rp: scott moir

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo, Drammatico.
Pairing: In realtà non è una fic romantica XD Accennati pairing in combinazione vari ed eventuali fra Bryce Davison, Jessica Dubé, Scott Moire e Tessa Virtue.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Het, Fluff, Angst, Hurt/Comfort.
- Nel 2007, nel corso del Four Continents Championship, un terribile incidente coinvolge Bryce Davison e la sua partner Jessica Dubé mentre sono impegnati in una serie di trottole sulla pista.
Note: Questa storia è nata nel momento in cui Fae mi ha passato il video del terribile incidente occorso a Bryce e Jessica (maggiori info qui). E' stato uno shock, è una di quelle cose che non vorresti mai vedere accadere e che, quando le vedi, ti fanno sudare freddo. Io ho un unico modo di avere a che fare con le cose che mi scuotono tanto -- ci scrivono su. Perciò ho aspettato di informarmi un po' e prendere familiarità con i due, e poi, semplicemente, anche grazie all'incoraggiamento della stessa Fae, ho aperto word ed ho lasciato andare le parole.
La fic (il cui titolo è peraltro rubato a un verso di I Gave You All dei Mumford & Sons) partecipa alla Fluff!Week @ fiumidiparole, su prompt Hurt/Comfort!Fluff.
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Your Tears Feel Warm As They Fall On My Forearm


- Annie! – chiama a gran voce Bryce, rivolgendosi all’allenatrice da dietro il dispiegamento di infermiere e infermieri che gli impediscono il passaggio, - Annie, per favore! Non mi lasciano entrare!
La donna si volta non appena sente la sua voce. Ha gli occhi stanchi e i capelli raccolti in una coda disordinata bassa dietro la nuca.
- Tesoro, cosa ci fai qui? – chiede avvicinandosi e facendo cenno agli infermieri di allontanarsi, - Ti avevo detto di tornare in albergo e riposarti.
- Ci ho provato, giuro che ci ho provato. – mormora lui, passandosi una mano sugli occhi e poi sulla fronte, fino a ravviarsi i capelli scomposti, - Non ce la facevo più a stare chiuso in camera, Ann. Ho… - si morde l’interno della guancia, esitando a lungo e guardandosi intorno come si sentisse in colpa al solo pronunciare quelle parole, - Ho bisogno di vederla.
Annie trasale, mordicchiandosi incerta un labbro e lasciando scivolare gli occhi ovunque – sulla parete alle sue spalle, sul pavimento, sulla punta delle proprie scarpe – tranne che sul suo viso.
- C’è Scottie con lei, ora, tesoro. – dice piano, stringendosi nelle spalle come a scusarsi. Bryce sente il blocco d’angoscia che gli ha pesato sul cuore fino a quel momento espandersi ed andare a schiacciare anche polmoni e stomaco. Sente che potrebbe scoppiare a piangere da un momento all’altro, eppure, dal momento che non crede di averne il diritto, trattiene le lacrime in fondo alla gola, annuendo compitamente.
- Posso aspettare che esca lui? – chiede, ed Annie sospira, incerta.
- Bry, tesoro, anche lei ha bisogno di riposare. – gli fa notare, accarezzandogli una spalla, - È davvero meglio se—
- Ma non ce la faccio, Ann. – insiste lui, gli occhi enormi e la voce ridotta a un sibilo, - Ti prego. Giuro che non la stancherò. È una questione di pochi minuti, devo solo vederla, parlarle, e—
- D’accordo… d’accordo. – lo interrompe lei, sospirando pesantemente e massaggiandosi le tempie con due dita. – D’accordo, Bry. Cerca davvero di non stancarla, però. Non è molto… - si lascia sfuggire un piccolo singhiozzo, - Intendo, non so quanto potrà reggere.
Bryce annuisce e non chiede altro, superandola senza un fiato e percorrendo il breve corridoio che lo separa dalla camera privata di Jessica. Oltre la porta chiusa, la stanza sembra immersa nel silenzio, ma Bryce non la il coraggio di battere un paio di colpi contro il legno per chiedere se sia tutto a posto: si limita a sedersi in punta sulla panca bassa addossata alla parete, le gambe piegate e pronte a scattare al primo cenno di movimento, neanche fosse una guardia del corpo invece di un visitatore, un amico, un collega. Il suo compagno.
Sospira amaramente nel ricordare che al momento lui è proprio quanto di più distante da una guardia del corpo possa esistere nell’intero universo, dato  che è stato lui a farle male e ridurla a quel modo. Se solo chiude gli occhi può ancora sentire l’odore del sangue nell’aria, la sua consistenza sulle dita, il suono tintinnante, quasi melodico, con cui le gocce scivolavano copiose lungo la guancia e il mento di Jessica fino a cadere sul ghiaccio, allargandosi in una chiazza di un rosso cupo e spaventoso proprio sotto il suo viso.
Sente ancora nelle orecchie l’eco del pianto sconsolato di Jessica. I suoi singhiozzi, le rassicurazioni dei membri dello staff medico che l’hanno soccorsa in pista, aiutandola a tenere un panno premuto contro la ferita, e quello squarcio enorme che le tagliava in due il volto dalla guancia al naso, e che lui riusciva a sentire nonostante non potesse più vederlo, come se quello squarcio si fosse aperto non solo su di lei, ma anche su un suo braccio, o nel centro del suo petto.
Schiude gli occhi solo quando sente la porta davanti a sé scricchiolare, e per molti secondi non riesce a vedere altro che macchie scure. Poi solleva il volto ed incontra quello abbattuto e pallido di Scott. Riesce a reggerlo solo per un secondo, prima di ritrovarsi immediatamente costretto a smettere di guardarlo.
- Mi dispiace. – dice alzandosi in piedi, - Mi… davvero, Scott. Sono distrutto. – prova a giustificarsi, spostando a disagio il peso da un piede all’altro. La verità è che non sa che dire, sente ancora le lame dei pattini grattare il ghiaccio sotto i suoi piedi, e questo suono lo confonde, anche se è solo dentro la sua testa.
- Non devi scusarti. – biascica Scott a fatica, ed è evidente nei suoi lineamenti tesi e negli occhi lucidi quanto dolore gli costi dire qualcosa di simile. – Non è colpa tua. Eravate troppo vicini, non— non è esclusivamente una tua responsabilità. Avete sbagliato entrambi, Jessica questo lo sa, non è arrabbiata. E non lo sono neanche io, - conclude con un sorriso stanco e forzato e, per questo, ancora più prezioso, - perciò non devi scusarti.
Bryce vorrebbe dirgli che forse è vero, hanno sbagliato entrambi, ma Jessica è stata l’unica a pagarne le conseguenze, e questo è ingiusto, quindi forse dovrebbe chiedere scusa lo stesso, ma non riesce a schiudere le labbra né a pensare razionalmente abbastanza per scollare qualcosa di più di un grazie striminzito, mentre il nodo all’altezza della sua gola si stringe ancora un po’ per impedire a una nuova ondata di lacrime di risalire fino agli occhi.
- Sta… - chiede esitante, indicando la porta chiusa con un cenno del capo, - Sta dormendo?
Scott scuote il capo, passandosi poi una mano sulla nuca e sul collo nel tentativo di sciogliere i muscoli.
- È ancora sveglia. – lo rassicura quindi, con un sorriso parecchio meno stentato, - E anche lei vuole vederti. – Bryce annuisce, e si fionda letteralmente verso la porta, ma viene fermato con le dita sulla maniglia da Scott, che si lascia andare ad una risatina debolissima, attirando la sua attenzione. – So come ti senti adesso. – gli dice, quando lui si volta a guardarlo con aria incerta, - Se dovesse succedere qualcosa di simile a Tessa… - comincia, e per un secondo pare perdersi nei propri pensieri, mentre una piccola ruga fra le sopracciglia aggrottate lascia intendere quanto orrende possano essere le fantasie che gli vorticano nella mente, - io non so davvero cosa farei. – conclude quindi, con un mezzo singhiozzo. Poi torna a guardarlo, e torna anche a sorridere. – Stalle vicino. Ha bisogno di te. – aggiunge soltanto, prima di voltarsi ed allontanarsi verso il capo opposto del corridoio.

*

Jessica è seduta compostamente sul proprio letto, una montagnola di cuscini che la aiuta a tenere la schiena dritta anche se sta sonnecchiando, il viso rivolto alla finestra oltre la quale la notte si apre nera e silenziosa e il capo che ogni tanto ciondola in avanti, vinto dalla stanchezza.
- Jess. – la chiama, e quando lei si volta i suoi occhi brillano. Sembrano grandissimi, lo sono sempre stati, ma adesso sembrano perfino più grandi sul visino tondo e pallido. I capelli sono tirati mollemente indietro e raccolti con un enorme fermaglio colorato, ma qualche ciocca scende libera sulle sue guance, ed è impossibile ignorare l’enorme benda che la copre quasi interamente da una parte all’altra del viso. Bryce deglutisce ostinatamente, ma il nodo all’altezza della gola è talmente stretto che non riuscirebbe a passarci attraverso neanche un respiro.
- Sei venuto! – dice lei, spostandosi appena sul materasso e facendogli segno di sedersi accanto a lei, - Pensavo non avresti voluto vedermi… - considera, la voce resa tremula da un velo di tristezza. Bryce libera un singhiozzo e si precipita al suo fianco, sedendosi in modo da poterla guardare negli occhi senza doversi girare.
- Non penso ad altro da quando è successo, Jess. – confessa stremato, - Ho provato a starmene per conto mio e non pensarci come mi ha detto di fare Annie, ma non ce l’ho fatta, dovevo venire o sarei impazzito.
Jessica sorride teneramente, stringendosi nelle spalle, e Bryce sente il cuore sprofondare nello stomaco quando, dalla smorfietta che si lascia sfuggire, si accorge che la pelle deve tirare e fare male ad ogni cambio d’espressione. Lei, che è sempre stata più bella che mai proprio quando sorrideva, adesso non riesce più a farlo se non soffrendo.
Solleva una mano all’altezza del suo viso, ne segue il profilo a qualche centimetro di distanza e non osa sfiorarla davvero. Gli occhi di Jessica si spalancano mentre lo osserva muoversi, la sua testa segue il movimento della mano come volesse appoggiarsi contro il suo palmo e lasciarsi accarezzare, ma neanche un centimetro della loro pelle si sfiora mai. Bryce accarezza l’aria, ed è contro quella stessa aria che Jessica si appoggia, socchiudendo gli occhi e sospirando sollevata.
- Scott era terrorizzato. – sussurra, le labbra che si muovono appena. Bryce ne segue il movimento, come ipnotizzato, e per quanto impercettibile sia riesce a coglierne ogni sfumatura. – Ha detto che a guardare il tutto da fuori sembrava una cosa spaventosa.
- Lo era anche da dentro. – confessa Bryce, continuando con quella sua assurda carezza, anche se stavolta sono solo due dita a scendere e risalire lungo il pendio impalpabile della sua guancia piena, - Ho creduto di— e quando ho visto tutto quel sangue, Jess, io—
Jessica riapre gli occhi, sorridendo più apertamente. Qualche lacrima le punge le ciglia, ma il sorriso non va via, come indelebile.
- È tutto a posto. – lo rassicura, e il nodo nella sua gola si scioglie all’improvviso, - Mi dispiace di averti fatto preoccupare.
Bryce si sporge verso di lei con un movimento fulmineo. Vorrebbe abbracciarla, ma non sa come si ritrova ad essere lui quello premuto contro il suo petto, stretto fra le sue braccia morbide ma salde.
- Mi dispiace, - piange silenziosamente, concedendosi solo un singhiozzo quando il dolore sembra tanto da potergli far esplodere la gola, - Mi dispiace così tanto, Jess. Mi dispiace tantissimo.
Lei continua a stringerlo a sé, accarezzandogli lentamente i capelli e sussurrandogli all’orecchio parole di conforto. La luna si affaccia da dietro le tende qualche ora dopo, e li trova ancora abbracciati.