telefilm: dandi

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo, Erotico, Commedia, Romantico.
Pairing: Freddo/Libanese, accenni a Gigio/Libanese e a Freddo/Roberta.
Rating: NC-17
AVVISI: Slash, Lemon, What If?.
- "Er pischello che diceva Bufalo… era Gigio."
Note: Avevo promesso a Tab che l'avrei fatto... XD Dunque, questa fic è il seguito di Talk To My Troubled Brain, ed è di quel tipo di seguiti che non puoi capire se non leggi la fic da cui sono stati generati, per cui, se proprio volete godervi questa, andate prima a godervi quell'altra XD ...e niente. *sospira e piange sale* A parte questo, io amo Bufalo, unico sprazzo di normalità di tutto ciò. Mi sono divertita da morire a scrivere la prima scena X3 Belli lui e il Dandi che si scazzano di continuo. ♥
Scritta per il P0rn Fest @ fanfic_italia, su prompt ROMANZO CRIMINALE Freddo/Libanese, "Sei uguale a tu' fratello. Con voi nun ce se sbaglia."
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
BODY AND SOUL ARE BLOWN UP IN PIECES
ROMANZO CRIMINALE Freddo/Libanese, "Sei uguale a tu' fratello. Con voi nun ce se sbaglia."

- E ‘nsomma, sto pischello vie’ fori dar bar. – racconta Bufalo, gli occhi enormi, mentre gesticola animatamente per esprimere tutto il proprio sconcerto di fronte alla propria piccola platea improvvisata. Dandi gioca a biliardo con Trenta Denari e non sembra granché interessato a niente che non sia sferico e non rotoli su un tappeto verde, i Buffoni, Fierolocchio e Scrocchiazzeppi sono persi in una partita di poker che va avanti da almeno tre ore ed alzano gli occhi su di lui solo a tratti e Freddo sta appoggiato alla parete poco distante, unico nel mucchio che lo degni di un po’ d’attenzione, mentre Libano, con gli occhi chiusi e apparentemente impegnato altrove dentro la propria testa, sta seduto come il re dei poveri sulla sedia rinsecchita e cigolante che gli fa da trono dietro al suo solito tavolino, un bicchiere di whiskey in una mano e una sigaretta nell’altra. – E nun me degna de ‘n’occhiata. Esce come ‘na furia e si tiene su ‘e braghe come se je devono casca’ da ‘n momento all’artro.
Freddo inarca un sopracciglio, le labbra sottili strette in una smorfia che le rende ancora più sottili, quasi lineari.
- E chi era ‘sto pischello? – chiede, ma è più che altro una gentilezza che gli fa per permettergli di continuare a parlare. Bufalo si volta verso di lui, le braccia che gli ricadono lungo i fianchi come si fosse smosciato d’improvviso.
- E secondo te io che ne so? – chiede aggrottando le sopracciglia, - Era piccino, c’avrà avuto diciassett’anni. Poi entro qua e je chiedo si lui ne sa niente, - continua, indicando Libano con un cenno del capo, - e ce lo sapete lui che me dice? Ce lo sapete?
- No, Bufalo, e nun ce ne frega manco ‘n cazzo. – risponde Dandi, prendendo la mira, - Te stai ‘n po’ zitto, mo’? Nun me riesce de concentrarmi se parli de continuo.
- A Dandi, te te devi sta’ attento. – dice subito lui, infilando le mani in tasca ed abbassando considerevolmente il tono di voce, mentre gli si avvicina a gambe larghe e testa bassa, come volesse caricarlo né più e né meno di come fanno gli animali di cui porta il nome, - Te te devi sta’ attento perché mo’ ce stai proprio a rompe’ er cazzo.
- E si te sei rotto er cazzo perché nun te ne vai a casa a dormi’, Bufalo? – ribatte Dandi, posando la stecca sul bordo del tavolo e voltandosi verso di lui col solito sorriso spavaldo, le mani sui fianchi e il petto in fuori, - Che a me me sa che stai a dormi’ poco, visto che te stanno a veni’ ‘e visioni.
- A Dandi, sta’ attento a cosa dici, eh, - insiste Bufalo, andandogli tanto vicino da poterlo prendere a testate sul naso, volendo, - che io a te ancora te devo quarche cazzotto, ricordatelo sempre.
- E c’avete rotto er cazzo tutti e due mo’! – tuona Libano, posando il bicchiere sul tavolo con un tonfo secco. – Basta, è tardi e semo tutti stanchi. Tutti. – precisa, guardando Dandi per ricordargli che pensa lo stesso anche di lui, quando Dandi fa tanto di sorridere soddisfatto, - ‘Namosene a casa, va’. – conclude alzandosi in piedi, - Quanti sordi hai buttato ar cesso stasera, Scrocchiazze’? – chiede con un mezzo sorriso, voltandosi verso l’amico, per stemperare l’atmosfera improvvisamente tesa.
- Troppi, Libane’, c’hai ragione. – annuisce lui alzandosi in piedi e mettendo via il poco che gli resta, - Me sa che è meglio se la chiudiamo qua, pe’ stasera, rega’.
- E me sa de sì. – annuisce Fierolocchio, stiracchiandosi sullo schienale della sedia, - Che m’o dai ‘no strappo a casa? – chiede, e Libano torna subito a disinteressarsi dei loro discorsi, spostando lo sguardo su Bufalo e Dandi per assicurarsi che si allontanino senza prendersi a cazzotti e poi salutino tutti, dirigendosi uno dopo l’altro verso l’uscita.
- Te no. – dice indicando Freddo quando lo vede allungare una mano verso la giacca per indossarla, - Te devo parla’.
Lui inarca un sopracciglio e sembra piuttosto stupito dalla richiesta, ma lascia subito perdere la giacca e gli si avvicina, raggiungendolo dov’è ed aspettando finché la sala è vuota per voltarsi verso di lui e abbozzare un sorriso.
- Che so’ ‘ste formalità? – chiede divertito, - Che me devi di’?
Il Libanese schiude le labbra, convinto che quando l’avrà fatto le parole usciranno da sole nel modo migliore – l’unico modo possibile, in realtà, migliore o peggiore non ha mai fatto tanta differenza, per lui; d’altronde, se una notizia è brutta puoi infiocchettarla quanto vuoi, sempre brutta rimane, mentre se c’hai un camion pieno di mignotte che aspetta solo di essere scaricato per dare la notizia va bene un modo qualunque, tanto nessuno se ne accorge – e invece gli si blocca il fiato in gola, come ci si fosse affogato.
Annaspa per qualche secondo, si schiarisce la voce e poi torna a guardare il Freddo, che lo fissa con curiosità, le braccia incrociate sul petto e il capo lievemente inclinato. Libano si accorge solo ora di non sapere come dirgli che in mattinata suo fratello s’è presentato da lui chiedendogli se avrebbe accettato dei soldi per fargli del male. E che lui naturalmente ha rifiutato, sì, ma già che c’era se l’è scopato.
Sul momento l’idea non era sembrata male. Il Freddo e suo fratello, ha scoperto, hanno un sacco di cose in comune – e lui ha paura di essere diventata una di queste, tra l’altro – ed una di queste è che magari non si incazzano spesso, ma quando s’incazzano fanno il diavolo a quattro. E il Freddo lo si calmava in due modi soli, o gli si dava un cazzotto – poco raccomandabile, come soluzione: lui aveva il brutto vizio di rimandarlo al mittente – o gli si dava un modo alternativo per tenere impegnate le mani. Di solito funzionava a distoglierlo dal motivo per il quale era arrabbiato, e per quando tutto si concludeva l’incazzatura gli era passata del tutto e manco si ricordava più perché fosse stato arrabbiato in passato. E con Gigio era andata allo stesso modo, dopotutto, quindi magari scoparselo non è stata proprio una brutta idea a livello generale. È il doverlo dire a Freddo che proprio gli crea dei problemi che mai prima di oggi non si sono mai presentati, e che in realtà in prospettiva lo preoccupano. Se non riesce a dirgli una cosa del genere, quanti casini sarà in grado di creare in futuro per cose ben più difficili da sputare fuori?
- Er pischello che diceva Bufalo… - comincia con una certa difficoltà, passandosi una mano sulla nuca e districando i riccioli annodati alla base del collo, - era Gigio.
Freddo lo guarda per un lungo secondo come se non riuscisse a vederlo, come se le immagini che gli si stanno affollando nella mente – o forse le parole che gli si sono infilate nelle orecchie e che, fra i suoi pensieri, hanno preso forma fisica – lo stessero accecando.
- Che stai a di’? – sputa alla fine, senza fiato. Libano sospira profondamente.
- M’è venuto a fa’ ‘na visita. – spiega, cercando di mantenersi rilassato e tranquillo, come stesse riferendo una notizia della minima importanza. – Io nun è che vojo mette er naso ne l’affari tua, Fre’, - esita, in un borbottio per lui tremendamente inusuale, omettendo che in realtà il naso negli affari suoi lo vorrebbe mettere eccome, se non altro per strillargli in faccia “e questa ragazza chi sarebbe?”, - ma è er fratellino tuo e nun me pare er caso de mandallo in giro a di’ cose come quelle che ha detto a me oggi. – conclude, annuendo a se stesso, soddisfatto per come è riuscito a gestire il flusso d’informazioni che doveva comunicare e, fino a pochi istanti prima, non sembrava avere alcuna intenzione di venir fuori.
Freddo sbianca in volto, le labbra dischiuse e le braccia abbandonate lungo i fianchi.
- Che t’ha detto? – chiede in un rantolo, e Libano ha l’impressione che Freddo si aspettasse, in qualche modo, che suo fratello prima o poi avrebbe fatto qualcosa di pazzo, anche se non era riuscito a intuire quanto.
- M’ha detto che gl’hai fregato la ragazza. – butta lì. Freddo trema. – E m’ha chiesto se te potevo fa’ ‘a festa pe’ quarche spicciolo. Che poi so’ sordi tua, Fre’.
Freddo boccheggia come un pesce fuori dalla boccia per una quantità di secondi infinita. È sempre stato un tipo piuttosto riflessivo, Libano ha perso il conto delle volte in cui ha dovuto risvegliarlo con un “aò!” perché, mentre parlavano, s’era perso nella propria testa inseguendo un pensiero dei suoi, di quelli lunghi e articolati che finivano sempre per arrotolarglisi addosso imprigionandolo come una rete da pesca, ed anche adesso si prepara a tirarlo fuori da un labirinto simile nello stesso modo, se non che, un attimo prima che lui si decida finalmente a schiudere le labbra per richiamarlo, un lampo di qualcosa di pericoloso e preoccupante passa sul fondo scuro degli occhi del Freddo, e invece di chiamarlo Libano allunga una mano. E fa appena in tempo, perché riesce a chiudergli le dita attorno al braccio proprio mentre lui si sta voltando per recuperare la giacca ed uscire di gran corsa dal locale.
- Lasciami anna’, Libano. – dice con voce tremante, e il Libanese stringe ulteriormente la presa.
- ‘Ndo vai? – gli chiede. Freddo ringhia, cercando di allontanarlo con uno strattone. Non ci riesce.
- Da Gigio. – risponde quindi, cercando di mostrarsi più calmo e lucido. – A risolve ‘sta questione.
- Così? – dice il Libanese, indicandolo tutto con un ampio cenno della mano libera, - Nun ce lo vojo un cadavere de famiglia sulla coscienza.
Freddo inarca un sopracciglio, voltandosi a guardarlo e riuscendo finalmente a liberarsi della sua stretta.
- Come sarebbe a di’ de famiglia? – chiede a voce bassa ma decisa. Libano tira il petto in fuori. Freddo gli sta muovendo contro battaglia, e lui deve resistere.
- È fratello tuo, no? – gli chiede, facendo il vago.
- Nun hai mai considerato de famiglia er fratello di Scrocchiazzeppi. – dice Freddo, - E nun t’è mai fregato ‘n cazzo de Gigio fino a che… - i suoi occhi si spalancano all’improvviso, le labbra si schiudono modellandosi addosso ad un concetto al quale non riescono a dare forma in parole. – Libano…! – strilla all’improvviso, e lui gli preme una mano sulla bocca, per ogni evenienza.
- Sta’ ‘n po’ zitto, che so’ le quattro der mattino. – ordina. Freddo si fa indietro e si libera del suo bavaglio improvvisato, guardandolo con orrore.
- Libano, nun te sarai scopato mi’ fratello?! – gli chiede, le braccia larghe ai lati del corpo in segno di incredulità.
- In quarche modo dovevo prova’ a calmarlo. – risponde lui, stringendosi brevemente nelle spalle. Le braccia di Freddo ricadono inerti lungo i suoi fianchi e le sue labbra si schiudono ancora in una o di annichilito sconcerto.
- E t’o sei scopato?! – insiste dopo essersi ripreso, le braccia che si sollevano per un attimo prima di tornare molli e abbandonate lungo i suoi fianchi.
Il Libanese si concede un sorrisetto divertito.
- Co’ te funziona. – risponde. Freddo rotea gli occhi, accompagnando il gesto con un mugolio esasperato, e fa per voltarsi ancora. Ha già un braccio allungato verso la giacca – per la terza volta in meno di mezz’ora – quando Libano – per la terza volta in meno di mezz’ora – lo blocca, afferrando la mano protesa ed intrecciando le proprie dita con le sue in un gesto più intimidatorio che rassicurante, esattamente come ha fatto quella mattina con Gigio. Stringe la presa, ma Freddo non geme di dolore come ha fatto suo fratello. Si limita a guardarlo aggrottando le sopracciglia, infastidito ma non certo scosso, né tantomeno spaventato. – Mo’ resti qui. – gli dice, tirandoselo contro. Il gesto è improvviso, Freddo non se l’aspetta e gli frana addosso incespicando sui propri stessi piedi.
- Mo’ nun resto manco per cazzo. – ringhia Freddo, piantandogli una mano nel centro del petto ed allontanandosi di qualche centimetro prima che Libano riesca ad afferrarlo per un fianco e schiacciarselo nuovamente contro, - Libano, devo anna’.
- E ‘ndo dovresti anna’? – gli chiede, le labbra che già scivolano lungo la linea curva che dal suo collo si trasforma nella sua spalla, perdendosi dentro lo scollo del maglione, - A casa dei tuoi, a quest’ora? A sveglia’ la gente per bene pe’ pija’ a cazzotti tu’ fratello? – Freddo si agita fra le sue mani, prova a liberare le dita dall’intreccio con le sue ma Libano stringe più forte, e stavolta Freddo non riesce a fermare il gemito che gli sfugge dalle labbra. Libano ci legge dentro il dolore, ma anche la voglia, e gli sorride addosso. – Oppure devi scappa’ dalla squinzia che gl’hai fregato, ar fratellino tuo? – chiede con voce carezzevole, quasi prendendolo in giro. I denti di Freddo si chiudono improvvisamente e con forza sopra la sua gola, e Libano lascia andare una risata sorpresa, senza fiato, e anche vagamente divertita.
Se lo stacca di dosso afferrandolo per i capelli quando il morso comincia a farsi troppo doloroso. Sente la pelle bruciare nei punti in cui i denti di Freddo si sono quasi conficcati, ma gli sorride come se volesse sfidarlo nonostante il dolore. Freddo lo guarda con rabbia, i suoi occhi sono scurissimi. È in imbarazzo, e Libano sa che, più che per tutto il resto, è a disagio perché lui ha scoperto di questa ragazzetta prima che Freddo riuscisse a dirglielo di persona. Sa che, se lo lasciasse andare adesso, Freddo ci andrebbe davvero, da suo fratello. Lo butterebbe giù dal letto, sveglierebbe tutto il quartiere, se dovesse servire a parlargli adesso, immediatamente, per mettere in chiaro tutto. Perciò lo afferra per i fianchi, ribaltando le loro posizioni in modo che sia Freddo a premersi con la schiena contro il bordo del tavolo da biliardo, e lui gli si schiaccia immediatamente addosso, tagliando ogni possibilità di fuga e chiudendo con foga le labbra sulle sue.
Freddo prova a dibattersi, per qualche secondo, ma la sua bocca accoglie le carezze della sua lingua fin dal primo istante, e perciò ogni resistenza è futile, serve solo a divertire Libano, perfino a farlo sentire più forte. Ogni strattone che Freddo dà alla sua camicia nel tentativo di allontanarlo, gonfia il suo ego esattamente come, qualche secondo più tardi, fanno degli strattoni nuovi, non più mirati a respingerlo, bensì a sfilargli di dosso ogni abito che gli impedisca di sfiorare la sua pelle nuda e accaldata con le labbra e con le dita.
Libano lo agevola, togliendogli le mani di dosso il tempo necessario alla camicia per scivolare lungo le sue spalle e le sue braccia. Finisce sul pavimento, in un mucchietto inerte, e Freddo la scalcia lontano con un gesto casuale, perché non li impicci nei movimenti. Impiega solo un secondo ad afferrare il proprio maglione per gli orli inferiori, tirandoselo via dalla testa prima di saltare a sedere sul bordo del biliardo e schiudere le gambe nello stesso istante in cui il Libanese, dopo essersi liberato dei pantaloni, si schiaccia contro di lui.
I loro bacini collidono, e trovarsi così inaspettatamente e incredibilmente eccitati riempie entrambi di fitte di piacere, venate di uno stupore davvero duro a morire e quasi ridicolo, visto che ormai avrebbero dovuto fare l’abitudine al modo impetuoso in cui il desiderio esplode sempre fra di loro come fosse una sorpresa, indipendentemente dal luogo in cui sono o da quanto tempo sia passato dall’ultima volta che l’hanno estinto.
- Sei uguale a tu’ fratello. – gli sussurra all’orecchio il Libanese, lasciando scivolare le mani sotto le sue natiche mentre lui si solleva appena da dove è seduto per agevolarlo nel movimento. Le loro erezioni si sfregano ancora una volta l’una contro l’altra, e Libano geme, affondando i denti nella spalla del Freddo. – Con voi nun ce se sbaglia. – conclude con un sorrisetto soddisfatto. Freddo grugnisce qualcosa di incomprensibile e si spinge con forza contro di lui, per zittirlo. Il Libanese si concede una mezza risata senza fiato e poi lo tira di peso giù dal tavolo, rigirandoselo fra le mani ed osservandolo mentre si piega sul tappeto verde, la schiena che s’incurva flessuosa sotto le sue dita quando la percorrono dalla nuca alla base lungo il disegno preciso e in rilievo della spina dorsale.
Il solo pensiero che Freddo si trovi adesso steso nello stesso punto e nella stessa posizione in cui si trovava steso suo fratello fino a qualche ora prima, è sufficiente per riempirlo di desiderio al punto da sentirsi bruciare sottopelle. C’è qualcosa, nel sentirsi sotto le mani Freddo e nel sapere che potrebbe prendere qualsiasi cosa, dalla sua vita, e farla propria, senza che lui possa sognarsi minimamente di protestare sul serio, che lo fa sentire importante. Lo fa sentire forte, imbattibile, eterno. Ogni tanto si ritrova a pensare che, se anche dovesse morire, non morirebbe davvero. Gli si è infilato negli occhi così in profondità che continuerebbe ad esistere anche sepolto tre metri sotto terra.
Ma sono pensieri cupi, che lo accarezzano soltanto. Resistono il tempo giusto di regalargli un brivido che si trasforma in un gemito mentre affonda lentamente dentro di lui, e Freddo si solleva all’improvviso, andandogli incontro per prenderlo più in fondo e voltandosi a cercare le sue labbra, mentre lui gira attorno ai suoi fianchi con una mano e serra il pugno attorno alla sua erezione calda e così dura da spaventarlo, quasi, per l’intensità del desiderio di cui è testimone.
La bocca del Freddo è affamata e risentita, i suoi denti affondano nelle labbra del libanese mordendo senza pietà, sfiorano la sua lingua solleticandola per il gusto di confonderlo e riempirlo di desiderio, e il Libanese vorrebbe affondare nella sua bocca esattamente come sta affondando dentro il suo corpo, vorrebbe avere più mani, più lingue, vorrebbe essere due uomini per prenderlo di più, più in profondità, con più forza, vorrebbe essere due per stringerlo in trappola, vorrebbe essere due per avere fiato abbastanza da lasciargli addosso segni ben più duraturi di un succhiotto o di un morso, vorrebbe essere in grado di entrargli dentro fino a fargli male, ma male sul serio, perché sa che di quello Freddo non potrebbe mai dimenticarsi. Vuole di più e lo vuole tutto insieme, non gli basta sentirlo aprirsi e richiudersi strettissimo al suo passaggio, non gli basta sentire la sua voce mentre si fa sempre più alta e roca un gemito dopo l’altro, non gli basta sentire l’odore del suo corpo avvolgere il proprio, non gli basta sentirlo crescere, scaldarsi e poi esplodere fra le sue dita. Non basta a lui, ma basta al suo corpo, basta al suo orgasmo per esplodergli dentro, e Libano serra gli occhi con tanta forza da vedere bianco, mentre viene dentro di lui e se lo stringe contro, sperando di poterlo mangiare tutto intero nell’ultimo morso che gli posa alla base del collo.
Ci mettono entrambi più di qualche minuto a riprendere fiato. Il Libanese resta appoggiato addosso al Freddo, aderendo alla curva della sua schiena, recuperando il respiro e un minimo di lucidità mentale mentre il sudore gli si asciuga sulla pelle e la temperatura del loro corpo torna ad abbassarsi.
- Quanto me la volevi tene’ nascosta? – chiede a bassa voce, restandogli piegato contro e seguendo i suoi movimenti quando il Freddo si tira su e poi si volta, appoggiandosi di nuovo al bordo del tavolo per guardarlo negli occhi.
- Te dà fastidio? – gli chiede incolore, ma nel fondo delle sue pupille si agita un barlume di preoccupazione che chiarisce senza alcun dubbio chi venga prima nelle gerarchie serrate che riempiono ordinatamente la testa del Freddo.
Libano sorride.
- No. – risponde, - E poi co’ quarcuno lo dovrai fa’ ‘n erede. – lo rassicura, sorridendo quando vede i lineamenti del suo viso sciogliersi, finalmente rilassati. – Pe’ quella questione de Gigio… - riprende poco dopo, allontanandosi da lui di un passetto e tirando su i pantaloni, - ce pensi te, no?
Freddo sospira, scivolando giù dal biliardo e sgranchendosi un po’ le gambe.
- Seh. – risponde quindi, - Domani ce vado a parla’.
Libano annuisce. Anche lui domani avrà da parlare con qualcuno.
- Com’è che se chiama ‘sta squinzia tua? – chiede casualmente.
- Roberta Vann— - comincia il Freddo con naturalezza, recuperando il maglione da terra, ma si interrompe quasi subito, voltandosi a guardarlo con le sopracciglia aggrottate, - Nun ce prova’ nemmeno, Libano. – borbotta, e il Libanese si mette a ridere. Il nome per intero lo scoprirà quando ne avrà bisogno. Per ora, può anche lasciar correre.
*
- Che state a fa’ ancora qua? – chiede Bufalo entrando in sala una mezz’ora dopo, visibilmente assonnato ma anche visibilmente confuso dalla loro presenza. Il Libanese recupera la propria giacca dallo schienale della sedia alla quale era appesa, e lancia le chiavi della Porsche a Freddo, che le afferra al volo.
- Che ce stai a fa’ tu, semmai. – ribatte, lanciando al Bufalo un’occhiata estremamente disapprovante, - Nun v’ho mannati tutti a dormi’ ‘n’ora fa?
- Ho dimenticato le chiavi. – notifica Bufalo, passando davanti a loro senza mai voltare le spalle e fissandoli guardingo mentre si allunga a recuperare il mazzo dal tavolino dove l’ha lasciato, - Ce volevo anna’ a dormi’, ma nun potevo entra’ ‘n casa.
- E mo’ ce potrai entra’. – dice tranquillamente Freddo, tenendo le chiavi della macchina di Libano strette nel pugno mentre indossa la giacca, - Quinni vedi de moverte, che domani si non siete tutti a posto nelle zone vostre pe’ l’orario giusto giuro che ve vengo a prenne a casa uno per uno.
Bufalo gli lancia un’occhiata infastidita e un grugnito sbuffante, ma li saluta entrambi con un cenno della mano e si avvia, salvo poi fermarsi a due passi dalla porta per voltarsi nuovamente verso di loro.
- A Libano, - dice, - te sei proprio sicuro che nun ce lo sai chi era er pischello de stamattina?
Libano rotea gli occhi.
- Bufali’, - dice, passandogli accanto, - c’hai proprio rotto er cazzo co’ ‘sto pischello de stamattina. – conclude. Freddo si fa una risata, seguendolo.
Genere: Introspettivo.
Pairing: Nessuno.
Rating: PG
AVVISI: Gen, (doppio) Drabble, Spoiler per l'episodio 2x03.
- "'Com’è lo spettacolo, Bufalo?'"
Note: Dandi. *inserire profusioni d'amore qui* La mia cotta per questo personaggio supera qualsiasi concetto di decenza e moralità sia rimasto in me (non tanti, dopo tutti questi anni di fangirling, ma consistenti. Eppure... XD). Dandi è oggettivamente un uomo di merda, da qualsiasi punto di vista si provi a guardarlo, e io ne sono pienamente consapevole. Per questo, ho cercato di scrivere qualcosa su di lui senza edulcorarlo, e spero di aver preso bene il personaggio.
Scritta per il Challenge: Special #9 @ it100, su prompt I got a strong will, just weak hands (Taking Back Sunday).
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WHERE MY MOUTH IS
i got a strong will, just weak hands

Se è vero che quando crepi ti vedi passare tutta la vita davanti agli occhi, Dandi non lo sa. Seduto in macchina, le mani strette attorno al volante e gli occhi fissi sulla strada, osserva il Bufalo e Ricotta dimenarsi come matti da dietro l’automobile in mezzo alla strada che stanno usando come scudo contro ai proiettili della polizia, e vorrebbe essere capace di fermare il tempo. La cosa che lo turba, gli dà perfino un po’ fastidio, è che non è sicuro che fermerebbe il tempo – così, coi proiettili per aria e le facce dei poliziotti eternamente immobili in un urlo che le deforma rendendole ancora più brutte del solito – per poter raggiungere i suoi due compagni e salvarli. No, probabilmente scenderebbe dall’abitacolo e attraverserebbe tutta la strada, stando bene attento a non sporcarsi le scarpe nuove, semplicemente per arrivare davanti al Bufalo, guardarlo negli occhi dall’alto verso il basso come quella volta mille secoli fa quando la città era diversa ed era diverso anche lui, e chiedergli “com’è lo spettacolo, Bufalo?”. Solo quello gli chiederebbe. Se gli piace quello che gli sta passando davanti agli occhi. E forse non aspetterebbe nemmeno la risposta, per tornarsene in macchina.
Il tempo non lo può fermare, però, e forse è anche meglio. Di cosa capita in punto di morte, se lo spettacolo è bello o meno, non gli interessa. Lui ce n’ha ancora da vivere, prima di fare quest’esperienza. E il modo migliore per assicurarsi ancora svariati anni prima del momento decisivo è ingranare la retromarcia e partire. Perciò, Dandi si dà una mossa.