animanga: rin tohsaka

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo.
Pairing: Accenni lievissimi Rin/Archer.
Rating: PG
AVVISI: Canon.
- Archer sa che non è con le lusinghe che riuscirà a cancellare il fatto di non essere un Servant di livello Saber. Rin sa che non è complimentandosi con lui che riuscirà a farlo sentire meno inadatto e fuori posto. Ma non sarà certo questa consapevolezza a costringerli ad abbandonare l’ovattata dolcezza della loro quotidianità fatta di lodi e ottimo the inglese.
Commento dell'autrice: Sopprimetemi, vi prego XD Questa è stata una fic terribilmente complicata da scrivere ç_ç Un po’ perché è il primo tentativo che faccio con questo fandom, un po’ perché Rin e Archer hanno questo rapporto terribilmente complesso sul quale è stupendo stare a fantasticare ed – ehm – un po’ meno stupendo stare lì a provare a buttare giù la cosa in maniera abbastanza vaga – perché sono loro che sono vaghi, sbuff ç_ç – ma anche abbastanza concreta XD
Insomma, un mezzo disastro.
Si aggiunga il fatto che non ho mai scritto in questa maniera O.ò
Sarò giustificata se questa fic verrà giudicata un obbrobrio? XD *muore*
A parte questo… uhm… personaggio che varca una soglia, specchio, fantasma (oddio, Archer è uno spirito incorporeo ma può prendere corpo se il suo master lo vuole o se non decide di ritornare spirito autonomamente XD è lui il mio fantasma XD varrà? Sto barando? XD). Mi pare che gli elementi ci siano tutti.
Ora speriamo in bene XD
Si ringrazia la Juccha per il titolo trovato in maniera allucinante XD (lei mi ha suggerito di chiamare la storia "Bended Knee", ed io in quell'esatto momento stavo ascoltando "Post Blue", una canzone dei Placebo, che in un verso recita "down on my bended knees" XDDDD Lei chiaramente non era a conoscenza di questi versi e/o della canzone e/o del fatto che io la stessi ascoltando XDDDD E' stato un lodevole momento di telepatia). Si ringrazia anche Ana per il sostegno morale ç_ç Se non mi avesse messa lì buona buona a scrivere questa fic non avrebbe mai visto la luce prima di altri due o tre anni XD
[Scritta per il concorso sui Fantasmi indetto da Harriet per la True Colors Community, questa storia è arrivata terza :)]
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BENDED KNEES
Flavour #39. The need to hold still


Spalancò la porta e fece per entrare nella stanza, fermandosi a metà, con un piede sulla soglia, la maniglia ancora stretta fra le mani e gli occhi spalancati di fronte allo spettacolo di ciò che ricordava essere stato il suo salotto e che ormai era completamente demolito.
Cosa diavolo è successo qui?, pensò, mentre faceva vagare lo sguardo dal tavolino spaccato a metà alle tende strappate dai loro sostegni e ormai mollemente abbandonate sul pavimento in mucchi gonfi e confusi, Ho sbagliato qualcosa nell’evocazione?
Immediatamente, le si imporporarono le guance di rabbia.
Sbagliare. Lei.
Non poteva essere successo. Qualcosa, in quella dannata stanza, doveva esserci.
Qualcuno doveva…
La rabbia si trasformò presto in vergogna, quando il suo sguardo incrociò, prima distrattamente, poi più chiaramente, la snella e composta figura di Archer seduto sul divano.
- Oh, cielo. – disse lui, voce profonda fastidiosamente melliflua e ghigno – di scherno? – sul volto, - Di sicuro sono stato evocato da un master meraviglioso.
Rin incrociò le braccia sul petto, aggrottando le sopracciglia. Sentiva le labbra talmente tirate dal disappunto che ebbe paura di spaccarsele.
- Archer. – disse, e le sembrò di realizzare tutta in un momento la sua mastodontica inettitudine.
Aveva giurato, giurato, che sarebbe riuscita ad evocare un servant di massimo livello.
Accidenti a lei, aveva giurato che sarebbe riuscita ad evocare Saber. Aveva passato gli ultimi anni della sua vita a non fare altro che studiare, per riuscirci.
E cosa si ritrovava in mano?
Un salotto distrutto.
Ed Archer.
Davvero, dire il suo nome ad alta voce, vederlo realizzato davanti a lei, la irritò a morte.
Lui colse quell’irritazione nei suoi occhi e, socchiudendo i propri, disse che se voleva poteva sempre rifiutarlo e provare ad effettuare un’altra invocazione.
Lei si decise a completare il suo ingresso nella stanza, e cercò di mostrare calma ed educazione mentre gli si avvicinava, prendendo nota dei danni e calcolando rapidamente quanto avrebbe dovuto spendere per rimettere tutto a posto.
- Non essere ridicolo. – borbottò, - Evocandoti, ho stipulato un patto con te. Non sono il tipo che disonori gli accordi.
Archer ghignò ancora.
Lei provò l’inspiegabile e totalmente fuori luogo desiderio di rispondere con un ceffone bene assestato, ma sapere che non sarebbe comunque riuscita a colpirlo la frenò.
- Sì, sono stato fortunato. – disse lui, misterioso, sollevandosi in piedi e sistemando il lungo cappotto rosso perché non lo impicciasse, finendogli fra le gambe.
Lei lo scrutò dal basso.
Era… alto.
Sospirò.
Be’, quantomeno non era Lancer.
*

- …sei bravo a fare il te.
Non avrebbe voluto che suonasse così stupito, così “oh, non credevo che fossi davvero bravo a fare qualcosa”, ma è così che lo percepì lei stessa, e poté solo immaginare quanto più amplificata fosse la sensazione di Archer, quando sollevò lo sguardo su di lui, alla ricerca di un segno di fastidio nell’espressione.
Lui teneva gli occhi chiusi, sorrideva lievemente e inspirava placido l’aroma che si levava dalla tazza bollente che teneva fra le mani.
- So di non essere il servant che ti saresti aspettata. – fece una pausa, dischiuse le palpebre, la guardò, lei rabbrividì, - O che meriteresti. – concluse.
Lo disse con tono neutro, come stesse parlando di una qualsiasi altra cosa. Come non fosse neanche offeso.
- Non è così. – disse lei, sorridendo rassicurante, - Il fatto che tu non riesca a ricordare chi sia il tuo Noble Phantasm è solo una difficoltà in più. Non riuscirà a fermarci.
- Ma a rallentarci, questo sì.
Rin sospirò.
La infastidiva, tutta quell’ostentazione di insicurezza.
Sapeva che in realtà era cocciuto ed orgoglioso, era così che suo padre le aveva parlato di lui, quando ancora poteva passare del tempo a insegnarle incantesimi.
Archer è giusto. Archer è integerrimo. Archer non si arrende. Archer è coraggioso. Archer è affidabile. Archer è testardo. Archer è fedele. Archer è solo un po’ meno assoluto di Saber.
Lei era perfettamente a conoscenza delle doti del suo servant.
Per quale motivo lui continuasse a denigrarsi in quella maniera le era totalmente incomprensibile.
- Il Graal sarà comunque nostro. – disse perentoria, chiudendo gli occhi ed appoggiando la tazza sul tavolino.
Archer sogghignò, imitandola.
- Hai qualche cosa di particolare da chiedere? – indagò, incrociando le braccia sul petto.
Rin spalancò gli occhi.
- Particolare? – domandò a sua volta, - Non ho mai creduto possibile chiedere al Graal qualcosa di particolare.
- Ovviamente è possibile. Il Graal può tutto.
- Ovviamente lo so. Io so tutto. E proprio per questo so anche che la potenza del Graal è troppo grande perché possa soddisfare un desiderio umano senza devastare il pianeta.
Si prese un secondo di tempo, e sorrise dolcemente.
- Voi servant siete fortunati. I vostri desideri sono sempre esaudibili.
Anche Archer sorrise.
- Quindi non intendi chiedere niente?
Rin scosse il capo e si rilassò contro lo schienale della poltrona.
- Potrebbe sempre venirmi in mente qualcosa. – concluse con un risolino educato, coprendosi le labbra con una mano.


***



L’aveva trovata familiare immediatamente, appena lo sguardo le si era posato addosso.
Il che era piuttosto strano.
Ricordare qualcuno? Impossibile.
Soprattutto perché l’evocazione parzialmente fallita aveva sì richiamato lui, ma aveva tralasciato di dotarlo dei ricordi della sua evocazione precedente, di tutte le sue evocazioni precedenti, e della sua vita passata.
Sapeva cosa ci faceva in quel posto.
Ma non aveva la minima idea di chi fosse.
Eppure, lei era Rin Tohsaka, ed era il suo master. Era entrambe le cose senza ombra di dubbio, per quanto il suo stesso nome non significasse per lui niente più del suo viso, dei lunghi capelli neri, degli enormi occhi verdi e del fisico snello e slanciato.
C’era un’immagine chiarissima di lei, nella sua memoria.
Ed era l’unico stralcio di ricordo che gli fosse rimasto.
*

- Non intendi allearti con nessuno, vero?
Era preoccupato per lei.
Era inequivocabilmente preoccupato per lei.
Passava le giornate a ripetersi che era normale, dal momento che lei era il suo master e lui, in quanto servant, era incaricato di proteggerla.
L’evocazione l’aveva privato di parte della sua forza. Non fisicamente né mentalmente, si sentiva sempre lo stesso – per quanto avesse serie difficoltà a ricordare un sé stesso precedente all’attuale – ma a livello organizzativo non ricordare chi fosse lo impediva parecchio.
Non conosceva il proprio punto debole.
Non conosceva i propri punti di forza.
Non aveva la minima idea di come avrebbe dovuto gestirsi in una battaglia anche solo lievemente più complessa di quella che l’aveva tenuto impegnato con Lancer qualche giorno prima.
Quella battaglia gli aveva messo addosso un’incredibile quantità d’agitazione. Era chiaro che Rin rientrava negli obiettivi primari del master di Lancer. Una persona della quale lui non conosceva l’identità. Una persona probabilmente forte – Lancer era solo di un grado inferiore, rispetto a lui. Una persona dalla quale difficilmente avrebbe potuto proteggerla, se la sua situazione fosse rimasta la stessa ancora a lungo.
- Allearmi? – chiese Rin, stupita, sollevando appena gli occhi dal libro che teneva fra le braccia, - Non sono tipo da alleanze.
Lui sorrise lievemente, accavallando le gambe.
- Immaginavo qualcosa di simile.
- Perché me lo hai chiesto?
Sospirò, scrollando le spalle, fingendo indifferenza.
- Le alleanze sono pratica comune in tempo di guerra.
Lei ridacchiò.
- Staremo da soli. Come i samurai.
- I samurai si muovevano in gruppo. Anche per fare harakiri ne servono almeno due.

- Siamo già due, no?
Questo lo commosse. Vagamente.
Rin era molto matura per avere appena sedici anni, ma era comunque in grado di dire cose che lo lasciavano spiazzato, di tanto in tanto.
Era sincera.
Era espansiva.
Era dannatamente sicura di sé.
E fin troppo sicura di lui.
- Quell’Emiya…
- Shiro? Lo considero un nemico come tutti gli altri.
Gli fece piacere sentirlo dire.
Quel ragazzino decisamente non gli andava giù. Disprezzava il suo modo di pensare, non tollerava che una persona coinvolta in qualcosa di importante come una guerra, come quella guerra, potesse essere così ottusa e naïf. Tutti i master avrebbero dovuto essere come Rin. Semplici, intelligenti, decisi e preparati. Non aveva senso mettere in pericolo le vite degli altri per la propria inettitudine. Per il proprio sciocco, immotivato idealismo. Poteva vedere le difficoltà di Saber, poteva vederla chiaramente offesa dai comportamenti del suo master, una persona talmente idiota da non riuscire a capire che per quanto lei fosse una donna era comunque una guerriera. Che cercare di proteggerla era come offenderla. Come darle dell’incapace.
Ma lui no.
Lui era un uomo.
Lui doveva proteggerla.
Doveva mettere a repentaglio le possibilità che aveva Saber di arrivare al Graal rischiando di farsi ammazzare ogni volta perché aveva deciso che in quanto essere umano di sesso maschile toccava a lui proteggere Saber e non viceversa.
Sapeva che c’erano momenti in cui la povera Saber avrebbe desiderato toglierlo di mezzo, una buona volta, e magari fare un patto con un altro master.
Ma era troppo orgogliosa, e teneva troppo al suo onore per fare qualcosa di simile.
Sorrise.
Si riteneva un fortunato.
Rin era il master perfetto.
Non aveva paura di nulla.
Questo lo rendeva orgoglioso, ma lo terrorizzava allo stesso tempo.
Vederla in prima linea gli dava l’impressione che lei si trovasse sempre in una posizione troppo distante da lui, perché lui potesse tirarla indietro quando il pericolo si fosse fatto troppo vicino.
Era per questo che, seppure a malincuore, avrebbe preferito che si alleasse con Emiya.
Emiya era il tipo che si sarebbe fatto ammazzare piuttosto che lasciare che qualcuno le facesse del male.
Emiya era uno stupido, ma era uno stupido che avrebbe potuto risultare utile.
E poi Emiya – chissà come – aveva Saber. Saber era già un’assicurazione di per sé.
- Stai pensando che dovrei andare da Emiya e chiedergli un’alleanza.
Non aveva chiesto se avesse ragione. Aveva semplicemente affermato con sconvolgente sicurezza di sapere ciò a cui lui stava pensando.
- Sì, lo sto pensando. – rispose sinceramente.
Mentire non avrebbe avuto senso.
Evidentemente, Rin lo conosceva meglio di quanto non si conoscesse lui stesso.
La ragazza si limitò ad un sorriso rassegnato, mentre socchiudeva gli occhi sul libro.
- Non riesco a vederne l’utilità. – disse seccamente, - Ma se pensi che dovrei, lo farò.
Archer inarcò lievemente le sopracciglia, fissandola stupito.
- Lo farai?
Rin annuì, sorridendo, tornando a guardarlo.
- Strategicamente sono molto furba, sai, Archer? Ma non sono una sciocca. So affidarmi a chi ha maggiore esperienza di me.
- Emiya-
- Non Shiro. Tu.


***



La sentì semplicemente allungare una mano verso la sua schiena e toccarla.
Un tocco lieve, era appena appoggiata.
Ma pieno.
Le dita bene aperte.
Il palmo perfettamente aderente contro il tessuto ruvido del suo mantello.
- Non capisco perché ti senta così insicuro. – disse la sua voce soffice, da qualche parte dietro alle sue spalle, - Sei incredibilmente forte.
- Saper maneggiare delle frecce e non essere male quando si tratta di tirare qualche calcio o qualche pugno non fa di me una persona forte.
La percepì sorridere, e si disse che probabilmente il motivo per il quale le sue sensazioni a proposito di Rin erano così amplificate era da ricercarsi nel legame che li univa, nel patto che avevano stipulato.
Cercò di convincersi che non avesse nulla a che fare con quei ricordi di sorrisi e occhi verdi che ogni tanto lo abbagliavano, comparendo a sorpresa fra un pensiero e l’altro.
- Le tue spalle sono ampie e forti.
La sua mano scivolò a sinistra, su una spalla, e poi sul braccio.
- Anche le tue braccia. – commentò con naturalezza.
Archer deglutì.
Provò l’incredibile desiderio di volatilizzarsi sotto quel tocco leggero eppure così pressante.
- Hai le mani grandi, e gambe agili e robuste. – concluse Rin, stringendo la presa sulla manica del suo soprabito, - Non ho nessun motivo di dubitare di te.
*

Forse perché non tollerava di essere stata così dura con lui, la prima volta che s’erano visti, dal secondo giorno di convivenza in poi non aveva fatto altro che cercare di metterlo a suo agio. Di fargli capire che l’angoscia che provava non era motivata dal fatto che lui fosse Archer e non Saber, ma dal fatto che lei fosse stata incapace di richiamare Saber come avrebbe voluto fin dall’inizio.
Non era delle sue capacità, che non si fidava.
Era delle proprie.
*

Rin si distese sul letto e aspettò che arrivasse il sonno.
Archer si sedette al suo fianco ed aspettò con lei.
- Questa novità da dove arriva? – chiese la ragazza, senza nemmeno aprire gli occhi.
- Non è una novità. Lo faccio già da un paio di giorni e non mi sembra di averti mai sentita lamentare.
- Non lo sto facendo nemmeno adesso. Vorrei solo una spiegazione.
- Ho saputo che Saber dorme in una camera adiacente a quella di Emiya. Per proteggerlo meglio.
- C’è uno scudo magico attorno alla casa. Non ho bisogno di protezione in camera da letto.
- Anche da Emiya c’è uno scudo.
- Sì, lo so.
- E sai anche che, quando un servant lo passa, tutto ciò che uno scudo può fare è avvisarti che è stato violato.
Lei sospirò.
- Sì, so anche questo.
- Non ne dubitavo.
- Puoi dormire anche tu nella camera accanto, se vuoi.
- Io non dormo.
Finalmente, Rin si decise ad aprire gli occhi e guardarlo.
- Sì, so anche questo. E so anche che se pure cercassi di obbligarti ad andartene rimarresti qui intorno ad aleggiare sotto forma di spirito, con o senza il mio permesso.
Non poté fare a meno di sentirsi più o meno imbarazzato, quando la sentì parlare in quel modo.
Lei sorrise, e l’imbarazzo si sciolse in divertimento.
- Mio padre aveva ragione, su di te. Sei testardo. Fedele. E affidabile.
Chissà se era il minuscolo raggio di luna che filtrava dalle tapparelle accostate, a farle brillare così gli occhi.
- Non sono pentita di aver evocato te.
Archer incrociò le braccia sul petto e chiuse gli occhi, appoggiandosi con la schiena al muro dietro di lui.
Rin tornò ad affondare tra le lenzuola e i capelli, con una breve risata malandrina.
Quando la sentì respirare tranquillamente al suo fianco, rapita dal sonno, si sentì come avesse conquistato un premio ambitissimo.
Lei si fidava.
Lei si fidava.
Lanciò uno sguardo distratto all’enorme specchio che occupava per metà la parete di fronte al letto, e per la prima volta da quando era stato evocato non provò l’irresistibile desiderio di scomparire di fronte al suo riflesso.
Da qualche parte, dentro di lui, quell’impulso c’era ancora.
La spinta a lasciarsi andare, a tornare spirito – avrebbe potuto farlo, avrebbe semplicemente potuto e forse sarebbe stato meglio.
Ma Rin riposava accanto a lui.
Rin contava su di lui.
Rin si fidava.

Sarebbe rimasto.
*

Probabilmente Archer credeva stesse dormendo.
L’aveva vista accoccolarsi su sé stessa, prendere a respirare regolarmente, serrare gli occhi ed accomodare la testa sul cuscino.
Non avrebbe avuto motivo di dubitarne.
Ma lei non dormiva.
Lei non riusciva mai a prendere sonno appena chiusi gli occhi, come nessuno d’altronde.
Lei rimaneva lì.
Immobile.
Ed ascoltava.
Lo ascoltava svanire, il più delle volte.
Lo ascoltava svanire, e ascoltava svanire assieme a lui tutti gli sforzi compiuti durante la giornata per provare a farlo sentire accettato. Apprezzato. Più che semplicemente “considerato”. Una volta per tutte.
Quella notte, il cuore le batteva più forte del solito, e l’attesa sembrava più agitata che mai.
Ci mise un po’ a capire che quella volta non sarebbe svanito affatto. Che ce l’aveva fatta.

Che sarebbe rimasto.