animanga: tsubasa shibahime

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Romantico/Introspettivo/Erotico
Pairing: Tsubasa/Kazuma
Rating: R
AVVISI: Lime.
- La sua è una sensualità color pesca.
Commento dell'autrice: XDDDDDDDDDDD Ommioddio! Prima di tutto ringrazio Juccha per l’ispirazione :* La frase “Sensualità color pesca”, che tra l’altro da il titolo a questa fic, è sua. Non l’ha usata per parlare di Kazuma e Tsubasa, ma la mia mente ha fatto il collegamento ;) E poi tutto il resto XD Che dire? Alla fin fine, è solo un pezzettino di vita di quei due, poi il fatto che fosse la loro prima volta è secondario… XD Come vedete, ho saltato a piè pari l’atto in sé e per sé ù_ù Altrimenti sarebbe diventata una porcata, ed una cosa che si chiama come si chiama questa cosa (XD) non può in alcun modo diventare una porcata è_é Me lo sono impedito è_é Però alcuni riferimenti li ho fatti comunque, così vi faccio impazzire ;) Per il resto, immaginate voi! XD Ma perché ultimamente nelle fic riesco solo a parlare di desiderio sessuale? @_@
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Sensualità color pesca


La sua è una sensualità color pesca. Morbida, soffice allo stesso modo. Vellutata, nel sapore. Ti si avvicina, lieve e discreta, con un tocco, un semplice abbraccio, e può fuggire via al primo soffio d’aria.
Quando Tsubasa mi si avvicina e mi stringe, probabilmente non sa cosa vuole. Lei si limita a farlo, a sfiorarmi, anche solo per un attimo. Ha ormai accettato di considerarmi un innamorato e non più un fratello, ma questioni come il desiderio o la voglia le sono ancora distanzi anni luce. Anche i baci che ci scambiamo, sono decisamente lontani dall’essere bisogni fisiologici dettati dall’attrazione, e somigliano più ad una semplice prova di tenero affetto.
Questo è un po’ un problema, a pensarci bene. Sentimenti del genere li ho sempre rinchiusi nelle canzoni, non permettendo che diventassero un motivo di disagio per Tsubasa. Però adesso qualcosa è cambiato.
La questione del matrimonio è ad un punto sospeso, ma proprio per questo aleggia nell’aria in maniera costante, ed è davvero un peso. Non il fatto in sé, ma il modo in cui è posto. I nostri genitori faticano ad entrare nell’ottica, e Tsubasa… bè, è la stessa che fuggì dalle mie labbra in ospedale. Forse più sincera, forse più innamorata, ma ancora bloccata, in questo senso. È per questo che dico che probabilmente non sa cosa vuole, quando si avvicina stuzzicandomi, sfiorandomi con una mano il petto e con l’altra il collo, per poi fremere ed allontanarsi, quasi impaurita.
Sicuramente anche lei ha voglia. Sicuramente anche lei immagina cosa sarebbe trovarsi a letto insieme senza dormire; ma è il concetto, quello che le sfugge, non sa dare un nome a quello che prova, perciò è confusa e non sa che fare.
Non mi resta che aspettare, dunque. Sì, aspettare. Non la voglio certo con la forza, o per ricatto.
Però lei nel frattempo mi si stringe contro! Mi abbraccia, mi bacia, fa scivolare i capelli sul mio viso quando dorme al mio fianco, mi fa correre addosso una mano, solleva la gonna per salire le scale, sotto i miei occhi!
Resistere sta diventando impossibile.

*


- Kazuma-chan, guarda! È spuntato il sole!
Sollevò lo sguardo dal libro che teneva fra le mani, e lo portò sulla finestra, alla quale stava appoggiata Tsubasa, illuminata da un raggio brillante e con gli occhi spalancati sul giardinetto nel retro.
- Fantastico! – sorrise lui alzandosi in piedi e raggiungendola dov’era, - Stava cominciando a fare freddo.
- Già! – continuò lei annuendo, - Che ne dici di andare fuori?
- Fuori? E dove?
- Ma in giardino, no?
- Ma… sarà tutto bagnato… pioveva, fino a poco fa!
- Daaaai…! Porto fuori una cerata impermeabile ed una coperta, così non ci bagneremo!
- Sì, ma… io stavo leggendo!
- Puoi farlo anche fuori, no? Prometto che non ti disturberò!
Non avrebbe potuto farlo comunque. Ogni momento passato al suo fianco era talmente adorabile che Kazuma della parola “fastidio” dimenticava perfino l’esistenza.
- Ah, che meraviglia! – quasi gridò Tsubasa correndo su e giù per il praticello.
Kazuma sistemò la cerata sull’erba bagnata, e su questa poi la coperta, per eliminare la noiosa sensazione della plastica sotto il corpo. Si distese, col libro davanti agli occhi. Tsubasa continuò a parlare, e lui non si perse una parola, scordandosi di continuare a leggere.
- Guarda questi poveri fiori, la pioggia li ha fatti appassire… ha piovuto quasi per un’ora, eh, Kazuma-chan? Adesso non so come farli stare meglio, è un bel problema…
La sentì muovere qualche passo, e poi il suo inconfondibile profumo gli annunciò che si era distesa accanto a lui.
- Cosa leggi?
Per ricordarselo dovette leggere il titolo, in piccolo, all’inizio della pagina.
- “Orlando” di Virginia Woolf.
- E’ un bel libro?
- Sì.
- Quando lo finisci me lo presti?
Sorrise. Era strano che s’interessasse a questo tipo di cose.
- Sì, certo…
D’improvviso, sentì cambiare qualcosa nell’aria. Forse solamente nel profumo di Tsubasa, che si fece più forte, più insistente. Spaventosamente più vicino.
Eccolo, il momento.
Lei sollevò una mano, posandogliela poi sul petto e scivolando giù fino alla vita. Lì esitò, incerta sul da farsi. Kazuma mantenne lo sguardo fisso sul libro, mentre le lettere battute a macchina diventavano una macchia grigia ed indistinta. Alla fine, la manina bianca scavalcò l’ombelico, stringendolo al fianco in un abbraccio.
Doveva fare qualcosa anche lui, adesso. Non perché sentisse un qualche obbligo morale nei confronti della ragazzina che lo stringeva dolcemente, no. Semplicemente perché sarebbe impazzito se non l’avesse fatto.
D’un tratto, però, il colpo di genio.
Perché non approfittare del momento per dare un chiaro segnale a Tsubasa?
Non doveva fare niente di esaltante, passarle un braccio sulle spalle per stringerla a sé. Ma… doveva cambiare qualche piccolo particolare. Optare per un percorso lento, piuttosto che uno veloce, ad esempio. E, nel muoversi verso l’abbraccio, farle scorrere un dito sulle spalle, ben attento ad essere abbastanza lieve da darle i brividi.
Gli occhioni verdi che gli si spalancarono addosso ad operazione terminata gli diedero la conferma che qualcosa si era mosso, che aveva sbloccato un ingranaggio.
- Ka-Kazuma-chan…?
- Sì?
Si sforzò di apparire tranquillo, come non fosse successo niente. Come fosse stato un gesto perfettamente naturale.
Tsubasa ne fu turbata.
Ma difficilmente avrebbe potuto dire che quel turbamento fosse qualcosa di spiacevole.
Sentire quel dito scorrerle sulla pelle l’aveva fatta tremare di emozione. Era esattamente ciò che sentiva quando era lei a sfiorare Kazuma, ma… amplificato in maniera incredibile.
Lui, però, sembrava non essere cambiato di una virgola. Era così dannatamente rilassato! Assurdo!
Adesso sentiva un altro impulso. L’impulso di togliergli quell’espressione tranquilla dalla faccia. Possibile che lui non avesse provato niente? Che per lui fosse stato tutto normale? No, non poteva permetterlo. Se lei ne era rimasta sconvolta, era giusto che lo fosse anche lui, cavolo!

*


Oh. Oh, era successo proprio qualcosa. C’era qualcosa di incredibilmente piacevole in quella Tsubasa che gli si stringeva contro impacciata. Era sicuro che lei non avesse idea di cosa fare, né di dove mettere le mani, ma si arrangiava. Più che bene, a dirla tutta.
Kazuma aspettò, osservandola, che lei facesse scorrere una gamba sulle sue, lasciando che si intrecciassero. Sorrise, nel sentire la mano che lasciava il fianco e ritornava su, verso il petto, lenta e pesante, bene aperta, come a non voler lasciare scoperto al passaggio nessun centimetro del suo corpo.
Si sentiva sciogliere. Ed erano ancora vestiti.
Arrivata dove doveva, la mano di Tsubasa si fermò di nuovo, in attesa. Adesso, pensò la ragazzina corrugando lievemente le sopracciglia, tocca a lui.
Il pensiero arrivò chiaro anche a Kazuma, che fu d’accordo. Si girò, sovrastandola, ben attento a non pesarle addosso.
La vista di Tsubasa si annebbiò. Quello che stava succedendo fra loro… era completamente diverso da tutte le altre cose che avevano fatto. Quel tremore continuo che la scuoteva, e quel calore interno, come acqua calda nel ventre e sulle guance, erano sensazioni sconosciute, ma piacevoli. Chiuse gli occhi, ormai inutili, e discostò le labbra, invitandolo. Kazuma non se lo fece ripetere due volte.

*


Ansimante, riaprì gli occhi che d’improvviso erano tornati funzionanti. Ebbe una visione. Senza mezzi termini, qualcosa di angelico.
I corti capelli biondi erano completamente bagnati, intrisi di sudore e pioggia – sì, nel frattempo aveva ricominciato a gocciolare – e gli si erano attaccati al capo, scivolando sottili lungo le tempie e sul collo. Anche il petto era costellato di goccioline d’acqua, che davano uno strano effetto mentre cadevano giù lungo i fianchi ad ogni respiro.
Era stato incredibile, fantastico, meraviglioso. L’aveva sentito così vicino, in ogni momento, aveva sentito la gioia esplodere. Dentro di lui, sì, ma anche dentro di lei. La gioia di Kazuma era esplosa in lei, ed anche la sua gioia era esplosa, e le loro gioie si erano mischiate per dei secondi lunghissimi.
Adesso dava un nome a tutto, adesso riconosceva ogni cosa. Riconosceva tutto nel corpo tremante sotto il suo tocco, nelle sue labbra a marchiarla dovunque, nelle sua mani ad appropriarsi di ogni parte di lei.
Oh sì, riconosceva il piacere.

*


- Mi dispiace Tsubasa… sotto la pioggia…
- E’ stato romantico da morire, Kazuma-chan! Grazie mille!
Lui spalancò gli occhi, finendo di riabbottonarsi la camicia.
- Cosa? Mi ringrazi? Che vuol dire?
- Vuol dire che è stato bellissimo!
Arrossì e sorrise. Tsubasa sembrava felice. Era più di quanto potesse aspettarsi.
- Ne sono contento. Vedi, anche a me… ecco…
Tsubasa ridacchiò.
- Non c’è bisogno che lo dici, so quanto ti imbarazzi per queste cose…
- Oh… adesso fai l’esperta? Se fino a mezz’ora fa non sapevi neanche come muoverti! – disse ironico.
Lei lo guardò maliziosa, senza perdere tempo ad irritarsi.
- Sono ancora tanto inesperta, Kazuma-chan…
Non si fermò a riflettere sulle implicazioni di quelle parole e di quel sorriso, o probabilmente gli sarebbe venuto un infarto…