animanga: alessandro

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo/Drammatico
Pairing: Alessandro/Filota
Rating: R
AVVISI: Deathfic, Shounen-ai.
- Rivisitazione in chiave maggiormente introspettiva (se possibile O.o) dell'undicesima puntata, quella della morte di Filota.
Commento dell'autrice: Una cosa un po’ così XD Tipica fanfiction introspettiva impossibile da leggere se non si conosce abbastanza bene la storia dell’anime e le relazioni che ci sono fra alcuni personaggi. Se non altro, ha il merito d’indagare un legame difficilmente visto in altre fic è_é Ci terrei a precisare che, ovviamente, il bellissimo anime di Alexander è completamente diverso (se non storicamente, quantomeno per interpretazione “romanzesca”, per così dire) sia dalla realtà di Alessandro il Grande che dal film di recente uscita cinematografica. Per questo, se non avete guardato la serie animata storcerete decisamente il naso di fronte alle coppia principale, che per quanto mi riguarda è una delle migliori della storia dell’animazione *-* La rivisitazione è quella dell’undicesima puntata, “Persepoli in fiamme”, quando, dopo il tentativo di assassinio di Alessandro da parte dei sacerdoti di Zoroastro, Filota, per evitare un’insurrezione popolare, offre se stesso in sacrificio come colpevole del complotto. Non c’è neanche da dirlo, vero?, che è assolutamente innocente.
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Carne Bianca


È tutta carne bianca, quella su cui Alessandro lascia scivolare una mano colma di dolorosa tristezza e rassegnazione.
Da quando è comparso, indebolito dal veleno, attraverso l’apertura scura della sala delle torture, non ha fatto altro che ripetere, in una litania amelodica e spaventosa, quel nome, il suo nome…
Filota, Filota…
“Grande re…” ha mormorato Filota, legato ed immobile, senza poter guardare la magra figura che, sorretta da Efestione, si tendeva tutta verso di lui, cercando di afferrarlo con gli occhi, se non con le mani, e poco è mancato che non scoppiasse a piangere sussurrando “mio signore, mio sire”…
Amore mio…
Perché gli è chiaro, nella mente. Lo ama più della sua stessa vita, e dunque sacrificarsi per lui non solo è giusto, non solo è necessario, ma è anche l’unica soluzione possibile, l’unico accettabile modo per dimostrarglielo.
Vivi, Alessandro, e prosegui.
Filota l’ha capito prima di tutti, forse prima di Alessandro stesso, ma lo sa, lo sa per certo, che prima o poi comprenderanno anche gli altri. Alessandro impedisce la morte, quando può, ma non si fermerà mai, per nessun motivo al mondo smetterà di tenere il passo della sua velocità.
Filota lo sa e spera che gli altri lo capiscano al più presto. Spera che la sua morte non alimenti la rabbia di Clito, il timore di Tolomeo, la debolezza di Cassandra. Ad Efestione solo, che coraggioso regge tra le braccia il suo re, solo a lui può cedere la custodia di quel tesoro prezioso. Sa anche che non cede lo stesso tipo di tesoro, non è la stessa ricchezza, perché quella è solo sua, il suo amore lo nasconde del cuore, e negli occhi che, fieri, affrontano la lapidazione, e se lo porterà nella tomba.
I sassi sono duri, e lo sono di più perché recano l’ambasciata della sua morte.
D’ora in poi, mai più…
Mai più folli cavalcate alla testa dell’esercito, sfondando con rabbia ostinata le avanguardie nemiche, no, mai più strani discorsi di mezze parole, di cui spesso gli sfuggiva il senso, ma dei quali sempre intuiva la potenza… no, niente più Alessandro, mai più il suo bel viso, la sua vicinanza, il prodigio del suo sguardo.
Sente di non avere tempo per filosofia e metafisica, e neanche per la religione, non ha tempo per chiedersi cosa sarà della sua anima una volta morto, riesce a pensare solo ad Alessandro, Alessandro mai più, Alessandro che ora si fa passare la spada da Efestione e, usandola come sostegno, lo raggiunge alle spalle, e lui ancora non può guardarlo, e sa che non lo guarderà mai più, quindi richiama alla memoria l’ultima immagine che ha di lui, ma è dolorosa perché era appena stato avvelenato, il suo sovrano, ed allora ne richiama una più antica, ma incomparabilmente bella, il suo viso quando lo vide nel momento in cui riprese i sensi a Gaugamela, “Filota, stai bene?”, e la sua espressione di immutabile sollievo, come se dovesse durare per sempre…
Non lo può vedere e ricorre alle memorie, ma lo sente, lo sente chiaro, e caldo, dietro di lui, e vorrebbe chiederglielo.
Non mi aspetto che sia per sempre, ma almeno per un poco, nella tua memoria, persisterà qualche traccia di un mio ricordo?
***

Lo vede, così, gli sembra infinitamente distante, tanto che quasi ha paura di morire lungo il tragitto che da lui lo separa. Ma, poi pensa, e sia.
Se è scritto che io debba morire stanotte, voglio almeno raggiungerlo. Provare a salvarlo per l’ultima volta.
Per questo, arranca pesantemente sulle gambe, che riprendono vigore quel tanto che basta per non lasciarlo scivolare a terra, e si aiuta con la spada di Efestione, e non guarda nemmeno dove mette i piedi, pensa solo a fissare la figura di spalle davanti a lui, ed a porsela come unico obbiettivo.
Quando, alla fine, gli arriva abbastanza vicino, allunga una mano, con l’iniziale intenzione di toccarlo, giusto per verificarne l’effettiva presenza. Capisce subito, però, che un semplice contatto non gli basterebbe, e dunque manda avanti il braccio che non è impegnato a puntellarsi sulla spada, lo spinge oltre il corpo per poi su di esso richiuderlo, e lasciare scivolare la mano sul petto, accarezzandolo.
Ed è tutta carne bianca, quella che accarezza, carne bianca esposta all’aria ed alle sassate, che sembra corrosa dal sangue che, in realtà, da lei sgorga e basta.
Alessandro piange. Piange perché sta male, perché non vuole, perché Filota muore, perché non vuole.
“Filota…” sputa fuori, a fatica.
Lui prova a girarsi, per guardarlo, ma il collo non può superare i suoi limiti, e dunque non riesce, e si limita a rivolgergli poche frasi. Alessandro non le coglie, sta troppo male ed è troppo triste per soffermarsi sulle singole parole, però cerca di stare attento, vuole cogliere almeno il significato generale, perché rifiuta di rendere vane le ultime parole del suo generale.
Ed il senso è unico, è semplice, Alessandro lo capisce al volo.
Vai. Non fermarti. Continua ad avanzare.
Lo capisce al volo perché è nella sua natura.
Questo è Alessandro, si dice, e Filota l’ha capito. Prima di tutti. Prima di me.
E non sa che dire, di fronte a questo estremo sacrificio. Ed anche se lo sapesse non potrebbe dirlo, e si sente troppo commosso. L’unica cosa che può fare è accasciarsi contro la sua schiena, e continuare a tenerlo stretto fino a quando le forze non lo avranno abbandonato del tutto.
***

Di notte la febbre è così alta che gli manca il respiro, ed ogni suo muscolo sembra dolere terribilmente, dolere da dentro, e se la causa fosse esterna la eliminerebbe subito, in qualche modo, ma siccome è interna non può, gli tocca soffrire, gli tocca sopportare, gli tocca sottomettersi e lo odia.
“Quando la febbre sarà sfogata, tu sarai perfettamente guarito.”, gli ha detto Filippo consegnandogli l’antidoto, prima di andare via, e lui ci crede. Sa che deve solo superare la notte, ma si sente bollente, si sente ustionato, ed allora spinge, spinge fuori la febbre a colpi di tosse, e quando la tosse non basta urla a squarciagola, ed il fuoco che da lui si sprigiona si appicca alle tende, alla tappezzeria, alle lenzuola, ma lui alla febbre deve fuggire, perciò si alza, e ancora sente male, e ancora urla, ma deve farcela, perché deve andare avanti, l’ha detto anche Filota, ed il sacrificio di un cuore aperto non può essere vano, Alessandro lo rifiuta.