta quanti muscoli tu sia in grado di mettere in funzione per darmi piacere, mentre facciamo l’amore. Lì vedevo lì, in movimento, ed erano tutti attivi!
Partecipavi con tutte le tue fibre. Sono gli istanti in cui penso “lui è mio, interamente, non c’è nulla di ciò che lo compone che possa sfuggire alle mie mani”.
Si… la mia mano su di te… accarezza il tuo capo, scende lungo il collo, per le spalle… la lascio andare seguendo l’arco della tua schiena, mi fermo prima dell’arco successivo perché si, ancora sono imbarazzata da queste cose.
Ti concedo di ridacchiare e di procedere col tuo solito sarcastico “non sembra quando siamo a letto insieme”. Lo so, che non sembra, ma è solo perché tra le tue braccia difficilmente riesco più a capire cosa provo, o a provare qualcosa di diverso dalla passione pura.

- Sana…? Che fai?
- Ah… ciao!
- Mi fissavi? Mi accarezzavi?
- Ma che…? Ma smettila!
Martellata in fronte. Lo tengo sempre accanto, il martello, he he…
- Lo so che lo stavi facendo! L’ho sentito sulla schiena!
- Avevi una mosca e l’ho scacciata!
- Ah si…?
In un secondo – non ho neanche il tempo di capire come – sono tra le tue braccia, e tu segui il mio profilo posteriore dal collo alla schiena.
- Tu così scacci le mosche?
- Avanti… finiscila…!
Mi lasci e torni disteso sul letto, guardando il soffitto. Anche io mi lascio andare sul materasso, respirando a pieni polmoni il tuo odore che è rimasto nell’aria.
- Che caldo…
- E’ estate, Sana.
- Lo so! Era per dire qualcosa! Accidenti, sei impossibile!
- Devi per forza dire qualcosa…?
Silenzio. Solo i nostri respiri nell’aria. Che strana tensione…
- Ahm… andiamo a mare…?
Sospirando rumorosamente, ti alzi dal letto dirigendoti in bagno.
- Andiamo a fare una passeggiata.
Tono intransigente, prima di sparire dietro la porta.
Non si può pensare di farti dei complimenti che elimini subito qualsiasi motivo per meritarteli, accidenti a te.
**

- Che ore sono?
- Ti annoi?
- Non mi annoio…
- …
- Akito…?
- Si?
- Si può sapere cos’hai?
- …
- …
- …
- Akito…
- Si…
- Ti ho fatto una domanda…
- Lo so.
- Risponderesti?
Ti fermi. Nel bel mezzo di un boschetto poco distante dalle rive bianche e dal mare fresco dove vorrei essere – perché non siamo andati al mare? Eh? – ti fermi e mi fissi negli occhi. Per un lunghissimo istante. Poi, d’improvviso, abbassi lo sguardo sospirando e scuoti la testa.
- No.
- Perché???
- Perché sarebbe inutile!
- Perché?!
- Non capiresti!
- Ah, questa poi!
- Uffa… Sana, continuiamo la passeggiata!
- No!
- Ti lascio qui!
- Fai pure!
Ci blocchiamo per qualche secondo, stringendo i pugni e guardandoci con crescente rabbia, prima di sbottare in un contemporaneo “Ma tu non cambi mai?!”.
Poi, un semplice sospiro e torniamo a camminare fra gli alberi, l’una di fianco all’altro. Il tuo braccio sfiora accidentalmente il mio nel muoversi.
Ti fermi, mi guardi.
Quale strana alchimia agisce fra noi, portandoci addosso ad un pino immersi nel piacevole passatempo dei baci e delle carezze? Non stavamo litigando, poco fa?
La mia, è una risatina rassegnata.
- Che fai, ridi?
- E certo che rido! Una situazione assurda…
Ricominciamo a camminare silenziosi, la tensione nervosa di poco prima sembra completamente sparita. All’orizzonte, davanti a noi, si vede il mare.
- Sicuro che non ti vada di farti una nuotata?
**

- AKITO HAYAMA!
- Mi aspettavo una reazione simile…
- Come puoi essere così tranquillo??? Qui a Tokyo il finimondo e lì da voi… dove diavolo siete voi, a proposito???
- Uhm… un paesino di mare… non sono autorizzato a dire il nome…
Allontanò leggermente l’orecchio dalla cornetta, appena in tempo per scampare alle urla indiavolate di Tsuyoshi Sasaki, diciott’anni, impiego: studente, funzione: suo migliore amico, hobby: riportarlo con i piedi per terra quando faceva qualche follia. Come in quel momento.
Il ragazzo biondo si voltò indietro, scuotendo il capo in direzione della sua ragazza, Sana Kurata, diciott’anni, impiego: attrice, funzione: farlo impazzire, hobby: non esserci tanto spesso.
Si, bè, forse stavolta Tsuyoshi non sarebbe riuscito a riportarlo indietro.
Sana si avvicinò a lui, tendendo la mano.
- Dai, passamelo.
Lui obbedì meccanicamente facendosi da parte e tentando di immaginare.
- Tsuyoshi-kun? Si, sono io. No, non mi ha rapita lui. No, non l’ho neanche rapito io. Ma la smetti di blaterare? Ah, dì a Fuka-chan che mi dispiace di essere sparita senza avvertire. Va bene, dillo anche ad Aya-chan. Va bene, scusami Tsuyoshi-kun! Si, lo immaginavo. No, non m’importa. Mia madre è d’accordo, e comunque non sono una bambina.
Poi, s’interruppe un attimo.
- Tornare…?
Lo guardò, con un misto di sorpresa e terrore negli occhi.
- S-Si… lo so che… tre settimane… ma… tornare…!
Sbuffando le si avvicinò, riprendendo il telefono fra le mani.
- Tsuyoshi? Ti richiamo io.
- Va bene, ma tu NON TI AZZARDARE a spegnere di nuovo il cellulare, capito?!
- Si, si…
Terminò la chiamata e spense il telefonino senza dire una parola, tornando poi a guardare Sana.
- Perché sei così sconvolta adesso?
- Sconvolta? Io??? Ma che dici!
Gli diede la schiena, dirigendosi a passo veloce verso la cucina dell’appartamento e sparendo dietro la porta. Lui la seguì.
Akito Hayama, diciott’anni, impiego: karateka, funzione: essere innamorato, hobby: farsi trascinare. La seguì.
- Sana…
- Si?
Disse lei guardandolo distrattamente mentre beveva un succo di frutta direttamente dalla bottiglia.
- Neanche io voglio tornare.
La ragazza posò il contenitore sul tavolo, riavviandosi una ciocca di capelli e guardandolo intensamente.
- Allora non abbiamo niente di cui discutere.
- Invece si, Sana.
- Invece no, Akito!
La osservò muoversi veloce accanto a lui e tornare nel salottino.
- Sana, ascoltami…
- Uff… che c’è ancora…?
- Non vorrei tornare a casa… ma dovremmo farlo…
- Akito, santo cielo! Eppure di solito sei tu quello che vuole evadere dalla realtà!
- Si, è vero, sono io, ma se manchiamo dal mondo per tre settimane…
- Noi non manchiamo dal mondo! Noi siamo qui, esistiamo, ci stiamo divertendo! Questo è un bel posto, e qui ci siamo noi, e nient’altro! Non hai voglia di restarci per sempre?
- Si che ne ho voglia. Ma non possiamo fare tutto ciò di cui abbiamo voglia.
- Ed allora dovremmo agire sempre facendo il contrario di ciò che vogliamo? Bene! Allora adesso ti lascio e domani torno alle mie riprese!
Lei trattenne il fiato, abbassando lo sguardo e cercando di arginare le lacrime. Akito le si avvicinò, stringendola presto fra le braccia.
- Adesso non fare così… non dico questo. Tu sei troppo intransigente.
- Macché… non ne posso più, Aki… ogni giorno, per settimane, per mesi! Ci sono periodi in cui riusciamo a vederci solo per un paio d’ore… così non è possibile stare insieme… voglio smettere di recitare…
- Non è vero, e lo sai.
- Si, lo so. Ma piuttosto che recitare e perdere te preferisco smetterla e tenerti accanto.
Si strinse a lui un po’ di più.
E lui si sentì morire.
Era vero, quella era una situazione dannata. Tra i suoi impegni e quelli di Sana, la vita stava diventando insopportabile.
Ecco il motivo della fuga.
“Solo una settimana, Aki, te lo prometto. Poi torniamo.”
E da una settimana erano arrivati a tre, scivolando veloci di paesino in paesino come scivolava il tempo, in assoluto silenzio. Senza neanche capire. O forse, capendo invece fin troppo bene che finito quel periodo sarebbe tornato tutto come prima, e tutto sarebbe stato nuovamente disfatto. Per questo avevano spento i cellulari. O meglio, Sana una notte aveva spento entrambi i cellulari senza dirgli nulla. Ma lui, che se n’era accorto, certo non avrebbe protestato.
Poi, quel giorno. Cominciava, effettivamente, a voler tornare a Tokyo. E per quanto si sforzasse di convincersi che era tutto a postissimo anche così, non ci riusciva. C’era qualche problema.
- Tu non mi perderai comunque.
- Io non posso saperlo.
- Ma si che lo sai. Te lo sto dicendo.
- L’hai già fatto in passato. E non hai mantenuto la promessa.
Ecco. Proprio quello che non voleva. Rivanghiamo i vecchi ricordi! Riapriamo le ferite! Rigiriamo il coltello nella piaga!
… ma perché…?
Si staccò da lei muovendo qualche passo nel salotto. Sana sembrò accorgersi dell’errore.
- Mi spiace, Akito. Non avrei dovuto dirlo. Io… mi fido di te! Davvero! Ma… gli effetti della lontananza…
Disse sorridendo tristemente e con un goccio d’ironia nella voce.
- Sana, non so che dirti. Dobbiamo tornare. Abbiamo da fare. Sono tutti preoccupati.
- Ecco, vedi? VEDI?! Già parti con un “abbiamo da fare”! Non riusciremo a stare insieme nemmeno un minuto! E poi adesso che Tsuyoshi-kun ci ha sentiti non sarà più preoccupato! Possiamo rimanere ancora un po’!
- Sana, tu non capisci, questo non è reale! È una stupidissima fuga!
- Invece è reale! Noi possiamo farlo diventare reale! Se… decidessimo di rimanere qui… per sempre…
Akito la guardò con stupore. Davvero era arrivata a pensare… cose simili? Fino a questo punto era arrivata la sua voglia di farla finita?
E lui non se n’era accorto. Lui, dannato stupido egoista e bastardo, lui, che andava in giro pavoneggiandosi – bè, pavoneggiandosi no, ma è lo stesso – dicendo di essere il suo ragazzo, LUI non si era accorto di quanto in là fosse andata la sua voglia di fuga.
Si avvicinò nuovamente, cingendola fra le braccia.
- No, Sana… mi… mi dispiace… ma non sarebbe reale neanche in quel caso…
Lei ebbe un sussulto, e non alzò lo sguardo.
- Sana, la nostra vita è anche questo. La nostra vita è anche il cinema, è anche il karate. È anche il non potersi vedere spesso. Il mio amore rimane inalterato.
- Ma… ma… Akito, io… io…
Scossa dai singhiozzi, Sana rimane immobile, stretta a lui. Pensando che non avrebbe mai voluto lasciarlo scivolare via.
Il tempo si. Lui no.
- Non torniamo…
Si aggrappò alla sua maglietta come all’ultimo soffio di vita.
- Ti prego.
Lui inspirò. Poi espirò. A fondo, il suo profumo addosso.
Scosse il capo.
- Solo un’altra settimana, Sana. Solo un’altra settimana.
**

- Cioè, ti ha detto che ti avrebbe richiamato e poi NON L’HA FATTO???
Tsuyoshi annuì sconsolato verso le due ragazze.
- Ed il cellulare?
Scosse il capo.
- Spento.
- L’IMMAGINAVO! Tsuyoshi, sei proprio uno stupido!
- A-Adesso calmati, Fuka-chan…
- Almeno HAI PARLATO CON SANA? Le hai CHIESTO DOVE SONO? E perlomeno QUANDO TORNERANNO?
Tsuyoshi si portò una mano alla fronte, massaggiandosi poi le tempie.
- Piantala di urlare, ok Fuka-chan…? Si, le ho parlato, ma non mi ha detto nulla… sinceramente credo che non voglia tornare…
- E CHI SE NE FREGA??? INSOMMA! CHE BAMBINATA! ALLA LORO ETA’!
- Fuka-chan…
Disse Aya mettendole una mano sulla spalla.
- Adesso cerca di calmarti, ok…?
L’impassibilità di Aya scosse entrambi nel profondo, tanto che Fuka si calmò davvero. Tsuyoshi la guardò a lungo, leggermente disorientato. Poi borbottò qualcosa abbassando gli occhi.
- Si, ecco, appunto. Adesso cerchiamo di ragionare con calma ed ipotizziamo il luogo dove possono essere… dopodiché andremo a prenderli e…
La sua ragazza lo investì con uno sguardo talmente freddo e severo che lui serrò le labbra e trattenne il respiro.
- Non faremo nulla del genere.
- Ma, Aya-chan…
Provò ad intromettersi Fuka.
Per un attimo, lo stesso sguardo glaciale che poco prima aveva investito Tsuyoshi, venne gettato su Fuka, ma Aya lo modellò rapidamente, cambiandolo in qualcosa di diverso, dipingendolo con i toni della severità composta e comprensiva di una madre.
- Fuka-chan, quei ragazzi sono ormai due adulti, e nel caso non fossero ancora del tutto maturi, bè, non potranno mai diventarlo se noi ci ostiniamo a riportarli indietro con la forza.
Fuka guardò in basso, silenziosa.
- In ogni caso non possiamo decidere delle loro azioni, quindi se vogliono farla finita con tutto e rimanere ovunque siano per sempre, ne hanno tutto il diritto. L’unica cosa importante non è forse che stiano bene, che siano felici?
I due che erano rimasti fino a quel momento in riverente ascolto, si dedicarono per qualche momento ad un’intensa contemplazione del pavimento. Fuka fu la prima a risollevare lo sguardo.
- Va bene, Aya-chan… hai ragione tu…
Disse la mora in un soffio, sospirando rumorosamente. Aya annuì soddisfatta, riavviandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Bene. Adesso mi prometti che starai tranquilla?
Fuka sorrise.
- Ti prometto che ci proverò…
Qualche minuto dopo, la ragazza andò via lasciandoli soli nella stanza di Tsuyoshi. Lui si sedette su una sedia, ed una strana inquietudine lo prese. Fu improvviso, inaspettato ed indesiderato. Era lì, con la ragazza che amava, e… e?
- Tsuyoshi…
Sbuffò lei lasciandosi andare seduta sul letto.
- Che hai?
- Io?
Aya sorrise con condiscendenza.
- Si, tu Tsuyoshi.
Anche lui sorrise con fare imbarazzato, come scusandosi dell’idiozia della precedente domanda.
- Ecco…
Gli ci volle una gran forza, per parlare.
- E’ che… poco fa… mi sei sembrata… strana…
- …
- Ed ho pensato…
- …
- Che forse tu, Aya…
- …
- Che forse sei diversa da come credo di conoscerti…
- …
Rimasero in silenzio, e lei lo fissò a lungo con un’espressione stupita sul volto.
Poi ridacchiò.
- Credimi, Tsuyoshi. Tu sei la persona che mi conosce meglio in assoluto.
Gli si avvicinò, accarezzandolo dolcemente sul viso.
Lui pensò che forse era vero, ma che questo certo non significava che lui conoscesse tutto di lei. Più cose, rispetto agli altri. Ma… tutto?
- Perciò stai tranquillo.
Si abbandonò alle sue labbra rassicuranti.

Ma si. Sono tranquillo.
**

Nella notte, lo guardò dormire profondamente.
Non aveva per nulla un’espressione serena. Le sopracciglia erano corrugate, come fosse preoccupato. O in ogni caso impensierito da qualcosa.
Bisbigliò.
- A cosa pensi…?
Non ricevette risposta.
- Cosa sogni…?
Silenzio.
Si, dormiva.
Gli si appoggiò addosso, sistemando i capelli in modo da non dargli fastidio.

Quando aveva organizzato quel viaggio, le era parsa una buona idea.
Si, forse un po’ infantile, forse MOLTO infantile, ma nulla che dovesse rendere necessaria una perizia psichiatrica, no?
O forse si?

Stringendosi ancora un po’ a lui, pensò che non doveva assolutamente fargli capire di essere insicura. Se avesse mostrato una falla, subito lui se ne sarebbe accorto. L’avrebbe riportata a casa.
No, non voleva.

“- Mamma, io parto.
- Parti? Con Akito?
- Si.
- Per dove?
- …
- …
- …
- Quando torni?
- …
- Capisco. Non approvo, ma capisco.
- Posso farlo, vero?
- …
- …
- Sana, quanti anni hai?
- …
- Non devi chiedermi il permesso.”


Lei capiva. Lei non approvava, ma capiva. Era quanto bastava.

Mamma, forse non tornerò più…

- Forse è meglio tornare domattina.
**

Sollevò lo sguardo impaurita dalla voce che, bassa ed improvvisa, l’aveva colta assolutamente alla sprovvista.
- A-Akito…?
Lui si mise seduto, costringendola a fare lo stesso.
- Non dormivi…?
- Dormivo. Mi sono svegliato…
- Capisco…
Disse Sana abbassando lo sguardo.
- Sana?
- Si?
- Hai sentito cosa ti ho detto poco fa?
- Akito, mi avevi promesso un’altra settimana! Non sono passate che poche ore, e già ti rimangi ciò che mi hai detto?
- Sana, ma tu piangi.
- Io… cos… cosa…?
Istintivamente portò le mani alle guance, e le trovò bagnate.
Piangeva. Senza neanche accorgersene.
- Ma…
- Non l’avevi notato?
Chiese lui stupito almeno quanto lei.
La ragazza scosse la testa.
- No…
Akito le mise una mano sulla spalla e poi l’abbracciò teneramente.
- Facevi di tutto per non notarlo… vero…?
- Non… non è così… non è importante…
- Si che lo è… a te manca la vita reale… quanto manca a me…
- No, Akito…
- Non possiamo continuare così, Sana. Torniamo a Tokyo.
E dopo un momento di silenzio, lei si sciolse in lacrime, scossa da violenti singhiozzi, stretta a lui, aggrappata alla sua maglietta.
- Ma… ma…
- Sssh… ti prometto… che farò di tutto per vederci più spesso, Sana… anche tu mi prometti che farai lo stesso…?
Serrando le labbra annuì, cercando di frenare le lacrime ed i singulti.
- Bene…
Lui la strinse un po’ più forte.
- Adesso basta… è tutto finito… domani… torniamo a casa…
E su quel “torniamo a casa” che giunse alle sue orecchie molto più dolce di quanto avrebbe mai immaginato, si addormentò esausta.
**

- Mi chiedo cosa diavolo mi fosse preso…
Disse la ragazza finendo di pettinarsi i capelli.
Aya rise.
- Capita, un momento di follia!
Sana la guardò, con un sorriso negli occhi oltre che sulle labbra.
- Grazie per non essere venuta a riprenderci…
**

Tsuyoshi alzò una mano verso Akito, per farsi notare, rimanendo sotto il porticato della scuola per evitare di venire completamente investito dalla pioggia.
- Akito! Vieni a ripararti qua sotto, per carità!
Akito seguì di corsa il suo consiglio, e quando fu all’asciutto di scosse i capelli fradici.
- Tutto a posto?
- Si, Tsuyoshi… tutto a posto…
- Guarda qua come sei conciato! Ti vedi con Sanachan?
- Proprio adesso…
- Tsk! Mai possibile? Uscite insieme e ti presenti in queste condizioni?
Tsuyoshi rise. Akito sospirò guardando le nuvole che, lentamente, si andavano diradando, così come la pioggia.
- Sai? Penso che, in fondo, delle condizioni in cui mi presento le interessi poco…
L’amico gli mise una mano sulla spalla.
- Oh, io ne sono sicuro… ombrello?
Genere: Romantico
Pairing: Sana/Akito
Rating: G
AVVISI: OOC.
- Sana ed Akito, come andrà a finire la loro storia dopo il torneo di arti marziali?
Commento dell'autrice: Insomma, è la mia prima storia, e si vede. Quando l'ho scritta (più di due anni fa! Ci credereste mai?) non ero guidata da un'ispirazione particolare, semplicemente avevo appena finito di guardare l'ultima puntata di Kodocha in tv, e (come tutti coloro che l'hanno vista, penso) ero rimasta così delusa che ho preso carta e penna ed ho scritto ^_^ Poi ho trasposto al computer. Quando ho aperto questo sito ero indecisa se metterla o meno... non è che io ne vada così orgogliosa... oddio, ho usato anche i nomi Mediasettini... ma alla fine ho deciso che di un autore non si devono leggere soltanto le meraviglie, ma anche le schifezze. Quindi beccatavela ^_^
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Grazie ad una cintura nera
Rossana era nella sua stanza, distesa sul letto. Ripensava all’ultimo giorno di scuola.
[Flashback]
Heric: E’ l’ultimo giorno. Anzi, abbiamo proprio finito, perché ci hanno già dato i diplomi.
Fanny: Dai!!! Non farne una cosa tragica! Ci rivedremo l’anno prossimo!
Rossana: Non è questo. Credo che sia perché l’anno prossimo saremo già al liceo. Saremo più grandi e più maturi…
Heric: Per te non credo proprio: tu sei sempre immatura ed hai un fisico da bambina.
[Heric si avvicina con l’intenzione di toccare il seno a Sana come sempre per vedere se è cresciuto]
Rossana: Non ti avvicinare. Non provare nemmeno a fare quello che sta per fare!
[E lo colpisce col martello di gomma]
Terence: Possibile che voi dobbiate sempre litigare??!
[Fine flashback]
Un sorriso salì alle sue labbra. Era dall’inizio delle vacanze che non rivedeva più i suoi amici. L’era passato per la testa di andare a trovare Alyssa o Fanny un’infinità di volte, ma tra i suoi impegni di lavoro era difficile trovare un po’ di tempo libero per le sue migliori amiche. Più che altro, però, voleva evitare i discorsi su lei ed Heric che sicuramente quelle due avrebbero fatto. In fondo, lei ed Heric non stavano ancora insieme. Ed il torneo per la cintura nera sarebbe cominciato l’indomani. Sana si voltò su un fianco con mezza testa affondata nel cuscino. Chiuse gli occhi e pensò: ’Devo andare a vederlo, domani? Potrebbe non volermi vedere…’
“Uffa!” disse ad alta voce “Detesto i problemi di cuore…”. In quel momento squillò il cellulare. Driin. Rossana si voltò a guardare il telefonino. Chi poteva essere? Driin. Squillava di nuovo. Rossana si mise in ginocchio sul letto. Da lì non riusciva a vedere chi era. Il cellulare era sulla scrivania. Driin. A Rossana batteva il cuore. Poteva essere Terence, o Alyssa, o forse Fanny. Il pensiero che potesse essere Heric nemmeno la sfiorò. Driin. Aveva già squillato quattro volte, ma Sana non si era ancora decisa ad andare a rispondere. Non riusciva a capire perché. Aveva forse paura dei suoi compagni? Driin. Aveva squillato ancora. Rossana lentamente si alzò, ed ancora più lentamente si diresse verso la scrivania. Intanto il telefonino aveva smesso di squillare. Prese il cellulare in mano e lesse nel piccolo schermo: “Chiamate perse: una. HERIC”. Rossana urlò: “AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHH! Ma come mi è saltato in mente di non rispondere!!! Devo essere impazzita… devo chiamarlo.” Compose il numero di Heric ed attese. Tuu, tuu, tuu… “Pronto?” disse Heric. “Ciao!” rispose Sana. “Mi hai chiamato tu prima, vero?”. “Si, ero io. Ma perché non mi hai risposto?”
“Non ha importanza” disse lei “ma dovevi dirmi qualcosa?”
“Veramente si. Domani ti andrebbe di venire a vedermi al torneo di Karate?”. A Rossana brillavano gli occhi. Non aspettava altro. “Certamente! A che ora?”
“Comincia un po’ prestino…” disse Heric. “Alle sette”
“Ma certo, ci sarò”
“Ma, arriverai in orario?”
“Contaci!” disse Sana sorridendo. Poi entrambi riattaccarono. Rossana ebbe un attimo di calma, ma poi saltò sul letto e cominciò a cantare una canzone che da qualche parte aveva sentito.
Fino a quella sera
Non mi avevi notato mai
Tutto è cambiato
Me ne rendo conto
Mi hai coperta di complimenti
Ed io non capivo perché
Mi c’è voluto un po’
Per comprendere che era
ERA AMORE!!!
Poi cadde distesa sul letto e si mise a ridere come una pazza.
Dal piano di sotto, sua madre ascoltava le sue risate sorridendo a sua volta, ma questo Sana non poteva saperlo. Quando Sana scese per la cena, Robbie si ritirò a casa. Era stato fuori tutto il giorno in cerca di nuovo lavoro per Sana ed aveva un’aria distrutta. “Ciao Robbie!!!” disse Sana al settimo cielo. ‘Ah, bene, è già felice! Ma lo sarà ancora di più quando le dirò quello che ho fatto oggi!”. “Signora Patriciaaaaaa! Cosa c’è per cena?”
“Riso alla cantonese e pollo alle mandorle”
“Bene! Oggi si cena cinese!!! Non potrei essere più felice!!!”. Quando tutti si furono seduti a tavola, Robbie fu il primo a parlare. “Sana: ho una notizia per te! Ti vogliono per girare una ventina di spot pubblicitari!”
“Bene: lavoro duro! E quando si comincia?”
“Bè, il primo spot è su un hotel qui vicino: ti dovrai vestire in maniera molto chic e parlare molto bene del suddetto Hotel. Si comincia domani alle sette…” Rossana, che stava sorseggiando un’aranciata, sputò tutto in faccia a Robbie e disse: “Ma sei impazzito a prendere impegni prima di interpellarmi? Come ti sei permesso? Sei un fallito!In ogni modo puoi benissimo andare a dire al produttore che domani non se ne fa niente. Tanto ho già un impegno!”. Poi si alzò e salì di sopra in camera sua. Sua madre si alzò da tavola. “Signora Katherine, mi aiuti…” bisbigliò Robbie. “Mia figlia ha perfettamente ragione: fallito!”. Poi salì sulla sua macchinetta, premette un pulsante di modo che le scale diventassero una specie di strada e salì anche lei di sopra a cercare sua figlia. “Ma cosa ho fatto…”. In quel momento entrò la signora Patricia con la cena. “Ma come mai non c’è nessuno?” “Non credo che si mangerà stasera, può mettere tutto in frigo.”. Disse Robbie.
Toc, toc! Sana si voltò verso la porta. Era seduta sul letto ed era ancora furiosa con Robbie. “Chi è?” chiese. “Sono la mamma, posso entrare?”
“Certo” disse lei. La signora Smith entrò. “Sana, cosa è successo?”
“Tu credi che sia più importante la mia carriera della mia vita?”
“Non lo so cara. Probabilmente sono tutte e due molto importanti, anche perché in un certo senso, la tua carriera è la tua vita.”.
“No! Qui vi sbagliate tutti!” disse Sana alzandosi di scatto dal letto e guardando negli occhi sua madre. “La scuola è la mia vita! La mia famiglia è la mia vita! I miei amici sono la mia vita! Heric…” disse bisbigliando “…lui è la mia vita… Ma non certo la mia carriera! Quella è solo un lavoro! Una distrazione! Probabilmente non starei male senza lavoro, ma senza voi, senza tutti quelli che mi stanno accanto, io starei male!”
“Ma mi spieghi perché domani non vuoi andare a girare quello spot? Cosa devi fare? Se non ti va non è un problema…”
“Non è che non mi va! Domani io devo vedermi con Heric alle sette!”
“Bè,” disse Katherine “se ti ama ti saprà aspettare”
“E il problema è proprio questo! Io non posso causargli altri problemi col mio lavoro! Gliene ho già causati fin troppi! Io col mio lavoro l’ho fatto soffrire parecchio! E non voglio che lui soffra! Perciò” disse Sana con aria decisa “io domani andrò a quell’appuntamento e nessuno mi fermerà”
“Sono d’accordo con te” disse Katherine sorridendo. Le diede un bacio sulla fronte e poi si avviò all’uscita “Buona notte tesoro mio”
“Buona notte mamma”. ‘Che bello sapere che ho ragione!’ pensò Rossana. Poi s’infilò la camicia da notte, si mise a letto e si addormentò felice.
L’indomani quando la sveglia suonò, Rossana stava per fermarla e riaddormentarsi di nuovo quando pensò a Heric ed al suo appuntamento. Sgranò gli occhi, scattò a sedere e guardò la sveglia. Erano ancora le 6:30. Bene! Si alzò ed andò in bagno. Si lavò, si vestì e poi scrisse un biglietto a sua madre dove diceva che era già uscita e che sarebbe tornata nel pomeriggio. Poi uscì e di corsa raggiunse il luogo del torneo. Non conosceva nessuno e si sentiva un po’ sperduta. Poi però scorse Heric e dopo aver urlato il suo nome lo raggiunse e lo salutò. “Come mai sei ancora fuori?”
“Sei in anticipo di cinque minuti. Com’è possibile?”
“Hahahaha! Sei spiritoso!!!” disse Sana colpendolo col martello. “Guarda! Cominciamo ad entrare!” continuò lei. Heric poteva leggere la felicità nei suoi occhi. Ora doveva pensare a farla veramente felice: doveva vincere quella cintura nera! Appena furono dentro l’edificio, Heric disse: “Ora ti devo lasciare, mi devo andare a cambiare. Tu cerca un bel posto in prima fila, eh?”
“Certo, voglio vederti bene mentre batti tutti i concorrenti!” disse lei. Poi sorrise ed andò a cercarsi un bel posto dove sedersi. Heric invece andò negli spogliatoi. Lì lo accolse un coro di ragazzi festanti. Erano i suoi compagni di palestra. “Ehi Heric, chi è quella bella ragazza che c’è con te?”
“Chi, Rossana?”
“Oh, ma guarda un po’, la ragazza di Heric si chiama come un’attrice della tv!”
“Ragazzi, ma è lei, è Rossana Smith.”.
“Wow! Il nostro Heric è fidanzato con una diva!”
“Ma no! Non è ancora la mia ragazza!”. ‘Non ancora…’ pensò lui. Questo pensiero lo rendeva felice.
[Flashback]
Heric bacia Rossana a tradimento. Dopo un po’ lei si stacca e gli molla un calcio.
Rossana: “Sei sempre il solito. Dai tutto per scontato tu!”
Rossana se ne va imbestialita e si avvicina alla porta.
Rossana: “Heric…”
Heric: “Si….”
Rossana: “Se prenderai la cintura nera… anch’io ti devo parlare”
[Fine flashback]
‘Si’ pensò Heric ‘quando avrò vinto la cintura nera…’. I suoi pensieri furono disturbati da un suo compagno che diceva “Fra cinque minuti si esce!”. Il ragazzo era al culmine dell’eccitazione. Il cuore batteva a 2000. Si mise velocemente la divisa di karate ed uscì. Fuori l’arbitro stava già chiamando per nome i concorrenti. Heric non ascoltava. Pensava a Sana. ‘Devo, DEVO vincere oggi… Non ci sono scuse…’. “Akito Heric” l’arbitro lo chiamò e lui salì sulla pedana. I concorrenti erano molti. Tutti con gradi di cintura diversi. C’erano i pivellini della cintura bianca che gareggiavano per la cintura verde, i mediani della cintura verde che gareggiavano per la cintura marrone e quelli come lui, che la cintura marrone l’avevano già e gareggiavano per la fatidica cintura nera. Per molti quella cintura rappresentava qualcosa di molto importante. Ed Heric era deciso più che mai. Dopo la chiamata, i ragazzi si andarono a sedere sulle panchine e l’arbitro chiamò i primi due concorrenti. Heric non fu chiamato. ‘Peccato’ pensò lui ‘volevo combattere. ’. Rossana salutò con un cenno della mano Heric e lui rispose semplicemente guardandola. Non l’avrebbe salutata. Non adesso, in mezzo a quella folla. Poi l’incontro cominciò. Heric passò i restanti incontri a esaminare quali fossero le migliori tecniche di attacco e di difesa in funzione dell’avversario che avrebbe dovuto battere. Rossana ogni tanto lo guardava con la coda nell’occhio e le veniva quasi da ridere vedendolo così attento. Finalmente arrivò il turno di Heric. Doveva battersi con un ragazzo della sua stessa palestra. Non era uno molto forte. Certamente non quanto lui. La battaglia era vinta in partenza. Heric cominciò in difesa. Per sicurezza avrebbe osservato i movimenti del compagno. Dopo un paio di minuti, però cominciò ad annoiarsi ed allora passò lui all’attacco. La velocità di Heric spaventò il ragazzo che si trovò completamente alle strette. Dopo un paio di calci era già K.O. Heric aveva vinto il primo incontro. E Rossana urlava di gioia dagli spalti. La gara passò tranquilla. Heric vinceva incontro su incontro e Rossana era sempre più felice. Si avvicinava il momento in cui il suo Heric avrebbe preso la cintura nera. Finalmente arrivò la finale. Heric doveva combattere contro Arisagawa Kamei, un ragazzo che come lui aveva vinto tutti gli incontri. Era forte. Molto forte. Heric si ritrovò a temere di perdere. Anche Rossana aveva questo brutto presentimento, ma cercò di non pensarci. Non poteva andare male. Heric doveva vincere, per se stesso e per lei. L’incontro incominciò. Heric pensò che sarebbe stato meglio attaccare a tutto spiano per dare a Kamei minori possibilità. Mossa avventata. Kamei era veloce e schivava tutti gli attacchi di Heric. Non sembrava nemmeno che facesse sul serio. E poi aveva uno strano sorriso sul viso. Come se lo stesse prendendo in giro. A Heric questo non faceva piacere, anzi… Era letteralmente infuriato. Attaccava sempre più velocemente e Kamei schivava senza problemi eccessivi tutti i suoi attacchi. Poi accadde quello che Heric non si sarebbe mai aspettato: Kamei gli fermò il pugno a mezz’aria e sempre con quell’orrendo sorriso sul volto tramortì Heric con un potentissimo pugno sullo stomaco. Heric era sorpreso e il dolore era forte. E cadde a terra. Rossana urlò “HERIC!” veramente spaventata. L’arbitro cominciò a contare. Uno… Heric non riusciva a credere di essere caduto a terra con un pugno solo. Due… voleva rialzarsi ma non riusciva a muoversi. Tre… cosa stava pensando Sana di lui in quel momento. Quattro… sicuramente che era un perdente, un fallito. Che non voleva uno come lui. Cinque… poi la voce di Rossana giunse chiara alle sue orecchie anche in mezzo alle altre voci. “Non osare perdere Akito! Se tu perdessi non te lo perdonerei MAI! Hai capito? MAI!!!”. Sei… Heric aprì gli occhi e si rialzò di scatto. Ma com’era potuto cadere così! Lui! Heric Akito. Intanto l’arbitro aveva smesso di contare. “L’incontro può continuare!”. Kamei partì subito all’attacco. Poi si avvicinò a Heric fermandogli ancora una volta i due pugni a mezz’aria e gli disse a bassa voce “La ragazza che ti ha incitato è molto carina, come si chiama?”
“Che ti interessa?” rispose Heric liberandosi dalla stretta. “Niente” disse lui “è solo che dovrò sapere il suo nome quando andrò a consolarla per la tua sconfitta!”. Heric era letteralmente infuriato. “E va bene” disse mantenendo la calma “ma ricorda che mi ci hai costretto tu!”. Kamei probabilmente non riusciva a capire, perché fece una faccia strana. “Il tuo sorrisetto sparirà subito…” disse Heric, e con questo gli mollò un gran colpo sulla testa come quelli che dava a Terence di solito per farlo rinsavire. Kamei cadde quasi subito. Ci fu qualche attimo in cui i presenti trattennero il respiro. Non potevano farsi una ragione di come il ragazzo avesse potuto battere così facilmente Kamei. Poi, però, un boato si alzò dal fondo della sala contagiando anche i primi posti. Tutti stavano ridendo e urlando di gioia per Heric. Anche Rossana saltava per la felicità. Heric non sembrava particolarmente entusiasta, come se sapesse che avrebbe vinto sicuramente. Poi Kamei fu portato via in barella perché non era ancora rinvenuto dopo il colpo, e l’arbitro consegnò a Heric la cintura nera. Lui guardò Rossana e lei ricambiò il suo sguardo felicemente. Per i due ragazzi fu quanto mai difficile uscire, perché tutte le ragazzine ed i ragazzi che partecipavano a dei corsi di karate volevano consigli. Nessuno si era ancora accorto di Rossana. Ma la pacchia finì quasi subito, quando Sana perse gli occhiali da sole. Tutti i ragazzi la riconobbero e le saltarono addosso, mentre le ragazze rimanevano appiccicate a Heric. I due erano in una situazione di imbarazzo reciproco. Finalmente riuscirono a divincolarsi, dopo molta fatica, e s’incamminarono per una strada poco frequentata, per evitare inconvenienti. Non si parlarono per parecchio tempo. Poi Sana esordì con un “COMPLIMENTI! Sei stato grande. ”. “Grazie” rispose Heric. Poi di nuovo il silenzio. Imbarazzati e silenziosi i ragazzi si avviarono quasi involontariamente verso il parco. Il parco che per loro aveva significato molte cose. Quando Sana aveva recitato la parte della madre di Heric. Quando si erano abbracciati al ritorno di Rossana dall’America. Quando poi Heric le aveva fatto capire che in fondo anche Robby le voleva bene. E poi naturalmente la vigilia di Natale dove per la seconda volta Heric aveva preparato per Sana un piccolo pupazzo di neve. Quella volta, se non fossero arrivati Margareth, George, Terence ed Alyssa, probabilmente loro si sarebbero dichiarati. Quando arrivarono al gazebo si sedettero meccanicamente l’uno accanto all’altra. Poi Heric parlò. “Sai, se oggi ho vinto… è solo grazie a te.”.
“Non dire così” disse Sana. “Se hai vinto è stato solo grazie alla tua forza di volontà.”.
“Non è vero. Io stavo… stavo per perdere, ma poi tu mi hai detto che non mi avresti mai perdonato. E io mi sono alzato.” Rossana notò l’espressione seria di Heric. Voleva sdrammatizzare, perciò disse “DAAAAAAIIIII! Fammi un sorriso!”, ma vedendo la riluttanza di Heric a sorridere anche solo un pochino disse. “E va bene! Ti sorriderò io!”. Detto questo si voltò verso Heric e gli rivolse un sorriso splendente. Heric era stranizzato dal comportamento della ragazza. Lei allora disse “Una volta, ho letto su un libro una poesia. Si chiamava “Il valore di un sorriso”. L’ultima strofa era la più bella. Diceva… “E se un giorno incontrerai qualcuno che non ti regala un sorriso, porgigli il tuo: nessuno ha bisogno di un sorriso come chi non sa darlo.”. Poi sorrise di nuovo. “Adesso sorriderai, vero?”. Ed Heric sorrise. La abbracciò e prima di baciarla dolcemente le sussurrò “Ti amo”.