animanga: shinji ikari

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo.
Pairing: Kaworu/Shinji, Shinji/Asuka.
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: What If?, Angst, Het, Slash, Flashfic.
- "La prima volta, Shinji non è nemmeno riuscito a salire sull’Eva."
Note: Dunque, questa storia - che volevo scrivere già da più di una settimana e che la Notte Bianca mi ha dato la possibilità di portare a termine - prende spunto da una serie di speculazioni della quale la Caska mi ha resa partecipe mentre rewatchavo tutta la serie di Evangelion e tutti i film ad essa collegati, compresi i due del Rebuild. Di base, si ispira alla possibilità che in realtà il Rebuild non sia una riscrittura, ma un seguito, dal momento che l'ipotesi di base sarebbe che, dopo il Third Impact in EoE, il tempo si sia "resettato" e sia tornato indietro, ricominciando tutto da capo, perché tale è il patto che Gendo e gli uomini della Seele hanno stipulato con Lilith nel tentativo di riuscire, prima o poi, a portare a termine il Progetto per il Perfezionamento dell'Uomo. Va da sé che, se non avete visto con attenzione tutto ciò che riguarda Evangelion, probabilmente questa storia vi prenderà appena un peletto alla sprovvista XD
Il prompt al quale mi sono ispirata, come già detto, appartiene alla VI Notte Bianca, ed è: "Some people are like violins, their whole song is beautiful but the music will always be sad."
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
TIME IS ON MY SIDE

La prima volta non è nemmeno riuscito a incontrarlo. Non riesce a superare questa consapevolezza, è qualcosa che non sapeva di essere in grado di provare, e che per questo lo confonde, e che per questo lo irrita. È anche qualcosa di cui non riesce a sbarazzarsi. Anche per questo, la odia.
La prima volta non è nemmeno riuscito a incontrarlo. Anche Gendo Ikari, sebbene preferisca non pensare a se stesso come ad un comune essere umano, è soggetto agli stessi errori di tutti gli altri Lilim. Sbaglia costantemente a prendere le misure, e per questo motivo, ogni volta, fallisce.
La prima volta non è nemmeno riuscito a incontrarlo, perché Gendo Ikari ha sbagliato troppo.
La prima volta, Shinji non è nemmeno riuscito a salire sull’Eva.
*
È un errore che non si ripete, la seconda volta. Shinji sale sull’Eva, sconfigge il terzo angelo, e poi il quarto, e poi il quinto. Dalla Luna, Kaworu lo osserva. Lo ha osservato fin da quando era un bambino, lo ha osservato da prima che nascesse, lo osserva da sempre. Lo vuole da sempre.
Non sa spiegarsi il perché. Comprende bene il significato della propria missione, ma la spinta irrazionale, magnetica, che lo conduce a Shinji, è troppo forte, e proviene da troppo lontano. Per il suo spirito è una missione molto più importante, anche se non ne comprende altrettanto bene il significato.
Qualcosa va storto anche stavolta, però. Un altro dettaglio da calibrare. Ancora qualcosa da sistemare.
Asuka Soryu Langley ha i capelli rossi e gli occhi azzurri. Parla ad alta voce. C’è un pozzo nero nella sua anima. Risucchia emozioni e non ne è mai sazia. Esplode con ogni singolo movimento. Quando arriva, Shinji ne viene spazzato via. È preso in pieno dalla detonazione, stordito si aggira fra le macerie di quella che era stata la sua vita prima di lei, e si ritrova ad odiarla, si ritrova a desiderare di più.
Quando Arael la attacca, Shinji ignora gli ordini di suo padre, spezza i sigilli che trattengono l’Unità 01 e combatte per lei.
Vince.
*
Il problema va ridimensionato. Gendo Ikari prende le contromisure adeguate. I dettagli che modifica, ogni volta che il calendario torna indietro, sono talmente insignificanti che per Kaworu è un gioco divertente osservare la situazione dalla propria postazione privilegiata e cercare di individuare le differenze. Riesce sempre a trovarle, anche se spesso non abbastanza in tempo da goderne appieno, mentre osserva gli avvenimenti dipanarsi in modo radicalmente diverso a partire da modifiche tanto minuscole.
Qualcosa va storto anche questa volta. Qualcosa non funziona, nella testa di Shinji. Qualcosa che gli è stato tolto – capelli rossi, occhi azzurri, le urla e le botte e la prepotenza e la violenza con la quale Asuka rivendicava ogni centimetro del suo corpo perché fosse di propria esclusiva proprietà –, qualcosa che gli manca troppo, anche se lui non ne è nemmeno consapevole.
Kaworu lo vuole per sé. Cerca di allontanare dalla mente il pensiero che potrebbe non averlo mai.
Distoglie lo sguardo quando Leliel getta un’ombra oscura sullo 01 e lo inghiotte. Versa una lacrima quando Shinji decide che non vale la pena tornare.
*
Gendo Ikari lavora come un alchimista. Invece di aggiungere e sottrarre elementi fisici o chimici, però, aggiunge e sottrae elementi propri dell’animo umano. Affetto, disagio, allegria, paura, empatia, dissonanza, solitudine, forza d’animo.
Alla quarta volta, nel corpo di Asuka c’è molta meno Asuka di quanta non ce ne fosse all’inizio. Ce n’è un po’ di più rispetto all’ultima volta, però.
Non è ancora la quota giusta.
Quando lo 01 reclama il corpo di Shinji, durante la battaglia contro Zeruel, c’è ancora qualcosa che manca, ed anche stavolta Shinji sceglie di non tornare.
Kaworu non è ancora riuscito a incontrarlo.
*
Ci riesce, la volta successiva, ed è un’esplosione tale da riuscire a stento a mantenere le emozioni sotto controllo. Shinji è indifeso, ma c’è di più dentro di lui. È testardo, ma c’è qualcosa anche in più di questo. Qualcosa che forse solo Kaworu riesce a vedere, qualcosa che ai suoi occhi brilla con la stessa intensità di un’esplosione, qualcosa di molto simile al modo in cui deve aver brillato anche Asuka la prima volta che Shinji l’ha incontrata.
Shinji dovrebbe essere suo, Kaworu lo sa. Ma lo vuole per sé. Lo vuole per sé e non riesce a non avvicinarsi, non riesce a non toccarlo, non riesce a non cercare di annullare qualsiasi barriera che li separa, per provare a conquistarlo.
Non riesce a impedirsi di sbagliare, ed anche questa volta fallisce.
Anche questa volta, Shinji torna da lei. Kaworu, almeno, non è più lì per osservarlo mentre, seduto con lei in riva, osserva il mare tingersi di rosso e la luna sanguinare.
*
Inspira ed espira profondamente, nello sfiorare con affetto fraterno l’interno dell’entry plug del Mark.06. Non riesce a trattenere uno stupido sorriso mentre osserva la Terra girare pigramente sul proprio asse e poi, all’improvviso, fiorire in un bocciolo rosso sangue. È il segnale, finalmente il tempo è giunto.
Si solleva in volo, la Luna alle sue spalle si fa sempre più piccola, la Terra sempre più grande. Shinji sempre più vicino.
Arriva appena in tempo. Come da copione. Gendo Ikari sarà soddisfatto.
Ma stavolta a cambiare i piani di quell’uomo sarà Kaworu, e nessun altro.
Stavolta, Shinji non avrà nessun altro da cui tornare. Nessuno dentro cui scomparire. Nessuno dentro il quale perdersi.
Stavolta, finalmente, Kaworu riuscirà a renderlo felice.
Genere: Romantico.
Pairing: Kaworu/Shinji/Asuka.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: AU, Lime, Threesome, Slash, Het, Flashfic.
- "Kaworu, ti ha mai detto nessuno che non dovresti mai parlare?"
Note: Scritta su istigazione criminale della Caska in occasione della VI Notte Bianca, su prompt Evangelion, Kaworu/Shinji/Asuka, "Credevo non fossi disposta a dividerlo."
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CAN’T SAY NO

La voce di Kaworu risuona morbida all’interno dell’ambiente chiuso della camera da letto di Shinji. Fa caldo – come sempre – dalla finestra chiusa i raggi del sole filtrano disegnando sagome buffe sul pavimento e sulle pareti e sul futon e sui loro corpi, e questo non era decisamente l’orario giusto per mettersi a fare qualcosa del genere, e quella non era decisamente qualcosa da dire in un momento come questo.
Ogni tanto Kaworu è semplicemente inopportuno. Rei dice che è sempre stato così – Rei, d’altronde, lo conosce meglio di tutti loro – che fin da piccolo ha sempre avuto un talento speciale per dire la cosa peggiore nel momento più sbagliato in assoluto, o anche la cosa migliore in un momento ancora più sbagliato, se possibile, e difatti la scia di silenzio che spesso Kaworu si lascia dietro ogni volta che apre bocca non fatica a ripresentarsi neanche in questo momento.
Shinji ricorda ancora la prima volta che Kaworu gli ha detto di volergli bene. Ricorda che per minuti interi non è neanche riuscito a registrare le sue parole come fossero reali, era come se il suo cervello stesse cercando di convincersi di non averle sentire per davvero. Suonavano così strane, sulle labbra di un altro ragazzo. Suonavano strane sulle labbra di un qualsiasi essere umano, per la verità, considerato il fatto che Shinji, fino a quel momento, non le aveva mai sentite pronunciare da nessuno. Ogni tanto ha la sensazione che sua madre gliel’abbia detto, ma d’altronde era troppo piccolo per poterlo ricordare precisamente, ed Asuka, be’, lei generalmente gli dimostra amore prendendolo a calci negli stinchi, non è esattamente tipo da sdolcinatezze simili. Non è che Shinji se ne lamenti, o meglio, sì, se ne lamenta, ma non è che possa farci niente, Asuka è così e lui per lei si getterebbe in un vulcano senza pensarci due volte – probabilmente perché si vuole male, come Toji gli ripete spesso – per cui, insomma, è stato strano sentirselo dire così all’improvviso, senza neanche che ce ne fosse motivo, peraltro.
Prima di quel momento, Kaworu era sempre stato “il fratello di Ayanami”, era una figura pallida e un po’ indistinta, un buon amico, d’accordo, ma insomma, niente che potesse giustificare slanci sentimentali simili, e invece nel giro di una settimana, la catastrofe. A Shinji era piaciuto, sentirsi rivolgere parole simili. Per Asuka era stato un problema perfino concepire che lui potesse avere bisogno di conferme simili.
Insomma, la strada che l’ha portato verso Kaworu è una di quelle strade accidentate e scoscese che spesso capita di incontrare camminando in montagna, una di quelle che imbocchi perché ti senti un genio e invece sei un cretino, e ti convinci di aver trovato la via più facile per arrivare a valle, e invece a valle ci arrivi rotolando, e con tutte le ossa rotte. Nello specifico, la valle era il futon sul quale adesso si trovavano, tutti e tre sudati e appiccicosi e più confusi che persuasi dall’intera situazione, e le ossa rotte rappresentavano le botte che Asuka aveva dovuto rifilargli prima di riuscire a convincersi che potesse valere la pena tentarne.
- Kaworu, ti ha mai detto nessuno che non dovresti mai parlare? – domanda lei, abbattendosi contro il cuscino, le labbra arricciate in un broncio da morsi. La luce del sole risplende fra i suoi capelli, li accende come fossero lingue di fuoco. Asuka ogni tanto è spaventosamente bella. Sembra che a toccarla ci si debba sciogliere per avere osato sfiorare qualcosa di tanto sacro.
Kaworu, apparentemente imbarazzato da se stesso, sorride appena, stendendosi su un fianco ed appoggiando il capo sul palmo della mano aperta, il gomito ben piantato contro il cuscino per tenersi sollevato dal futon.
- Chiedo scusa. – dice compitamente, - Ero solo curioso.
È bellissimo anche lui, ovviamente, e se lo fosse il problema non si sarebbe nemmeno posto. C’è qualcosa di così rassicurante, nei suoi tratti somatici, qualcosa che lo accomuna a sua sorella – i cui tratti somatici sono talmente rassicuranti che, con grande imbarazzo da parte di tutti, Shinji non riesce a guardarla senza pensare immancabilmente alla propria madre – ed allo stesso tempo in lui c’è qualcosa di oscuro e misterioso, qualcosa che fa paura ed attrae allo stesso tempo, un po’ come Asuka.
Shinji, disteso in mezzo a loro, completamente nudo e senza sapere cosa farsene del suo corpo, si sente un cretino e si chiede se sia salutare innamorarsi perdutamente di persone che lo terrorizzano nel profondo.
Comunque non è un pensiero che rimanga preoccupante troppo a lungo, e non solo perché Shinji ha lo span d’attenzione di un pesce rosso: Kaworu solleva una mano e la appoggia sul ginocchio piegato di Asuka – il suo avambraccio sfiora con falsa casualità il ventre di Shinji, che sente lo stomaco contrarsi in un’imbarazzante vampata di voglia – e poi le sue dita risalgono lente e sensuali lungo le sue cosce, tracciando sulla sua pelle appena arrossata dal sole una linea invisibile ma dalla quale Shinji non riesce a staccare gli occhi.
- Fingiamo che non abbia mai chiesto niente? – domanda dolcemente, le dita che si insinuano senza difficoltà fra le cosce dischiuse di Asuka mentre Shinji si chiede se si possa morire per così poco.
Lei sorride, le labbra rosa piene e un po’ gonfie di baci, e solleva appena il bacino.
- Mi sembra un’ottima idea. – risponde.
Ed improvvisamente Shinji non ha più paura di niente – ma probabilmente è solo a causa del deflusso di sangue dal cervello.
Genere: Introspettivo.
Pairing: Kaworu/Shinji.
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: (accenni) Slash.
- "'Pensi che lo ricorderai ancora, fra dieci anni?'"
Note: Scritta per la Notte Bianca #2 @ maridichallenge su prompt Kaworu/Shinji, "ricordi quando ci siamo incontrati?".
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FLY AROUND IN CIRCLES

- Ricordi quando ci siamo incontrati? – chiese Kaworu. La sua pelle umida, ricoperta di goccioline e avvolta nel vapore caldo che ancora riempiva il bagno, sembrava brillare alla luce della lampada. Sembrava perfino ancora più pallida, quasi trasparente. Se solo avesse guardato con un po’ di attenzione in più, avrebbe sicuramente potuto scorgere l’intreccio delle vene e dei capillari delle sue braccia. Non doveva guardare con un po’ d’attenzione in più.
- Non è successo molto tempo fa. – rispose, stringendosi nelle spalle ed abbassando lo sguardo, chinandosi a recuperare la bacinella piena d’acqua ancora tiepida più per darsi qualcosa da fare che non perché ne sentisse realmente il bisogno. – Come avrei potuto dimenticarlo?
Kaworu sorrise appena, guardando ostinatamente un punto sulla parete di fronte a loro.
- Pensi che lo ricorderai ancora, fra dieci anni? – chiese ancora, invece di rispondere. Shinji aggrottò le sopracciglia, incerto.
- Che vuol dire? – borbottò, - Perché mi fai queste domande?
Kaworu si voltò a guardarlo molto lentamente. I suoi occhi erano così dolci. E spaventosi.
- Prometti che lo ricorderai, qualsiasi cosa accada. – disse in un sussurro, sporgendosi appena verso di lui. Shinji, pietrificato, non ebbe il coraggio di muoversi. Neanche quando le sue labbra lo sfiorarono, senza mai toccarlo davvero. – Promesso? – insistette Kaworu, allontanandosi. Sorrideva ancora.
Shinji annuì, incapace di parlare. Kaworu si alzò e, con estrema calma, recuperò un accappatoio nel quale avvolgersi, prima di uscire dal bagno senza più voltarsi indietro. Shinji, la gola secca e lo sguardo perso nel vuoto, strinse con forza la bacinella fra le dita e poi si versò l’acqua sulla testa.
Titolo originale: id.
Autrice: Strike Fiss
Genere: Erotico/Romantico
Pairing: AsukaXShinji
Personaggi: un po' tutti.
Rating: NC-17
AVVISI: Language, Lemon, Traduzione.
- Seguito di "Holding Hands", una delle fic LAS più valide ed antiche dell'intero fandom di Evangelion.
Commento della traduttrice: E dunque questo è il tanto atteso seguito della famosissima “Holding Hands”… XD mia seconda traduzione, quindi se trovate errori/imperfezioni o avete consigli da dare fatemelo sapere ed aiutate una giovane piantina a germogliare *-* Modesto parere sull’opera che avete letto… so che molti di voi saranno delusi XD Ci si aspetta di ritrovare la stessa atmosfera del prequel di questa fic ed invece è una cosa DANNATAMENTE (XD AsukamodeOn) zuccherosa XD Lievemente (per usare un eufemismo) OOC, ma si presuppone siano passati anni dalla fine di HH1, dunque direi che è giustificabile è.é Nel complesso, secondo me, perfino abbastanza gradevole ^^ Si aspettano commenti è___é Grazie per aver letto!
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Neon Genesis Evangelion
Holding Hands 2

Strike Fiss, 2002








Le feste di Natale di Misato sono famose, anche di questi tempi. Si portano dietro anche un sacco di ricordi.

Mi ritrovo a pensare agli ultimi mesi, vedendoli come immagini confuse un po’ troppo veloci per quanto ero felice in quel periodo. Asuka ed io stiamo finalmente insieme, dopo tutto. Abbiamo una vita, insieme. Ci diamo consolazione e piacere a vicenda. L’amore è finalmente tornato nella mia vita, malgrado io sappia che siamo entrambi ancora troppo spaventati per ammetterlo.

La scuola va bene, ma sono contento di avere finito per un po’ di settimane. Ad Asuka non importa molto, dal momento che lo trova così dannatamente poco faticoso. Ogni tanto devo ricordare a me stesso che è tanto intelligente quanto è bella. (Se non di più) Comunque, è felice anche lei di essere in vacanza.

Misato ci accoglie alla porta con Maya, che a quanto ho sentito è la coinquilina della nostra tutrice fino a quando Ritsuko non esce dall’ospedale. Il lavoro di mio padre ha lasciato quest’eredità. Anche dopo tre anni. Ma c’è speranza che torni ancora a camminare, ed a parte le gambe indebolite, sembra essersi ripresa perfettamente.

Asuka e Misato si rincontrano fra le lacrime. Sono commosso da quanto siano vicine. Siamo stati così lontani negli ultimi mesi, e comunque la famiglia è ancora viva. Siamo ancora legati, in una maniera che mio padre non avrebbe mai capito.

Mi accingo ad entrare quando la porta si apre e…

“KENSUKE! TOJI!” quasi salto addosso ai miei amici, che, in qualche modo, mi afferrano con uguale entusiasmo.

“Bene bene! Se questo non è Ikari!” ride Toji, dandomi una pacca sulla schiena con un braccio forte, sebbene artificiale. Non posso dire niente, comunque. È così bello rivederlo! “Spero che la ragazza diabolica ti stia trattando bene.”

Asuka scioglie l’abbraccio con Misato per mostrare a Toji il medio, ma presto si scambiano un breve ma affettuoso abbraccio. “Sono contenta di vederti anche io, Spalla.”

“Dunque, come ve la passate voi due sposini all’università?” chiede Kensuke, che sta già filmando il ritrovo con la sua onnipresente videocamera.

Non posso esimermi dal sorridere al termine “sposini”. Non sembra più un’idea tanto assurda. Il fatto che io stia arrossendo come un pomodoro al pensiero, comunque, è un po’ fastidioso.

“Ti PIACEREBBE saperlo…” ride lei. “Hentai.”

“Parlando di questo.” Kensuke rivolge la sua attenzione a Misato. “Come sta la nostra adorabile ospite stasera?”

“Neanche lontanamente ubriaca quanto tu vorresti che io sia.” Misato mostra un veloce sorriso da predatrice al giovane uomo, poi si dirige in cucina. “Chi vuole una birra?”

Toji e Kensuke urlano “Ooooooo!” e le corrono dietro.

Maya sorride e ci invita ad entrare. Sembra identica a com’era quando ci salutammo l’anno scorso. È come una folata di vento dal passato. “Entrate, voi due. Datemi i vostri cappotti.”

Le diamo le nostre giacche ed Asuka lancia la borsetta in un angolo dell’armadio. “Dunque, Ikari?” mi sorride quando tutti hanno rivolto altrove la loro attenzione. “Glielo dobbiamo dire stanotte?”

“No.” Dico agitandomi. Davvero, non mi sento di spiegare tutto a Toji e Kensuke adesso. “Voglio solo godermi la serata.

Lei sembra comprendere, ma… oh, no… ha quella luce negli occhi.

“Okay. Magari la prossima volta.”

Dannazione. Conosco quello sguardo.

Dove l’ho visto prima?

Comunque sia, mi sta facendo diventare nervoso.

Sono talmente nervoso che non realizzo che la bevanda che mi hanno dato è un mix dei tipici di Misato. Non prima del secondo boccale strapieno. Lo capisco solo perché non sto litigando con Asuka dopo che lei si è chinata verso di me e mi ha baciato.

Di nuovo.

Oh… e di nuovo.

Comunque, molla la presa nel momento in cui cerco di spingerla verso una situazione un po’ più stabile, ed ammicca, allontanandosi per parlare con le ragazze.

La mia visuale è riempita da due miei amici apparentemente molto sorpresi.

“Dannaaaaaato…” dice Toji. Arrossisco quando realizzo che Asuka non mi stava dando un bacetto sulla guancia. Ci stavamo… BACIANDO… baciando in maniera così dannatamente dolce, per giunta.

Kensuke riavvolge prontamente il nastro, assicurandosi di aver registrato il bacio con la videocamera. “Voi due… quando…?”

“Non è niente!” mento. Mento sul serio. Non la bevono nemmeno per un secondo. “Davvero nulla.” Dico con un sorriso affettato lasciandomi andare sulla mia sedia.

Questo mi piace.

Sì. È molto dolce.

Mi sento riscaldato. Tutto intorno e dentro di me. So che probabilmente è solo il fatto che non sono abituato a bere, ma sembra che qualsiasi cosa io faccia non possa accadere nulla di brutto.

Mi rilasso e mi diverto. Le luci ed i colori della stagione mi danzano intorno. Gli amici mi camminano vicino ed io parlo con loro, anche se devo ammettere di non ricordare neanche una parola.

È davvero strano. Mi sento come stessi sognando. Come se in un momento potessi svegliarmi, e tutto questo potesse sparire. Quando Misato e Maya cominciano a cantare qualche canzone di Natale in sottofondo, riesco ad afferrare solo la parola “allegramente”, ancora ed ancora, nonostante sia certo che la prossima frase sarà “la vita è solo un sogno.”

Sopra tutto, comunque, vedo Asuka. Come un punto di riferimento perfettamente calmo nella mia visuale annebbiata, illuminata dal bagliore delle candele, Natale e sorrisi tutti intorno a lei.

Come ho fatto a finire con una donna simile?

Quando sono sicuro che nessuno possa sentirmi, prendo un altro bicchiere di fresco drick… poi… un altro ancora dal contenitore di plastica sul tavolo.

Metto il nuovo bicchiere sul tavolo, di fronte e me, e mi sento quasi soffocare. Ma sorrido, nonostante tutto.

“Buon Natale, papà.” Dico al bicchiere. Anche se tutto questo è solo un sogno, non ho intenzione di mancare l’occasione per ringraziare mio padre.

Farmi incontrare Asuka è stato il più bel regalo che potesse farmi.

*


“Voi due sicuramente non volete passare la notte da Misato, vero?”

Maya è una persona meravigliosa. Le voglio bene come ad una dolce, lontana cugina.

Comunque, se me lo chiede un’altra volta… la ammazzo.

Shinji, da quel dolce baka che non è altro, risponde per me. “No, grazie, Maya…” singhiozza. “Misato mi farebbe bere ancora. Io ho concluso.”

Sento la mia testa che ronza leggermente. “Già.” Aggiungo. “E’ più di quanto riesca a sopportare.”

No. Non sono stanca.

Sono estremamente eccitata.

Cosa? Conoscete quella sensazione! Quando la tua mente si ferma fino a quando non puoi pensare ad altro che non sia essere nuda a sfregarti contro qualcuno?

Ancora meglio, qualcuno che probabilmente sta pensando esattamente le stesse cose.

Non mi è consentito? Cavolo se mi è consentito. Shinji non aiuta. Ha passato l’intera nottata a toccarmi. Mi ha sfiorata nell’ingresso. Un po’ più decisamente quando nessuno guardava. Mi ha circondato con le braccia… un po’ più stretta ad ogni ballo.

E mentre aspettavamo che Maya, il nostro autista ufficiale, entrasse in macchina, Shinji si è chinato verso di me ed ha cominciato a mordicchiarmi un orecchio.

Anche dall’altra parte, così ha dovuto passare sul mio petto e leccare ovunque durante il percorso.

Ed io semplicemente sto seduta qui, terrorizzata, e brontolo a me stessa malgrado tutto.

Mi conosce. Sto soffrendo adesso, mentre lui non mi tocca. È una meravigliosa, dolcissima sensazione. Volere qualcosa che è seduto proprio accanto a te, ma non riuscire a prendertela.

Shinji lo sa.

Oddio, e se quel ragazzo non lo sa, sarò io a mostrarglielo. Ogni volta che lo bacio vorrei che durasse un po’ di più. “Farlo” NON è abbastanza, stanotte. Non quanto lo sia stato negli ultimi mesi.

Asuka vuole di più.

Oh, sì. Lo vuole.

Vuole qualsiasi cosa Shinji possa darle. Non farà la difficile. Sa già che lui ha ALMENO le componenti necessarie per darglielo. Oh, sì. Asuka presta molta attenzione ai momenti in cui lo fanno. Ad Asuka piace così tanto…

Mmm… Yup. Posso dire quando sono entrata davvero in hentai-mode quando comincio a parlare di me stessa in terza persona. È più facile pensare alle cose che stai per fare quando immagini che possa succede a qualcun altro.

Sì, funziona.

Asuka Langley intende strapparsi di dosso i vestiti, stanotte. Poi, intende far fare lo stesso a Shinji Ikari. Asuka Langley non si ritiene responsabile per ciò che accadrà dopo. Asuka Langley ne ha solo una pallida idea. Non è davvero colpa sua se fanno…

Di più…

La macchina si ferma, e quasi casco per terra per la fretta di uscire. Siamo a casa. Shinji è più paziente, comunque, e mi aiuta a rialzarmi. Poi, si volta verso Maya e la ringrazia per aver guidato. Lei ci augura un felice qualcosa o altro, e dopo va via lentamente.

Aspettiamo fino a quando non scompare dalla vista.

Non un secondo di più, comunque.

Shinji quasi mi avvolge nel suo cappotto, mentre ci baciamo.

Oh, sì. Asuka vuole di più… per favore, non fermarti. Non c’è bisogno che glielo dica. Sono sicura che i rumorini suadenti che emetto siano abbastanza chiari. Dannazione… non ho mai fatto tutti questi rumori, prima d’ora…

In qualche modo, superiamo i gradini lisci come il ghiaccio fino all’entrata del palazzo, ed arriviamo senza cadere. Entrambi proviamo ad aprire nello stesso momento e cominciamo una lotta per il controllo del lucchetto. Alla fine vinco io, e riusciamo ad entrare nell’ingresso scuro.

Lui pressa il bottone dell’ascensore e le porte si aprono. Ci fiondiamo dentro. Io sospiro e mi abbandono nell’angolo più lontano. Lui si ferma, schiaccia il bottone per il nostro piano e poi mi raggiunge nell’angolo nel momento in cui le porte si chiudono.

Le mani di Shinji scivolano lungo le mie braccia, sfilando il cappotto per me. Nonostante il leggero soprabito che indosso, tremo al suo tocco. Cerco di baciarlo in risposta, ma lui mi stringe, ed i miei sforzi servono solo ad intensificare il bacio lì dov’è. Umidi, appassionati sospiri riempiono la cabina, e mi ritrovo ancora più eccitata da questi suoni.

Aspetta… so che sta arrivando… Ahh. Eccolo.

Si ferma… velocemente… ansimando forte, dolci respiri contro le mie labbra. “Asuka… se mi dici di fermarmi… mi fermo…”

“Fermati…” sospiro “e ti ammazzo. Mmm…”

Questo sistema tutto.

Ci catapultiamo sul pianerottolo deserto, quando l’ascensore ci deposita vicino casa. Shinji si occupa di questa porta, lasciando le mie mani liberi di fare in modo che la sua giacca sia pronta da sfilare appena varchiamo la soglia.

Le luci sono spente, ma ci muoviamo facilmente aggirando i piccoli ostacoli, finché Shinji non si ferma davanti allo stereo e maldestramente passa oltre la mia vita cercando una cassetta da mettere.

Mmm. Carezzine maldestre. Ad Asuka piace già.

La sottile ma brillante luce dell’equalizzatore dello stereo ha un piacevole effetto nella stanza buia. Sembra una candela azzurra che va a ritmo di musica.

Oooh…

Mi conosce.

Questa canzone è dolce…

Ma non sono venuta qui per la musica. Shinji mi guarda con sorpresa mentre mi sfilo la maglietta.

*


Oh mio Dio.

Oh mio Dio.

Sì, lo so che l’ho già detto, ma…

Oh mio Dio.

Deve essere un sogno.

No. Non lo è. Lei è reale. Oh Dio, se è reale. In tutti i sensi.

Sospira quando prendo fra le labbra il suo capezzolo sinistro. Le sue mani sono sulle mie spalle, e mi tirano più vicino. “Shin… Ahh!” singhiozza forte, ed il suo seno si pressa contro la mia lingua mentre prende aria.

È così dolce. Un pizzico di sale sulla pelle si mischia col suo naturale, raffinato sapore. È come il momento culminante della sinfonia, quando alla fine tutti gli strumenti si uniscono, preparandosi a raggiungere il climax del suono.

Asuka mi lascia assaggiare un seno, poi l’altro. È qualcosa che non avrei mai pensato di poter fare. Qualcosa che solo sognavo nei momenti di solitudine. Non c’è freddo, qua dentro, quindi dev’essere l’eccitazione a renderla così calda. È la più strana sensazione che si possa sentire con la lingua. È qualcosa che continuerò a volere ancora. Può essere rimpiazzata solo da un altro bacio, o con qualcos’altro di audace.

E lo faccio.

E lei me lo lascia fare.

Mi fermo solo per lasciarle il modo di togliermi la maglietta. Poi, comincio a sbottonarle i jeans.

“Oh Dio…” sospira ansiosa. Una volta eliminato il bottone, posso sentire il suo intero corpo tremare.

È questo il mio modo di fare? Non proprio. Ma la mia bocca e la mia mente sono occupate altrove.

“Shinji… io non so se…” un breve ma intenso sospiro riempie l’aria. “Shinji… ahh! P… per favore, Shinji… mmm… sì… oh… così… mmm mmm…”

Qualsiasi cosa dica è musica per me. È distesa sul più grande dei nostri cuscini, e si da completamente a me, mentre i sospiri aumentano di velocità. Ogni cosa che esploro, e bacio, e tocco, è impressa a fuoco nella mia mente. Il sapore muschiato, ma dolce come il miele, sulla mia lingua è più intossicante di qualsiasi cosa abbia mai provato. Non ci vuole molto prima che io mi ci perda completamente… e mi ritrovo a carezzarla con la lingua, strofinando, separando e sorseggiando. Le parole cominciano a svanire, e la mia mente si concentra solo sul gusto e sul tatto… non mi avevano avvertito che questi due sensi potessero provocare tanto piacere…

“Sh… Shinji…” mi implora. “Non posso… h… hhhaaa…”

Guardo in alto, notando per la prima volta che adesso è completamente nuda. Una delle finestre che lascia entrare nella stanza la luce della luna, fa brillare il suo intero corpo. Perfetta, pallida pelle irradia una soffice luce nell’oscurità. I suoi occhi, anche adesso, sono aperti e chiari, per quanto ardenti di desiderio. I suoi segosi capelli biondi disordinati in un modo che trovo pericolosamente sexy.

Oh…

Ha usato il tempo che ho passato a fissarla a suo vantaggio, e mi ritrovo spalle a terra, con lei seduta esattamente sul mio inguine. Un secondo dopo i miei pantaloni sono scomparsi, e lei si ferma un momento davanti ai miei boxer.

Se non la conoscessi meglio, potrei giurare che sembra una bambina mentre sta per aprire un regalo di Natale. Lo fa. Sono disarmato mentre lei mi libera dal mio ultimo capo di vestiario, e solleva lo sguardo, e mi sorride.

“Shinji-kun…” sospira. “Questo è per me?”

Prima che possa risponderle, mi zittisce con un bacio. Profondo ed appassionato. Se potessi scegliere, affogherei felicemente in questo bacio.

“Perché non sei niente male…” replico, ricevendo in cambio un altro bacio.

Qualcosa di caldo mi avverte che Asuka si sta arrampicando su di me… guidata dalle mie mani, per quanto io giuri che non fossi in grado di controllarle, a quel punto. Asuka si posiziona esattamente sopra di me. “Shin-kun… sei pronto?”

Per quanto dubiti di essere in grado di considerare veramente le conseguenze di tutto ciò, annuisco, completamente imbambolato mentre questa bella donna mi si distende addosso abbassando i fianchi. Sospiriamo entrambi quando le entro dentro. Solo un po’ all’inizio… so che non vuole avere fretta. È esageratamente stretto, ma invece di sentirmi a disagio, tutto ciò che posso sentire è questo calore crescente che mi avvolge.

“Oh Dio… Shinji…” si morde le labbra abbassandosi ancora un po’. Sento una barriera, e lei si ferma, probabilmente sapendo già cosa succederà dopo.

Mai sottovalutare Asuka quando si fa male. Comunque, un gentile e caldo offuscamento dei sensi l’aiuta ad ignorare il dolore, perché va avanti, afferra la mia lingua
con la bocca e semplicemente si impala su di me. Non c’è nessun urlo di dolore. Invece c’è un altro acuto gridolino di piacere.

Si stringe a me mentre la penetro più a fondo che posso. Quando finalmente sono tutto dentro, il sospiro che entrambi stavamo trattenendo viene fuori. La
sensazione di essere completamente circondato da lei è quasi più di quanto io possa sopportare.

“N… non… è stato tanto male…” la sento mormorare contro il mio orecchio. “Shinji… sei stato perfetto…”

“Non hai idea di quanto io abbia voluto sentirlo…” dico.

Sorride dolcemente. “Hentai…”

“Mmm… Asuka-hentai…” replico con un ghigno.

“Ah, sì?” aggrotta le sopracciglia con fare beffardo, e comincia a separarsi da me. Solo di un pollice, comunque. Poi torna indietro. Malgrado i suoi tentativi di
apparire arrabbiata, tutto ciò sembra divertirla un bel po’.

Sono in paradiso.

Nessun altro pensiero può esprimere veramente il sovraccarico che sto sperimentando nella mia mente. Perfino la grande Asuka sembra incapace di gestire più
di un occasionale gridolino di piacere o un affaticato sospiro mentre io mi spingo dentro di lei ancora e ancora. Le nostre bocche si chiudono in posti in cui è
fisicamente impossibile, e non posso credere al suo sguardo mentre facciamo l’amore.

Improvvisamente il nostro moto si ferma. Oh dio… fa che questo non sia un sogno. I sogni finiscono sempre in momenti come questi…

“Non fermarti… nonfermartinonfermartinonfermarti!” supplica Asuka. Mi pianta le unghie nella schiena, come stesse tenendo stretta la vita di una persona cara.
“Shinji… non fermarti… io… io sto per v.. v…”

Quasi dimentico quanto ci sia vicino io stesso, mentre lei urla il mio nome e mi seppellisce sotto di sé quanto può. Il suo intero corpo si tende e freme, trascinandomi
con sé mentre entrambi ci agitiamo e sospiriamo. Riceve avida il mio seme, succhiandomi tutto. Neanche riesco a respirare per il piacere che minaccia di spegnere
completamente il mio cervello.

Siamo un’unica cosa.

Finalmente.

E non posso credere che l’unica parola a cui riesca a pensare… l’unica cosa che riesca a dire a me stesso… sia…

“Wow…”

Il mio povero cervello dev’essere seduto al mio fianco, guardandoci goffamente, cercando di capire come sia andata.

Finalmente dei pensieri coerenti riescono a raggiungermi quando la sento scivolare via da me, ancora annaspando in cerca d’aria. “Stai…” la mia voce non è molto
forte, al momento. “Stai bene?” chiedo. Dobbiamo essere rimasti in silenzio per minuti interi.

Penso che abbia appena mormorato.

Un lungo, profondo, gutturale suono fugge dalle sue labbra, mentre lei riposa sul mio petto. “Davvero bene…” sospira dolcemente.

Mi sistemo sui cuscini sparpagliati attorno a noi come un nido. La mia testa ronza, e non è tutta colpa dell’alcool. Dove mi tocca lei è il fuoco, e dove lei non c’è,
solo aria fredda. La schiena mi fa un po’ male, ma considerando il motivo del dolore, non m’importa.

Sentiamo un rumore sordo, che segnala il cambio lato della cassetta.

“Ti amo.”

Solleva lo sguardo su di me e sorride. Per un secondo, non so chi l’abbia detto, ma lei ripete. “Ti amo, Shinji Ikari…” le sue mani vanno su, posandosi sulle mie
guance. “Con tutto il mio cuore.”

“Ti amo anche io.” Sospiro in risposta. Che altro posso dire? Come posso tramutare i miei sentimenti per lei in parole? Non posso. La cosa ad essi più vicina che
posso sperare di fare è suonare ancora per lei.

Posso leggere più gioia nel modo in cui ci sfioriamo l’un l’altra… assicurandoci che tutto ciò è reale. Onesto. Noi. Una parte di noi ancora stretta, sofferente e presa
dalle vertigini… l’altra parte è perfettamente calma. Ama. È tenera. Non ho mai sentito tanto un tocco quanto quello di Asuka che mi accarezza una guancia, poi la
schiena…

D’improvviso, sembra terrorizzata. “SHINJI!” scosta la mano dalla mia schiena. “Oh… mi dispiace!”

Noto il sangue e scuoto la testa. “Fa niente.” Sorrido.

“Stupido! Sei troppo ubriaco per capirlo adesso!” brontola, sollevandosi di scatto. Oooh… che bella vista. È ancora nuda, dopotutto.
“Andiamo.”

“Sì, mein Fuhrer.” Sorrido, ripulendola dal mio seme. Mi stringe la mano mentre entriamo in bagno assieme.

Non penso di essere mai stato così felice di essere ferito, nella mia vita. Mentre chiudo la porta del piccolo bagno, la vedo guardare indietro nello specchio.

“Shinji-kun…” sospira. Quel meraviglioso, soffice, dolce sospiro che mi da tanti guai. Lo seguo e mi ritrovo ad avvolgerla con le braccia. Nello specchio vedo
l’inquadratura migliore.

Siamo insieme. Splendiamo d’amore e cura. Devo ammetterlo, non pensavo fossimo così… perfetti.

Nessuno dei due si muove per un lunghissimo tempo, fin quando alla fine, non ci incontriamo in un bacio.

*


Hikari si è sposata.

Non ci posso credere. Con quello scemo, naturalmente. Con chi altro si sarebbe dovuta sposare? Suppongo, comunque, di non essere meglio. Ho sempre pensato
Shinji fosse solo un gradino più in alto dello scemo. Forse Hikari ha imparato quello che ho imparato io con Shinji.

È passato un altro anno e mezzo. Un po’ di cose sono cambiate. Prima di tutto, io e Shinji abbiamo preso un fantastico studio-appartamento nelle parti più antiche
della città che sono state ricostruite.

C’è qualcosa di veramente meraviglioso nel vivere in un luogo concepito per l’arte. È così aperto e spazioso… tante stanze per incorniciare il mio splendido
Shinji-kun, e per fargli fare tutte quelle splendide cose che mi fa…
Oh mio dio…

Shinji ha conseguito una prestigiosa laurea in scienze tecnologiche, ed intende conseguirne un’altra in teologia quest’inverno, probabilmente. Ha nel sangue la
realizzazione degli Evangelion, davvero, ed è il primo della classe per qualsiasi materia ritenga importante per il progetto Eva-

Ed io? Io sono stanca della scuola. Uno può bastare. Comunque, ho ricevuto un dottorato ad onore in psicologia. Già, proprio così!

A Shinji sembra piacere quando giochiamo al “Dottore”. Heheh.

Non è che io sia un’hentai o cose del genere.

Ha!

Okay, sì, ammetto che quell’aspetto della nostra vita è diventato davvero dolce da quel giorno. Dannati pervertiti tutti attorno a me, come potrei resistere?

Oh, comunque, avevo proprio ragione. Sa cosa mi piace, dove mi piace e quando mi piace. E le ragazze a scuola sanno DANNATAMENTE bene che non ho
intenzione di cederlo, in ogni caso.

Il mio baka. Grr. Giù le mani. Amo il mio adorabile baka.

Durante le vacanze primaverili ci trasferiremo nel nuovo palazzo. È meraviglioso non dovere aver fretta, e grazie alla mia FANTASTICA intelligenza che non ci ha
permesso di spendere tutti i soldi che avevamo nel primo appartamento, attualmente abbiamo ancora qualcosa. La NERV non può durare per sempre. Abbiamo già
pianificato il dopo.

Shinji è il candidato di punta per dirigere ciò che la NERV diventerà dopo il suo scioglimento, quest’anno. Penso che d’ora in poi si chiamerà Eden. Ritsuko e Maya
rimarranno a dirigere il reparto tecnologico, e noi continueremo a rimanere al controllo del Geofront e degli Eva, ma non saremo più un’organizzazione militare. Da
adesso, ricerca. Dobbiamo fare rapporto se gli Eva hanno bisogno di tirare qualche calcio nel culo ad un angelo, ma almeno la JSDF sa di non dovere intralciarci.

Sogno di avere Shinji come capo, ma credo sarebbe una cosa orribile. Non solo, sarò anche il comandante in capo del mio gruppo, e potrò ancora dare ordini a tutti
intorno a me in nome della sanità mentale. Ha hahaha! La vita è bella.

Ma, devo ammettere, ci sono una o due cose ancora che vorrei sistemare.

Una in particolare mi sta girando per la testa mentre torniamo a casa dopo il matrimonio di Hikari.

“Ci hai mai pensato?” mi ritrovo a chiedere.

“Mmm.” Mormora qualcosa.

Dannato lui ed i suoi suoni. Sa esattamente come mugugnare per farlo sembrare sia un sì che un no.

So che sposarsi adesso non sarebbe una buona idea. Con gli esami che incombono nei prossimi mesi e l’inizio del progetto Eden. Senza parlare di come saremo
chiamati in causa se qualcuno della vecchia NERV ancora favorevole al Progetto per il Perfezionamento decide di fare qualche merlata.

Shinji prende tutto molto seriamente adesso. Penso che Misato abbia finalmente preso la decisione di mostrargli le Pergamene del Mar Morto o qualcosa del genere,
e da quel giorno, è diventato un po’ più serio riguardo tutta la situazione. Ogni volta che gli chiedo che cosa succede, risponde semplicemente che con molta
probabilità lo scoprirò presto, e che preoccuparsi in questo momento non è d’aiuto.

In ogni caso, so che è abbastanza importante da fargli imparare l’ebraico ed un’altra lingua che non avevo mai sentito, che comincerà a studiare quando sarà a capo
del Progetto.

Decido di starei n silenzio per il resto del viaggio verso casa. So che ci pensa, comunque. Ho visto come si è congratulato con Toji, e come è rimasto a guardare il suo
vecchio amico come se stesse facendo qualcosa di strabiliante. Era felice che almeno QUALCUNO si sposasse… prima che fosse troppo tardi…

Circa due settimane fa, abbiamo combattuto contro un altro angelo.

…è stato brutto.

Niente di paragonabile agli altri. Era come un demone dall’inferno. Non c’è stato un attacco alla città… voleva semplicemente uccidere noi. Me e Shinji. È stato
molto sanguinoso. Le unità 01 e 02 si stanno ancora rigenerando dalla carneficina. Stanno ancora ripulendo il casino dall’altra parte della città. Grazie a Dio Shinji
non ha perso la sua abilità di pilota. Non mi spaventa neanche ammetterlo, ho sbagliato tutto in quella battaglia. Se lui non fosse arrivato ad aiutarmi, sarei stata
spaccata in due.

Quando abbiamo fatto l’amore quella notte, è stato disperato, appassionato. Quasi come se fossimo stati spaventati di non avere un’altra occasione. Ancora,
abbiamo questa minaccia di Morte incombente sulle nostre teste. Potrebbe finire tutto domani per quello che sappiamo.

Almeno sarebbe con Shinji.

“Baka.” Sospiro quando mi accorgo che abbiamo mancato lo svincolo per tornare a casa. “Hai sbagliato strada.”

“Mmm.” Replica ancora. Io ODIO quando lascia riaffiorare nel suo comportamento quella dannata merda di Gendo.

“Va be.”, sospiro. Si trova probabilmente in uno dei suoi profondi ed introspettivi momenti. Non me la sento di tirarlo fuori proprio adesso. “Solo, avvertimi quando
torni sulla terra, così possiamo andare a casa.”

Davvero non mi preoccupo quando fa così. È così lontano da suo Padre che mi sento male anche solo a pensare a “Gendo” nello stesso filo conduttore mentale.
Io… spero solo lui mi includa in quei profondi pensieri. Magari lo fa ed io sono semplicemente troppo stupida per accorgermene.

La macchina si ferma. Lui ne esce.

Ci metto un momento a realizzare dove siamo. Sono stata distratta per l’intero viaggio. Siamo su un parapetto con visuale su tutta la città.

L’ultima volta che siamo venuti qui, gli ho mostrato dove si sarebbe trovato il nostro vecchio appartamento.

L’aria è fredda ed umida per un acquazzone che è appena passato su questa zona, ed io la respiro profondamente a lungo. Mmm… buona.

Shinji si toglie il cappotto e se lo appoggia sulle spalle, guardando oltre i binari la città. Per un secondo, non posso fare a meno di notare la sua somiglianza con Kaji.
Shinji-kun indossa un vestito ed una camicia bianchi ed una lunga cravatta di seta, in questo momento, ma è così diverso dall’uniforme scolastica che ricordo così
chiaramente nella mia mente. È diventato un uomo davvero affascinante. Ogni tanto, lo becco quando non si rade da un po’ di giorni, ed è davvero sexy. Anche
meglio di Kaji, malgrado io gli ripeta continuamente che Kaji era più bello.

Non penso che la farà crescere tanto, comunque. Non vuole somigliare a suo padre. Non posso immaginare ne sarei felice io, d’altronde. Vedere il mostro che
guarda indietro nello specchio sarebbe abbastanza per me da farmi comprare un rifornimento di missili per il resto della mia vita. E certamente non desidero avere
l’immagine di suo padre steso sul letto accanto a me.

Qualche volta mi accorgo di assomigliare un po’ a Misato. I miei capelli sono più lunghi adesso, ed ho capito che mi piacciono di più nella noiosamente indecisa
lunghezza che avevo quando arrivai a Tokyo.

“E’ stata una bella giornata.” Sussurro, circondandogli la vita con le braccia. Mmm, è stupendo poterlo fare ogni volta che voglio. “A cosa pensi, Shinji-kun?”

Sorride, stringendomi le mani tra le sue. Poi, le solleva all’altezza delle due labbra, e mi bacia dolcemente sul polso. Adoro quando fa così. È così elegante, ma anche
così semplice per lui per continuare lungo il mio braccio e poi altrove.

Shinji si ferma dopo un solo bacio, comunque, e torna a guardare la città. “Non ho sentito il bisogno di salire quassù per un lungo tempo.” Spiega. “La mia vita è stata
così bella in questi ultimi due anni, che non volevo portare sfortuna ritornando al mio vecchio rifugio.”

Sorrido e lo stringo più forte. Ha avuto lo stesso effetto su di me, dopotutto. Non ho sentito il bisogno di scappare per molto tempo. Certo, continuiamo a litigare
ogni tanto, ed io mi comporto in quello stupido piccolo modo che ci impone di rinunciare a qualsiasi tipo di contatto umano per un giorno o due, ma soprattutto? La
vita è bella. È più facile amare la vita quando c’è qualcuno che ama te.

“Ma ho voluto tornare qui oggi.”

“Oh?” mi ritrovo a pensare.

“Sono venuto qui perché c’è qualcosa che ho bisogno di sapere.” Mi dice. “Qualcosa che non so, e che devo chiedere. Ma, non è qualcosa che posso chiedere a
questa città, o al mio cuore.”

Annuisco. “Cos’è?”




“Mi vuoi sposare?”



Il mio cuore manca un battito.

Oh… mio…

Shinji si volta verso di me e sorride. È quello stesso dannato sorriso del quale sono innamorato. Quello che mostra la sua sicurezza ed energia.

“Mi vuoi sposare?” chiede ancora, ignorando la mia mancanza di parole o il mio respiro immobile.

E, quel dannato dolce baka che è, non mi lascia il tempo di replicare prima di infilare una mano nella tasca dei suoi pantaloni e tirarne fuori un piccolo cofanetto di
velluto. Poi… si è appena messo in ginocchio.

Penso che sverrò.

Dannazione… davvero mi sento come se stessi per svenire.

“Sì…” mi sento dire, prima ancora di poter consciamente tirare fuori la parola.

Il suo volto si illumina impassibilmente. Finalmente, ricordo dove sono e perché ci sono, e gli salto tra le braccia. “SI!” rido. “E posso aggiungere che era ora, baka!”

Shinji ride dolcemente facendo scivolare l’anello al mio dito… è cooooosì perfetto. Un semplice anello scintillante. Niente di esagerato. Abbiamo imparato a
conservare il meglio per dopo. Mi ritrovo a piangere, ma sono troppo felice per fermarmi adesso. Inoltre, non mi importa. È per Shinji.

Ci abbracciamo, e stiamo così per un lungo, lungo tempo. Mi conosce così bene. ma… probabilmente non sa l’altra cosa che stavo pensando mentre venivamo qui.

“Shinji?” gli sussurro nell’orecchio.

“Mmm?”

“Sei davvero puntuale.” Singhiozzo, asciugandomi le lacrime dagli occhi. “Ancora un po’ di mesi e probabilmente non sarei stata in grado di entrare in un abito da
sposa.”

Riesco quasi a sentire Shinji illuminarsi per la sorpresa.

“Shinji-kun…?” improvvisamente mi sento molto tesa. Non ho idea di come la prenderà…

Sviene.

Rido.

Quando si tira su, ha uno sciocco sorriso sulle labbra. “Hai… hai appena detto di essere… i… incinta?”

Annuisco.

“Ahh… bene…” singhiozza felice. “Avevo paura che fosse solo un sogno.”

Qualsiasi tensione io abbia sentito è scomparsa col suo bacio mentre ci godiamo la visuale di Tokyo 3.

Angeli? Mostri? Eva e Gendo? Non m’importa. Sono col mio dolce baka Shinji, e nulla può portarmelo via.

*


Noto che i mesi sono passati molto velocemente.

Siamo sposati.

Marito e moglie. Dannazione, è bello essere in grado di dire queste parole.

Kansuke ci ha fatto il regalo più bello al nostro matrimonio. Una compilation di tutti i nostri litigi a scuola, che ha ripreso, e tutti gli istanti in cui qualcuno commentava
dicendo che bisticciavamo come sposini. Penso sia piaciuto anche ad Asuka. Una prova di tutto ciò che abbiamo dovuto superare… ma anche una prova che siamo
riusciti dove molti altri falliscono.

Sono il comandante dell’Eden, adesso. È un bel lavoro. I Magi sono stati sistemati ed aggiornati, ed i nostri orribili, sterili documenti di lavoro rinnovati per essere più
simili ad una libreria gigante.

Altri due angeli sono morti e sono andati via. Ho finalmente svelato ad Asuka la ragione per cui continuano a venire. Il primo battaglione di angeli ci stava solo
mettendo alla prova… questi sono i pazzi cui dobbiamo sopravvivere…

No.

Non intendo pensarci adesso. Non è importante.

Sto continuando il lavoro di mia Madre, anche se non nel modo in cui avrebbe voluto. Abbiamo creato una capsula del tempo per l’Umanità. Potremo vivere per
sempre negli Eva… ma non prima di vivere da soli. Il Progetto per il Perfezionamento dell’Uomo non farà progressi, finchè sarò in vita. Non è questo il modo in cui
dobbiamo continuare.

Siamo stati creati per amare. Per avere dei figli e proteggerli. Mostrar loro il mondo, così potranno renderlo migliore. Insegnare loro, così potranno sapere come
risolvere i nostri errori. Insegnare loro ad amare, così potranno fare lo stesso con i loro figli.

Siamo stati creati per continuare così.

Non importa quante grida serviranno.

In qualche modo, anche se penso che la mia mano sia ormai rotta, Asuka urla più forte di me. Dare la vita è qualcosa che sono molto felice di non dover fare.
“Un’altra spinta!” dice il dottore. Come questo pover’uomo sia riuscito a schivare tutto gli oggetti che gli sono stati lanciati, non lo so, ma sono davvero felice di non
essere l’unico qui (ad impallidire di paura per la sua stretta).

“SHINJI! TI UCCIDERO’!” grida asuka, ruggendo mentre strizza la mia mano in maniera incredibilmente forte.

“Ayah!” posso solo piagnucolare.

Sì. Nove mesi non sono niente se paragonati alle ultime due ore. Il desiderio ardente. Le chiacchierate notturne. Le lunghe settimane di preoccupazione. Gli
appassionati litigi quando entrambi eravamo arrabbiati… e innamorati. Rivivrei felicemente tutto questo invece di vivere questi prossimi pochi minuti…

Sta ancora tenendomi la mano, anche se ha appena finito di spingere per l’ultima volta e sospira sollevata che è finita.

È finita.

Grazie a Dio.

Mi stringe dolcemente la mano. Dato che è molto tenera dopo le ore di tortura, sorrido della sua stessa tenerezza. I nostri occhi s’incontrano e sorridiamo.

E mentre la stanza si riempie del pianto di un neonato, entrambi prendiamo profondi respiri.

Non è finita.

È appena cominciata.

Fine!


Note dell’autore… tuttora, non sono sicuro che fosse il modo giusto per concludere. Holding Hands ha quasi due anni, ma mi ritrovo ancora a divertirmi molto
scrivendola. Si… sono un uomo molto cattivo. Leggo le mie stesse cose e mi piacciono. :P Dev’essere per tutta quella cosa della doppia personalità. Ahh bene.
Non mi hanno ancora rinchiuso…

Un’altra cosa…

Grazie a tutti quelli che sono rimasti seduti durante questa orribilmente lunga e lontana-lontana-COSI’-lontana dal perfetto “Higher Learning” saga / sbaglio / avventura / divertimento / qualsiasi nome vogliate dargli. Forse è semplicemente una veloce, semplice fic per bilanciare il tutto. Allo stesso tempo, comunque, so già
di sapere sia buona per ciò che vale. Spero faccia sorridere i fan di Holding Hands. Non ci assomiglia minimamente, ma, comunque, puoi fare la solita cosa
dell’ “odio/amore” un sacco di volte prima di decidere per l’uno o per l’altro.

Spero che vi sia piaciuto leggerla. E non siate troppo pungenti nelle e-mail. Sarò più bravo anche io a rispondere. ^_^

strikef@bigfoot.com
o
www.studioshinnyo.com
o
www.geocities.com/Tokyo/9110

Nient’altro che amore! Ja!

Strike Fiss, Studio Shinnyo 2002. Khattam-Shud, EOF.
Fanfiction a cui è ispirata: "Al sapore di limone" di Caska Langley.
Genere: Comico
Personaggi: Shinji, Toji, Kensuke.
Rating: R
AVVISI: Language, Spin-Off.
- Estate, casa Ikari, tre poveri sfigati e Marco Ferradini è_é
Commento dell'autrice: Dio mi salvi XD E’ il regalo di Natale (in ritardo, eh? O.o) per la Caska. Alla fine, è solo un piccolo omaggio a quel dannato capolavoro che è “Al sapore di limone” ù_ù Ok, lo so che è una cazzata XD Ma spero sia divertente :) Scriverlo lo è stato XD
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
Teorema


Estate, pomeriggio inoltrato, caldo bestiale, tre ragazzi, una playstation e casa Ikari.
- Sei una sega, Shinji, ma neanche Aki Hinagiku riesci a conquistare?!
“Season of the Sakura” è il dating-game le cui immagini scorrono lente sullo schermo.
- Ma Aki è difficile! – si lamenta un ragazzo dai corti capelli bruni ed i grandi occhi azzurri.
- Aki te la dà senza neanche chiederglielo, è la più facile di tutte! – risponde furiosamente un ragazzo alto, dai cortissimi capelli castani ed i lineamenti duri.
- Non è vero, non è vero!
- Sì che lo è! E poi guardala, l’hai vista?, è uguale a Soryu, in tutto e per tutto, tette comprese!
- Smettila, Toji!
- Bè, ma è vero… e poi le assomiglia anche perché nemmeno da lei riesci a fartela dare…
Shinji, il ragazzo che si lamenta, si ritira in un angolo spegnendo di scatto la consolle. Toji lo segue con uno sguardo liberamente definibile come “crudele”.
Un terzo ragazzo, con gli occhiali e le lentiggini, sta in disparte, le gambe incrociate, sfoglia una rivista.
- Perché hai spento?! Erano appena finiti i tuoi venti minuti, toccava a me!
- Perché come al solito tu te ne saresti andato da qualche altra ragazza vanificando tutti i miei sforzi per conquistare Aki!
Toji si siede per terra con uno scatto, gambe e braccia incrociate.
- Sai, Shinji? Sei ridicolo! Invece di stare qui a giocare ad un dating game dovresti essere con la tua ragazza!
- Asuka era impegnata.
- Oh, immagino!
- Era impegnata, ti dico! E poi, Toji, non è vero che io e lei non facciamo niente! – dice seguendo un improvviso moto d’orgoglio e stizza.
- Ah, no?
- No!
- Ma è così che sembra. Non è vero, Kensuke, che sembra così? – chiede Toji chiamando in causa l’altro ragazzo, che annuisce mormorando “mh” senza staccare gli occhi dalla rivista che legge.
- Kensuke, non ti ci mettere anche tu, adesso!
- Hai visto, Shinji? Ho ragione io!
- Ha parlato l’esperto, adesso… non mi pare che tu con la capoclasse sia andato parecchio più avanti di me…
- S-Scherzi…? Io sono molto più avanti di te!
Shinji non risponde, volta le spalle all’amico afferrando un volumetto di Berserk dalla libreria e ficcandoci gli occhi dentro, imbronciato.
Toji resta ignorato.
- Sai cos’è, amico? Dovresti seguire i miei consigli. Soryu non resisterebbe un secondo, se seguissi me.
Shinji continua ad ignorarlo, sporgendosi verso il ventilatore per terra a pochi centimetri da lui, ed accendendolo.
- Ascolta, ascolta.
Controvoglia, Shinji ascolta.
- Tu sei un tipo molto zerbino, di tuo. Non negarlo.
Shinji stringe i pugni attorno al volumetto. Poi si ricorda che potrebbe rovinarlo, ed allenta la presa. Continua a fingere disinteresse.
- Certo, non fai nulla per farti grande e desiderabile agli occhi della tua ragazza, ma sei sempre lì pronto ad accondiscendere ad ogni suo minimo capriccio. Lei è liberissima di spogliarsi completamente nuda, agitartela a due centimetri dalla faccia e poi voltarsi e dire “va bè, per oggi non se ne fa niente”.
- A-Asuka non è così!!! – grida, impossibilitato a trattenersi oltre.
- Va bene, facciamo che non è così. Ma il risultato finale resta quello, no?, tu rimani a bocca asciutta. Eggià.
- Alla… alla fine non mi sembra che non averlo ancora fatto a quindici anni sia poi un grave problema…
- Sì, non lo è se si è ancora dei santarellini che non si sono spinti oltre il bacio, ma Shinji…
- …
Shinji trema.
- Shinji, quattro anni…!
- LO SO! LO SO, CAZZO, CHE RIPETI, DEMENTE?! – grida alzandosi in piedi e tirandogli addosso il volumetto che fino a poco prima custodiva attentamente fra le mani, - TOJI, SEI UN COGLIONE!
Senza dignità, senza freno.
Così l’ha ridotto Asuka. E non ha bisogno che glielo si ricordi una volta ogni due giorni.
A fare questo è già abbastanza brava la sua ragazza.
Giorno, dopo giorno, dopo giorno.
- Adesso calmati, amico, eh? Non è vero, Kensuke, che si deve calmare?
- Mh. – risponde lui, e continua a leggere.
- Ma che calmarmi e calmarmi! – ha le lacrime agli occhi dalla rabbia e dal fastidio, povero Shinji-kun, - Non puoi neanche lontanamente immaginare!
Crolla a terra in ginocchio.
Il povero – pff – il povero Shinji-kun.
- Dai, dai… - lo consola Toji con qualche pacca sulla spalla, - Adesso ci pensa il tuo Suzuhara-sensei ad aiutarti…
- Il mio Suzuhara-cosa? Vattene! Ho già sofferto abbastanza!
- Ma io posso aiutarti sul serio… non è vero che posso, Kensuke?
- Mh.
- Ecco, vedi? Dunque, ascoltami.
Shinji si siede per terra, raccogliendosi tutto e facendosi piccino.
Povero, piccolo, Shinji-kun.
- Il fatto è che tu la devi smettere con questo atteggiamento da servo che hai, capito? Sarebbe tutto molto più naturale se semplicemente la prendessi di peso, la gettassi sul futon e te la facessi lì, senza riguardi!
- Ma che dici, Toji?! Sarebbe capace di uccidermi, prima, durante e dopo!
- Naah, non lo farebbe, perché poi secondo me lei non aspetta altro… è vero che non aspetta altro, Kensuke?
- Mh.
- Appunto! E poi smettila di trattarla così bene! Sei troppo succube, ti dico. Mica glielo devi, di chiamarla, farle le tenerezze, invitarla ad uscire. Prova un po’ a fregartene!
- Stiamo parlando di Asuka, la conosco da quando ho memoria! Mi dici come cavolo potrei fare a… anche solo a fingere di fregarmene! Io mi stupisco ancora di come possa non avere le chiavi del mio cassetto privato ed il codice del mio conto in banca, e tu mi dici di fregarmene!
- Ma tu devi trovare il modo di farle capire chi è che comanda!
- Toji.
- Dimmi.
- Forse non te ne sei accorto, ma qui COMANDA LEI!
- Bè, ribalta la situazione, no? Sii rude e maschio! Non potrò mai dimenticare quel fatto del magazzino degli attrezzi a scuola…
- AVETE SCOMMESSO, QUELLA VOLTA! Non potrò mai perdonarvi, né tu né lui!
- Ma noi lo facevamo in buona fede! Speravamo che tu riuscissi! Vero, Kensuke?
- Mh.
- Toji, volevi scommettermi mille yen contro! Ed ora mi vieni a dare i consigli?! Lasciami solo nel mio dolore!
- Oh, adesso non fare così, dai… in fondo, ricordavo quell’episodio solo per farti capire quanto male stai messo…
- PIANTALA, SAI?! Ci sono arrivato A TANTO COSI’, quella volta, A TANTO COSI’!!!
- Sì, ma poi…
Shinji sospira, vorrebbe gettarsi giù da un ponte, ma si accontenta di sdraiarsi per terra, la testa fra le mani, guarda in basso.
- …non parliamone più, ti prego… mi sento ancora male…
Altre due pacche sulla schiena.
- Dai, Shinji! Sono sicuro che da oggi in poi, se seguirai i miei consigli, andrà tutto molto meglio. Fai come quei bravi padri di famiglia tipicamente giapponesi… tipo, entra nella sua stanza, rovesciale addosso il tavolino su cui ha posato la cena…
- …? Ma di che parli?!
- …poi dalle un bel ceffone, spogliala nuda e fattela. E non se ne parli più!
- …Toji, mi demoralizzi e basta…
- Oh, Toji. – s’intromette l’altro ragazzo, - Ma tutta questa rabbia non verrà mica dal fatto che la capoclasse continua a non dartela malgrado i tuoi ripetuti tentativi di prendertela?
Kensuke ha parlato. Soprapensiero, senza neanche alzare gli occhi dalla rivista.
Shinji, lentamente, si volta a guardare il ragazzo che, freddato, trema di paura.
- Cos’è questa storia, Toji…?
- Ma niente…! Kensuke si sbaglia! Non è vero, Kensuke, che ti sbagli?!
- Mh.
- E dunque tutto quel discorso era soltanto per una tua stupida vendetta personale contro Horaki, eh…?
- Ma… ehr… sono saggi consigli, no…? Lo sono, Kensuke?
- Mh.
- Oh, certo… dall’alto dell’esperienza… di uno… che seguendoli non è ancora riuscito a scopare neanche per scherzo!!! T’ammazzo! Vieni qui!
- N-No, aspetta, ti dico… c’è un fraintendimento…!
- IL FRAINTENDIMENTO DELL’IDIOTA CHE SEI! FATTI PRENDERE!
- Aspetta, Shinji! Ken, aiutami, cazzo!
- Mh… senti, Shinji, è interessante questa rivista… me la presti?
- Kensuke, sei un bastardo! Se esco vivo da questa stanza ti ucciderò!
- NON PARLARE E FATTI PRENDERE, BASTARDO TRADITORE!
- Lo prendo per un sì, ok Shinji? Bè, io vado, ci vediamo…
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste.
Personaggi: Misato, Shinji.
Pairing: ShinjixKaworu (ma pochissimo), ShinjixAsuka (ma davvero, pochissimo XD).
Rating: PG
AVVISI: Shounen-ai (LIEVISSIMO, PRATICAMENTE IMPALPABILE), What If?.
- Dopo aver ucciso il diciassettesimo angelo, Shinji rimuove totalmente dalla sua memoria qualsiasi avvenimento collegato alla comparsa, alla presenza e alla sparizione di Kaworu. Misato lo sa. E non sa se esserne felice o triste.
Commento dell'autrice: Voglio ritornare a scrivere oneshot di tre pagine ç______ç””” Non è possibile scrivere cose così lunghe con soggetti inconsistenti come quello che ho usato per questa storia ._.” Non sono normale!
Dunque, questa storia è nata in un lampo d’ispirazione leggendo uno dei temi della Fanfic100 writing community che, se non lo sapete, è la versione italiana di quella originale inglese e consiste nello scrivere cento fanfiction ispirate dai temi proposti e incentrati sullo/gli stesso/i soggetto/i di cui s’è fatto il claim. Io ho claimato il fandom di Neon Genesis Evangelion <3 Perché lo amo <3 E non ha senso che io abbia scritto così poco su una serie che amo tanto e sulla quale c’è tanto da dire al di là degli sviluppi romantici dei rapporti sentimentali >.<
In questa storia sono andata un po’ a spingere con l’immaginazione, lo ammetto XD E’ lievemente assurda, come ipotesi, anche se, voglio dire, dopo la puntata ventiquattro ci sono la venticinque e la ventisei (ma no :O!) che non è che diano tante indicazioni su *cosa* sia accaduto al di fuori della mente di Shinji XD Non fosse esistito il film (<3) non l’avrei vista come un’ipotesi così assurda, in fondo.
Oh, insomma.
Devo smetterla di blaterare XD
Misato probabilmente è OOC O_ò A me non pare, ma d’altronde se mi fosse parso mi sarei organizzata per evitare che lo fosse (…). Invece questo Shinji puccioso tutto occhioni e sguardi carucci non so, sinceramente, da dove sia uscito XD Anche perché io Shinji a stento lo tollero XD Però la sua apparenza è effettivamente kawaii ._. Quindi niente. Questo è quanto. Adesso la smetto di parlare. Tanto sto dicendo robe senza senso XD
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AMNESIA
Prompt#76. Chi?


Mentirei se dicessi che sarei felice, se Shinji-kun recuperasse la memoria.
E mentirei anche se dicessi che mi dispiace che l’abbia persa.
Così come mentirei se dicessi che non avrei preferito che il diciassettesimo angelo fosse arrivato sotto forma di qualche altro essere dall’aspetto alieno e buffo o quantomeno strambo.
E mentirei ancora se dicessi che non avrei trovato più delicato se Kaworu-kun, piuttosto che diventare tanto amico di Shinji-kun, fosse riuscito a farsi odiare.
Si sarebbero risolti in partenza un sacco di problemi. Non ci sarebbe stato coinvolgimento affettivo. Shinji-kun non sarebbe stato costretto a uccidere un essere umano – anche se umano non era. Non sarebbe stato costretto a uccidere proprio lui.
Sarebbe stato davvero meglio se il diciassettesimo angelo fosse stato un gigante dai colori sgargianti e dall’apparente molliccia consistenza. Diamine, combatterlo avrebbe potuto rivelarsi perfino divertente. È già successo in passato. Nonostante tutta la tensione e l’angoscia e la responsabilità, progettare le strategie e preparare i ragazzi è stato spesso esilarante. Davvero.
Ma questo… questo è stato un colpo basso.
Questo è stato crudele.
E anche se capisco che probabilmente il modo in cui si sono risolte le cose è il migliore per tutti…
…e anche se mentire per me non è mai stato un problema…
…Shinji-kun apre gli occhi, ogni mattina, e mi si stringe il cuore.
Mi si stringe il cuore perché li vedo lucidi e spenti anche quando non lo sono.
E perché so che dietro quegli occhi manca qualcosa. Anche se lui non se ne rende conto.
Shinji-kun ha totalmente rimosso ogni avvenimento accaduto dalla prima all’ultima apparizione di Kaworu-kun. Non ricorda di averlo conosciuto, non ricorda di aver fatto amicizia con lui, non ricorda di aver dormito nella sua stessa camera, non ricorda di aver scoperto che era un angelo e, ovviamente, non ricorda di averlo ucciso.
Credo che in termini medici si chiami rimozione.
Credo sia una di quelle cose in grado di aiutare una mente fragile a non andare in frantumi quando si fa testimone di qualcosa di troppo terribile per poter essere normalmente ricordato.
E per quanto lo psicologo della clinica possa insistere nel cercare di convincermi che è un meccanismo di difesa utilizzato in maniera anomala e sbagliata, che dimostra che la mente di Shinji-kun è in una condizione di disagio e che sarebbe molto meglio per lui dedicarsi a una terapia per riuscire a recuperare questi ricordi perduti e accettarli senza per questo impazzire…
…io credo nell’utilità di questo sistema.
Io sono convinta che per Shinji-kun sia bene così.
Insomma, andiamo, un meccanismo del genere non può remare contro la sua sanità mentale! Non fa che difenderla! Non fa che proteggerla!
Ci sono cose… ci sono cose che anch’io avrei preferito rimuovere.
Shinji-kun è… fortunato.
E lo penso davvero.
Ma nonostante tutto questo…
…Dio, perfino credendo fermamente in tutto questo, anche io mi rendo conto che qualcosa non va.
Nei suoi sorrisi tristi e lontani… nella piega delle sue labbra, quando per un attimo, ogni tanto, il suo sguardo si oscura e cerca di ricordare senza riuscirci… nei suoi gesti lenti e ponderati… nei sospiri esasperati che si lascia sfuggire quando, annoiato dai tentativi senza riuscita, si getta sul divano e accende la tv per pensare ad altro.
Quelli sono i momenti in cui capisco che probabilmente la rimozione è la “scelta” migliore, oltre che la più conveniente, e magari l’unica possibile, ma…
…ma che non basta.
Come tutto, può servire solo a lenire appena il dolore.
Ad allontanarlo di qualche metro, per fingere di poterlo guardare con disprezzo da lontano.
Ma non lo cancella, né lo spazza via. Continui a sentire la mancanza di ciò che non hai, anche se non ricordi più quant’eri felice quando ce l’avevi.
Per Shinji-kun è così.
Io lo so.
Lo vedo.
È come se ci fosse un’enorme insegna luminosa sopra la sua testa.
C’è l’assenza, riflessa nei suoi occhi.
Anche se non sono occhi vuoti, non sono gli occhi di un pazzo e non sono gli occhi di un malinconico.
Solo gli occhi di un ragazzino che ha perso la parte migliore della sua adolescenza, e ancora neanche lo sa.
*

- Misato-san!
Sorrido, lievemente imbarazzata, mentre lo osservo scattare a sedere sul futon e tirare le coperte su fino al mento per coprirsi – e perché lo faccia credo lo sappia solo lui.
- Ben svegliato, Shinji-kun. – azzardo, agitando una mano in segno di saluto.
- Cosa ci fa qui…? – chiede lui, titubante, stringendosi nelle spalle.
È così piccino, soprattutto in questo momento…
Mi domando quando si deciderà a crescere come tutti gli adolescenti normali, una buona volta.
- E’ ubriaca, vero?
Ridacchio.
- Ma nooo! – be’, solo un po’, forse. Ma come scusa, vista l’assurdità di quello che sto facendo, potrebbe essermi utile. - Volevo solo fare un po’ di conversazione!
Il suo sguardo vaga agitato dal mio viso all’orologio a muro, per poi ritornare nuovamente su di me.
- …alle tre del mattino…?
Per tutta risposta, faccio per dargli una pacca sulla spalla, ma la mia manata arriva troppo forte, e lui cade di schiena, rotolando sul tatami.
- Ahi… - si lamenta, massaggiandosi il braccio e cercando di rimettersi seduto sul futon.
Non è solo piccino, è anche incredibilmente magro.
A guardarlo così sembra impossibile che un tipino tanto sottile possa governare un gigante come lo 01.
- Misato-san, avrei sonno…
- Sì, sì, - lo rassicuro, agitando una mano, - ci vorrà solo qualche minuto. Volevo chiederti… com’è che stai?
Shinji-kun spalanca gli occhioni, che brillano di curiosità e sospetto nel buio della stanza.
- Sto… bene… - azzarda sospettoso, guardandomi dal basso verso l’alto, - Perché me lo chiede?
- Pura curiosità! Assolutamente!
Dubbioso, arriccia le labbra.
- Misato-san…
Non ha bisogno di fare granché per farmi sentire scoperta.
Gli basta guardarmi così, con quel sopracciglio lievemente inarcato, come non credesse a una parola di quello che dico, per fare vacillare le mie difese.
- Cos’è che vuole dirmi?
Abbasso lo sguardo, alla ricerca delle parole giuste.
Con Shinji-kun c’è sempre questo pericolo, in agguato. Il pericolo di dire qualcosa di sbagliato, o di troppo pesante perché possa reggerlo… o, al contrario, di troppo leggero perché possa accorgersene.
- Tu non… non hai ricordato niente, vero, Shinji-kun?
Lui sbuffa, rilassando le spalle e piegando il capo.
- Ancora con questa storia, Misato-san? – si lamenta, annoiato, agguantando le coperte e facendo per distendersi nuovamente sul futon, - Ho già risposto mille volte a questa domanda. L’ho detto a lei, l’ho detto al vice-comandante Fuyutsuki, l’ho detto a mio padre, l’ho detto a tutti i dottori con cui mi avete fatto parlare, non faccio che ripeterlo da giorni! Può smetterla, per favore, di insistere su questo argomento?
Lo osservo rintanarsi velocemente fra le coperte, mentre continua a lamentarsi senza guardarmi mai negli occhi.
Questo ragazzino è… così spaventato.
Così solo…
Da quando Asuka è in quelle condizioni in ospedale non l’ho più visto sorridere serenamente neanche una volta.
E anche se lo psicologo non ha fatto altro che ripetermi di non dire una parola riguardo quello che è successo, adducendo come motivazione il fatto che “se Shinji-kun dovesse recuperare quei ricordi dovrebbe essere soltanto perché lui stesso lo vuole fortemente, senza che lei si azzardi a forzarlo in alcun modo”…
…io ci voglio provare, a dargli una storia migliore. Una storia cui guardare con nostalgica dolcezza, perché possa ricordare di quando sorrideva, di quando giocava come un bambino, di quando era felice.
E anche se per fare questo dovrò inventare qualcosa di totalmente nuovo, be’, l’ho già detto, mentire non è mai stato un problema per me.
- Sai, Shinji-kun, nel periodo che non ricordi hai conosciuto una persona.
Ancora, lui spalanca gli occhioni, puntandomeli addosso, luminosi come fari.
- Chi? – chiede immediatamente, senza esitazioni.
E io so che in questo momento si sta aggrappando a qualche strascico di ricordo che gli veleggia nella mente. Una qualche traccia di un qualcosa di vago che somiglia a un’immagine, o forse a un suono, e non è niente di tutto questo, niente più che un bruscolino di polvere fra un pensiero e l’altro.
Il semino di qualcosa che germoglia sottoterra.
Qualcosa cui basta un colpetto dal basso, per tornare in superficie.
- Un ragazzo. Kaworu Nagisa.
La luce nei suoi occhi trema per un istante, mentre incrocia le gambe e si accomoda sul futon, appoggiando il mento sulle mani giunte e i gomiti sulle ginocchia.
- Un tuo compagno di classe.
- …un nuovo compagno?
- Esatto.
- Trasferito?
- Proprio così.
Riflette un po’, piegando le labbra in una smorfia dubbiosa.
- Ma Misato-san, la città non era stata evacuata?
Ahi.
Forse sono un po’ troppo brilla per dirigere un teatrino così complesso.
E adesso come mi salvo…?
- Ehm… era stato individuato come un possibile nuovo children.
Un altro lampo negli occhi.
Il riflesso di una plug-suit nera…?
- Il fifth children.
- Sì.
Sospira e abbassa lo sguardo, digerendo l’informazione con difficoltà e scetticismo.
Non sto cercando di farti ingoiare un mattone, Shinji-kun! Vorresti provare ad essere un po’ più collaborativo?!
- Misato-san, - sbuffa, tornando a guardarmi con una smorfia seccata sul volto, - perché mi sta parlando di tutto questo?
Prendo un respiro profondissimo, sperando lui non si accorga della mia incertezza.
- Eravate molto amici. – spiego, fissandolo negli occhi.
Lui ha un attimo di esitazione, e stringe le labbra, mordendosi l’interno della guancia.
- Amici…? – chiede, incitandomi a continuare.
Io annuisco ma non aggiungo altro, anche perché non avrei nient’altro da aggiungere. Torturandomi nervosamente le dita, mi chiedo quale potrebbe essere la sua reazione, e nel frattempo lo guardo con attenzione, alla ricerca di un qualche segnale sul suo volto che possa svelare la presenza di un ricordo meno confuso nella sua testa.
Ma non ce n’è.
Nei grandi occhioni blu, solo nebbia.
- Va bene… - concede, incerto, con un lievissimo cenno del capo, - ma continuo a non capire… che fine ha fatto questo Kaworu Nagisa – per ricordare il nome non hai avuto bisogno di sentirlo ripetere nemmeno una volta, eh, Shinji-kun? – e perché… perché lei me ne ha voluto parlare… anche se ora non c’è più…?
Mi mordicchio un labbro, cercando le parole – o almeno una nuova menzogna che sia abbastanza convincente.
- Dal momento che non c’è più stato bisogno di lui, è stato rimandato a casa.
- Oh…
- E, Shinji-kun, te ne ho voluto parlare perché…
- …
- …perché… mi dà fastidio… che tu non sappia… che c’è stata una persona che ti ha veramente voluto bene. Che ti ha apprezzato per quello che eri, che sei, e che ha detto di tenere a te.
Mi guarda stupito, le labbra dischiuse e lievemente lucide, le sopracciglia inarcate come se qualcosa dentro di lui stesse lottando disperatamente per far emergere sul suo volto una traccia di tristezza mentre il suo cervello oscurato non ne capisce il motivo.
- Va… va bene, Misato-san. – ripete, sorridendo un po’ in imbarazzo, - Grazie.
Non so se stia ringraziando per educazione o perché davvero sente di dovermi qualcosa.
Non so se sono davvero riuscita a fare qualcosa per lui, in fondo.
Se non altro, sono felice di vedere che né le mie rivelazioni né le mie menzogne sembrano essere state in grado di ferirlo. Se non ci sono progressi positivi, è già qualcosa che non ce ne siano di negativi, per come la vedo io.
Mi alzo da terra, augurandogli la buona notte e osservandolo fissarmi da seduto fino a quando non sono uscita dalla stanza.
*

Oggi andiamo a trovare Asuka.
Non abbiamo dei giorni programmati per farlo. Non ci siamo detti “bene, da oggi una volta a settimana, ogni mercoledì, andremo a trovarla in ospedale”. Però ci andiamo abbastanza spesso. Forse anche più di una volta a settimana. Siamo piuttosto solerti, in questo senso.
Non che questo significhi qualcosa, per Asuka. Soprattutto nelle condizioni in cui è. Anche se personalmente ho qualche dubbio che significherebbe qualcosa, anche se fosse cosciente.
Non è per cattiveria nei suoi confronti, è che spesso ho avuto l’impressione, mentre vivevo con lei, che per Asuka sarebbe stato molto meglio non avere intorno né me né Shinji-kun. O almeno, non so se per lei sarebbe effettivamente stato meglio, ma sicuramente ne avrebbe avuto l’impressione. Si sarebbe sentita meno asfissiata, più libera, più… indipendente, forse.
Oddio, non lo so.
Certe volte mi chiedo che razza di demonio debba avermi consigliato per convincermi a prendere in casa non uno ma ben due adolescenti. È così chiaro e lampante che non ne capisco niente che mi stupisco che Ritsuko non mi abbia creduta ubriaca, quando l’ho detto, e non mi abbia trascinata per i capelli in una qualche cella di sicurezza nella quale rinchiudermi in attesa che mi fosse passata la sbornia.
…comunque Shinji-kun sembra tenere a queste visite, e quindi, che Asuka voglia o meno, è lì che andiamo – più spesso che in qualsiasi altro posto.
Non so se sarei così costante, se non ci fossero gli occhioni di Shinji-kun a ricordarmi costantemente “E’ l’ora di andare”, guardandomi come se mi stesse rimproverando di non averci già pensato io per conto mio.
Questo dovrebbe farmi riflettere, immagino.
Non sulla mia validità come tutrice, figurarsi, non faccio che pensare di essere una pessima tutrice.
No, ma su quanto Shinji-kun sia diventato importante per scandire passo dopo passo i momenti della mia vita. Sono i suoi ritmi che danno senso ai miei. Mangio perché mi rendo conto che lui ha fame, dormo perché lui sta dormendo e quindi non è in giro e non posso tenergli gli occhi addosso, lavoro perché so che lui è a scuola e si sta tenendo impegnato, e mi sembrerebbe di tradire i suoi sforzi se non mi tenessi impegnata anch’io.
È così.
E questo è strano.
Anche se mi sembra normale. E anche se non me ne importa poi molto.
- Misato-san, dobbiamo girare adesso. – mi informa atono Shinji-kun, indicando con un ditino appena sollevato l’uscita dell’autostrada ad appena un paio di metri da noi.
- Ah! Hai ragione! – grido allarmata, desiderando sprofondare in un buco nero per l’imbarazzo e sterzando vigorosamente a destra.
- E’ piuttosto distratta…
- Ho tanti pensieri per la testa… - mi giustifico, ridacchiando stentatamente mentre in lontananza comincio a scorgere l’austera sagoma della maestosa clinica privata in cui è ricoverata Asuka.
È un edificio davvero magnifico. Asuka sarebbe molto contenta di essere stata messa in un posto simile, piuttosto che in uno squallido ospedale pubblico.
…anche se, immagino, sarebbe stata molto più contenta di non aver avuto bisogno di alcun trattamento. O di non essere affatto in coma.
Shinji-kun si catapulta giù dall’auto prima ancora che abbia spento il motore, e si dirige a passi svelti verso l’entrata, rispondendo al saluto allegro delle infermiere che lo incontrano lungo il tragitto, e che ormai conoscono entrambi più che bene.
Mi prendo il mio tempo prima di corrergli dietro, e perdo qualche secondo a osservare il lussureggiante giardino che circonda la clinica. È pieno di pazienti in libera uscita che si concedono un’oretta d’aria, accompagnati o controllati a vista dal vigile occhio delle infermiere, disseminate strategicamente per tutto il perimetro del luogo.
A Shinji-kun piace stare un po’ da solo con Asuka.
Posso solo immaginare perché, ma non credo di andare tanto lontano dalla verità, quando credo sia perché Asuka in questo momento è la persona più importante in assoluto per lui.
Sospirando malinconicamente e ripetendomi in testa “ah, l’amore, ah, l’adolescenza” come fossi una vecchietta, mi seggo sull’erba sotto un albero, appoggiandomi al tronco, godendo del venticello fresco che fa frusciare le foglie e dell’ombra che mi regala la folta chioma, riparandomi dal sole.
È davvero un bel posto, questo.
Viene quasi voglia di fingersi malati per restarci.
*

- Misato-san?
Apro di scatto gli occhi, guardandomi intorno, allarmata.
Un momento fa ero in macchina, e stavo guidando in circolo su uno spiazzo di terra arida e gialliccia. Adesso sono circondata di verde come in una riserva naturale e ho in bocca il sapore amaro del sonno, e sulle palpebre tutta la sua pesantezza.
Si vede che un momento fa stavo sognando e adesso no.
- Shinji-kun. – lo chiamo, per fargli capire che è tutto a posto, stropicciandomi gli occhi con una mano.
Lui si siede accanto a me, con un sorriso sereno e indulgente sulle labbra.
- Certe volte ho l’impressione che sia io a doverle fare da tutore, Misato-san.
- Ehi, ehi, adesso non esageriamo! – ridacchio, contenta di vederlo allegro, - Mi dispiace di non essere venuta a visitare Asuka.
- Questo dovrebbe dirlo a lei, non a me…
Mi guardo intorno. Il sole sta percorrendo la via del tramonto già da un pezzo, e presto andrà a nascondersi dietro le colline rosate in lontananza.
- Sarà per la prossima volta. – sospiro abbattuta, incurvandomi su me stessa, - Ormai è tardi. Shinji-kun, perché non sei venuto a chiamarmi prima?
Sorride imbarazzato, socchiudendo gli occhi.
- Avevo tante cose da dirle. Ho perso tempo.
- Continui a parlarle? – sbuffo intenerita, abbandonandomi nuovamente contro la corteccia dell’albero.
Shinji-kun annuisce, sicuro e deciso.
- E cosa le dici?
- …le ho parlato di Kaworu Nagisa-kun.
Spalanco gli occhi, allarmata, voltandomi a guardarlo.
- Hai ricordato…?
Lui si stringe nelle spalle come dovesse scusarsi di un’imperdonabile mancanza.
- No. Le ho raccontato quello che mi ha detto lei ieri. E… altri miei pensieri.
- Del tipo?
- Misato-san, - ridacchia, - come fa a venirle tanto naturale essere così indiscreta?
Arrossisco, guardando altrove e incrociando le braccia sul petto.
- Sono la tua tutrice, - mi difendo, - è naturale che voglia sapere cosa pensi.
Lui sorride dolce ancora una volta, prima di spostare lo sguardo su un ciuffetto d’erba, col quale prende a giocare nervosamente con le dita.
- Le ho detto che sono stato felice di sapere di Nagisa-kun. – risponde, e io sento il mio cuore scoppiare di gioia.
- Davvero? – chiedo, titubante, cercando di afferrare il suo sguardo col mio ma senza riuscirci.
- Sì. – risponde lui, stringendo l’ebra tra le dita, - Grazie, Misato-san.
- Credevo… credevo di averti solo confuso le idee ancora di più.
- Be’, l’ha fatto. - ride, - Però mi ha fatto anche piacere. Sa, Misato-san, per tutte queste ultime settimane mi sono sempre ripetuto che se avevo dimenticato delle cose forse era stato perché era l’unica cosa che potessi fare. “Se non ci fossero stati dei problemi con quei ricordi, non li avrei dimenticati”, mi dicevo.
- …
- Però dopo quello che mi ha detto ieri ho capito che non è per forza così. In fondo, nel cervello non ci sono soltanto questi meccanismi psicologici di cui si parla tanto, ci sono anche… voglio dire, dei processi biologici, no? Tipo quando sbatti la testa e dimentichi le cose. Credo che mi sia successo questo, no? Magari mentre combattevo l’ultimo angelo ho preso un colpo e ho dimenticato certe cose. Può succedere. Vero?
Risolleva solo adesso lo sguardo su di me, e si accorge, col mio stesso stupore, delle lacrime pesantissime che mi rigano le guance.
- Misato-san! – grida, spaventato, - Che succede? Perché piange?
Piango perché ti ho mentito, Shinji-kun.
E perché sono felice per te.
E triste per Kaworu-kun, anche. Un po’. Solo un po’.
Ricordo che, dopo averlo ucciso, mi dicesti che credevi fosse lui l’unico ad avere diritto di vivere. E so che se lo dicesti fu solo perché gli volevi bene. Perché lo trovavi una persona straordinaria. Perché lui aveva trovato te una persona straordinaria, e questo ti aveva fatto felice.
E io sono felice di averti ridato almeno un briciolo di quel ricordo.
Ma sono anche triste, triste da morire, perché ti mancheranno sempre le cose più belle. Non è lo stesso, avere una reminiscenza fisica dell’affetto di qualcuno, la sensazione calda e rassicurante di una carezza o di uno sguardo tenero, non è lo stesso che saperlo per sentito dire.
Se mai l’affetto di Kaworu-kun ti ha toccato davvero, tu non lo saprai mai. Se una carezza c’è stata, è perduta per sempre. Come tutti gli sguardi, e i riflessi dei sorrisi.
Trovo ancora saggio che la tua mente abbia scelto di dimenticare.
Ma lo trovo anche terribile.
- Lasciamo perdere. – sorrido, asciugando velocemente le lacrime e alzandomi in piedi, - Sono contenta per te, Shinji-kun. Torniamo a casa? È già tardi…
Annuisce, guardandomi senza capire e alzandosi a sua volta, camminandomi a fianco mentre mi dirigo spedita verso la macchina.
Uscendo dal parcheggio e imboccando il viale che ci riporterà all’autostrada, dalla finestra aperta della sala d’ascolto della clinica, a pian terreno, fuoriescono delle note. La melodia ci viene incontro, scavalcando i finestrini semiaperti e intrufolandosi nelle nostre orecchie.
L’Inno alla Gioia solletica i miei sensi, e mi riempie di vibrazioni positive.
Lancio uno sguardo veloce a Shinji-kun.
La musica solletica anche i suoi sensi.
Ma lui non sembra felice.
Fissa la strada, dritto davanti a sé, le labbra strette e i lineamenti tesi. I pugni chiusi stringono isterici i pantaloni all’altezza delle ginocchia. E le palpebre sfidano il fastidio, opponendosi all’istinto di chiudersi per evitare di lasciare andare le lacrime che trattengono a fatica.
Deglutisco, tornando a guardare la strada, un po’ perché ho paura di sbandare, un po’ perché non posso reggere questa scena.
- Misato-san. – dice lui, con la voce tremante, dopo qualche secondo, - Grazie lo stesso.
Io chiudo gli occhi, solo per un attimo.
È un peccato che le mie menzogne non siano durate un po’ più a lungo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Malinconico.
Pairing: Kaworu/Shinji.
Personaggi: Kaworu, Shinji.
Rating: R
AVVISI: AU, Shounen-ai.
- “- [...] Tokyo mi fa sentire strano.
Kaworu sorrise comprensivo.
- Immagino sia più o meno così per ogni posto in cui non vai da molto tempo.
- Sì, immagino di sì.
” Shinji torna a Tokyo dopo quindici anni, convinto che non incontrerà nessuno se non sarà lui a volerlo. E invece...
Commento dell'autrice: Gyah *_* Dunque, tanto per cominciare, è la prima volta che scrivo di quei due <3 E sono estremamente timorosa a riguardo, perché batto una strada già battuta in passato da una ficwriter quale Caska Langley, che per quanto abbia letto è stata la migliore a scrivere su questo fandom, in passato. Detto questo, posso ammettere, mettendo da parte la modestia che non ho XD che sono sufficientemente soddisfatta di com’è venuta fuori questa storia ^_^ E’ comunque iperlontana dalla perfezione, ci sono un sacco di cose che avrei voluto dire, soprattutto su Rei e Asuka, ovviamente, e probabilmente l’avrei fatto se invece di una shot questa fosse stata un’AU lunga, però in qualche modo mi sembra “fuori posto” impelagarmi in una storia di questo genere °_°
Probabilmente, alla fine lo farò pure XD (anche se passeranno degli anni prima di riuscire a smaltire la quantità di fic che ancora aspettano di essere scritte, e da molto più tempo XD), magari utilizzando questa oneshot come traccia, come filo conduttore per un progetto più ampio.
Ma per ora è quello che è è_é E così resterà.
Uno degli obiettivi era cercare di rendere credibili questi due come trentenni ._____.””” Mi rammarico di non esserci affatto riuscita, me ne accorgo da sola, mi sembrano così adolescenti ç____ç Però, alla fine, visto che comunque è una storia sul ricordo, vissuta più nel ricordo stesso che nel presente, penso che ci possa stare O.o E spero non infastidisca troppo XD
Per finire, la canzone è l’adorabilissima “E ti ricordo ancora”, di Fabio Concato <3 Il testo è un pochino insulso, mi rendo conto, ma io AMO le canzoni romantiche e nostalgiche, e ho amato questa fin dal primo momento XD
Nota: Questa fanfiction ha partecipato al secondo concorso della True Colors Community.
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
E TI RICORDO ANCORA


Il posto non era cambiato di una virgola, era ancora piccolo e scuro come lo ricordava. Le pareti erano ancora dipinte di blu, per quanto sbiadito e scrostato in più punti, e le luci erano dello stesso azzurrognolo e freddo colore di un tempo. Pochi sgabelli attorno al banco semicircolare del bar, qualche tavolino basso con relativi divanetti in pelle ormai talmente vecchia da aver perso qualsiasi lucentezza, e più in fondo le porte dei prive – quante volte s’era chiuso lì dentro con Asuka, quando era adolescente? Quante volte aveva dovuto chiedere aiuto a Rei, quando si era ritrovato a corto di soldi e il pensiero di un’ora con Asuka su un divano morbido e appartato lo abbagliava troppo per poter pensare a cosa fosse giusto fare e cosa no?
A guardare il locale in quel momento, con gli occhi di un adulto e col gravare odioso del tempo e dei ricordi sulle spalle, il pensiero di aver perso la verginità proprio su uno di quei divani lo infastidì da morire. Era tutto così squallido e vuoto, così vecchio, sapeva d’antico.
“Quindici anni”, si disse, e non riuscì a crederci.
“Quindici anni”, si ripeté, e gli sembrò non fossero passati nemmeno quindici secondi.
“Quindici anni, convinciti!”, si lamentò nella sua mente, esasperato dalla sua stessa ostinazione.
“Quindici anni, dai”, e ne sentì d’improvviso il peso sulla testa e sulle gambe, ed ebbe bisogno di sedersi.
Si avvicinò al bar e si appollaiò su uno sgabello qualsiasi, aspettando di decidere cosa prendere prima di richiamare l’attenzione del cameriere dall’altro lato del bancone.
Avrebbe voluto odiare quel posto ancor più di quanto non l’odiasse già. Gli sembrava di riflettersi su ogni superficie. Anche in lui non era cambiato niente. Anche dentro di lui c’erano ancora gli stessi stupidi divani vecchi, e gli stessi orribili tavolini scrostati. Per non parlare dei suoi prive.
- Cosa ti do? – gli chiese il barista, distrattamente, continuando ad asciugare i bicchieri.
- Una birra. – rispose lui, sospirando pesantemente e appoggiando entrambi i gomiti sul tavolo.
Perché era andato in quel posto?
Era il suo primo giorno a Tokyo dopo quindici anni, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, vedere chiunque, spendere qualche soldo in un luogo qualsiasi o semplicemente fare una passeggiata da qualche parte in centro, e invece ecco che si ritrovava a rivangare vecchi ricordi agrodolci, sorseggiando birra fredda nell’unico locale che avesse frequentato durante l’adolescenza, quando venire sballottato per club dai suoi amici più cari era l’unica cosa che gli piacesse veramente fare. Quando ancora poteva.
Rei e suo fratello Kaworu semplicemente adoravano quel posto. Fino a quel momento aveva sempre creduto fosse perché, essendo due animi piuttosto solitari, anche se in due modi completamente diversi, gradivano la tranquillità di quelle quattro mura, dovuta alla quasi perenne scarsità di clienti. In realtà, capiva solo adesso, probabilmente avevano capito già allora l’importanza nostalgica che avrebbe poi avuto, quando fossero cresciuti, aver ripetuto sempre gli stessi gesti, sabato dopo sabato, settimana dopo settimana e così via.
Specialmente Kaworu, amava con passione trascinante i ricordi. Amava sapere di averne tanti, e amava pensare che ne avrebbe avuti anche di più in futuro. Amava perdercisi. Amava fare di qualsiasi momento un ricordo prezioso, e forse per questo, troppo spesso e con troppo accanimento, si impegnava ad agire come se ogni movimento dovesse essere teso a diventare nient’altro che un ricordo piacevole, che avesse deciso di ripescarlo fra dieci, venti o trent’anni.
Pensando a Kaworu venne investito da una sensazione strana che non avrebbe saputo definire piacevole né spiacevole. La cosa lo inquietò, perciò smise di pensarci.
Anche ad Asuka quel posto piaceva. Ma a lei piaceva qualsiasi cosa sulla quale potesse esercitare un controllo stretto e continuo, e dal momento che lì regnava incontrastata, in quanto figlia adottiva del proprietario, era logico che quel posto esercitasse su di lei un fascino particolare, quasi magnetico, esclusivo.
In ogni caso, pensare alla connessione fra Asuka e quel locale l’aveva sempre fatto sentire un idiota. Insomma, era stato il ragazzo della figlia del padrone! Avrebbe dovuto pensare più a sfruttare quella quasi parentela per ottenere i prive gratis, piuttosto che pagare ogni volta profumatamente nella speranza di fare buona impressione su quell’uomo.
- Questo posto è ancora del signor Kaji? – chiese in un soffio al barista, finendo la birra e posando il boccale sul piano.
- No. – rispose quello, senza neanche guardarlo.
Gli bastava.
Lasciò i soldi sul bancone e si alzò, preparandosi ad uscire.
In quel momento, Kaworu Nagisa varcò la soglia e lo vide, congelandosi sulle scale e sferzandolo con uno sguardo talmente sconvolto che lo pietrificò.
*

E ti ricordo ancora
Le braghe corte di tuo fratello e le gambe viola
Tua mamma stanca costretta a farti un po’ da padre
Eh, me la ricordo ancora tutta bianca


Si lasciò ricadere indietro sullo sgabello, senza forze, schiudendo le labbra e spalancando gli occhi. Kaworu continuò a fissarlo per un bel po’ prima di realizzare, riscuotersi e scendere lentamente, uno scalino dopo l’altro, senza osare guardarlo ancora, con gli occhi colmi di confusione e ansia.
Era strano vedere Kaworu così. Sul suo volto, sempre così sereno e compassato, stonavano non poco sentimenti come quelli. Kaworu era un tipo da sorrisi. Non da lineamenti tesi.
Si rattristò un po’, sentendosi in colpa come avesse deturpato un’opera d’arte.
Nell’osservarlo avvicinarsi a lui e cercare di ricomporre sulle labbra un sorriso di gioiosa sorpresa, si accorse che era rimasto bello, proprio come lo ricordava. Era ancora incredibilmente esile. La sua pelle era ancora così chiara da sembrare trasparente. Non sembravano esserci rughe, non sembravano esserci segni d’età, sembrava ancora un ragazzino.
“Siamo sicuri siano passati davvero quindici anni…?”, si ritrovò a chiedersi, stupito.
Kaworu si fermò a un passo da lui, riuscendo finalmente a riprendere possesso delle sue facoltà espressive e sorridendogli.
- Shinji… – disse, con lo stesso trasporto di chi, finalmente, riesce a dare voce a un ricordo dimenticato da tempo.
- Ciao… - disse lui, incerto, sollevando una mano in segno di saluto.
Per un secondo, Kaworu sembrò chiedersi cosa fare, come fosse giusto salutarlo. Un abbraccio? Un bacio sulla guancia? Una stretta di mano?
Dovette decidersi per non fare nulla di tutto questo, perché non lo sfiorò neanche con un dito.
- Come stai? – gli chiese invece, continuando a sorridere e sedendosi su uno sgabello accanto a lui.
- Bene…
- Quando sei tornato?
- Stamattina…
- Sei in ferie?
- Sì…
- E quanto ti fermi?
- Uh? Ah… non so… non penso starò molto… forse un paio di giorni.
Kaworu spalancò gli occhi.
- Così poco? – chiese, inarcando le sopracciglia.
Shinji si strinse nelle spalle, scusandosi con un sorriso.
- Capisco… - mormorò infine l’uomo, facendo cenno al barista perché portasse una birra anche a lui.
- …e tu, Kaworu? Come stai? – chiese a sua volta, dopo un lasso di tempo che gli sembrò infinito.
Kaworu si voltò nuovamente a guardarlo. Gli sorrise ancora, socchiudendo gli occhi.
- Sono contento di rivederti. – disse.
“Questo non risponde alla domanda”, avrebbe voluto dire, ma si trattenne.
Tutto sommato, gli faceva piacere rivederlo dopo tanto tempo, anche se non aveva messo in conto un’eventualità simile. “Tokyo è così grande”, aveva pensato, scendendo dall’aereo, “che non vedrò nessuno se non sarò io a volerlo”. Aveva sottovalutato il potere della casualità?
…no. Aveva sottovalutato l’attaccamento di Kaworu al suo passato, molto più probabilmente.
- Ti sei ricordato di quando venivamo qua, eh? – gli chiese lui, tornando a guardarlo dolcemente.
Shinji si strinse di nuovo nelle spalle, imbarazzato.
- Anche tu… - rispose.
- No, io non ho avuto bisogno di “ricordarlo”. Vengo spesso qui.
- Solo?
“…ma sono completamente impazzito?”
- Sì. Solo.
Beh, aveva fatto trenta, perché non fare trentuno?
- …e come mai?
Kaworu ridacchiò, scuotendo il capo, e non rispose.
- Perché non mi chiedi quello che stai cercando di evitare da quando mi hai visto?
- …mh?
- Avanti, Shinji…
Abbassò lo sguardo. In realtà non stava pensando a niente, ma aveva sempre avuto cieca fiducia nella capacità di Kaworu di vedere oltre i suoi stessi pensieri, di cogliere le sue incertezze dove neanche lui sapeva che esistessero, di aprire botole dimenticate da tempo immemore. O di crearne di totalmente nuove.
Sì, Kaworu vedeva le sue domande anche dove non c’erano, dava loro vita per lui, quando lui dimenticava di farlo. Si rigirava la sua mente fra le mani come plastilina, le dava la forma che preferiva.
Era sempre stato così.
Era probabilmente colpa del fatto che si conoscessero da tutta una vita. Del fatto che lui fosse il suo migliore amico. Del fatto lo capisse meglio di chiunque altro. Della sua straordinaria sensibilità.
Di tanto altro.
Non che Shinji si fosse mai soffermato anche un solo momento, cercando di stabilire di chi o di cosa fosse la colpa dell’influenza di Kaworu su di lui.
O meglio, non che la ritenesse affatto una colpa, tanto per cominciare.
- Come stanno gli altri…? – chiese, incapace di guardarlo, rigirandosi il boccale vuoto fra le mani.
Kaworu sorrise.
- Non era questa la domanda. Comunque stanno tutti bene.
- …come sta Asuka?
- Ah! Eccola! Ecco la domanda!
Lo ascoltò ridere di gusto, sentendosi sempre più in imbarazzo.
- Sta bene. – rispose infine, - Non è rimasta traumatizzata o altro.
- Non… non intendevo niente del genere…
- Sì che lo intendevi.
Tornò a guardarlo.
Sorrideva naturalmente, e nella sua voce non c’era la benché minima traccia di malizia. Non lo stava stuzzicando, stava constatando una realtà.
Era vero, aveva pensato più volte che quello che aveva fatto l’avesse potuta sconvolgere.
- E’ un po’ strano – mormorò, inquieto, - sentirsi dire che la cosa le è passata addosso senza problemi.
- Non ho detto questo. – rispose lui, con la stessa calma di prima, - Ho detto solo che adesso sta bene. Shinji, tu aggiungi significati nascosti dove non c’è bisogno…
Perché, invece quando li aggiungeva lui aveva sempre ragione?
- E… lei ti parla, adesso?
Scrollò le spalle.
- Non nego che mi farebbe piacere riallacciare i contatti. Ma no, non mi parla. Non l’ha più fatto.
Allora, tutto sommato, non ne era uscita completamente indenne.
- E com’è che sei così sicuro che sta bene?
- Rei. – rispose, come fosse un’ovvietà, - E’ lei che mi informa.
- Come sta?
Kaworu rise ancora, di gusto.
- Bene. – disse infine, terminando la sua birra, - Ma se ci tieni tanto a sapere come stanno posso farti avere qualche risultato di analisi ospedaliera, così ti tranquillizzi. – propose ridendo, - Oppure possiamo organizzare qualcosa domattina, tutti insieme.
Abbassò lo sguardo, sorridendo lievemente.
- Probabilmente non è la cosa migliore da fare…
Kaworu sospirò.
- No, probabilmente no. Credo che Asuka non verrebbe.
- Non verrebbe neanche Rei. Lo sai che mi odia.
- Non ti odia…
- Sì che mi odia. Non odia te perché sei suo fratello, e anche perché nessuno è mai riuscito ad odiarti, che io sappia. Ma non ha mai avuto difficoltà ad avercela con me.
Kaworu si appoggiò coi gomiti sul tavolo, mentre un sorriso lontano gl’increspava le labbra.
- Le piacevi, infondo. – sussurrò.
Shinji guardò altrove, ricordando d’improvviso che se aveva accettato mestamente ma con sollievo l’ordine di suo padre di lasciare il Giappone in seguito a quello che era successo, e se aveva continuato a stare lontano da Tokyo fino a quel momento, non era stato solo per allontanarsi da Kaworu e da tutto quello che la sua persona implicava, ma anche da tutto il resto. Dalla situazione che, fra loro quattro, era sempre stata fin troppo complicata.
- Shinji – lo richiamò Kaworu d’improvviso, sorridendo entusiasta come un bambino, - ti ricordi quando ci siamo incontrati per la prima volta?
Annuì, arrossendo lievemente.
Kaworu non avrebbe dovuto obbligarlo a rivangare tutti quei ricordi.
Hai trent’anni, Shinji!
…si sentiva un quindicenne, di nuovo.
Aveva quattro anni quando aveva visto Kaworu per la prima volta. Ed era il suo primo ricordo.
Kaworu aveva più o meno la sua stessa età, era più alto di lui ed era un bambino stupendo, dai lineamenti delicatissimi ma nient’affatto femminili. Un bambino slanciato, un bambino esile ma non cagionevole, un bambino che catalizzava su di sé l’attenzione di adulti e coetanei con una naturalezza che aveva dell’incredibile.
Sembrava essere stato benedetto con un’aura miracolosa che lo rendeva magnetico agli occhi del mondo intero. Shinji era stato solo una delle vittime, una delle tante. Fra gli altri c’erano i maestri, gli altri compagnetti, la signora Nagisa… e sinceramente s’era sempre chiesto come fosse stato possibile che il padre di Kaworu riuscisse in qualche modo a sfuggire al magnetismo di suo figlio, abbandonandolo quando era ancora in fasce, lasciandosi dietro un’altra figlia di un anno più grande e una donna disperatamente sola che non avrebbe trovato niente di meglio da fare che aggrapparsi con foga al miraggio di rendere quei due figli perfetti, così impara, il bastardo, a mollarmi, ed erano venuti fuori Rei e Kaworu, la sociofobica e lo svagato, praticamente due alieni.
Shinji guardò l’uomo al suo fianco, sperando lui non se ne accorgesse.
Kaworu lo fissava, sorridendo.
…Kaworu non smetteva un secondo di fissare in quel modo i suoi interlocutori, chiunque fossero. Aveva uno sguardo strano, uno sguardo che lo faceva sembrare un essere di un altro mondo, giunto sulla terra per osservarla e carpirne i segreti, che intratteneva relazioni con i suoi abitanti al solo scopo di studiarli approfonditamente.
Eppure.
Eppure il suo sguardo aveva qualcosa di caldo. Qualcosa di devoto.
Qualcosa che aveva sempre fatto vibrare Shinji fin nel profondo delle sue viscere.
*

E ti ricordo ancora
L’ingenuità, la tua tenerezza disarmante
Eri un omino ma dentro avevi un cuore grande
Che batteva forte un po’ per me


Kaworu era cresciuto portandosi dentro il germoglio di qualcosa di eccezionale. S’era fatto grande, sotto gli occhi di tutti, come un miracolo quotidiano.
Era strano, a pensarci.
In fondo, era solo un essere umano, con pregi e difetti come tutti gli altri. E non che trovare i suoi difetti fosse poi un’impresa così impossibile. Era spesso distratto e svogliato nello studio, faceva solo ciò che gli interessava, ignorando i suoi doveri, era testardo e invadente, era curioso, era sottilmente supponente e presuntuoso, era sempre convinto di avere ragione – in parte perché molto spesso era vero – e nei confronti delle persone che non gli stavano a cuore era scostante in maniera quasi crudele.
Ma era chiaro, era lampante che c’era qualcosa, nei suoi occhi, sulla sua pelle, nei suoi gesti, qualcosa che brillava, qualcosa che prima o poi sarebbe esploso, no, qualcosa che esplodeva giorno dopo giorno, nel suo piccolo, qualcosa che faceva sentire anche i meno sensibili come se avere la possibilità di vederlo fosse qualcosa per cui dover sempre ringraziare qualche dio in qualche cielo.
Non era qualcosa che fosse possibile definire, e non era qualcosa che fosse possibile non provare.
Asuka, ad esempio. Asuka era l’essere umano più indisponente e orgoglioso e cocciuto del mondo. Asuka era una persona chiusa, una persona corazzata, una persona che detestava provare sentimenti che non potesse spiegare, che non desiderasse, o che non avesse volontariamente richiamato.
Eppure Asuka era totalmente affascinata da Kaworu. Pendeva dalle sue labbra. Kaworu era l’unica persona in tutto il dannatissimo mondo in grado di farla ragionare.
Forse per questo quello che era successo l’aveva ferita al punto da desiderare di non vederlo più.
E Rei, poi. Tutto sembrava passarle addosso come niente, non come se per lei nulla esistesse, ma come fosse lei stessa a non esistere. Le persone, i fatti, le passavano attraverso, e quando ne uscivano la lasciavano immacolata e intonsa, di nuovo tutto al suo posto, come prima, come sempre, era un ologramma.
Eppure Rei sentiva Kaworu così profondamente che ne era turbata. Nascondendosi dietro la scusa della sorella maggiore non faceva che preoccuparsi per lui, come volesse affermare al mondo di essere l’unica in grado di possedere quell’oggettino tanto splendido, quando in realtà era lei stessa ad essere posseduta dallo sguardo vago del suo fratellino miracoloso.
Kaworu sapeva tutte queste cose. Comprendeva a fondo l’effetto che aveva sugli altri. Non lo sfruttava con tutti semplicemente perché non trovava niente di stimolante nell’influenzare persone di cui non gli fregava un accidenti. Avrebbe potuto facilmente incantare professori, ragazzine di tutte le età, adulti, anziani, bambini, chiunque, con quel suo sguardo naturale e la parlantina sciolta, ma la cosa non lo interessava. Non lo interessava minimamente.
Kaworu sfruttava il potere della sua indole solo con le persone che amava. Non perdeva occasione per sottomettere Asuka, ed era incredibile osservare come ogni volta lei si lasciasse dominare, quasi senza accorgersene, e non perdeva occasione per rintontire Rei, ed era un piacere vedere i suoi lineamenti tesi sciogliersi quando la figura di suo fratello entrava nel suo campo visivo.
E non perdeva occasione per sconvolgerlo. Non perdeva occasione per andargli vicino, non perdeva occasione per regalargli una carezza distratta, o uno sguardo rassicurante, o un sussurro piacevole.
Era scritto nei suoi gesti teneri, che prima o poi sarebbe riuscito ad averlo.
Come aveva fatto, lui, a non accorgersene? Come aveva potuto permettergli di continuare a disegnare i suoi giorni con quei tocchi lievi, d’artista? Come aveva potuto permettere a sé stesso di cedere?
Come diavolo aveva potuto lasciare che lo baciasse?
*

E ti ricordo ancora
Dimmi che non è cambiato niente da allora
Chissà se parli ancora agli animali
Se ti commuovi davanti a un film


- Ehi! Sei ancora vivo?
Si riscosse, un po’ turbato dalla repentina fuga dal mondo dei ricordi.
Comprendeva come fosse possibile che Kaworu passasse pomeriggi interi semplicemente a ricordare. Ricordare è un processo centrifugo e continuo, è un processo dal quale non ti liberi facilmente, quando ci sei dentro.
I panni mica escono dalla lavatrice di loro spontanea iniziativa, quando sono lì a farsi venire l’emicrania, ruotando vorticosamente nel cestello.
Ci vuole sempre qualcuno che apra l’oblò.
- Scusa. – sorrise mestamente, - Non sono molto di compagnia, stasera.
- Sarai stanco.
- In realtà no. In realtà mi sento strano. Tokyo mi fa sentire strano.
Kaworu sorrise comprensivo.
- Immagino sia più o meno così per ogni posto in cui non vai da molto tempo.
- Sì, immagino di sì.
- Ti va un’altra birra?
Guardò l’orologio appeso al muro, alle spalle del barista. La mezzanotte era ormai passata da venti minuti, e il locale nel frattempo s’era lievemente animato.
- Perché no? – disse, scrollando le spalle.
*

E ti ricordo ancora
Nei pomeriggi di primavera dopo scuola
Tu mi parlavi di una colonia sopra il mare
Eh, vienimi a trovare, che si sta bene


Per un lunghissimo periodo, che era andato più o meno da quando l’aveva conosciuto all’inizio delle scuole medie, Kaworu non era stato semplicemente una parte del suo mondo. Kaworu era stato tutto il suo mondo. Aveva rappresentato ogni tipo di sentimento positivo e incoraggiante, aveva rappresentato la gioia, la compagnia, la tenerezza, la fantasia.
Era stato il suo fulcro.
A lui non interessava comprendere cosa ci fosse dietro alla centralità di quel ragazzo fra i suoi pensieri. Gli bastava che ci fosse. Gli bastava vederlo bene, nitido e rigido, lì in mezzo. Gli bastava che fosse evidente, che non potesse perderlo.
In tutti quegli anni non s’era mai permesso di perderlo. Kaworu non gli aveva mai permesso di farlo.
Kaworu aveva frequentato casa sua, conosceva tutti i suoi parenti, conosceva il parco dove andava a giocare e tutti i suoi giochi. Come una costante, dovunque fosse Shinji c’era anche Kaworu.
Per molto tempo era stato così. Per molto tempo, Kaworu s’era fatto inglobare dalla vita di Shinji, e Shinji non aveva mai sentito il bisogno di entrare a far parte della vita di Kaworu.
Poi, un giorno, semplicemente era successo. Complice un compito di geometria che si annunciava particolarmente complesso e un pomeriggio libero da passare studiando.
“Meglio se ripassiamo in due, no?”, gli aveva proposto, il solito sorriso sfavillante sul volto minuto da dodicenne.
“Non vorrei approfittare…”, aveva detto lui, stringendosi nelle spalle, imbarazzato.
Kaworu s’era limitato a fare un gesto con la mano, come dire “ma va’”.
Quel pomeriggio, per la prima volta, s’era introdotto in casa Nagisa.
Avrebbe dovuto capire allora che c’era qualcosa di strano. Avrebbe dovuto capire allora che quello che lui e Kaworu provavano non era affatto quello che credevano di provare. C’era tutta l’evidenza, c’era tutta l’attrazione, c’era tutto il magnetismo, c’era già allora.
Ma che vuoi capirne a dodici anni?
Quel pomeriggio, per la prima volta, aveva anche visto Rei.
Rei era un anno più grande di suo fratello, gli somigliava in maniera impressionante ma, al contrario di lui, era assolutamente glaciale. Non fossero stati fisicamente così identici, a stento si sarebbe potuto credere che provenissero dallo stesso ambiente familiare, tanto era diverso il loro approccio alla vita.
Se Kaworu era curioso e guardava tutto con interesse, Rei era il disinteresse personificato, il menefreghismo più ostentato, l’incuria più totale. Era sciatta anche nel modo di vestirsi, era sciatta nel parlare con le persone, non gliene fregava niente di niente, era chiaro come il sole. Si illuminava solo quando si trattava di suo fratello.
La prima volta che l’aveva vista, Rei l’aveva trattato come un essere insignificante e insopportabile. Anche se l’aveva salutato – incitata da Kaworu – non l’aveva mai guardato negli occhi, se non per un brevissimo istante, un istante che l’aveva davvero spaventato: da quegli occhi era venuta fuori una tale quantità d’astio e insofferenza da dargli i brividi.
Rei era mortalmente gelosa. Questo perché, a ragione, vedeva in lui la persona che, quando suo fratello sarebbe stato abbastanza grande da capire qualcosa di amore e attrazione, le avrebbe sottratto il suo unico tesoro, il suo unico interesse. Aveva sempre continuato a detestarlo in quel modo. Anche dopo averlo accettato come persona – a dispetto di quanto lui significasse per Kaworu. Anche dopo averlo osservato mettersi con Asuka e diventare dunque innocuo, almeno teoricamente. Sempre, sempre.
“Sei una minaccia”, diceva quello sguardo, “sta’ lontano”.
Quel primo incontro con Rei avrebbe dovuto sconvolgerlo molto di più – e probabilmente impedirgli di diventare suo amico, col tempo – ma la presenza di Kaworu era riuscita a proteggerlo anche da quel turbamento. Kaworu gli aveva sorriso, l’aveva tirato lievemente per una manica e l’aveva portato in camera sua senza dargli il tempo di accorgersi di nulla. E lui s’era lasciato trascinare senza darsi il tempo nemmeno di pensare.
Pensare era qualcosa di cui non aveva bisogno, quando c’era Kaworu a farlo per lui, e così brillantemente.
Avevano passato tutto il pomeriggio in camera, e finalmente Shinji aveva avuto prova dell’esistenza di Kaworu. Se n’era davvero reso conto per la prima volta.
Lui esiste. Esiste anche quando è qui da solo, esiste anche quando non è con me, non è solo una parte della mia vita, ha una sua vita anche per i cavoli suoi.
La playstation accanto al televisore, i manga ordinati nella libreria, i videogiochi impilati sulla scrivania, un libro aperto a metà sul comodino, CD musicali un po’ ovunque nelle vicinanze dello stereo, poster di Final Fantasy attaccati alle pareti, riviste musicali, il contrabbasso in un angolo – da quanto cavolo studiava quello strumento? Non se n’era mai accorto… - un cuscino per terra con sopra un gatto assonnato, la finestra dischiusa per il ricambio d’aria, i libri di scuola, il letto ordinato.
Il mondo di Kaworu. Un mondo che con lui non aveva niente a che fare.
Proprio niente.
La cosa l’aveva rattristato.
“Che c’è?”, gli aveva chiesto Kaworu, premuroso come sempre, avvicinandoglisi per poterlo guardar meglio negli occhi.
“Niente!”, aveva risposto lui, in fretta, agitato.
E Kaworu aveva sorriso.
E lui, oddio, in quel sorriso c’era morto.
“Ti faccio vedere una cosa”, gli aveva detto, e l’aveva condotto più vicino al letto, e l’aveva pregato di sedersi, e poi si era seduto al suo fianco, e quando Shinji aveva cominciato a intuire qualcosa, e quando il suo cuore aveva saltato un battito, scorgendo in lontananza la verità dei suoi sentimenti pur senza riuscire a percepirla con chiarezza, lui semplicemente s’era chinato sul comodino, aveva aperto il cassetto e aveva tirato fuori una fotografia di quando erano ancora due bambini, di quando frequentavano l’asilo. Una festa di carnevale o qualcosa di simile, erano mascherati. Shinji aveva un costume da cowboy che gli stava grandissimo, e sembrava ridicolo. Kaworu invece indossava una specie di frac nero che lo faceva assomigliare a Charlie Chaplin, e rideva, rideva come la più splendida delle consuetudini, stringendo Shinji per le spalle in un abbraccio bellissimo e spontaneo.
Non sapeva neanche che quella foto esistesse.
Aveva sollevato lo sguardo su di lui, aveva visto che era arrossito.
“E’ un po’ imbarazzante”, aveva mormorato Kaworu, guardando altrove, “ma è uno dei ricordi più belli che ho”.
Allora è così. Allora anche in questa stanza c’è un pezzetto di me. Allora c’è un pezzetto di me anche nella tua vita. È così, vero Kaworu?
Sì. Sì, sì, sì.

*

E ti ricordo ancora
Quando scoprirono che mi accarezzavi piano
E mi ricordo che ti tremavano le mani
Ed un maestro antico che non capiva


Asuka era arrivata dopo. Era arrivata col liceo. Ed era stata un fulmine a ciel sereno.
Aveva legato immediatamente con Kaworu. A suo dire, era “l’unico col quale si potesse avere una conversazione di pari livello intellettuale”. Asuka adorava far pesare al mondo la sua smisurata intelligenza.
Perché Asuka era intelligente. Il fatto che fosse scontrosa e che si rendesse insopportabile non era abbastanza per coprire le potenzialità di quel cervello enorme che si ritrovava.
E infatti era stato il suo intuito a suggerirle la verità, quando né lui né Kaworu avevano trovato il coraggio per dirgliela.
Come fosse diventato il ragazzo di Asuka non era mai riuscito a spiegarselo. Immaginava dovesse aver qualcosa a che fare con la sua bellezza mozzafiato, coi suoi ormoni in subbuglio, con l’attrazione che lei, così diversa e forte, esercitava su di lui, così debole e stupido. Ma non avrebbe saputo spiegarlo meglio. Quando l’aveva chiesto a Kaworu, lui aveva semplicemente risposto che era una cosa naturale.
“Intendi che siamo fatti l’uno per l’altra o qualcosa di simile?”, aveva chiesto lui, basito.
Kaworu aveva riso di gusto.
“Non direi.”, aveva risposto, “Solo che, Shinji-kun, noi siamo quattro. Era semplicemente ovvio che avresti scelto Asuka, nel gruppo.”
Dinamiche. Rapporti umani. Mah.
Scelte?
Aveva operato una scelta, lui, con Asuka?
Scegliere di non scegliere niente, scegliere di lasciare che sia un altro a scegliere per te può essere considerata una scelta?
Ho fatto una scelta, Kaworu?
Ho scelto, quando ho lasciato che fossi tu a pensare al mio posto? Ho scelto, quando ho lasciato che fosse Asuka a baciarmi per prima? Ho scelto davvero?

Non riusciva a considerare una scelta la sua passività. Non riusciva a vedere sé stesso in grado di scegliere qualcosa. Perché non l’aveva mai fatto.
Asuka, dando inizio a quella relazione, aveva combinato un disastro, e lui gliel’aveva lasciato fare. E quella volta non c’era Kaworu a proteggerlo. Non c’era Kaworu a proteggerlo dai suoi ormoni in subbuglio, e non c’era Kaworu a proteggerlo dalle labbra, dai seni, dalle gambe, non c’era Kaworu a proteggerlo dall’adolescenza, non avrebbe mai potuto esserci.
Soprattutto impegnato com’era a combattere la sua, di guerra.
Era stato così che Asuka era diventata la sua ragazza fissa. Era stato così che Asuka era diventata la costante dei suoi pomeriggi, e delle sue serate, e dei prive, e delle uscite, e delle bevute, e del letto, e degli anfratti bui a scuola, e delle ricreazioni, e del “fermati un po’, i miei sono ancora a lavoro”, e delle corse a casa in ritardo, e di tutto il resto.
Era stato così che il sempre-Kaworu era stato estirpato dal sempre-Asuka.
…ma forse estirpato non era il termine giusto. Kaworu non era stato estirpato. Non avrebbe mai potuto. Le radici erano piantate così profondamente che sradicarle avrebbe significato strappare via il cuore di Shinji con loro.
Kaworu era stato solo coperto.
Aspettava giusto il momento meno adatto, per rispuntare.
C’era proprio da dirlo: Kaworu era sempre stato perfetto con lui, l’aveva sempre capito benissimo; ma per quanto aveva riguardato la sua dichiarazione d’intenti nei suoi confronti, lì aveva sbagliato tempismo in maniera veramente colossale.
Era successo un pomeriggio non diverso dagli altri, se non per la tensione che s’era accumulata dentro di loro. Stavano studiando, come avevano fatto milioni di altre volte, solo che quella volta stavano studiando per l’esame d’ammissione all’università, e quello era un problema.
Sollevando lo sguardo da un tomo d’inglese, e sbuffando pesantemente, Shinji aveva chiesto a Kaworu perché alla fine non avesse deciso di provare ad entrare al conservatorio.
“E’ uno spreco”, gli aveva detto, “sei così bravo.”
Kaworu aveva scrollato le spalle.
“Ormai sono troppo grande. Il corso di studi al conservatorio è troppo lungo.”
“Sì, però una volta che lo finisci hai il lavoro assicurato.”
Risata.
“E chi te lo dice?”
“Tu sei eccezionale, se vuoi qualcosa sicuramente puoi ottenerlo. Lo sai che è così.”
Kaworu l’aveva guardato per un lunghissimo, indecifrabile e muto momento. L’aveva guardato, e i suoi occhi avevano perso tutta la loro caratteristica leggerezza, tutto il loro candore da curioso osservatore, tutta la loro piacevolezza, e s’erano fatti cupi, riflessivi, confusi e… semplicemente troppo profondi.
“Che c’è?”
“Niente. Solo che non è vero quello che hai detto.”
“Avanti, questo non è proprio il momento di fare il modesto…”
“Non lo sto facendo, infatti.”
Ancora silenzio.
Una folata di vento aveva forzato la finestra socchiusa, scombussolando le pagine del libro di Shinji.
Avrebbe dovuto cogliere l’occasione, utilizzare quella scusa perfetta per distogliere lo sguardo. Ma quegli occhi non l’avevano lasciato andare. O forse era stato lui incapace di sottrarsi.
“Cosa credi che stia pensando, Shinji?”, gli aveva chiesto Kaworu, atono, avvicinandosi a lui.
“…non lo so.”, aveva risposto lui dopo una lieve esitazione, “Non capisco dove vuole andare a parare questo discorso.”
Kaworu si era avvicinato ancora. Stavolta, fin troppo pericolosamente.
“Sicuro?”
Lui aveva deglutito.
E senza capire…
S’era tirato un po’ indietro.
Poi gli era tornato vicino.
E s’era ritirato ancora.
Kaworu l’aveva afferrato per una spalla, riportandolo nella posizione iniziale, con un lieve sospiro esasperato.
“Non posso avere tutto quello che voglio. E tu lo sai, perché voglio te e non riesco ad averti.”
Avrebbe dovuto essere qualcosa come sconvolto, o confuso, o adirato, magari. Ne aveva tutti i diritti.
Imbarazzato, era arrossito ed aveva distolto lo sguardo.
“Kaworu…”
“Non devi dire niente. Non mi aspetto che tu mi dica niente. Non mi sono mai aspettato che tu mi dicessi qualcosa.”
Aveva risollevato lo sguardo, ferito.
“Cosa intendi dire con questo?”
Kaworu aveva sbuffato, lasciandolo andare.
“Niente.”
“Col cavolo!”
“Non so come spiegarlo. Non è che il tuo essere così come sei mi infastidisca, solo che è difficile…”
“Aspetta! Che vuol dire ‘il mio essere come sono’?!”
“Così come sei. Shinji, tu… non hai mai soluzioni per niente, ti fai trascinare dalla corrente, non decidi mai autonomamente, insomma, Cristo, dico, stai con Asuka da qualcosa come quattro anni e non hai ancora capito perché! Hai diciott’anni!”
Confuso, s’era alzato in piedi ed era indietreggiato di qualche passo.
“Kaworu, vaffanculo! Ma che cazzo di discorsi mi stai facendo, cosa cazzo mi vuoi dire?! Spiegati!”
E Kaworu si era spiegato. Nell’unico modo chiaro e inequivocabile cui fosse riuscito a pensare.
Quando le loro labbra si erano separate, Shinji si era sentito come se gli stessero strappando lo stomaco dalla bocca.
Aveva spalancato gli occhi. S’era irrigidito.
Kaworu l’aveva guardato fisso per qualche secondo, stupito dal suo stesso comportamento. S’era messo una mano fra i capelli.
“Scusa. Non so che mi è saltato in mente. Non volevo.”, aveva detto, confusamente, guardando per terra. Poi era tornato a guardarlo negli occhi. Lui era ancora troppo sconvolto per muoversi, o parlare, o anche solo pensare.
Kaworu aveva sospirato e s’era allontanato di qualche passo, senza mai dargli le spalle, come volesse tenerlo d’occhio.
Lui s’era morso un labbro. Aveva vagato per qualche secondo nel limbo confuso della sua testa, aveva stretto i pugni, aveva combattuto contro le sue gambe e, alla fine, s’era slanciato in avanti. Gli era letteralmente caduto fra le braccia.
E poi, insieme, erano caduti sul letto.
*

E ti ricordo ancora
Dimmi che non è cambiato niente da allora
Chissà se parli ancora agli animali
Se ti commuovi davanti a un film


Sospirò pesantemente, mandando giù l’ultimo sorso di birra e posando poi il boccale sul tavolo.
- Pensi che dovremmo parlarne? – chiese a bassa voce, incapace di guardarlo.
Lo sentì ridere lievemente.
- Per dire cosa?
Sorrise anche lui.
- Non lo so. Solo che se ci ripenso mi sembra sia stato tutto assolutamente insensato.
- Dici?
- Sì. Insomma, avrei potuto continuare a stare con Asuka, lei non avrebbe piantato il casino che ha piantato quando l’ha scoperto, mio padre non mi avrebbe mandato a New York, io adesso probabilmente sarei laureato alla Todai, e io e Asuka ci saremmo sposati, e forse avremmo anche dei figli e saremmo ancora tutti amici come prima.
Kaworu sospirò.
Guardava un punto imprecisato del muro di fronte a lui, ma i suoi occhi sembravano puntati oltre, da qualche parte nell’universo, o da qualche parte nella sua mente.
- Ne dubito. – disse seccamente, - E non mi pento di averlo fatto. Se non l’avessi fatto sarei morto di frustrazione.
Shinji abbassò lo sguardo.
- E anche tu.
- …io non ci avevo mai pensato, a una cosa simile!!!
Kaworu rise.
- Cazzate!
- Be’, di sicuro non mi ero spinto tanto in là, anche pensandoci.
- E smettila di mentire… - disse dolcemente, tornando a fissare lo sguardo su di lui, - Ormai sono quasi vent’anni. Puoi anche ammetterlo che ti piacevo.
Perché, secondo te non mi piaci più?
Lo guardò e sorrise, stringendosi nelle spalle.
- Forse un po’.
Kaworu rise di gusto, e rise anche lui, godendo dell’aria tiepida e nostalgica che sembrava avvolgerli di nuovo, nonostante il tempo e le parole di troppo.
- Scusa, adesso farò una cosa volgarissima, che sicuramente ti metterà in imbarazzo e ti farà cadere le braccia, per non dire altro. Tu non farci caso, mh?
Senza capire, rimase a guardarlo infilare una mano nella tasca dei jeans, tirare fuori il portafogli, contare i soldi e poi annuire soddisfatto.
Quando Kaworu risollevò lo sguardo, Shinji rideva a crepapelle.
- Dimmi che non hai contato i soldi per il prive, ti prego!
- …mi aspettavo tutt’altro tipo di reazione. Qualcosa sullo stile di “Kaworu! Sei uno svergognato! Come puoi chiedermi una cosa simile?!” e cose del genere…
Shinji scrollò le spalle, dissimulando il disagio.
- Sono cambiate tante cose.
L’altro sorrise malizioso, appoggiando un gomito al tavolo.
- Davvero?
Shinji annuì, alzandosi in piedi.
- Vai via? – gli chiese, con un tremito nella voce.
- Mmmhno. Sbrigati, dai, sono già le due.
Nonostante le luci blu, nonostante le pareti scure, nonostante la confusione nel suo cervello, Shinji poté giurare di aver visto Kaworu arrossire.
Pochi minuti dopo, oltre la porta del prive, sullo stesso divano sul quale secoli prima Shinji aveva perso la verginità con Asuka, senza neanche togliersi i vestiti per la fretta, e l’ansia, e la smania, e il desiderio, fecero l’amore.
E nonostante Kaworu fosse lì, in carne e ossa, tangibile come quasi mai prima, reale, e perso, gli occhi serrati, le labbra dischiuse, la pelle sudata, i capelli arruffati, Shinji sentì chiaramente che non stava facendo l’amore con una persona vera. Non stava facendo l’amore con Kaworu perché era Kaworu, non stava facendo l’amore con Kaworu perché era bello, perché gli piaceva, perché adorava la sua voce quando ansimava e gemeva, o perché impazziva per il movimento ritmico del suo corpo, o per il contatto con la sua pelle; stava facendo l’amore con lui perché Kaworu era un fantasma, Kaworu era uno scrigno pieno zeppo di ricordi, Kaworu era la sua vita in quella città, Kaworu era tutto ciò che gli rimaneva di Tokyo, della sua adolescenza e dei suoi primi amori.
Era tutto ciò che sapeva, e che gli interessava sapere. Tutto ciò che ricordava. E che gli piaceva ricordare.
Genere: Romantico/Comico
Pairing: Asuka/Shinji
Personaggi: Un po' tutti
Rating: PG
AVVISI: AU, OOC.
- Shinji è il figlio del re di una città. Asuka e Rei, amiche d'infanzia, sono due ragazze molto povere, costrette a rubare per vivere. Durante un furto, Shinji ed Asuka si conoscono e si innamorano. Ma non ci sarà vita facile per i due, che dovranno lottare per i propri sentimenti.
Commento dell'autrice: Questa qui mi piace tanto tantoooooo!!! Tanto per cominciare mi piace la storiella ^_^ E poi mi piacciono gli intrecci dei personaggi, più che della storia regolare adoro quelli delle side stories!!! Per esempio, il momento in cui Asuka parla di Kaworu secondo me è molto toccante. Ed il momento in cui Misato racconta di Gendo e Yui lo è altrettanto (anche se in quel periodo, me ne rendo conto, non avevo capito proprio un cazzo del rapporto fra Gendo e Yui). A parte questo, solita storia, Reichan è OOC ^_^
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One love


Possono due esseri umani completamente diversi, mai conosciuti prima, incontrarsi e arrivare a sconvolgere le loro vite per amore? L’amore può arrivare a cambiare tanto la gente? Un amore vale tutte le ricchezze che un uomo solo possa possedere? Questa è la storia di un uomo che non ha esitato a perdere tutto per l’amore della sua vita. È la storia di una donna che si è messa in discussione, ed ha cambiato il suo modo di pensare, per l’amore della sua vita. È la storia di un amore. È tutto ed è niente. È una poesia. Un inno. Ed un buona fortuna con tutto il cuore a tutti gli innamorati del mondo. Ed io mi chiamo Yui Ikari, e sono morta. Bè, si, può sembrare strano che voi ora mi stiate ascoltando così, ma io sono davvero morta. Però ho deciso di rimanere sulla terra ancora un po’. Giusto il tempo che mi ci vorrà per vedere mio figlio felice. E quello che mi ci vorrà per raccontare a voi come questa felicità è stata raggiunta.
*

Quella mattina, Shinji Ikari si svegliò presto. Saranno state le sei. Non era sua abitudine svegliarsi così presto, ma quella mattina un senso di inquietudine che si portava dalla sera precedente gli aveva impedito di abbandonarsi completamente al mondo dei sogni. Quella era la giornata della passeggiata in paese. Che noia! Dannazione, quella passeggiata era la cosa più noiosa che si potesse fare. Non accadeva mai niente di diverso. Lui usciva, entrava nella prigione di tela che il suo meschino padre si ostinava a chiamare portantina e rimaneva lì, per tutto il tempo del giro, tra quattro teli di lana spessi come muri che sembravano tappeti persiani. Tutto appiccicaticcio di sudore ed annoiato come non mai. Ma quella mattina era diverso. Sembrava che sarebbe successo qualcosa. Shinji se lo sentiva nel cuore.
- Signorino Ikari! Forza sveglia!
Misato Katsuragi. La sua cameriera personale. Una donna simpatica. Effettivamente gli unici con cui Shinji potesse parlare davvero erano tre membri della servitù ed i suoi due migliori amici. Oltre a Misato c’erano Ritsuko Akagi, la scienziata di corte, Kozo Fuyutsuki, il consigliere di suo “padre”, che malgrado stesse sempre con lui era un uomo fantastico, quasi mai d’accordo con lui, ma silenzioso e abbastanza introverso. I suoi due migliori amici erano Kensuke Aida e Toji Suzuhara, figli di due ricchi proprietari terrieri. Questo l’unico motivo per cui Gendo Ikari, suo “padre”, quell’essere odioso, gli permetteva di frequentarli. Ma lui voleva loro bene dal profondo del cuore.
- Signorino Ikari! Allora, si è svegliato?
- Si, si Katsuragi! Puoi entrare...
La porta si aprì ed apparve una bellissima donna dai lunghi capelli scuri e gli occhi castani, rinchiusa in un succinto vestito nero da cameriera.
-Bene! Le ho portato la colazione!
- Grazie...
Disse Shinji, che nel frattempo si era messo seduto.
- Perché quella faccia scura? Oggi è il giorno della passeggiata!
- Si, mi portano a fare la passeggiata come i cagnolini... è uno strazio quella assurda passeggiata!
Misato assunse un’espressione quasi offesa, e portò le mani ai fianchi.
- Io non la capisco. Dovrebbe essere contento di uscire un po’, visto che gli altri giorni rimane sempre confinato in questo castello soffocante...
- Scusa...
- Non si scusi sempre, non ha niente di cui scusarsi... certo è che il suo signor padre potrebbe anche lasciarle più libertà...
- Non cominciare a riscaldarti Katsuragi... piuttosto, portami la colazione, che se non mi faccio trovare pronto fra mezz’ora chi lo sente quello...
- Mh! Ha ragione...
*

GROOOOOOOWL!
Dannazione! Asuka aveva provato ad addormentarsi fino a quel momento, ma la fame era troppo forte per riuscire a dormire. Provò a rigirarsi ancora un po’ e raggiunse la conclusione che doveva alzarsi da quel letto se voleva almeno dimenticare la fame. Dannazione, non mangiava da quasi tre giorni... andare a chiedere aiuto ad Hikari? Di nuovo? Oh, no... e se il suo capo la avesse scoperta mentre le dava cibo gratis? L’avrebbe licenziata sicuramente. No, Asuka non poteva farle questo. Hikari era la sua migliore amica! Dopo Rei ovviamente. Solo che almeno Asuka aveva una casa di proprietà in cui abitare, mentre Rei era già stata sfrattata tre volte, perché non sempre riusciva a pagare l’affitto. Asuka si alzò, ed in un primo momento non capì su cosa aveva messo i piedi. Sicuramente qualcosa di vivo, perché si mosse, con l’effetto di fare volare Asuka dall’altro lato della stanza, per la grande scivolata. Due ragazze urlarono in assoluta sincronia.
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!!!
Poi Asuka si accorse di chi si era messo a dormire ai piedi del suo letto.
- Rei! Ma che diavolo ci fai qui? E poi ti pare il modo? Attentare alla mia vita già di primo mattino...
- Ciao Asuka! Grazie per la bella accoglienza, comunque...
- Ah... scusa... sono un po’ nervosa...
- Dì, da quant’è che non mangi?
- Dio... con oggi sono tre giorni...
- Siamo nelle stesse condizioni, Ax...
- Non mi chiamare così! Ti ricordi ancora quel soprannome?
- Certo! Ti chiamavo sempre così quando eravamo piccole... Ax...
- Già, perché non sapevi dire la s...
La ragazze si lasciarono andare ad una risata liberatoria, però si fermarono presto. Non erano nelle condizioni di potere ridere di gusto.
- Allora, Rei... ci andiamo a procurare la colazione?
- Frutta, ti prego!
- Per me va bene qualunque cosa... muoio di fame...
In pochi minuti le ragazze si trovavano nella piazza del mercato. Asuka passò davanti al fruttivendolo fingendo disinteresse per i vari articoli, ma nella sua testa sbavava. Si portò proprio dietro di lui, in modo che non potesse vederla. Nel frattempo Rei si avvicinò alle mele e cominciò ad urlare.
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! Oh mio Dio!
- Che c’è signorina?
Il fruttivendolo sembrava preoccupato.
- Oh, santo cielo! Ho visto un verme uscire da qui!
- Che cosa?
L’uomo era a dir poco sconvolto.
- Non è possibile, tra le mie mele!
E si mise a cercare tra la frutta il famoso verme che in realtà era tutta un’invenzione di Rei, che nel frattempo faceva gesti ad Asuka invogliandola a prendere un po’ di frutta. Due arance ed un sacchetto di fragole.
- Oh, ma qui non c’è niente!
Disse l’uomo, ma quando alzò il capo Rei era già sparita.
*

- Bene! Allora buona passeggiata, signorino Ikari!
- A più tardi Katsuragi.
Shinji era pronto a tutto. Infilò la testa nella cabina di tessuto e si mise comodo. Faceva un caldo impressionante. Ma non gli importava. Sperava solo che quella passeggiata finisse presto, di modo da poter tornare a palazzo, dove almeno c’era fresco.
- Sente scossoni, signorino Ikari?
- No, non ti preoccupare, è tutto a posto. Vai un po’ più veloce, per favore.
- Si, signorino. Avete sentito scansafatiche? Più veloce! A passo spedito!
Così sarebbe finita prima, almeno. Per un eccesso di curiosità che assolutamente non era da lui, Shinji socchiuse le tende e guardò fuori. La piazza. C’era il mercato, quel giorno. Il ragazzo guardò quelle persone. Si, forse erano povere, ma sembravano così felici di stare al mondo... lui invece questa felicità non riusciva a provarla. Si era sempre sentito in trappola e fuori posto al palazzo. Richiuse le tende, in modo da non pensarci.
*

- Ehi! Rei, hai visto chi c’è?
- Eccome, la portantina reale che passa per la piazza... non è difficile da notare...
- Chissà quanti soldi può contenere...
Le due ragazze si guardarono un attimo negli occhi, capendo esattamente cosa pensavano entrambe. Rei avvertì Asuka.
- E’ molto pericoloso, Asuka...
- Lo so... ma noi siamo disperate... anche solo un quarto di quei soldi ci farebbero comodo...
- Hai ragione...
Un minuto di silenzio. Poi di nuovo Asuka.
- Allora, questo è il piano: tu vai lì ed allontani tutti gli uomini da quella portantina, io entro dentro e prendo i soldi.
- Scusa, mi spieghi come dovrei fare?
- Non lo so, cara mia, problemi tuoi! Balla nuda, se non trovi altro...
- Ma che bell’amica...
- Hehehe...
*

- Ciao ragazzi...
Rei stava esattamente davanti ai quattro portatori della miniera di denaro, e si era messa nella posizione più sexy che poteva immaginare per strada su due piedi.
- Allora, vi state annoiando?
- Noi... noi stiamo portando il principe con noi.
Rispose coraggiosamente uno di loro. Al che Rei si avvicinò proprio a lui, e prendendolo per il colletto esclamò.
- Suvvia, non si arrabbierà mica se lo lasciate qui solo soletto per dieci minuti... potremmo fare qualcosina a cinque...
L’imbarazzo di Rei era già alle stelle, ma la ragazza sapeva di doversi controllare, per il bene suo e di Asuka. Avrebbero potuto mangiare decentemente senza rubare per almeno un paio di mesi...
- Bè, ma se non vi va...
Si girò e stava per andarsene, quando al suo orecchio giunse un’altra voce.
- A-Aspetta!
Rei si voltò lentamente. Inquadrò il soggetto. Doveva essere il capo-portantina, perché era quello vestito in maniera più pomposa. Da voltastomaco. Quello parlò ancora.
- Jack, avverti il principe che ci fermiamo per una decina di minuti.
Sul viso di Rei apparve un sorrisetto soddisfatto.
- Bene... allora avverti il principino ed andiamo... quel vicolo andrà bene...
*

- Signorino Ikari, mi scusi, ma per cause di forza maggiore siamo costretti a fermarci per una decina di minuti. Pensa di potere aspettare?
Shinji era assolutamente poco convinto delle parole dell’uomo, ma in fondo perché avrebbe dovuto proibirgli di fermarsi? A lui non faceva alcuna differenza, e dalle parole dell’uomo sembrava dovesse essere qualcosa di importante. Suo padre forse lo avrebbe frustato e gli avrebbe detto di ripartire a gambe levate. Ma lui voleva essere diverso da suo padre.
- Va bene. Fate quello che dovete fare e poi ripartiremo.
- Oh, grazie signorino Ikari!
Dopodiché l’uomo scomparve lasciando di nuovo Shinji solo con i suoi pensieri. Il presentimento che Shinji aveva dalla mattina era sempre più forte. Era convinto che sarebbe successo qualcosa. Bè, meglio se fosse stato solo, invece che circondato da guardie del corpo. Se qualcosa doveva succedere voleva godersela appieno.
*

- Sono un vero genio!
Asuka guardava dall’alto di un palazzo la portantina, ormai posata per terra, completamente abbandonata da tutti.
- Adesso io salterò, e se i miei calcoli sono giusti... cadrò proprio nel centro della portantina! Hahaha! Non sarebbe venuto in mente a nessuno!
Asuka saltò dal tetto, perfettamente inconsapevole che avrebbe potuto essere un suicidio, la sua brillante idea. A metà percorso, quando non si poteva tornare più indietro si accorse che forse, il salto era esagerato. Un minuto prima di cadere proprio al centro delle tende (almeno i calcoli erano giusti...^_____^), ciò che prima era un forse, divenne una certezza. Ed Asuka cominciò ad urlare dalla paura.
- DANNAZIONEEEEEEEEEEEEEEEEE!
Dopo più niente. Soltanto un tonfo. Fortunatamente i vari tendaggi ammortizzarono la caduta.
- Ahia... che male...
Disse Asuka massaggiandosi la schiena.
- Sono stata un’idiota... ma non potevo entrare lateralmente come tutte le persone normali?
Asuka credeva di essere sola. Ma quando abbassò lo sguardo si accorse con molta sorpresa ed anche molto imbarazzo di essere esattamente a cavalcioni di un uomo. La sua prima reazione fu quella di alzarsi da lì ed andarsi a sedere in un angolo della minuscola stanzetta, in una posizione molto... come dire... scomoda. Il ragazzo si mise seduto anche lui e poi, involontariamente, lasciò cadere lo sguardo tra le gambe divaricate in maniera scomposta della ragazza, lasciando lo sguardo in quella posizione. La reazione di Asuka quando se ne accorse fu immediata: chiudere le gambe e lanciare un potente ceffone a Shinji, che, completamente disorientato, alzò subito lo sguardo.
- Dannazione a Rei, devo ringraziarla per questo scherzetto...
Bisbigliò alzandosi. Shinji la sentì per caso. Si alzò anche lui.
- Sei venuta qui per rubare?
- Ehi, bello! Hai idea di cosa sia il mondo là fuori? O forse sei troppo circondato dalle tende per vederlo.
Shinji si rattristò un poco per le sue parole.
- Certo che sono venuta per rubare, cosa credevi? Che fossi venuta a farti una visita di cortesia?
Asuka mosse qualche passo, sebbene una caviglia le facesse male, ed aprì un po’ le tende separandole di pochi centimetri. Lei guardò fuori ed anche Shinji lo fece.
- I tre quarti di quelle persone non hanno nemmeno il cibo da dare ai loro figli.
Asuka si lasciò sfuggire un tremolio nella voce.
- Io faccio parte dei tre quarti che non riescono a mangiare. Solo che io pur di mangiare rubo. All’inizio dici a te stesso “No, non ruberò mai, è umiliante e non è corretto”, ma dopo tre giorni di digiuno assoluto tutte le convinzioni crollano, e per mangiare anche un poco di pane secco si è disposti a fare di tutto. Anche andare contro i propri principi.
Poi fu Shinji a parlare.
- Chi è Rei?
Asuka rispose immediatamente.
- Il motivo per cui i tuoi soldati se ne sono andati così velocemente.
Shinji arrossì.
- Non è che lei ha offerto loro di...
- Certo, sennò come avrebbe fatto ad attirarli?
- Quindi adesso staranno facendo sesso con lei...
- Ma stai scherzando? Rei è la donna più furba della galassia, dopo di me ovviamente. Probabilmente li avrà incatenati da qualche parte e se la starà ridendo alla grande.
Asuka sentì un tocco sulla spalla e si voltò. C’era Shinji con una gigantesca busta in mano, contenente soldi. Qualche milione,calcolò lei. Per un attimo fu tentata di prenderli, ma poi agì in maniera che Shinji non si sarebbe mai aspettata. Diede uno schiaffo alla mano del ragazzo, facendo volare la busta molto lontano. Per quanto potesse, viste le ridotte dimensioni della portantina.
- Io non accetterò mai soldi per carità da qualcun altro.
Shinji vide la pura rabbia e la decisione nei suoi occhi. Si intimorì. Asuka si voltò e fece per andarsene, quando la caviglia la abbandonò del tutto. Sarebbe caduta se Shinji non fosse stato veloce e non l’avesse presa al volo. Stettero così. Immobili. Come se attorno a loro il mondo avesse cessato di esistere. Lei persa nel suo abbraccio, lui perso nei suoi occhi. Poi Asuka distolse lo sguardo.
- Lasciami andare...
Disse, con una tristezza ed una malinconia che a Shinji ricordarono molto sua madre. Lui eseguì subito e lei uscì dalla portantina. Shinji era ormai convinto che lei fosse uscita dalla sua vita. Si mise seduto e ripensò a quegli occhi. Azzurri. Bellissimi. Quella donna non era una ladra. Aveva dimostrato di avere orgoglio. Shinji non pensava che tra il popolo il malcontento fosse tale. Si addormentò, con la testa piena di pensieri. Nemmeno si accorse quando, tre ore più tardi, i suoi uomini tornarono a prenderlo e lo riportarono al castello.
*

- Ah! Asuka, sei tu! Rei è già arrivata, ci stavamo preoccupando...
- Ciao Hikari... come va?
- Dovrei chiederlo io a te. Hai fame?
- Non posso approfittare...
- Oh, non ti preoccupare, il proprietario oggi non c’è. È in villeggiatura con la sua famiglia. Ormai siamo in estate. Forza, vai sul retro, c’è già Rei che ti aspetta. Fra poco vi porterò da mangiare...
Asuka fece per andare sul retro.
- Ah, un’altra cosa...
Asuka si girò di scatto.
- Si?
- Sorridi! La vita è bella!
- Mi scuserai, Hikari, se non condivido la tua prospettiva...
Hikari fece un’espressione triste ed osservò Asuka andare nella stanza dietro il bancone, senza più dire niente. Doveva esserle successo qualcosa di spiacevole per essere in quelle condizioni, adesso. Per quanto Hikari si ricordasse Asuka era stata sempre una ragazza piena di vita, nonostante le circostanze le fossero sempre state avverse. Alla ragazza tornò in mente il debole sorriso triste di Asuka mentre le diceva di non condividere le sue opinioni. Un sorriso da brividi, pensò. Quella non sembrava più nemmeno lei.
*

- AH! Mi stavo preoccupando! Ma dove diavolo eri finita? Hai preso i soldi?
- Rei, la finisci di tempestarmi di domande? Ti risponderò solo dopo averti ucciso ed appeso davanti al ristorante per punizione.
- Ehi, Asuka, ce l’hai con me?
- Non si vede? Mi hai fatto proprio un bello scherzetto, cara mia... che bella idea, lasciarmi il principe nella portantina... non ho potuto prendere niente, ci siamo messi a litigare. Cioè, più che altro io litigavo da sola... questo ragazzo è completamente senza personalità.
- Tu lo conosci già? Anche solo avendoci parlato per pochi minuti? Non è da te, Ax...
- Ti ho già detto di non chiamarmi più in quel modo, oppure dovrò ricominciare a chiamarti Rex...
- NOOOOOOOOO!
- Ragazze, non litigate...
- Oh! Hikari! Finalmente ci hai portato qualcosa da mangiare!
- Si Rei... ecco qua...
- Do-mo arigato Hikarichan! (significa grazie in jappo... per chi non lo sapesse...^_^)
- Di niente, Rei...
Hikari sorrise e poi rivolse il suo sguardo nuovamente ad Asuka. Mangiava sommessamente in silenzio, e non parlava quasi. Assolutamente non era da lei. Sottovoce si rivolse a Rei.
- Rei, cos’ha Asuka?
Rei parlò ad alta voce, come se volesse sfottere Asuka.
- Mah, non saprei... forse si è presa una cotta per il bel principino, no?
Asuka distolse immediatamente l’attenzione dai suoi pensieri e si rivolse a Rei.
- Ma che stai dicendo, sei forse cretina?
A questa esagerata reazione di Asuka seguì un sorrisetto divertito sul volto di Hikari.
- E che hai tu da sorridere? Sei forse d’accordo con lei?
Hikari scoppiò letteralmente a ridere, osservando il comportamento di Asuka. Non solo aveva preso una scopa dall’armadio-ripostiglio che aveva alle spalle, ma adesso stava inseguendo Rei attorno al tavolo, con lei che le chiedeva di smetterla per favore, prima di ucciderla. Questa era una scena del calibro di Asuka. Il muso lungo non le si addiceva proprio.
*

- Forza, fatemi scendere.
Shinji era appena arrivato davanti al palazzo. Ma quanto aveva dormito? Almeno cinque ore. Ma d’altronde era comprensibile, non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Dopo essere sceso dalla portantina, ed essere stato lasciato in pace dai suoi uomini che lo avevano assillato con mille scuse per l’accaduto, entrò nel grande palazzo che visto da fuori, illuminato, sembrava un grande palazzo d’oro. Era soltanto fredda pietra, e fredde erano le persone che vi abitavano. Nessuno che si interessasse delle condizioni del popolo, nessuno. Suo padre non gli aveva mai detto come stessero. Shinji non pensava di poter provare una tale angoscia. E non era solo per il popolo. Anche perché doveva essere costretto a vedere donne come “lei” rubare. Lei... quella ragazza... non sapeva nemmeno il suo nome. Ma non sopportava l’idea che pur di mangiare dovesse rubare. Doveva essere proprio in pessime condizioni. All’ingresso trovò Misato ad attenderlo. La donna gli corse incontro e lo abbracciò con fare materno.
- Signorino Ikari! Come sta? Perché ci avete messo così tanto a ritornare?
- Sto bene, Katsuragi, non ti preoccupare. Però sono molto stanco, e...
- No! Non si libererà di me così facilmente. Mi racconti cosa è successo. Ha una faccia talmente triste...
- Io...
Shinji sentì di poter parlare con lei.
- Io credo... io ho visto le condizioni in cui è costretto il popolo.
L’espressione di Misato cambiò decisamente.
- Mi dispiace che abbia dovuto venirlo a sapere così.
- Quanto credevate di dirmi che il mio popolo muore di fame?
L’espressione di Shinji, era cambiata anch’essa. Semplicemente furiosa.
- E’... è che suo padre credeva di avere tutto sotto controllo, e...
- Non ci sono scusanti. Voglio andare a letto.
- Non è solo questo che la turba, non è così?
Ma come diavolo aveva fatto a capirlo? Shinji decise di essere sincero fino all’ultimo. Voleva, doveva sputare tutta la sua rabbia fuori. Anche se non avrebbe urlato. Non doveva. Poteva benissimo sfogarsi senza fare casino.
- Oggi una ragazza mi è letteralmente piovuta in testa dal cielo. Mi ha fatto aprire gli occhi. Mi ha mostrato come è costretta a vivere, assieme alla sua amica. A rubare. Per cui io sono incazzato con mio padre per avere costretto il suo popolo a rubare per la fame, ma soprattutto ce l’ho con lui perché ha costretto lei a macchiare il suo onore ed i suoi principi. Perché l’ha costretta a vivere di stenti, probabilmente fin da quando era piccola. Io non so cosa mi sia successo, ma quando l’ho guardata negli occhi per pochi secondi, io non ho avuto bisogno d’altro. Mi sono sentito così appagato. Ed è solo per colpa sua che lei soffre. A cosa serve sperperare il denaro dello stato se poi la gente muore di fame? E dannazione, non so nemmeno come si chiama...
Così dicendo si voltò e poi si avviò nella sua stanza, lasciando Misato con la morte nel cuore, per la tristezza di vederlo in quello stato.
*

Erano già le sette. Diavolo. Era passato solo un giorno da quando era finita nella portantina del principe Shinji. Ma perché si sentiva in quella maniera? Le mancavano tanto le sue braccia. Bè, forse era un pensiero stupido, ma lei si sentiva in questa maniera. Effettivamente le mancava anche il resto di lui. Quello sguardo tenero, da cuccioletto ignaro di ciò che succede al mondo. Si però quando l’aveva abbracciata per non farla cadere il suo sguardo era cambiato. Le era sembrato più maturo con quegli occhi. Asuka pensò che forse si era innamorata di quello sguardo. Si stranizzò un po’ al pensiero. Lei innamorata? Ma no... impossibile. Poi le apparve di nuovo la faccia di Shinji ed involontariamente sorrise nel buio a quel pensiero. Il caldo tepore che aveva raggiunto tra le coperte si distrusse in pochi secondi quando Rei entrò nella stanza e spalancò le finestre.
- E’ un nuovo giorno Asuka! Sorgi in piedi!
- Rei...
Asuka si voltò dall’altro lato.
- Chi ti aspettavi che fossi, il tuo principino, forse?
- Rei, non fare umorismo...
- Avanti, alzati! Dobbiamo o no andare a mangiare?
- Mh...
- Non hai fame?
- Si, si, mi sto alzando...
Asuka si alzò malvolentieri.
- Bene! Finalmente sei in piedi! Cosa mangiamo stamattina?
- Senti Rei, oggi non mi va di rubare. Andiamo da Hikari?
- Ma non abbiamo nemmeno un soldo per pagare!
- Lo so Rei! Le chiederemo un favore. Ed ora non parliamone più.
- Asuka... perché fai così? Non ti riconosco quasi più...
- Scusa Rei... sono... solo un po’ nervosa. E adesso usciamo, ok? Non mi va più di stare chiusa qua dentro.
- Va bene, Asuka.
Le due ragazze uscirono così di casa. Ma una domanda girava nella mente di Rei come in una telecamera a circuito chiuso: cosa diavolo aveva Asuka per comportarsi così?
*

Shinji si era già svegliato e si era preparato. Non gli andava di stare a letto.
- Signorino Ikari!!! Forza, sveglia!
- Sono già sveglio, Katsuragi...
- Bene!
La donna entrò nella stanza.
- Allora, le ho portato la colazione!
Shinji osservò che era veramente felice. Un grande sorriso che andava da un orecchio all’altro. Si stranizzò. Insomma, era sempre stata una donna allegra, ma oggi era diversa. Come se si sentisse... soddisfatta. Shinji sorrise nel vederla così.
- Katsuragi, come mai quel sorrisone?
- Perché?
La donna fece un sorriso malizioso.
- Perché le ho preparato una sorpresa!
Shinji si preoccupò, sia per l’espressione della donna che per la “sorpresa”.
- S-Sorpresa, Katsuragi?
- Si signorino Ikari! Forza adesso, finisca di mangiare e si vesta.
- Vestirmi? Insomma, si può sapere che sorpresa mi hai preparato?
- Bè... oh, va bene, glielo posso dire. Oggi un’altra passeggiata!
- CHE COOOOOOOOOOOOSA???
Shinji si alzò in piedi dalla rabbia e la sorpresa.
- Ma sei impazzita Katsuragi? Io odio andare a fare le passeggiate in portantina!
- Oh, ma questa non sarà una semplice passeggiata.
Rispose la donna per nulla intimorita dallo scatto di rabbia del ragazzo.
- Lei scenderà esattamente nel punto in cui la ragazza di ieri le è caduta addosso, la rintraccerà e le dirà che è innamorato di lei...
- Ma che stai dicendo, Katsuragi? Io non sono...
- Oh, non venga a raccontare balle a me, signorino Ikari. Io le cambiavo i pannolini, lo sa? La capisco con uno sguardo. E so che è innamorato di quella ragazza.
- E che cosa, di grazia, te lo ha fatto capire?
- Il suo scatto di rabbia ieri contro suo padre e quando ha detto che guardandola negli occhi non aveva bisogno d’altro.
- L’amore è un sentimento complicato, Katsuragi, non puoi capirlo in due frasi...
- Oh, ma la smetta! Capire se si è innamorati è molto più semplice di quanto crede. E mi ascolti, lei adesso è più che innamorato.
Shinji non osò controbattere. Accidenti, quella donna era così dannatamente sicura di se... Perciò finì presto la colazione e si vestì. Nel frattempo, riflettendo, si sentì immensamente felice. Probabilmente adesso avrebbe rincontrato quella ragazza dal viso d’angelo. Avrebbe potuto guardarla ancora in quegli occhi così blu ed avrebbe saputo il suo nome... si sentì improvvisamente emozionato a quel pensiero. Forse avrebbe potuto costruire con lei qualcosa di serio e stabile. Magari sarebbe andato tutto così bene da sembrare una favola. Mentre Shinji fantasticava, la portantina era già partita verso la piazza. In poco tempo era arrivata. E Shinji aveva di nuovo aperto le tende verso quel mondo per lui sconosciuto.
*

- Asuka! Asuka guarda là!
- Oh mio Dio...
La portantina del principe era di nuovo in piazza. Fatto particolarmente strano, in quanto il principe faceva la sua passeggiata in portantina solo una volta a settimana. Rei pensò che forse era venuto per fare arrestare Asuka per il tentato furto del giorno prima. Si spaventò. Ma poi notò che dal trabiccolo era sceso un ragazzo, e poi la portantina era andata via. Si voltò verso Asuka. La trovò impietrita a fissare da quella parte.
- Asuka, forse è meglio andare via...
- Si Rei... se ci chiama facciamo finta di non conoscerlo, ok?
- Si.
Improvvisamente, una voce dietro di loro le fece sussultare.
- RAGAZZA! RAGAZZA! HEI TU, FERMATI!
A sentirsi chiamare in questa maniera Asuka non resistette e si voltò. Piantò un indice nel petto di Shinji, che nel frattempo l’aveva raggiunta e gli urlò contro.
- Senti tu! Ragazza ci chiamerai tua sorella! Io ho un nome, ok? Mi chiamo Asuka!
- Bene, così adesso so come ti chiami.
Asuka sentì aumentare vertiginosamente il calore delle sue guance. Dannazione, era arrossita! Shinji aveva sfoderato un tranquillo sorriso disarmante, e adesso c’era un silenzio di tomba fra i tre. Silenzio che fu rotto da Rei.
- Ehm... Asuka... io ti aspetto da Hikari, quando hai finito...
- No, aspetta Rei! Dove vai?
Ma Asuka non ricevette risposta alcuna, in quanto Rei era già sparita dietro un vicolo. La ragazza si voltò di nuovo verso Shinji.
- E allora? Che vuoi?
- Potresti essere meno scortese, Asuka?
- No.
La ragazza si girò e fece per andarsene. Entrò in un vicolo anche lei, ma Shinji la seguì. Adesso si che era perduta. In un vicolo da sola con quello. Però stranamente non si sentiva preoccupata per la sua incolumità. Più che altro era inquieta... ansiosa, si. Quello che successe dopo accade in una manciata di secondi. Shinji piantò le mani al muro in modo da imprigionare Asuka fra le sue braccia e si avvicinò a lei. Sfoggiò un sorriso di sfida e poi le parlò.
- Adesso io ti bacerò. Se non vuoi, ti basterà fermarmi in qualche maniera. Anche con uno schiaffo, non mi offenderò.
Asuka si sentiva completamente smarrita. Il suo orgoglio era combattuto da una strana sensazione che invece desiderava ardentemente il bacio di Shinji. Mai una tale battaglia di sentimenti era avvenuta dentro Asuka. Che fare? Chi fare vincere? Ma cos’era quella sensazione? Amore? A chi dare ascolto? All’orgoglio o all’amore? Asuka, per una volta, decise per la seconda. E si abbandonò completamente al bacio di Shinji. Sentendosi la ragazza più felice del mondo. Il bacio durò molto. Fu un bacio pieno di passione. Era così tanta la carica sensuale che quel bacio aveva emanato che quando Shinji lo interruppe Asuka sentì che le girava la testa. Stava per avere un piccolo capogiro quando Shinji la trattenne per le braccia, impedendole di cadere. Asuka alzò per un attimo lo sguardo. Imbarazzo. Di nuovo. Ma perché ogni dannatissima volta che guardava quel ragazzo negli occhi si sentiva così... così... confusa. Ma anche felice (no, non è Carmen Consoli... -_-“). Insomma, un miscuglio di sensazioni belle. Asuka sentì che avrebbe potuto rimanere in quel modo per sempre. Perciò, pur di non perdere il contatto con Shinji gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte. Con amore. Lui rispose all’abbraccio affondando il viso tra i suoi bellissimi capelli rossi. I capelli erano tenuti in maniera davvero impeccabile. Ed avevano un così buon odore... Shinji disse la frase che doveva dire con una nota di rammarico nella voce, che però tradiva una tristezza pressoché infinita.
- Ho cercato per così tanto tempo una donna come te... e ti devo già lasciare...
Che cosa? Asuka credeva... voleva avere sentito male. Si staccò immediatamente dall’abbraccio e lo guardò fisso negli occhi.
- Scusa? Puoi ripetere?
- Bè... mi dispiace doverlo ammettere, ma tra noi è già finita.
- Cosa?
Asuka adesso si sentiva più arrabbiata ed offesa che confusa.
- Il fatto è che mio padre non ci permetterà mai di frequentarci...
Asuka diede un forte spintone a Shinji, tanto che quasi il ragazzo andò a sbattere contro il muro di fronte.
- Come osi tu! Brutto stupido che non sei altro! Vieni qui, mi baci, mi fai impazzire e dopo mi dici che è tutto finito? Scusa, io ora che dovrei fare?
Shinji si sentì un po’ confuso anche lui. Cosa doveva fare?
- Penso... accettarlo e farcene una ragione... mio padre...
- Perché non la smetti di parlare di tuo padre?
- Cosa?
- Bè...
Lo sguardo di Asuka si fece triste.
- Tempo fa... ormai molti anni fa... quando avevo tredici anni... un ragazzo più grande si innamorò di me... si chiamava... Kaworu, se non ricordo male (ok, lo ammetto, è che non sapevo chi altro metterci. Vi dà fastidio che Kacchan faccia la parte dell’ex di Asuka?_?)... si, Kaworu Nagisa. Io facevo la snob, perché a quel tempo mi piaceva un altro... un certo Kaji... e non mi sono accorta che Kaworu mi amava. Perciò quando lui mi chiese di metterci insieme, io lo rifiutai. Tempo dopo, un giorno stavo per essere investita da un carro di cavalli al galoppo. Lui...
Negli occhi di Asuka cominciarono a formarsi le lacrime che cominciarono a cadere copiose rigando le sue guance.
- Lui... si è gettato per salvarmi e... io mi sono salvata senza neanche un graffio. Ma lui è rimasto sotto il carro. Era ancora vivo quando sono corsa da lui. Mi... mi è morto fra le braccia, capisci? Col sorriso sulle labbra perché aveva visto che io stavo bene. Mi ha sfiorato la guancia e mi ha detto che mi amava prima di morire.
Asuka pianse ancora per qualche secondo. Poi si riasciugò le lacrime e guardò di nuovo Shinji.
- Io l’ho amato dal giorno in cui è morto. Ma non è questo il punto. Tu... tu sei stato l’unico capace di farmi dimenticare Kaworu, quando mi hai guardata negli occhi. Perché anche se è difficile ammetterlo io mi sono assolutamente innamorata di te. Ma, ti dicevo, non è questo il punto. Il punto è che se mi ami davvero devi lottare. O se no, non se ne fa niente. Io non posso accettare di essere innamorata di uno smidollato dopo che mi sono innamorata di uno che è morto per me. Perciò vedi tu.
E, una volta detto questo, si girò e se ne andò. Lasciando lì Shinji. Solo e triste. E quanto mai incazzato.
*
- Sono io!
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! Asukaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!
Asuka venne accolta dalle urla emozionate di Rei ed Hikari, che l’avevano letteralmente circondata ed adesso la stringevano in una morsa di ferro, che non le permetteva né di uscire né di sottrarsi alle loro domande. Cominciò Rei.
- Allora, come è andata?
- Come è andata cosa...
Disse Asuka per niente convinta, cercando di mascherare la tristezza che si portava addosso.
- Avanti, so tutto anche io!
Disse Hikari.
- Del principe e il resto. Rei mi ha raccontato tutto!
Asuka fulminò con uno sguardo Rei. Se l’intensità di uno sguardo si potesse misurare con dei coltelli, Rei sarebbe stata già trafitta almeno un centinaio di volte.
- Ho... ho fatto male Asuka?
Chiese Rei rendendosi conto della situazione. Asuka si liberò scortesemente dal cerchio in cui era costretta e si andò a sedere ad un tavolo.
- Asuka... è successo qualcosa di brutto?
Asuka aveva di nuovo gli occhi che le bruciavano. Quando cominciavano a bruciarle gli occhi voleva dire che non poteva più trattenere le lacrime. Ma non voleva piangere davanti a Rei ed Hikari. Non doveva essere una debole. Hikari si andò a sedere accanto a lei, e Rei nel posto di fronte.
- Asuka, è stato poco gentile, con te?
Asuka non riuscì più a trattenersi. Ad una ad una lacrime di dolore le solcarono le guance. Doveva parlare. Se si fosse tenuta tutto dentro probabilmente sarebbe morta.
- Mi ha baciato...
Normalmente Rei sarebbe stata così felice per una frase del genere che sarebbe saltata in piedi abbracciandola e facendole i complimenti. Ma quella volta era diverso. Anche Hikari lo sapeva. Perciò le due ragazze lasciarono che Asuka continuasse senza interromperla.
- E poi mi ha detto che doveva lasciarmi perché suo padre non gli avrebbe mai permesso di frequentarmi... sembrava rassegnato ormai, capite?
- Si...
- Ed io... gli ho parlato... di Kaworu... di quello che era successo quando stavo per essere investita e poi gli ho detto...
Asuka si interruppe un attimo: i singhiozzi non le permettevano di parlare bene.
- Io... gli ho detto che avrebbe dovuto lottare per me, altrimenti sarebbe finito tutto ancor prima di incominciare, perché non potevo accettare di essere innamorata di un codardo dopo che mi ero innamorata di uno che per me aveva dato la vita.
Asuka nascose il volto fra le mani e continuò a piangere, cercando di fare il meno rumore possibile.
- Hai fatto la cosa giusta, Asuka...
Cercò di rincuorarla Hikari.
- Perché stai piangendo, Asuka?
Chiese Rei.
- Per Kaworu?
Asuka smise di piangere. Si voltò verso le sue due amiche e sorrise. Un sorriso pieno di tristezza e rassegnazione. Ancora una lacrima le sgorgò dall’occhio destro. Ad Hikari ed a Rei si strinse il cuore in una morsa d’acciaio a vedere quell’espressione. Faceva piangere...
- No, non piango per Kaworu...
Abbassò lo sguardo, sempre sorridendo.
- Piango perché mi sa che l’ho perso davvero. Shinji, intendo... mi ero proprio innamorata. Ma adesso... è finita...
Ed Asuka ricominciò a piangere, mentre Hikari non potè fare altro che smettere di trattenere le lacrime ed unirsi a lei, e Rei la guardava con uno sguardo pieno di tristezza e compassione. Come poteva fare ad aiutare un’amica in queste condizioni?
*

- CAZZO! CAZZO! CAZZO! CAZZO!!!
- Signorino Ikari, si calmi per favore...
Shinji era tornato al castello in una condizione a dir poco pietosa. Sudato e terribilmente nervoso. Sembrava che tutte le disgrazie di questo mondo si fossero abbattute su di lui. Misato non riusciva davvero a capire cosa fosse successo. Riusciva soltanto a pensare ad un rifiuto da parte della famosa ragazza, ma Shinji non era certo tipo da fare così per un rifiuto... Appena rientrato, nel silenzio più assoluto era andato nella sua stanza, e dopo essere entrato, senza neanche avere chiuso la porta, si era messo a buttare tutto all’aria, soprammobili, sedie, tutto... E poi aveva cominciato ad urlare imprecazioni di tutti i tipi. Certe frasi che Misato non sapeva nemmeno che esistessero.
- Si-Signorino Ikari, la prego, si sieda e si rilassi...
- NO che non mi posso rilassare, Katsuragi!
Shinji si voltò verso la donna, con uno sguardo talmente arrabbiato che lei si accorse di avere fatto un passo indietro per la paura. Poi il ragazzo continuò a parlare.
- Non posso rilassarmi, perché tutto è stato rovinato. Ogni cosa!
- La prego, mi spieghi cosa è successo...
- Le ho detto che tra noi era finita.
- Cosa?
Silenzio. Misato guardò Shinji con uno sguardo indecifrabile. Poi, anche lei cominciò ad urlare.
- MA è IMPAZZITO, SIGNORINO IKARI!!! CHE COSA LE SALTA IN MENTE DI DIRE AD UNA DONNA CHE HA APPENA CONOSCIUTO, EH?
- Io le ho detto solo la verità.
Continuò Shinji, che nel frattempo aveva riacquistato il controllo di se stesso.
- Le ho detto che mio padre non avrebbe mai acconsentito alla nostra relazione. Lei si è infuriata. Ha parlato di lottare contro mio padre. Tsè, come se fosse una cosa semplice mettersi contro di lui.
- Niente è facile, signorino Ikari. Ma bisogna pur prendere delle posizioni. Se il mondo decide per te, ti devi rivoltare.
Shinji non fece subito caso alle parole della cameriera. Quando capì si voltò verso di lei.
- Che significa, Katsuragi? Se credi veramente in questo, perché tu non ti rivolti dalla tua condizione di cameriera? Forse ti piace prendere ordini dagli altri?
- No, signorino Ikari.
Misato aveva un bellissimo sorriso in viso.
- Non lo faccio per farmi dare ordini dalla gente. È... solo un favore ad un’amica.
Dopodiché, la donna si voltò ed uscì. E Shinji rimase ancora una volta solo a riflettere. Gli stava accadendo un po’ troppo spesso, ultimamente. Ma pensare da soli non era poi tanto male.
*

Ecco. Stava succedendo di nuovo. Rei si avvicinò all’amica che stava davanti alla finestra e cercò di scuoterla dallo stato catatonico in cui si trovava.
- Asuka...
- Mh?
La ragazza si voltò svogliatamente. Con gli occhi chiaramente rossi dal pianto ed il viso pallido come un lenzuolo. Il cuore di Rei venne colto da un’improvvisa ondata di tristezza, davanti a quel volto che un tempo era stato così gioioso e pieno di vita.
- Io... Asuka...
- Si, che c’è Rei?
- Ecco... è da due giorni che tu... ripeti quei gesti. È come un rituale...
- Di che parli Rei?
Disse Asuka cercando di fare la finta tonta. Cosa che, per altro, non le riusciva nemmeno bene.
- Bè, si...
Continuò Rei un po’ titubante.
- Ti avvicini a quella finestra, piangi per una mezz’oretta e poi ti asciughi le lacrime e torni normale...
- E allora? Cosa ti dà fastidio? Con voi mi comporto normalmente, no?
Rei rimase stupita ed offesa dalle parole della ragazza.
- Ma, Asuka! Tu.. non sei più tu! Potrai ingannare Hikari, ma non puoi ingannare me! Non ci riesci! Io ti conosco! E so che stai soffrendo... per Shinji...
- Io non soffro per nessuno, hai capito?
Asuka si voltò improvvisamente imbestialita. Ma la sua rabbia durò poco. Scoppiò subito in lacrime.
- Io... mi manca tanto, Rei...
Rei accolse Asuka fra le sue braccia, e cercò di cullarla, come una bambina piccola, nel vano tentativo di consolarla.
- Lo so Asuka, lo so...
- Io.. non so più che fare!
Asuka continuò nel suo sfogo, sempre abbracciando Rei.
- Forse... sarò una stupida, forse una pazza, ma... non capisco perché... sarò stata insieme a lui solo pochi minuti in tutto... eppure... io non riesco a dimenticarmi quel bacio... quell’abbraccio... quegli occhi... incredibile...
Asuka si separò dall’abbraccio e sorridendo debolmente asciugò le ultime lacrime.
- Mi sono innamorata dopo un bacio... non è buffo?
Rei venne presa da un momento di tenerezza, guardando Asuka in quelle condizioni. La sua migliore amica era sempre stata una ragazza forte, e vederla soffrire così facilmente per amore era... un po’ triste ed un po’ commovente. Rei non riusciva a spiegarlo nemmeno a se stessa. Aveva anche lei una grande confusione in testa fino a quando tutto non sembrò schiarirsi, e la ragazza ebbe chiara nella sua mente la soluzione adatta a tutti i loro problemi.
- Ed allora andiamocelo a prendere!
Una frase assurda, detta in un momento assurdo, può fare tanto. In questo caso ebbe l’effetto di fare svegliare completamente Asuka dal suo stato. La ragazza non capiva. E chi avrebbe capito?
- Cosa?
- Ma certo! Andiamocelo a prendere! Se quel ragazzo ti fa soffrire tanto non gli permetterò di farlo ancora. Perciò noi ce lo andiamo a riprendere!
- Ma sei impazzita Rei? Entrare al palazzo reale, trovarlo, RAPIRLO! Ma stai scherzando?
- Insomma, non lo vuoi più rivedere?
- Certo che lo voglio rivedere!
- Ed allora forza! Andiamo! Non voglio più sentire accampare scuse! Andiamo. Adesso!
Asuka osservò Rei dirigersi verso la porta e cominciare ad uscire. Si sentiva così confusa. E spaventata. Ma allo stesso tempo immensamente felice...
- Rei, aspetta! Una sola cosa, prima di andare...
- Si?
Disse lei rientrando il viso, mentre il resto del corpo era già fuori.
- Grazie...
La faccia di Asuka. La felicità di un’amica. Rei capì in quel momento che non c’è niente di meglio che vedere il volto sorridente di un’amica. E lei voleva vedere il volto sorridente di Asuka a tutti i costi.
- Ma di che parli! Muoviti, o lo rivedrai dopodomani!
Asuka annuì sorridendo, e si precipitò dietro all’amica al settimo cielo. Fra poco lo avrebbe rivisto, fra poco lo avrebbe riabbracciato!
*

- Signorino Ikari!!! Signorino Ikari!!!
La voce ormai fin troppo nota della cameriera destò Shinji dallo stato di torpore. Non che stesse dormendo, no... come avrebbe fatto? Erano due giorni che non riusciva più a dormire serenamente. Inoltre pensava tutto il tempo ad Asuka. A quanto fosse bella, a quanto fosse determinata, a quanto fosse furba, a quanto fosse forte. Tutte cose che lui non era. Ma lei aveva certamente avuto una vita molto più difficile della sua. E lui che si era sempre lamentato della sua condizione! Si sentiva un verme. Lui che poteva avere tutto, proprio tutto, si lamentava, mentre lei tirava avanti ogni giorno, senza lamentarsi, in una vita difficile e dura.
- SIGNORINO IKARIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!
- Si, si, sono sveglio...
Shinji fermò le urla della donna un attimo prima che rompesse i vetri della stanza, con i miliardi di decibel che riusciva a produrre con quella voce.
(Pubblicità REgresso: se tu urlassi per 8 anni, 7 mesi e 6 giorni produrresti abbastanza energia sonora da scaldare una tazza di caffè... non mi sembra che ne valga la pena...) (Scusate ‘sta parentesi folle, ma è carina, no?)
- Oh, bene!
Misato aprì la porta e si avvicinò al tavolo, dove posò la colazione.
- Ben svegliato, signorino Ikari!
Shinji si alzò di malavoglia dal letto e raggiunse la sua colazione. Non che avesse fame, ovviamente. La osservò un attimo e poi si voltò dall’altro lato, senza guardare più il piatto, sedendosi però sullo sgabello lì vicino.
- Non mangia?
La domanda della donna sembrava legittima. Shinji si imitò a guardarla con gli occhi di chi non vuole saperne più nulla del mondo intero. Misato rabbrividì. Non si sarebbe detto che quel ragazzo avesse solo sedici anni. Aveva uno sguardo troppo adulto, troppo pesante. Troppo maturo. Anche lei si sedette.
- Sa, le somiglia molto...
- A chi, scusa?
Shinji sembrò cadere dalle nuvole.
- A sua madre, no? Ha gli stessi occhi responsabili e che lasciano trasparire un profondo risentimento verso la condizione in cui è costretto. Una prigione ricca, ma pur sempre una prigione. Si capisce lontano un miglio che questo non è il suo posto.
- Scusami Katsuragi... non ti seguo...
- Oh, bè... è meglio che racconti tutto dall’inizio. Sua madre non navigava propriamente nei soldi. Però aveva un cognome importante. Yui Ikari. Un tempo la famiglia Ikari era stata molto potente. Bastava nominare il nome Ikari che tutti facevano un passo indietro e si inchinavano in segno di rispetto. Comunque sia erano praticamente al verde. Io ero la migliore amica di sua madre. Un giorno venne data una grande festa, dai coniugi Rokubungi, per festeggiare il ventesimo compleanno del loro unico figlio, Gendo. I Rokubungi erano una famiglia molto, molto ricca. Però il loro nome non diceva niente alle persone. Erano arrivati da poco in città, ed erano pressoché sconosciuti. Mancava loro il potere necessario a governare. Perciò il signor Ikari, suo nonno, di cui non avrà memoria, sicuramente, decise di fare la cosa più meschina del mondo. Un matrimonio combinato. Ovviamente sua madre non era d’accordo. Era sempre stata una ribelle. Ma poi si vide costretta a sottostare alle leggi del padre. Si può dire che la presero per sfinimento. Odiò suo marito fin dal primo giorno. Con tutti quei soldi e quel titolo nobiliare, a Gendo non venne difficile prendere il potere e comportarsi da dittatore. Yui era sempre più depressa e scialba, ed un giorno si ammalò. Ma Gendo, che aveva preso il cognome della moglie, appunto per il titolo nobiliare, aveva bisogno di un erede, e malgrado le pessime condizioni di salute della moglie non esitò a metterla incinta. Lei non si lamentò. Portò avanti la gravidanza, con forza e coraggio, e sentì di volerti bene fin dall’inizio. In punto di morte mi fece promettere che ti sarei rimasta accanto.
Shinji era rimasto ad ascoltare in silenzio tutta quella storia, che gli sembrava anche assurda, vista da un certo punto di vista. Si commosse pensando a sua madre, e poi parlò di nuovo.
- Si, Katsuragi, ma cosa c’entra questo con me?
- Bè, vede... prima le ho detto che lei somiglia a sua madre, ma non è proprio uguale a lei. E non è solo il sesso che cambia...
Shinji si lasciò sfuggire un risatina, a quella battuta.
- Yui era molto determinata. Qualità che a lei manca del tutto. Vede, Yui ha sempre lottato per quello in cui credeva, sempre. Lo sa quanto ci sia voluto per convincere sua madre a sposare il signor Ikari? Sei anni. Non sto scherzando. Ben sei anni di lotta continua tra le insistenze dei suoi familiari. Yui ha sopportato ogni tipo di pressione per sei, lunghissimi anni. Solo dopo ha ceduto. Lei, invece, non ha lottato per quella ragazza nemmeno per un giorno. Ora...
- No, Katsuragi, non parliamone più...
- Mi faccia finire, per favore. Ora io mi chiedo. Ma lei credeva veramente di amare quella ragazza?
Shinji non ebbe nemmeno un attimo di esitazione.
- Si. La amavo. E la amo tutt’ora...
- Ed allora, il racconto che le ho fatto adesso non le ha insegnato nulla?
- Si... mi ha insegnato molto... grazie.
- Ma si figuri! Che farà adesso?
Shinji pensò un attimo.
- Una passeggiata per il castello, suppongo... poi si vedrà.
Ed usci dalla stanza, lasciando Misato sola. La donna si alzò in piedi, ma prima di uscire dalla stanza sussurrò a se stessa.
- Hai, visto Yui? Gli sono stata vicina...
Una lacrima solcò veloce la guancia destra di Misato, per poi scomparire così com’era apparsa.
*

- Rei, comincio a pensare che sia stata una pessima idea, entrare a palazzo...
- Zitta e corri.
Le due ragazze correvano tra i corridoi del castello senza tregua da una decina di minuti. Non sapevano come orientarsi. Ovviamente non erano mai state in un posto simile, e stare là dentro le metteva anche un pochino in imbarazzo.
- Ma dove lo cerchiamo? Come lo troviamo?
Insistette Asuka.
- Io credo che l’abbiamo già trovato.
Rei si fermò di colpo. Asuka non ebbe nemmeno il tempo di capire che andò a sbattere contro qualcosa, mandandolo a terra e finendoci addosso. Una situazione già vista, pensò alzando la schiena per mettersi almeno dritta. La sua ipotesi venne confermata quando aprì gli occhi. Sotto di lei c’era di nuovo Shinji! Asuka ebbe appena il tempo di sorridere. Anche lui sorrise.
- Mi sei caduta addosso di nuovo... sta diventando un vizio...
Immediatamente dopo, però, la sua espressione divenne felice e commossa. Si mise in ginocchio scaraventando Asuka per terra, salvo poi abbracciarla appassionatamente.
- Scusami! Voglio stare con te, non mi importa se dovrò lottare per sei anni!
- Ma che stai dicendo Shinji? Avanti, calmati... e non mi stringere così forte... sei anni, poi...
Asuka parlava dolcemente. Rei si sentì immensamente felice. I due piccioncini si alzarono da terra e si fissarono ancora un poco negli occhi, prima di ricordarsi che Rei era lì.
- Tu devi essere la famosa Rei, la macchina della provocazione... piacere!
- Piacere mio, ma... macchina della provocazione?
- Rei, Shinji probabilmente si riferisce a quando hai attirato i suoi soldati nel vicolo...
- Ah... ma che provocazione! È stata una robetta da nulla... quei poveri ragazzi erano così affamati di sesso che sarebbero andati con chiunque purchè respirasse. Sarebbero andati anche con Asuka, il che è tutto dire...
- Che cosa intendi dire, essere bestiale che non sei altro?
Asuka fece una faccia buffa e si voltò verso Rei. Shinji cominciò a ridere di gusto come non faceva da molto tempo.
- Una curiosità, Rei... cosa hai fatto con loro quando te li sei portati via?
- Io? Non penserai mica che ci abbia fatto sesso, no? Li ho incatenati dietro il vicolo e sono andata da Hikari a ridermela della loro stupidità...
- Proprio come aveva detto Asuka, incredibile...
- Ohè, ragazzo! Ci conosciamo da quando siamo nate, è logico che prevedo le sue mosse!
- Ma come avete fatto ad entrare?
- Qua non lasciate mai le finestre chiuse, questo è certo...
I tre continuarono a ridere almeno per altri dieci minuti. Se non che...
- Shinji. Che sta succedendo?
Silenzio. Paura. Imbarazzo. Angoscia. Tristezza. Decisione. Sentimenti contrastanti. Li provava Shinji in quel momento. Era la voce di suo padre. Era la sua presenza che lo metteva in quello stato. Il ragazzo si voltò. Lentamente. Un gigantesco uomo alto e con le spalle larghe si stagliava davanti ai tre ragazzi. Gli occhiali da sole gialli lasciavano trasparire il castano profondo degli occhi, uguali a quelli di suo figlio. Ma nello stesso tempo molto diversi. Erano occhi cattivi.
- P-Papa... io... ecco...
- Chi sono queste ragazze, Shinji?
- S-Sono... due mie amiche, papà...
- Tu non hai il permesso di avere amici che io non ti ordino di avere. Mandale via.
- M-Ma... papà...
- Niente ma Shinji.
Asuka non seppe fare altro che sussurrare a Shinji.
- Ma davanti a tuo padre balbetti sempre così?
Che Gendo continuò.
- Tra l’altro fra poco arriverà la principessa di Spagna, e se come io penso una delle due tra quelle ragazze è la tua fidanzata, bè, puoi liquidarla subito. Tu ti sposerai con quella principessa, così io avrò sempre più potere, e sempre più soldi.
- Vuoi... attuare un nuovo matrimonio combinato? Come fece il nonno con la mamma?
Gendo sgranò gli occhi un attimo. Come faceva lui a sapere? Quella sgualdrina di Katsuragi, sicuramente. Avrebbe pensato a lei più tardi.
- Non hai il permesso di parlare di questo fatto. Fa come ti ho detto e basta, Shinji. Non osare disubbidire.
Poi l’uomo si voltò convinto di avere vinto su tutti i fronti, come al solito. Ma non immaginava nemmeno che nel gruppetto dei tre dai quali si stava allontanando si trovasse una ragazza diversa dalle altre. Una ragazza con un orgoglio, che non si sarebbe lasciata vincere così facilmente. La suddetta ragazza assunse l’aria più strafottente del mondo e fu pronta a replicare in meno di due secondi.
- MA SEI STUPIDO??? (Doveva pure dirlo a qualcuno... Asuka non è lei se non dice a qualcuno che è stupido^_^)
L’uomo si voltò di scatto. Nessuno aveva mai osato rivolgersi a lui in quella maniera.
- Che cosa hai detto, stupida ragazzina?
- Ti ho chiesto se sei stupido!
- Io non sono stupido!
- Si che lo sei! Solo uno stupido può pensare di dare ordini a destra e a manca e venire perfino ascoltato!
- Io sono il re! Ho più potere di tutto il popolo messo assieme!
Asuka lo guardò con occhi di ghiaccio e lo schiaffeggiò.
- Parla con più rispetto del popolo. Perché uno solo di loro è cento volte migliore di te.
Dopodiché si voltò. Shinji e Rei stavano lì, con un’espressione a metà fra stupito, divertito e soddisfatto.
- Allora, andiamo ragazzi?
I due si limitarono ad annuire col capo. Gendo, dal canto suo, era così stupito e sconvolto che non ebbe nemmeno la forza per chiamare le guardie, e cadde seduto per terra.
- Shinji, scusa...
- Si, che c’è Rei?
- Dove tenete i tesori?
- Ah, già! Per poco me lo dimenticavo! Shinji, dobbiamo passare a prendere dei soldi, perché noi siamo al verde.
- Bè...
Shinji era effettivamente un po’ confuso.
- Quanti soldi, esattamente?
Asuka si guardò un po’ intorno. Poi il suo sguardo si fermò su qualcosa.
- Ecco, una di quelle piena potrebbe bastare.
Shinji seguì il suo sguardo, ed arrivò all’immensa portantina che usavano per portare suo padre in parata. Si sentì preso da svenimento, ma si riprese subito.
- Oh... va bene.
Il ragazzo fece un respiro profondo e poi assunse uno sguardo deciso.
- Asuka, Rei, prendiamo quella cosa e poi andiamo nella mia stanza.
Rei fu presa dalla voglia matta di fare una battutina.
- Che c’è principino? Vuoi fare un giochetto a tre?
La frase non venne accolta certo dalle risate. Ma Asuka si limitò a linciarla per tutto il tragitto. I tre arrivarono nella stanza di Shinji. Entrarono. Si stupirono di non essere soli.
- Addio, signorino Ikari...
Una bellissima donna, sulla trentina, stava davanti a loro, vestita da cameriera.
- Katsuragi...
Evidentemente Shinji la conosceva. Si avvicinò a lei, guardandola con occhi tristi.
- Katsuragi, vieni con noi!
- No, non posso signorino Ikari... io...
- Ma tu avevi detto che mi saresti stata sempre vicina! Non hai più nessun motivo per rimanere qui!
La donna si limitò a prendere il viso di lui fra le mani.
- Io devo rimanere qui... ma lei deve andare per la sua strada... non si preoccupi...
Asuka notò che aveva quasi le lacrime agli occhi. I due si abbracciarono, solo una volta, e per poco tempo.
- Arrivederci, Misato...
- Arrivederci, Shinji...
Dopodiché si staccarono, e Shinji, Rei ed Asuka provvidero per riempire la portantina di soldi e beni preziosi. La donna li aiutò col sorriso sulle labbra. Fece un paio di raccomandazioni a tutti, come una madre e poi li salutò. Non fu facile uscire dal palazzo con quell’affare ingombrante sulle spalle. Soprattutto quando le guardie si accorsero che quei tre ragazzi stavano fuggendo con almeno metà de tesoro del palazzo nascosto nella portantina del re. Bè, in ogni caso fu molto divertente. Quando finalmente riuscirono ad arrivare fuori la portata degli uomini armati, Asuka si preoccupò di dare a Rei dei soldi, in modo che potesse andare a dormire da qualche altra parte, che non fosse il pavimento di casa sua. I soldi furono accolti da una sarcastica frase di Rei.
- Non vedi l’ora di liberarti di me per rimanere sola con lui, vero?
Seguì imbarazzo generale da parte dei due interessati dal commento. Ma poi le risate fioccarono copiose come fiocchi di neve in inverno. Risate liberatorie.
Questa storia finisce così come è incominciata. Due ragazzi nel loro letto. Ma stavolta insieme. E per sempre.
Genere: Romantico/introspettivo
Pairing: Asuka/Shinji, Shinji/Rei
Personaggi: Asuka, Shinji, Rei.
Rating: PG
AVVISI: OOC, What If?.
- Rei si apre ad una misteriosa voce: chi sarà mai?
Commento dell'autrice: La mia nona fanfiction. Ecco, già qui andava un po' meglio, ma non vi crediate perchè neanche questa fic mi ha soddisfatto pienamente. Tanto per cominciare Asuka è OOC. Anche Rei lo è, ma MOLTO di meno rispetto alle altre mie fic su Eva. A parte questo, però, direi che la storia è carina e va bene ^_^ In particolare mi sono complimentata spesso con me stessa per la trovata della connessione neurale tra l'eva ed il suo pilota, che permette ad un estraneo seduto nell'entry plug di collegarsi mentalmente con il pilota che può essere dovunque si voglia *.*... sono ingegnosa, eh?
Nota: Questa fic ha partecipato alla terza edizione del concorso sull'EFP.
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My soul


Rei si alzò dal letto. Quella notte non era riuscita a dormire, quindi restare coricata alle sei del mattino le sembrava una cosa alquanto insensata, oltre che stupida.
- Sei solo un stupido! Baka-Shinji!
Perché le erano venute in mente le parole della second, adesso? Bah, quella nottata era stata fin troppo assurda. Prima l’incontro con Ikari, poi il non riuscire a dormire la notte ripensando alle sue parole, e non capendone il significato, oltretutto, e poi una frase di Soryu che le era venuta in mente. Guardò fuori dalla finestra. Per strada si vedevano già alcune persone, ma la visibilità era scarsa. Già. C’era la nebbia. Raro, vedere la nebbia a Neo Tokyo 3. Almeno, lei non l’aveva mai vista. Ogni santa mattinata era la stessa storia: un fulgido sole splendeva sulla città. Infondeva allegria a tutti, allegria che lei non riusciva a provare. Sapete, quei limiti proprio psichici che una non riesce a superare nemmeno con buona volontà? Ecco, lei aveva provato più volte ad essere felice, ma le era riuscito una volta sola, purtroppo, e non era stata in grado di ripetere la situazione. Peccato, perché era stata una sensazione molto piacevole quando Shinji le aveva chiesto di sorridergli per ringraziarlo di averle salvato la vita. Per questo motivo, per non riuscire a provare allegria, Rei odiava le giornate di sole. Se poi quello che provava era davvero odio. Non sapeva riconoscerlo. Certo si riconosceva di più nelle rare giornate in cui pioveva. Si, perché quando c’era sole tutti erano felici, e lei stonava. Con la sua espressione sempre uguale attirava su di sé l’attenzione di tutti che invece erano al settimo cielo. Quando invece c’era cattivo tempo erano tutti un po’ depressi, e nessuno faceva caso a lei. Rei non voleva che qualcuno si interessasse a lei. Non ne aveva bisogno, e poi sarebbe stata una situazione davvero imbarazzante: non avrebbe saputo come comportarsi, e sarebbe stata brusca. Un’altra cosa che non le piaceva di lei era proprio questo: non era abituata a vivere, ed a relazionarsi con gli altri. E soprattutto non le importava! Non voleva imparare a relazionarsi con gli altri per non affezionarsi troppo. Perché lei era stata creata per morire ed essere sostituita. Lei era l’agnello da sacrificare. Impossibile cambiare il proprio destino. Almeno, per Rei era così. Ecco, ad esempio, stava cominciando ad affezionarsi ad Ikari. E questo la faceva più soffrire che gioire. Non voleva affezionarsi e non voleva che gli altri si affezionassero. Erigere un alto muro attorno alla sua persona le era sembrata la cosa più logica e sensata da fare. Seduta immobile sul letto ripensò al discorso avuto proprio con Shinji la sera prima. Il comandante l’aveva tenuta per più tempo del solito, e adesso stava tornando a casa. Da sola. Improvvisamente, Shinji usciva da uno degli incroci della strada davanti a lei. Si era fermata, vedendo che veniva verso di lei, sempre senza tradire nessuna espressione, ma dentro qualcosa la sentiva. Il problema è che le emozioni non ne volevano sapere di raggiungere i muscoli del suo viso. Aveva stretto i pugni, non vista.
- Oh, Ayanami, cercavo proprio te!
- Perché?
Aveva detto fredda e distaccata come al solito, ed anche evitando di incrociare il suo sguardo.
- Perché ti volevo parlare. Ho provato a chiamarti a casa, ma non c’eri, ed allora ho pensato di venirti a cercare.
- Mh.
Aveva fatto qualche passo, superandolo, per riprendere a camminare. Lui l’aveva raggiunta immediatamente ed aveva continuato a parlare. Le era sembrato meno insicuro del solito.
- Volevo dirti... tu non abiti con nessuno, nemmeno con mio padre, no?
- E’ esatto.
- Allora... perché non vieni a vivere con noi?
- Con Soryu ed il maggiore Katsuragi?
- Ed anche con me, si.
- No.
Shinji era rimasto un attimino stupito, ma poi si era ripreso ed aveva ricominciato a seguirla, dandole non poco fastidio.
- Ok.
Aveva detto con uno strano sorriso in volto.
- Proviamo a riformulare la domanda. Perché non vieni a vivere con me? SOLO con me?
Lei non aveva potuto fare altro che fermarsi. E per un attimo il suo viso mostrò stupore.
- Non credo di aver capito...
- Ma si, dai! Prendiamo un appartamento insieme ed andiamo a viverci! Senza Asuka né la signorina Misato! Noi due soli, in tranquillità!
Rei ci aveva riflettuto su un attimo. Cosa aveva voluto dirle Shinji con quella frase? Forse che lui, provando qualcosa per lei, voleva sempre starle accanto? Poi si era ricordata di un discorso che aveva sentito fare alla capoclasse Horaki, sul fatto che, adesso non ricordava bene, i ragazzi avessero come unico scopo nella loro vita il cercare di attrarre e possedere “sessualmente” le ragazze. Era arrossita lievemente a questo pensiero, e malgrado avesse continuato a ripetersi che no, Ikari non sarebbe mai stato capace di fare una cosa del genere, aveva dovuto ammettere, almeno con se stessa, che le sarebbe “piaciuto” molto. Non ne era venuta a capo. Quella faccenda scottava, e lei non voleva certo rimanere bruciata. Per questo motivo aveva continuato a camminare per la sua strada, fingendo di avere ignorato le parole di Shinji.
- Io non ho bisogno di compagnia, preferisco vivere sola.
Shinji era rimasto fermo a pensare qualche secondo. Poi le aveva urlato.
- Nessuno può vivere da solo, Ayanami! Tutti cerchiamo l’anima gemella con cui vivere per sempre! Ayanami!
Lei era scappata via. Non perché le desse fastidio quello che stava dicendo Shinji, ma perché si accorgeva che era tutto vero! In ogni caso non aveva fatto altro che pensare a quella frase, per tutta la notte. Nessuno può vivere da solo. Lei poteva? Doveva. Non voleva, ma doveva. Doveva per evitare di soffrire. Ricordava di avere sentito una volta la dottoressa Akagi dire a Misato
- Io non la odio. Mi fa tanta pena, perché non può provare sentimenti... ed è tutta colpa di Gendo.
Lei era appena tornata cosciente dopo essere rimasta svenuta al termine di un combattimento, ma non aveva ancora riaperto gli occhi. Probabilmente pensavano che lei non le sentisse, altrimenti non avrebbero mai detto quelle cose. Si era rimessa a dormire in fretta. Meglio questo che continuare a sentire le stupidaggini di quelle due donne. Ma poi il loro discorso aveva catturato d nuovo la sua attenzione. Si erano messe a parlare di Shinji.
- Quel ragazzo mi preoccupa... non si stacca dal letto di Rei praticamente mai, ed oggi è andato a casa solo perché gliel’ho chiesto praticamente in ginocchio...
Quelle parole l’avevano stupita molto, ed incuriosita anche. Non riusciva a capire per quale motivo Shinji facesse questo, e poi in genere non era brava a capire i sentimenti ed i perché delle persone. Non capiva nemmeno i suoi... sapeva solo che ogni qualvolta si parlava di Shinji la sua attenzione veniva catturata immancabilmente, e comunque Shinji stesso le interessava parecchio. Anche se, ovviamente, non ne capiva il perché. Guardò l’orologio sul tavolino accanto a letto. Le sette e mezza. Meglio cominciare ad avviarsi per la scuola.
¨

Basta accidenti! Quella sarebbe stata l’ultima volta che quell’assurda ragazzina frigida avrebbe fatto soffrire Shinji! Asuka camminava per strada velocemente, ad un ritmo incalzante e con un’espressione imbestialita. Aveva indosso la divisa scolastica, ma non stava andando a scuola. Bensì alla base NERV. Proprio a proposito di Ayanami aveva avuto un’idea brillante. Pensava fosse attuabile, e soprattutto lo SPERAVA. Questo perché sapeva che lei non la avrebbe mai ascoltata direttamente, ma doveva fare in modo che quella stupida si accorgesse dei sentimenti di Shinji, altrimenti lui avrebbe continuato a soffrire sempre di più! Li aveva visti, il giorno prima per strada, mentre lui provava per l’ennesima volta a fare si che lei si interessasse a lui... Si era abituata ormai da tempo al fatto che Shinji non le desse più retta. “Chi semina vento raccoglie tempesta”, e lei stava raccogliendo i frutti del suo seminato di insulti verso Shinji. Probabilmente lui non la odiava, ancora, ma certamente non la sopportava più. Per questa ragione non le parlava, non la guardava, la fulminava con sguardi terribili ad ogni stupido che usciva dalla sua bocca e soprattutto non le dava più retta. Mai. Se le capitava, mentre erano soli, di parlare di qualcosa, magari a tavola, lui faceva finta di non sentirla. E forse non la sentiva davvero. Bè, l’idea che aveva avuto era a dir poco folle... si sarebbe potuta chiamare in una parola... telepatia. E la sua teoria si basava interamente sulla connessione neurale che esiste tra l’eva ed il suo pilota. Ipotizzando che questa connessione sia continua, se qualcuno di estraneo entrasse nell’entry plug dell’eva e cercasse di stabilire un contatto, non con l’eva stesso, ma con il suo pilota, si sarebbe potuto inserire nella “testa” del pilota, nei suoi pensieri e sogni e probabilmente anche parlare telepaticamente con lui. Tutto questo senza farsi riconoscere. Se ciò che aveva pensato fosse stato vero, avrebbe risolto la situazione in giornata, ed entro sera quei due si sarebbero messi insieme. L’espressione del suo viso mutò un attimo. Effettivamente, per lei che era innamorata di Shinji non era il più roseo dei pensieri... ma poco male: tutto pur di renderlo FELICE davvero. Senza rendersene conto si ritrovò davanti all’entrata dell’edificio. Era ancora in tempo, poteva decidere di tornare a casa e non fare niente di tutto quello che aveva pensato. Perché, lo sapeva, Shinji sarebbe stato felice, ma per Asuka vederlo proprio assieme a *lei*, assieme ad Ayanami, sarebbe stata la tortura peggiore. Dovere ammettere di essere stata battuta da lei, perdere Shinji per lei... anche se la colpa era sua. Decise. Entrò.
- Asuka? Che diavolo ci fai qui? Non hai scuola oggi?
- Devo parlarti di una cosa, Misato.
Asuka le illustrò nei dettagli la sua teoria. Misato capiva quello che Asuka intendeva fare, ma ciò che le era ancora oscuro era il perché.
- Asuka, potrebbe essere pericoloso per te... pensa se l’eva in cui vuoi entrare ti rifiutasse, o peggio ancora ti assorbisse!
- Lo so. Ho già pensato a queste eventualità, ed ho concluso che non mi importa. Correrò il rischio.
- Ma perché? Per quale motivo rischiare la vita?
Misato si bloccò vedendo Asuka con lo sguardo basso, un’espressione triste che però non piangeva.
- Hai visto, no? Come si comporta Shinji con me ultimamente, intendo...
L’aveva visto eccome, in che maniera Shinji la ignorava spudoratamente. Sapeva che Asuka soffriva per questo, ma il suo ultimo desiderio era immischiarsi nelle loro faccende.
- Vuoi farlo per lui?
Asuka annuì in silenzio. Misato ci pensò un po’.
- Ok. Andiamo in sala controllo.
Dopo mezz’ora Misato aveva spiegato bene a Ritsuko e gli altri cosa voleva fare Asuka, ed aveva fatto approntare lo 00. Lungo la strada, la ragazza le aveva spiegato con chi voleva interagire e perché. Le era sembrato un piano ambizioso, ma fattibile. Se c’era anche solo una minima possibilità di riuscita, Misato ci voleva credere.
- Sono pronta.
Asuka uscì dallo spogliatoio con la sua plug suit. Ritsuko le ricordò la pericolosità di ciò che stava facendo, e poi le fece i complimenti per la pensata.
- Che tu fossi molto intelligente era risaputo... una laurea in fisica a quattordici anni... anche se quello a cui pensi più che un professore di fisica sembra avertelo ispirato Dylan Dog (Ma in Giappone conosceranno Dylan Dog? NdLisa)...
Asuka aveva sorriso debolmente, e poi aveva dato inizio alla sua avventura nei pensieri di Rei.
- Ok, cominciate a stimolarla leggermente...
Dopo qualche secondo non era ancora successo niente. Asuka cominciava a nutrire dei dubbi.
- Misato aumenta un po’ le stimolazioni!
Aveva chiesto alla donna tramite radio. Improvvisamente cominciò a girarle la testa. Quasi involontariamente chiuse gli occhi. Era tutto molto scuro, ma cominciava a vedere delle ombre... delle sagome... parole che formavano frasi, il viso di Rei in parecchi modi... anche espressioni che non le aveva mai visto fare... forse era Rei stessa che si immaginava a fare espressioni diverse. La cosa la fece sorridere, mentre dalla fronte le scendeva lenta una goccia di sudore. Però Asuka sentiva che non era abbastanza. Non riusciva ancora a SENTIRE i suoi pensieri.
- Misato!
Urlò in preda ad un dolore che le attanagliava la testa, misto ad emozione per avere scoperto di avere ragione e voglia di finire presto quel lavoro.
- Asuka, tutto bene?
- Si, certo!
Mentì sentendosi quasi mancare.
- Però... aumenta ancora un poco...
- Asuka, sei sicura?
La ragazza strinse i denti.
- Fallo maledizione!
Misato rimase un po’ stupita, ed anche arrabbiata perché quella sciocca stava facendo tutto questo senza ricavarne assolutamente niente.
- Accidenti! Aumentate le stimolazioni neurali al massimo!
Asuka sentì un dolore fortissimo alla base del collo, poi perse i sensi. Misato la chiamò per nome un paio di volte, prima di accertarsi che respirava, e non era nemmeno svenuta. Ma non la ascoltava più: era nella testa di Rei. Chissà se adesso avrebbero sentito i loro pensieri, attraverso l’evangelion...
¨
- Cosa?
Disse Rei ad alta voce finendo di vestirsi.
“Ciao, ho detto! Non mi sembra di avere parlato una lingua a te sconosciuta!”
“No, hai ragione... ma... questa... tu sei una voce nella mia testa?”
“Esatto! Sorpresa?”
Rei riprese il suo self control.
“Come ti chiami?”
“Pensi che le coscienze abbiano un nome?”
“Coscienza? Io ho una coscienza?”
“Bè? Sei un animale che non ragiona? No, perché solo loro non hanno coscienza.”
Rei era più confusa che persuasa, ma lasciò correre.
“Allora, sparisci, devo andare a scuola.”
“Perché invece non parliamo un po’?”
“E di cosa?”
“Non lo so... di te, per esempio!”
“Se sei la mia coscienza dovresti sapere già tutto quello che c’è da sapere sul mio conto.”
“Ohè, sono la tua coscienza, non un’indovina!”
“Accidenti... vedi se mi doveva pure capitare una coscienza rompiballe...”
“Guarda che io sento tutti i tuoi pensieri! Non mi offendere! E comunque che cos’era quella parolaccia? Non mi sembra di ricordare te che ne dici una...”
“C’è sempre una prima volta. E comunque l’ho detta solo perché ho passato una brutta nottata...”
“Notti insonni, eh?”
“Esatto.”
“E per quale motivo?”
“Ieri ho parlato con Shinji, mi ha detto qualcosa che mi ha fatto riflettere molto... ehi, ma perché te ne sto parlando?”
“No! Non ti fermare, avevamo appena cominciato a parlare!”
“Bè, io per ora non posso parlare, devo andare a scuola. Vattene via, lasciami SOLA!”
“Nessuno può restare solo per sempre, piccola Rei...”
“Oh, ci ritornate tutti con questa frase! Ma chi sei tu, Shinji due la vendetta?”
“No, te l’ho detto che sono la tua coscienza... e comunque mi spieghi perché ti comporti così solo con me mentre con gli altri sei sempre fredda e distaccata?
“Perché... perché non lo so. Io non mi sono mai comportata così perché ho sempre fatto in modo che la vita non mi interessasse. Facevo passare gli insulti sulla mia testa e non mi importava niente di quello che diceva la gente!”
“Questo è l’atteggiamento sbagliato, Rei...”
“Non m’importa! Mi basta non affezionarmi a nessuno e fare in modo che nessuno si affezioni a me.”
“E se, per caso, qualcuno si fosse “affezionato” a te anche se tu con lui ti sei dimostrata sempre menefreghista?”
“Nessuno può averlo fatto.”
“E perché?”
“Perché nessuno si innamora di qualcuno che non dimostra amore per lui!”
“E qui ti sbagli! Vedi, l’amore non è un sentimento che si può comandare. Ci si può innamorare delle persone più assurde quasi senza accorgersene... è il caso di Shinji, che si è innamorato di te nonostante tu non faccia altro che allontanarlo.”
“E’ uno stupido. Vuole solo soffrire!”
“Sarà anche stupido, ma non vuole per niente soffrire. Anzi, lui pensa sempre al meglio, come il peggiore degli ottimisti. Non pensa a quanto soffre ADESSO perché tu lo respingi, ma è viva in lui la fantasia di una possibile futura felicità insieme a te! E questo lo spinge a ritentare sempre più spesso, perché quella ipotetica felicità e la cosa più bella che si possa desiderare...”
“Io non ho mai provato un sentimento del genere... non ne sono capace...”
“Non è vero che non ne sei capace... chiunque sa provare sentimenti! Sei tu che non vuoi provare amore!”
“Ti sbagli! Io vorrei essere amata! Vorrei amare, e potere dire che io amo una persona e ne sono felice! Ma non ci riesco!”
“Allora perché tutto ciò che riguarda Shinji desta la tua attenzione? Perché il pensiero di stare con lui ti fa arrossire? Perché hai detto grazie solo a lui, nella tua vita? Perché rischi costantemente per lui? Non è forse amore, questo?”
“Io... io non lo so...”
“Povera Rei... ami e non lo sai...”
“Ma cosa dovrei fare per saperlo?”
“Esci da questa casa, di corsa, e vai a guardare Shinji negli occhi! Scrutali con attenzione, e quando arriverai nelle loro profondità e sentirai battere il tuo cuore ad un ritmo diverso, allora saprai che è amore.”
Rei pensò un po’. Bè, in fondo che aveva da perdere? La conversazione con quella voce misteriosa l’aveva scossa, perché era come se quella stessa voce provasse i suoi stessi sentimenti. Si era sentita capita per la prima volta. Cercò ancora la sua voce nella testa, per ringraziarla, ma lei non rispose più. Rei non l’avrebbe mai più sentita. Uscì di casa. Voleva andare a guardarlo negli occhi, e dimostrargli tutto l’amore che provava per lui.
¨

Asuka tornò in se con un gran mal di testa. Ah però... la cosa si era risolta molto più celermente di quanto non avesse mai immaginato... probabilmente Rei aveva solo bisogno di sapere che non era la sola a provare sentimenti di quella portata. Voleva solo essere aiutata a capire di cosa si trattasse. E poi non era una cattiva ragazza, in fin dei conti... Aprì gli occhi e scese dall’eva, tornando in sala comandi ancora in plug suit. Trovò Misato in lacrime e tutti gli altri sorridenti. Asuka aveva un’espressione interrogativa sul volto, che si trasformò in stupore quando Misato la abbracciò dolcemente.
- M-Misato...?
- Asuka... non immaginavo che tu potessi essere così dolce... sei stata... un angelo...
I singhiozzi impedivano alla donna di parlare scandendo bene le lettere, ma Asuka capiva lo stesso cosa le stava dicendo.
- Ma... voi avete sentito tutto?
- Tutto il tuo discorso con Rei. Tramite l’eva...
Asuka arrossì. Chissà se avevano capito che lei era innamorata di Shinji...
- Bene, qui smontiamo tutto ed occupiamoci di altro...
Disse Ritsuko.
- Io non ho niente da fare, Asuka, vuoi che ti accompagni a scuola o preferisci andare a riposare?
Le chiese Misato.
Asuka si staccò dall’abbracciò, con un sorrisone in faccia. La consapevolezza di avere fatto del bene per qualcuno la rendeva stranamente felice, e non era pentita.
- Non voglio sprecare una giornata oziando! Portami a scuola!
Era consapevole che avrebbe sofferto un po’, vedendoli mano nella mano, ma il sorriso di Shinji sarebbe bastato come ricompensa.
- Ehi, come mai così felice anche dopo averlo perso per sempre?
Asuka si girò verso Misato sorridendo, e poi si voltò dall’altro lato scacciando velocemente via una lacrima che era apparsa senza controllo. Si avviò verso l’uscita, con in testa una strofa di una canzone che da piccola sentiva spesso.

La tua gioia sarà la mia
Il tuo sorriso sarà il mio
Il tuo amore sarà di un’altra
Ma il mio sarà sempre con te...
Genere: Romantico
Pairing: Asuka/Shinji
Personaggi: Un po' tutti
Rating: PG13
AVVISI: OOC, What If?.
- Asuka torna dalla Germania dopo quattro anni, e si mette con Shinji. Insieme, i due dovranno salvare la rinnovata Rei dalla malvagità di Gendo, che le ha impiantato un gene sopravvissuto di Lilith nel corpo. Ambientata dopo il Third Impact ed i film "Death and Rebirth" e "The End of Evangelion".
Commento dell'autrice: Insomma... è la mia terza fanfiction... avevo scoperto da poco Eva, ed evidentemente non ne sapevo (né ne capivo) ancora un beneamato cazzo, quindi il risultato non è il migliore che si potesse sperare. I pg sono tutti OOC. Asuka è troppo dolce, Shinji troppo deciso, Rei... Rei non sembra neanche più lei. Prima si incazza troppo, poi (quando "cambia" carattere) diventa troppo allegra, rimanendo sempre battagliera. Misato è troppo materna, Ritsuko troppo gioviale, senza neanche parlare di Gendo che qui pare un pazzo conquistatore tipo quelli di Daitarn... Però la storia è piaciuta, ed è la mia prima fic su Eva, quindi ve la beccate ^_^
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I wish you were here...


Shinji ripensò a quando lei se n’era andata, ormai quattro anni prima. Dopo il Third Impact era successo tutto molto in fretta, ma era andata proprio come aveva previsto Lilith. Tutti erano rinati dall’oceano di LCL. Sembrava quasi come se fosse stato un brutto sogno, se non fosse stato per il paesaggio che attorno a tutti coloro che ne erano stati i protagonisti si parava. Per loro era come se fossero rinati a nuova vita, anche se ricordavano tutto ancora perfettamente, ma intorno, Neo Tokyo era a pezzi. Eppure l’avevano ricostruita in così poco tempo... Shinji non aveva mai capito come dannazione avevano fatto a ricostruire una città che era stata rasa al suolo in soli due mesi. Era stato quasi felice per quei due mesi, mentre dava una mano con gli evangelion a ricostruire tutto assieme agli altri due children. Toji non aveva più voluto sentire parlare di eva, dopo tutto quello che gli era successo. Lui aveva guadagnato a rinascere dall’LCL. Gli si erano completamente rigenerati il braccio e la gamba che aveva perso. Questo aveva anche un po’ attutito il senso di colpa di Shinji. Come ho detto prima Shinji era quasi felice. Quasi perché nonostante tutto aveva ancora un peso. Non era ancora riuscito a dirle niente di quello che provava per lei. Nell’ultimo periodo, poi, era diventata molto cupa e distaccata. Ma per quale motivo? Shinji non era riuscito a capire il perché di quell’incupimento da parte sua, fino a quando lei non gli aveva dato la notizia.
- I miei test di sincronia con l’eva stanno peggiorando sempre più rapidamente...
- E questo cosa significa?
- Ma non lo capisci stupido? Mi rimandano in Germania, per esercitarmi!
- Non c’è più bisogno di salire sugli eva... gli angeli sono finiti...
- Il comandante Ikari non la pensa così.
- Oh, certo... lui sa molto degli angeli, visto che in fin dei conti lui aveva programmato tutto fino al Third Impact...
- Oh, senti! Io non so che dirti! Mi hanno ordinato di tornare in Germania...
- E lo farai?
- .......... si, lo farò..........
Per uno strano caso della sorte che non si capì mai se fosse stato fortuna o sfiga pazzesca, toccò a Shinji accompagnarla alla piazzetta di decollo dove l’elicottero l’avrebbe portata in Germania. Erano stati in silenzio per tutto il tragitto. Shinji era riuscito a leggere nei suoi occhi tristezza. Che lei fosse triste per il fatto di doversi separare da lui? Scartò subito l’ipotesi. Lei lo odiava. Gliel’aveva detto spesso. Invece adesso era proprio triste. Quasi depressa. Mentre saliva sull’elicottero Shinji aveva notato una lacrima... Una lacrima? Le chiese cosa le stesse succedendo.
- Shinchan... tornerò... è una promessa.
Le sue ultime parole prima che il velivolo partisse. Le sue ultime parole prima di andare via dal Giappone. Le sue ultime parole prima di andarsene, erano state per lui. Shinchan... non lo aveva mai chiamato così. Eppure quel nome aveva una dolcezza infinita... See... Dolcezza... quando mai lei era stata dolce? Eppure sorrise pensando a quella parola. In quel momento Misato entrò di corsa nello spogliatoio, noncurante del fatto che Shinji avrebbe potuto benissimo essere nudo.
- Shinji!!! Ma ti vuoi muovere??? Rei è già salita sul suo eva!!! Stiamo aspettando solo te per i test di sincronia!!!
Ok. Aveva scelto il momento sbagliato per pensare ad Asuka.
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No! Non di nuovo!!! Doveva essere un brutto sogno. Fra un poco si sarebbe svegliata e si sarebbe accorta che quello che stava accadendo attorno a lei era stato solo un incubo. Invece no. La signora Krauf la stava di nuovo rimproverando... Ma perché quella stramaledettissima donna ce l’aveva così tanto con lei??? Qual era il motivo questa volta? Ah, già... una Plug Suit era uscita dal corso normale ed era andata ad inceppare gli ingranaggi...
- Signorina Langley, sono molto delusa da lei...
- Lo sa che preferisco essere chiamata Soryu...
Aveva imparato ad odiare il suo cognome occidentale. Il suo unico ricordo del Giappone era Soryu, e da tutti si faceva chiamare così... Solo quella stronza si ostinava a chiamarla Langley, solo per farle dispetto...
- Signorina... Langley... non mi dia fastidio!
- Scusi, perché mi sta rimproverando?
- Perché lei è la responsabile della catena di montaggio delle Plug Suit! Ed una si è rotta andando a finire tra gli ingranaggi!
- Ma cosa vuole che sia una Plug Suit!!! Ne assembliamo milioni ogni giorno!
Eh già. Asuka era stata mandata via dal Giappone, ma dalla NERV non voleva proprio uscirne... Ormai era diventata un’abitudine.
- Questa non era una Plug Suit normale! Ci era stata chiesta direttamente dalla sede centrale giapponese!
- Cosa? Dal Giappone?
- Si, pare che uno dei children abbia distrutto la sua...
- Come distrutto?
- Si. Il comandante Ikari ne ha richiesto una precisando anche i colori... Anzi, per punizione la dovrai aggiustare tu a mano!
Tutto successe in due millesimi di secondo. La Krauf tirò fuori la Plug Suit e la gettò tra braccia di Asuka. Una Plug Suit azzurra e grigia... da quanti anni era che non producevano Plug Suit del genere? Quattro anni. Ora le Plug Suit erano tutte uguali... tutte nere... che colore odioso... Ma quella Plug Suit... possibile che fosse per Shinji? Mai aveva osato mancare di rispetto così tanto alla Krauf. Girò sui tacchi ed uscì dalla porta.
- Cosa diavolo sta facendo Langley?
- Quello che avrei dovuto fare tempo fa.
- E sarebbe?
- Torno a casa!
- Ma il suo turno non è ancora finito!
- Lei non capisce, anche se non mi stupisce più di tanto, io torno a casa mia! Quella vera! In Giappone!
- Cosa?
Ma Asuka già non la ascoltava più.
- Andrej, mi faresti un favore anche se mi sono appena licenziata?
- Tutto per lei, signorina Soryu...
Che ragazzo adorabile!
- Potresti farmi preparare un elicottero? Torno in Giappone!
- Agli ordini.
- Ah, si! Mi fai portare anche un kit per cucire le Plug Suit?
- Certamente.
In fondo, doveva pur riportare la Plug Suit al suo legittimo proprietario, no?
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Misato era a dir poco infuriata.
- Non capisci Shinji? Perché diavolo hai dei livelli di sincronia così bassi? Addirittura superiori a quelli di Rei solo per l’un per cento! Solitamente le sei superiore del 45%!!!
- Ti prego Misato! Non è mica il caso di fare così!!!
- Io lo so che cosa sta succedendo! Tu pensavi a qualcos’altro, ne sono certa!
- Ma no... non pensavo a nessuno...
- Dimmi la verità, pensavi forse a Rei? Alla fine ti sei innamorato di lei, vero???
Misato lo diceva con una punta di speranza nella voce. Da quando Asuka se n’era andata non era più stato con nessuna.
- No, non potrei mai innamorarmi di lei.
La giovane donna si rese conto quasi subito dell’immensa gaffe che aveva fatto. Rei... non era altro che l’unione del DNA della madre di Shinji e di un angelo... Shinji, anche solo per questo motivo, non avrebbe potuto mai provare niente per lei. In quel momento le raggiunse il cervello un’altra ipotesi.
- Stavi ancora pensando ad Asuka???
Shinji era stato colto alla sprovvista. Per questo rimase in silenzio. Questa fu una risposta più che valida per il vice comandante in seconda Katsuragi.
- Ti ho già detto mille volte che non devi più pensare a lei!
- Da quando hai il permesso di dirmi cosa devo pensare?
Misato rimase quasi sconcertata da quella risposta. Questo brutto vizio che Shinji aveva preso di risponderle quando lo rimproverava non le piaceva affatto. Somigliava troppo a quando Asuka le rispondeva.
Non si dissero niente per tutto il tragitto in macchina fino a casa.
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Asuka arrivò stremata alla palazzina dove si ricordava abitassero lei, Shinji e Misato dopo la ricostruzione di Neo Tokyo. Dannazione. La città si era ingrandita molto da quando lei se n’era andata. In fondo quattro anni non sono mica pochi...
- Scusi signorina, lei chi è?
- Cosa?
Quella voce l’aveva presa alla sprovvista. Da quando in qua i palazzi residenziali della NERV avevano portieri?
- Io sono... Asuka Soryu... devo... salire...
- Non ne sembra molto sicura...
- No, si! Cioè... io dovrei salire all’appartamento in cui abitano Misato Katsuragi e Shinji Ikari.
- Oh, si... terzo piano, appartamento 7. Vuole che la annunci?
- No, lasci stare... è una sorpresa...
- Ah, capisco! Buona giornata allora. L’ascensore è...
- So dov’è l’ascensore. Grazie.
E con un sorriso si avviò verso il punto in cui si ricordava fosse l’ascensore. Il palazzo non era cambiato per niente. Anche loro non avevano cambiato appartamento. Chissà se la sua stanza era ancora... intatta... Forse qualcun altro era andato ad abitare lì. Forse un altro children che probabilmente l’aveva sostituita mentre lei era in Germania. Dall’oceano di LCL erano rinati quasi tutti. Solo Kaworu non era rinato. Forse perché lui era un angelo. Anche Ayanami era rinata malgrado fosse un robot e per metà angelo. Forse Shinji, il suo Shinchan, adesso stava con lei... Represse con forza quell’odioso pensiero nell’angolo più profondo della sua mente e si maledì dieci, cento, mille volte per non aver capito prima cosa provava per Shinji. Era stata gelosa di Ayanami! Ecco il perché di tutto quell’odio... quella continua rivalità... quando lei aveva dimostrato di sapersi sincronizzare subito con Shinji al tappeto con i pallini colorati col sottofondo di musica. Le era venuto così facile... Asuka si era infuriata ed alla fine anche lei era riuscita a sincronizzarsi con Shinji. Era stata una gioia. Gioia come quella che Asuka aveva provato quando Shinji si era gettato nel vulcano per lei... oddio. Era già arrivata davanti alla porta. Provò a spingerla, sicura che la porta fosse chiusa, ma si stupì del contrario. La porta era aperta. Proprio come faceva Ayanami. La lasciava sempre aperta. Socchiudendo la porta si era accorta che all’interno era in corso un’accesa discussione. Shinji e Misato stavano litigando...
- E’ perfettamente inutile che tu passi la tua vita a pensare a quella ragazza!
- Non è mai inutile pensare alle persone a cui si tiene!
- Ma lo vuoi capire che lei non tornerà? È andata via! Puff! Sparita! Volatilizzata! È andata in Germania!
Allora parlavano di lei!
- Perché parli così di Asuka?
Si, parlavano proprio di lei.
- Perché è un’irresponsabile! Lei è andata via molto tempo fa! Quattro anni fa! E tu non sei stato con nessun altra! Lo capisci? Non sei mai nemmeno stato a letto con nessuna inseguendo il sogno di poterla rivedere un giorno!
Shinji non era mai stato con nessuna? Non ci poteva credere... ma nemmeno lei era mai stata con nessuno. Lei aveva pensato in continuazione a lui...
- Misato, lei me lo ha promesso. Tornerà. Lo so. Me lo sento.
Misato stava per rispondergli di nuovo, ma Asuka non ce la faceva più a vedere Shinji succube delle urla della donna. Anche se si stava difendendo bene Shinji dava l’impressione di non sentirsi a suo agio, ed Asuka non poteva sopportare di essere lei la causa del suo disagio. Perciò spalancò la porta ed entrando urlò:
- Buonasera signori!
Che frase banale. Ma sembrava avere ottenuto l’effetto sperato: i due non litigavano più e lei aveva attirato l’attenzione su sé stessa, dando ragione a Shinji e torto a Misato. Non che le facesse piacere mettere in imbarazzo Misato, ma si sentiva felice per aver fatto gioire almeno una volta Shinji. Anche se la gioia non era proprio il sentimento che si leggeva sul suo viso. Sembrava più stupito.
- A... ASUKA!!!
Le era corso incontro come se la vedesse ora dopo un secolo. Ad un centimetro dal suo viso si era fermato ed aveva fatto un sorriso che andava da un lato all’altro della sua faccia.
- Lo sapevo che saresti tornata!!!
Dopodiché spalancò le braccia. Per Asuka fu troppo. Si mise a piangere come un bambina e pensando a quanta brutta figura stava facendo si gettò fra le sue braccia, abbracciandolo e sussurrando in continuazione quel nome dolcissimo che Shinji aveva pensato più volte.
- Shinchan... sono... sigh... così felice di vederti...sigh...
Tra i singhiozzi si capiva poco, ma Shinji non aveva problemi del genere. Riusciva a capirla anche quando stava zitta...
- Anche io sono contento di vederti Asuka...
E contemporaneamente la stringeva di più tra le sue braccia, nel tentativo di farla almeno smettere di piangere. Ma lei non voleva proprio saperne. Continuava a piangere. Di gioia!
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- Avanti Asuka... ora puoi smettere di piangere...
Shinji stava provando ormai da molti minuti a farla smettere, ma non aveva ancora raggiunto alcun risultato. Eppure quella situazione gli piaceva molto... era la prima volta che stavano così abbracciati da quando era partita.
- N-Non ce la faccio Shinchan...
Dio... l’aveva chiamato ancora in quel modo...
- Era tempo che non piangevo... ma ora smetto...
E così dicendo si staccò da lui dolcemente e lo guardò negli occhi. Sorrideva di felicità. Misato avrebbe voluto sprofondare per la vergogna. Non si era fidata di Asuka. Non aveva creduto alla promessa che aveva fatto a Shinji. E lei aveva sentito tutto, come se non bastasse. Li vedeva completamente presi l’uno dall’altra. Per la prima volta dopo tanto tempo, Misato vedeva Shinji FELICE. Perciò pensò di uscire. Sarebbe andata da Ritsuko. Giusto il tempo di lasciarli un po’ soli, per chiacchierare. Avrebbe voluto scusarsi con Asuka passandole accanto, ma il suo orgoglio femminile fu più forte. Riuscì solo a biascicare un:
- Vado da Ritsuko. Torno dopo.
E li lasciò soli. Solo in quel momento, ora che tutti e due erano tranquilli, Shinji si rese conto che probabilmente Asuka aveva sentito tutto il discorso. Non voleva aspettare che cominciasse lei a parlare, perciò partì in contropiede chiedendole:
- Hai sentito tutto il discorso?
- Già. Anche il fatto... che tu... non sei mai stato con nessuna...
Tagliò corto lei, indovinando dove voleva andare a parare Shinji.
- Perfetto...
Esordì lui. Roteò gli occhi infastidito e si andò a sedere sul divano. Non era cambiato poi molto. Lei sorrise e lo seguì, andandosi a sedere vicino a lui.
- Pensi che io sia un imbranato?
- Se lo pensassi dovrei considerarmi imbranata anche io...
- Vuol dire che tu... cioè, nemmeno tu hai...
- Precisamente. Ho pensato molto... a te...
Shinji sorrise. Almeno erano in due nella stessa situazione. Si accorse solo in quel momento che non era cambiata. Bè, era naturalmente più “piena” in certi punti, ma per il resto... gli occhi erano gli stessi, i capelli erano gli stessi, la bocca... la sua bocca era la stessa di quattro anni prima. Si sentì improvvisamente attratto dalla sua bocca. Prima non ci aveva pensato tanta era la felicità di averla rivista, ma adesso che erano calmi... le sfiorò le labbra con un dito, prima di baciarla all’inizio dolcemente, poi appassionatamente. Si sentivano finalmente liberati da un peso. Così liberati e leggeri da non accorgersi che il bacio era diventato qualcosa di diverso. Senza capire bene come e quando, Shinji abbassò le bretelle del vestito azzurrò di Asuka e lei cominciò a sbottonargli la camicia. Sicuramente sarebbero andati molto più a fondo se...
- ALLORA è VERO CHE LA DEMONE è TORNATA!!!
Toji. Quello stupido... Toji e Kensuke non si accorsero subito di quello che avevano interrotto. Aida fu il primo ad accorgersene, notando la camicia di Shinji ormai completamente aperta.
- Forse siamo inopportuni...
Toji sembrava noncurante di tutto.
- Dannazione! Ricominciamo con le urla adesso...
Kensuke faceva di tutto per cercare di fargli notare che Asuka e Shinji stavano facendo qualcosa di abbastanza intimo prima che loro arrivassero, ma con scarsi risultati. Nel frattempo Shinji si era ricomposto. Proprio in tempo per l’arrivo di Hikari.
- ASUKA!!!
La ragazza era al settimo cielo. Era corsa ad abbracciare la sua amica d’infanzia. Ed adesso erano lì, come se non fosse passato nemmeno un giorno da quando si erano lasciate, e parlavano del più e del meno. Nel frattempo sulla porta erano apparse Ritsuko e Misato.
- Asuka, ti trovo in forma.
- Grazie Ritsuko. Come va?
Misato era ancora imbarazzata, e se ne stava in disparte. Asuka non voleva perciò disse la prima cosa che le venne in mente.
- Misato, non c’è bisogno che ti preoccupi per prima. L’ho già dimenticato...
La donna non aspettava altro. Sorrise e disse:
- Asuka... malgrado possa non sembrare sono contenta che tu sia tornata...
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Che cos’era tutto quel casino? Nemmeno si poteva fare un riposino in santa pace in quel dannatissimo palazzo NERV. La giovane ragazza dai capelli azzurri si era ormai completamente rivestita e si stava dirigendo verso la porta. Dopo averla socchiusa si guardò intorno. C’era gente che correva ed urlava
- Lo 02, adesso ci toccherà rimetterlo in funzione...
Che fosse arrivato un sostituto per pilotare lo 02? Fu questo che pensò Rei. La sua mente non venne nemmeno sfiorata dal pensiero che Asuka potesse essere tornata. Doveva correre da Misato a chiedere delucidazioni. Fu a quel punto che pensò ad Asuka. No. Non poteva, non doveva essere tornata! Dopo la tragedia del Third Impact Shinji con Rei era stato molto scontroso. Ma d’altronde era più che prevedibile, dopo che aveva scoperto cosa lei era in realtà. Ma negli ultimi tempi stava andando meglio... avevano cominciato a parlare, ed ora lui riusciva anche a guardarla negli occhi senza voltarsi da un altro lato. E lei aveva cominciato ad... innamorarsi di lui. Forse solo ora aveva capito cosa significasse amare una persona. Lo aveva capito amando Shinji. Ma il ritorno di Asuka sarebbe stato una tragedia. Rei sapeva bene cosa Shinji provasse per Asuka. Però sapeva anche che lei lo odiava, e gli avrebbe spezzato il cuore...
- Non riesco più a stare qui senza sapere niente...
Dicendo questo a bassa voce aprì di scatto la porta di casa e si precipitò giù dalle scale della palazzina, per raggiungere il terzo piano. Ebbe un attimo di esitazione davanti alla porta di casa di Misato. Forse un po’ di paura. Ma poi si fece coraggio ed aprì. Attorno al tavolo non c’era più nessuno. Solo Shinji, Misato e...
- Soryu...
- Buongiorno Ayanami.
Oh, no!
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Ma, quella era Ayanami? Shinji la guardava sulla soglia della porta. Non l’aveva mai vista... così sconvolta... La sua maschera impassibile era rovinosamente caduta lasciando il posto ad un’espressione di sgomento.
- Ho detto buongiorno, Ayanami. È buon costume rispondere!
- Tu...
L’espressione di Rei ora era diversa da prima. Era infastidita. Arrabbiata. Infuriata.
- Tu! Come hai osato tornare in Giappone?
- Cosa?
Shinji non capiva. Che diavolo aveva Ayanami? Lui era così felice ed invece lei era arrabbiata con Asuka perché era tornata... ma perché?
- Shinchan, ho fatto qualcosa di sbagliato?
Aveva pronunciato quel nome con una facilità disarmante. E sembrava così pura! Rei non riuscì più a trattenersi...
- Puttana! Chi ti credi di essere per chiamarlo così?
- Cosa?
Era stato Shinji a parlare.
- Ayanami, ma cos’hai?
Ancora lui. Ma Rei non ascoltava. Lei sapeva cosa Shinji aveva passato mentre Asuka era lontana, ed adesso le avrebbe rinfacciato ogni cosa, così lei si sarebbe sentita in colpa e sarebbe scappata via per la vergogna. Si.
- Tu non sei la benvenuta qui, Soryu. Hai una minima idea di cosa abbia passato Ikari mentre tu non c’eri? Lui è diventato depresso, ha anche tentato il suicidio!!!
- Ayanami, fai silenzio!
Shinji la stava rimproverando. Finalmente Rei tornò in sé.
- Ma dico, sei impazzita? Perché stai dicendo queste cose ad Asuka?
- Ikari... lei.... lei è stata via per tutto questo tempo! Ti ha lasciato solo! E tu adesso ti fai chiamare da lei Shinchan!!! Perché?
- Abbiamo chiarito molte cose, e ci siamo accorti di provare gli stessi sentimenti l’uno per l’altra.
- V- vuoi dire che lei...
- Si.
Shinji aveva un tono di voce molto duro.
- Lei ama me, ed io...
- NO! NON LO VOGLIO SENTIRE!!!
Adesso Rei era per terra. Si copriva le orecchie con le mani e piangeva a dirotto.
- Rei...
A quel punto intervenne Misato.
- Rei, anche se adesso Shinji ed Asuka stanno insieme, non devi preoccuparti, perché non cambierà niente nella nostra vita. Tu sei preoccupata che Shinji possa soffrire di nuovo, ma questo non accadrà, stai sicura, perché nemmeno Asuka vuole andare più via.
- Voi non capite.
Rei si era rialzata. Aveva ancora il volto rigato di lacrime, ma i suoi occhi non brillavano quasi. Si sentiva la freddezza assoluta provenire dal suo sguardo.
- Io mi sono innamorata di Ikari. L’ho amato da quando siamo rinati dall’oceano di LCL. Ho passato quattro anni a cercare di riprendere i rapporti con lui, perché lo amo e voglio che lui ami me. Ma ora, non è più possibile...
Detto questo si voltò ed uscì dalla porta. Asuka era rimasta in silenzio per tutto il tempo della discussione su Shinji, ma adesso sentiva di dover dire qualcosa ad uno Shinji stupefatto ed ad una Misato che aspettava solo che lei dicesse qualcosa.
- Io... forse non sarei mai dovuta tornare...
- MA CHE DIAVOLO STAI DICENDO?
Shinji. Shinji che urla. Era tempo che non lo sentiva urlare.
- SE TU PENSI CHE IO TI LASCERò ANDARE VIA ADESSO DOPO CHE SEI TORNATA TI SBAGLI DI GROSSO!!!
- No... no Shinchan... non ci penso minimamente a lasciarti adesso... non potrei... ma forse non sarei dovuta tornare...
- Se tu non fossi tornata Shinji sarebbe rimasto vergine per tutta la vita... quindi non te ne pentire...
- M-ma... Misato??? Cosa le dici???
La frase di Misato aveva avuto l’effetto sperato. La risata partì da Asuka, e contagiò tutti i presenti. Sembrava tutto così normale. Come quattro anni prima...
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Gendo si alzò dalla sua scrivania e si avvicinò alla finestra oscurata, come se avesse potuto guardare fuori. Solo dopo si rese conto di quanto fosse stupida la sua mossa.
- Fuyutsuki, è vero quello che si sente in giro?
- Allora l’hai già saputo? Si, è vero, la Second Children è tornata.
- Spero per il suo bene che i livelli di sincronia del Third Children non scendano di nuovo, altrimenti sarà peggio per lei.
- Non penso che sarebbe disposta ad andarsene di nuovo.
- Non è detto che le chiederei di andarsene. Stavolta, se si ripetesse la situazione, provvederei a risolvere drasticamente il problema.
- Cosa intendi dire?
- Intendo dire che sarei anche disposto a rifare quello che feci quattro anni fa.
- Un altro sterminio? E tu pensi che Neo Tokyo non si rivolterebbe?
- Non certo verso di me. Sarebbe sua la colpa...
- Potrebbero ribellarsi anche i children...
- Di Rei non mi spavento. Lei è completamente asservita a me. Per quanto riguarda Shinji... fra poco farò in modo che lo 01 accetti il Dummy Plug, ed allora non avrò più bisogno di lui...
- Capisco... è meglio che vada a dirigere le operazioni di riconfigurazione dello 02.
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- Allora, cosa è successo qui a Neo Tokyo mentre io non c’ero?
Misato e Shinji si guardarono negli occhi. Era il caso di parlarle di tutto?
- Bè? C’è stata qualche tragedia?
Il tono di Asuka era allegro come non mai.
- Non... Non avete saputo nessuna notizia dal Giappone in Germania?
- Assolutamente no... nessuna notizia fino a... ACCIDENTI!!! Stavo per dimenticarmelo!
La rossa si alzò e corse verso le sue valigie. Aprì la borsa e ne tirò fuori una Plug Suit grigia ed azzurra, uguale a quella di Shinji.
- Stamattina questa Plug Suit si è inceppata tra gli ingranaggi. Mi è sembrata subito strana, perché è da anni che non si producono più Plug Suit del genere, ma poi il mio capo ha detto che tu avevi distrutto la tua ed il comandante...
- Cosa? Distrutto la mia Plug Suit? No... non è vero.
- Stai scherzando?
- Assolutamente no, la mia Plug Suit è sana. Non può essersi distrutta... a meno che... ma no... non è possibile....
- Che cosa?
- A meno che non l’abbia distrutta qualcun altro...
Asuka non ci capiva più niente...
- Ma... qualche angelo vi ha attaccati?
- Solo mentre io non c’ero...
- Che diavolo significa SOLO MENTRE TU NON C’ERI???
- Che mentre io ero in gita con Misato a Neo Yokohama ha attaccato un angelo. Io volevo tornare, ma mio padre mi ha detto che Rei da sola era riuscita a distruggerlo.
- Mi... sembra strano...
- Perché?
- Non... ci dovrebbero essere più angeli. Dovremmo averli distrutti tutti, o no?
Misato pensò a quel fatto. Era passata poco più di una settimana. E poi... effettivamente... E’ vero! Quella mattina Shinji aveva indossato una Plug Suit nera!!!
- SHINJI!
Urlò Misato.
- Hei! Che succede? Perché urli così?
- Shinji, ma non ricordi di aver usato una Plug Suit nera stamattina per i test di sincronia?
- Cosa? No, ti stai sbagliando Misato... Ho... ho usato la mia Plug Suit...
- No Shinji... Io non vedo la tua Plug Suit dalla settimana scorsa...
- Dall’attacco dell’angelo?
- Si, dall’attacco dell’angelo... l’attacco dell’angelo...
- C’è qualcosa che non va, Misato?
Asuka sembrava preoccupata con quella domanda.
- Forse c’è qualcosa di strano?
- Io... non lo so... ma mi sembra tutto molto strano...
- Lasciamo perdere... eppure io sono convinto di avere utilizzato la mia Plug Suit...
Per qualche minuto tutti e tre rimasero zitti. Quel periodo di tempo sembrò immenso, e terminò quando tutti e tre si alzarono in piedi ed all’unisono dissero:
- Andiamo da Ritsuko.
Lei sicuramente sapeva qualcosa.
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- Chi è?
- Ritsuko, siamo Misato, Shinji ed Asuka. Puoi aprire?
- Arrivo!
La donna bionda aprì la porta. Ad Asuka apparve una Ritsuko completamente fuori dai normali schemi. Allegra e gioviale, con una canottiera rosa ed una gonna rossa.
- Ciao ragazzi! Asuka! Sono contenta che tu sia tornata. Ci voleva una ventata di aria che non fosse made in Japan...
- Hehehe... grazie Ritsuko... anche io sono felice di essere tornata.
- Allora. Posso offrirvi qualcosa? Da bere? Volete fermarvi a cena qui?
Ma che diavolo aveva Ritsuko? Asuka non l’aveva MAI vista così. Invece Shinji e Misato sembravano completamente a loro agio. Tutti si andarono a sedere attorno al tavolo e Ritsuko portò loro delle birre. Misato si fece improvvisamente seria.
- Ritsuko... come... come va alla NERV?
- Ma... Misato, che domande mi fai? Tu sei la vice comandante in seconda, dovresti sapere che per ora va tutto bene...
- Ritsuko... non mentire... ci siamo accorti che c’è qualcosa che non va...
- Chi ha distrutto la mia Plug Suit?
- Vedo che alla fine avete intuito qualcosa... Meno male! Stavo cominciando a preoccuparmi della vostra sanità mentale! Ma ci voleva il ritorno di Asuka per farvi arrivare a capire che c’era qualcosa che non andava???
Di fronte a Ritsuko, tre facce un perché. Ma era impazzita?
- Oh, scusatemi... ma finalmente potrò liberarmi di questo peso sulla coscienza... Gendo è impazzito!
- Questa non è una novità...
Shinji era esasperato.
- Si, ma adesso le ha superate tutte...
- Chiarisciti Ritsuko...
Adesso anche Asuka si era incuriosita. E Misato aspettava solo che l’amica parlasse.
- Sarà un discorso lungo... vi fermate a cena?
- Penso che si potrebbe fare...
Se c’era una cosa che Asuka avrebbe fatto a meno di rievocare alla memoria era la cucina di Misato.
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Rei era ancora seduta sul suo letto. Appena uscita dalla casa di Misato si era andata a rifugiare di corsa nel suo appartamento. Si era buttata sul letto ed aveva pianto a dirotto. Forse erano passate due ore. Due intere ore a piangere per Shinji. Perciò era questo l’amore? Sofferenza? Perché lei doveva soffrire, mentre Asuka era felice e spensierata con il suo “Shinchan”? Che diritto aveva lei di sconvolgere di nuovo la vita di Shinji? In più a quanto pare lei lo amava. Ma perché? Non poteva sopportare che Shinji fosse di qualcun altra.
- Io... io te la farò pagare Soryu...
Detto questo si alzò e si guardò allo specchio. Era in uno stato pietoso. Gli occhi gonfi e rossi e le bruciavano da impazzire, sudata e con i capelli appiccicati alla faccia da sudore e lacrime. Non poteva uscire in quello stato. Shinji avrebbe provato ribrezzo per lei. Si diresse verso il bagno e si sciacquò il viso. Adesso andava meglio. Mise un po’ di collirio negli occhi perché il bruciore era diventato insopportabile e poi uscì dal bagno ed aprì l’armadio. Si rese conto di avere pochissimi vestiti. Forse due oltre il pigiama. Optò per un paio di pantaloni ed una vecchia t-shirt che forse in origine era stata rossa. Adesso aveva preso più un colore rosato.
- Bleah...
Pensò mentre la provava, ma non aveva altro e quindi la lasciò messa. Rei pensò che forse era il momento di andare a fare un po’ di shopping. Mise un poco di profumo che Misato le aveva regalato durante un Natale del quale nemmeno lei si ricordava più ed uscì. Forse così avrebbe smesso di pensare un po’ a Shinji. Anche se non ci credeva molto: ultimamente passava le sue intere giornate a pensare a lui. I suoi occhi. I suoi capelli. Il suo fisico. Quanto era diventato forte negli ultimi tempi. I test di sincronia con lo 01 funzionavano come una palestra. I muscoli si sviluppavano molto, ed in Shinji questo si notava particolarmente. Le braccia erano diventate un po’ più grosse e non si stancava più facilmente. Rei pensò che Shinji era proprio un bel ragazzo. Alto, con un bel fisico e due occhi mozzafiato. Ma perché tutto questo doveva essere di Asuka e non suo? Oh no! Stava continuando a pensare a lui. Ora basta, doveva smetterla. Si rese conto di essere arrivata ad un bar. Ma... aveva mangiato a pranzo? No. E i morsi della fame si facevano sentire.
- Potrebbe darmi dei ramen?
- Come li vuoi? Con carne? Pesce? Verdure?
- Ramen semplici per favore...
- Semplici? Mah... come vuoi...
Ma perché tutti si mostravano sorpresi quando chiedeva un piatto di ramen semplici? Che ci poteva fare se le piacevano così? Una persona doveva per forza mangiare i ramen conditi per essere normale?
- Eccoti servita.
- Grazie.
Rei prese a mangiare con molta lentezza. Un poco per volta. Buoni i ramen. L’unica cosa della cucina giapponese che le piaceva veramente. Certo, mangiava anche altro, ma i ramen in bianco erano la cosa che più le piaceva. Ed ora era lì, seduta a quel bar per la strada, e stringeva fra le mani la ciotola di ramen calda, e pensava che sarebbe stato bello se Shinji fosse stato solo una ciotola di ramen calda da tenere in mano. Improvvisamente immaginò una ciotola di ramen con la faccia di Shinji, ed a quel pensiero scoppiò a ridere.

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- Allora ragazzi, siete pronti per la verità?
- Si Ritsuko, ma tu piantala di fare la misteriosa o ti strozzo.
Misato era nervosa.
- Ok, ok... non c’è mica bisogno di fare così... Allora. Asuka sa di quello che fece Gendo quattro anni fa? Le vere motivazioni?
- Se è per questo neanche Shinji ne sa niente.
- Che cos’è questa storia Misato?
Shinji era infastidito dal fatto che Misato avesse potuto nascondergli qualcosa.
- Ok Misato, lascia spiegare tutto a me fin dall’inizio. Dunque, quando Asuka è stata mandata via dal Giappone le hanno detto che era perché i suoi livelli di sincronia con lo 02 si erano abbassati in maniera pazzesca. La verità era che i livelli di Asuka erano a posto. Erano quelli di Shinji a calare. Gendo si accorse che tu dovevi provare qualcosa per Asuka ed allora pensò di rispedirla in Germania nella speranza che i tuoi livelli si rialzassero. Gendo dimostrò di avere ragione quando i tuoi livelli salirono alle stelle dopo la partenza di Asuka. Purtroppo uno stupido idiota mise in giro la voce che tu eri tornata e stavi cercando di rimetterti in contatto con Shinji. Gendo fu irremovibile, e mandò una squadra ad ammazzare 10 milioni di ragazze rosse con gli occhi azzurri in tutto il Giappone.
- Che... Che cosa?
Asuka era sconvolta.
- Ritsuko... ma non era stato un serial killer?
- No. È stata solo una squallida copertura.
- E quel poverino che è finito in galera?
- E’ stato giustiziato come assassino. Prima di morire continuava a ripetere “Non sono stato io!”.
- Quante... quante ragazze sono morte... solo perché avevano la colpa di avere gli occhi azzurri ed i capelli rossi... è stata colpa mia... solo ed esclusivamente colpa mia...
- Ma no Asuka...
Shinji ed Asuka avevano il morale a terra. Misato invece si rendeva conto adesso di quanto lei non sapesse niente di quello che succedeva alla NERV, malgrado lei fosse il vice comandante in seconda, ovvero l’ufficiale più importante dopo il comandante Ikari ed il vice comandante Fuyutsuki. Malgrado tutto dimostrò una grande forza d’animo, e dopo avere preso fiato disse:
- Continua Ritsuko...
- Ok. Dopo tutto questo casino Gendo decise che era il momento di provare ad attuare quello che con il Third Impact non era stato attuato.
- In... che senso?
- Nel senso, Shinji, che il comandante ha intenzione di causare il Fourth Impact...
No. Non era possibile. C’è davvero gente che non impara mai dai propri errori.
- Mio padre... vuole causare un altro disastro?
- Si Shinji. E per farlo ha impiantato in Rei un gene di Lilith che è sopravvissuto.
- No...
- Si invece. E fra poco il gene si impadronirà di tutto il corpo e della mente di Rei, e Lilith rinascerà.
- No...
- Si Shinji. È così. Mi dispiace, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà: dobbiamo sventare questa minaccia.
- E dobbiamo parlare assolutamente con Rei!
Era stata Asuka a parlare. Shinji si era stupito che proprio lei avesse parlato di andare a salvare Rei da morte certa con tanta preoccupazione. Ma non la odiava?
- Asuka... sei davvero preoccupata per Ayanami?
- Shinchan, ho imparato a non odiare più nessuno mentre ero in Germania. Non potrei mai odiare nessuno così tanto da tollerare che qualcuno decida per la sua vita. A meno che quello da odiare non sia Gendo...
- ... Asuka... va bene! Misato! Dobbiamo andare a parlare con Ayanami.
- Va bene Shinji. Prima però, Ritsuko, devi parlarmi dell’angelo che ha attaccato mentre io e Shinji eravamo a Neo Yokohama.
- Nessun angelo. Gli angeli li abbiamo già sconfitti tutti. La verità è che Gendo ha voluto fare un’altra prova con il Dummy Plug.
- Il Dummy... quella cosa orrenda...
- Si. Ed ha vestito un fantoccio con la tua Plug Suit inserendo in memoria i tuoi dati sperando che in questo modo lo 01 accettasse il Dummy, ma l’eva lo ha rifiutato azionando un processo di distruzione del pilota. Alla fina del fantoccio è rimasta solo la tua Plug Suit lacerata.
- Ecco perché noi in Germania abbiamo prodotto una Plug Suit uguale a quella di Shinchan...
- Ritsuko, noi adesso andiamo da Rei, dobbiamo fermare questa follia il più presto possibile. Tu che farai?
- Devo andare dallo 02 a vedere come sta...
- Il mio 02... quando potrò salirci di nuovo?
- Il più presto possibile, Asuka. Shinji, stai attento ai tuoi livelli di sincronia questa volta. Mantienili alti o Gendo potrebbe fare qualche altra follia, mi raccomando.
- Non preoccuparti Ritsuko, farò del mio meglio.
^^^

- Grazie, quanto pago?
- In tutto sono 700 yen, grazie.
- Prego.
Aaaaaaaaah! Finalmente Rei era contenta di qualcosa che aveva fatto. Era entrata in un negozio molto carino in centro ed aveva comprato un mucchio di vestiti che aveva pagato con una speciale carta della NERV dal credito molto ampio. Era la carta bancaria dove c’era il suo stipendio di children. Quella di Shinji era ridotta sempre della metà perché doveva dividere le spese con Misato, ma lei non comprava mai niente, perciò era quasi intatta. Aveva preso molte cose, ma più di tutto le erano piaciuti un paio di jeans corti blu scuro ed una canottierina bianca con decorazioni celesti. Se li era provati direttamente nel negozio e le piaceva come le stavano. Si sarebbe fatta vedere da Shinji e lui si sarebbe innamorato all’istante di lei. Utopia, pensò poi tornando coi piedi per terra.
- AYANAMI!!! AYANAMIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!
Ma chi diavolo era che la stava chiamando così a squarciagola? Si voltò in tempo per vedere Asuka che frenava e col fiatone la guardava preoccupata. Assieme a lei c’erano anche Shinji e Misato. Improvvisamente Rei si sentì avvampare quando vide Shinji. Poi però si ricordò che c’erano anche le altre e non poteva lasciarsi andare. Con sguardo più freddo che poteva si girò verso Asuka e disse:
- Che cosa vuoi Soryu?
Con un tono quasi scocciato che fece infuriare Asuka.
- Che cos’hai da annoiarti Ayanami! La prossima volta non ci provo nemmeno a salvarti la vita!!!
- Ma che dici?
Shinji si era ripreso dalla corsa ed ora guardava Rei con occhi tristi e preoccupati.
- Ikari, che cosa sta succedendo?
- Non è il caso di parlarne qui, andiamo a casa.
- Va... va bene.
Intanto ad Asuka era già passata l’arrabbiatura.
- Cosa sei andata a comprare? Vestiti? Dai! Fammeli vedere!!!
- Lasciami in pace Soryu...
- Ma perché diavolo ce l’hai con me???
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Erano tornati a casa in fretta. Perché Rei era rimasta incuriosita dal comportamento di Shinji per la strada. Cosa avrebbe potuto esserci di tanto grave da non poter farlo parlare in pubblico? Anche Misato era depressa, e per tutto il tragitto non aveva fatto altro che fissare per terra e, ogni tanto, voltarsi a guardarla con aria preoccupata. Shinji aveva camminato veloce guardando davanti a sé e era sembrato più arrabbiato che altro. Invece Asuka era rimasta tutto il tempo accanto a lei, a guardarla con sguardo triste ed a chiederle ad intervalli regolari di 4 secondi se stesse bene. All’ottava volta perfino un pezzo di ghiaccio si sarebbe incazzato, ma Rei in quel momento era peggio che un pezzo di ghiaccio. E mantenne la pazienza.
- Rei, quello che stiamo per dirti non ti piacerà.
Avevano deciso di fare parlare Misato. Rei era seduta al tavolo con una tazza di caffè in mano e fissava col solito sguardo freddo Shinji. Poi si voltò versò Misato.
- Allora, qual è il problema? Mi sono stufata di questa situazione.
- Vedi Rei, sta succedendo qualcosa alla NERV. Qualcosa di spiacevole. Il comandante Ikari ha intenzione di provare a causare il Fourth Impact.
- Ma cosa state dicendo?
- Ayanami, ti prego, ascoltami...
- Ikari...
Che sguardo triste... Lo sguardo di chi si rende conto che qualunque cosa si faccia al mondo è inutile, perché tanto la gente non cambia mai, tanto la gente non capisce quanti sforzi si faccia per fare migliorare questo schifo di mondo...
- Ayanami, mio padre vuole causare il Fourth Impact.
- Non è possibile. Gli angeli sono tutti morti, e Lilith non è sopravvissuta al Third Impact.
- E’ questo il punto, Rei... il comandante ti ha fatto impiantare nel corpo un gene di Lilith che è sopravvissuto.
- No, non è possibile. Il comandante Ikari non mi sacrificherebbe un’altra volta. Ha imparato dal suo ultimo errore. Lui è l’unico che mi voglia bene, qui.
- Non è vero Ayanami! Io ti voglio bene!
- No Ikari, tu vuoi bene a Soryu.
- Io amo Asuka, ma questo non mi impedisce di voler bene a te! Come ad un’amica!
- Ebbene lo impedisce a me!
Di nuovo quello sguardo pieno di rabbia. Gli occhi di Rei non erano più semplicemente rossi, come era normale che fossero. Adesso brillavano di rosso acceso e lucente. Si voltò verso Asuka e la guardò come se avesse voluto ucciderla con lo sguardo. Ci sarebbe riuscita se Asuka non si fosse incazzata come Dio comanda.
- Adesso basta piccola presuntuosa!
- Ti prego Asuka, calmati...
Il tentativo di calmare le acque da parte di Misato si era dimostrato perfettamente inutile.
- No! Stavolta non mi calmo. Chi ti credi di essere, eh? Credi di potere comandare sulla vita di Shinji?
Si vedeva che Asuka era proprio furiosa. Non lo aveva nemmeno chiamato Shinchan.
- Allora lo sai che ti dico? Ognuno è libero di decidere per la propria vita, e tu non puoi dirgli chi amare solo perché sei gelosa di me!
- Tu non eri qui mentre lui soffriva per te!
La risposta di Rei non si era fatta attendere.
- Ah, bene, ti sei svegliata! Vuol dire che Shinchan è davvero importante per te...
Ma la stava sfottendo? Asuka aveva scandito bene il modo in cui lo aveva chiamato, per cercare di farla infuriare. Ma non ce n’era alcun bisogno, dato che Rei era già su tutte le furie.
- Ikari ha sofferto molto per colpa tua Soryu.
- Lo so. So che Shinchan ha sofferto. E mi maledico per quello che gli ho fatto, perché è stata colpa mia, che non sono rimasta in Giappone, ma questo non ti permette di decidere cosa è meglio per lui.
- Ikari ha tentato il suicidio, come ti ho detto stamattina, mentre tu non c’eri!
- Che cosa?
Evidentemente, nel casino che c’era stato quella mattina mentre loro litigavano, Asuka non aveva sentito questa particolare frase, perciò apprese solo in quel momento cosa fosse successo. Lentamente mutò la sua espressione da arrabbiata a sconvolta e triste, e si voltò verso Shinji.
- Shi... Shinchan... è vero?
Silenzio da parte di Shinji.
- Rispondimi, ti prego...
Ormai Asuka aveva le lacrime agli occhi. Suicidio? No, non era possibile...
- Shinchan, ti prego rispondimi!!!
Urlava piangendo. Shinji non ne potè più.
- SI, è VERO! SEI CONTENTA ORA?
Misato aveva lo sguardo fisso per terra e piangeva sommessamente. No, non doveva andare così... Shinji doveva essere felice... assieme ad Asuka... forse lui non sarebbe mai stato felice... Rei si era resa conto di non aver fatto bene a dire tutto. Evidentemente Shinji non gliene aveva ancora parlato, e lei non ne sapeva niente. E doveva ammettere che questo non era certo il modo migliore per apprendere del tentato suicidio del proprio ragazzo. Shinji stava ad occhi bassi. Non piangeva ma si capiva che ne aveva una voglia matta. Lo sguardo era furente e dispiaciuto. Come se gli fosse caduto tutto il mondo che faticosamente si era costruito addosso. Ed effettivamente era proprio questo quello che stava succedendo. Ma il comportamento di Asuka fu quello che più stupì tutti quanti. La ragazza era visibilmente traumatizzata. Nemmeno riusciva più a piangere. Soltanto guardava confusa Shinji, Rei e Misato. Il suo sguardo vagava tra volti conosciuti, ma le sembrarono tutti tre estranei in quel momento. Che erano quelle due donne? E quell’uomo era ancora il suo Shinchan? Le lacrime di Misato per Shinji bagnavano ormai il tavolo. Erano molte Asuka le contò. Una... due... tre... quattro... lacrime. Lacrime. Pianto. Il pianto vuol dire tristezza. Tristezza vuol dire solitudine. Lei non voleva stare sola, quindi non doveva piangere. Mai più. Ed infatti le lacrime non arrivavano ai suoi occhi. Suicidio. Shinji aveva tentato il suicidio. Ma perché? Perché lei era andata via. Allora la colpa era... sua! Improvvisamente Asuka fu presa da un tremito. Prima soltanto le mani, poi sempre più velocemente tutto il corpo. Ogni centimetro del suo corpo tremava. E si mise a singhiozzare, senza perdere una sola lacrima. Al sentire quei singhiozzi Shinji alzò il viso seguito a ruota dalle altre. Nel frattempo Asuka sembrava caduta in un universo tutto suo. Era pallida più di un lenzuolo, tremava già di per se, ed il suo corpo era scosso da violenti tremiti dovuti ai singhiozzi. Il viso ormai era completamente asciutto. Mai più una lacrima. Sembrò svegliarsi quando chiese a Shinji:
- Perché? È stata colpa mia?
Shinji si dimostrò più che sconvolto.
- Ma che stai dicendo Asuka... non è stata colpa tua se te ne sei andata... lo sai che è stata colpa mia più che altro...
- No. Non è vero. Se io avessi capito i tuoi sentimenti per me prima, i tuoi livelli di sincronia non si sarebbero abbassati, e il comandante non mi avrebbe mandato in Germania. E tu non avresti...
- Asuka, è stato solo un gesto di depressione momentanea. Infatti sono uscito quasi subito dalla macchina...
Asuka intuì che doveva avere tentato il suicidio in una macchina. Magari con il tubo di scappamento collegato all’interno ed i finestrini chiusi. Probabilmente aveva voluto avvelenarsi con il fumo di scarico.
- Ma non importa... tu hai comunque... oh mio Dio...
- Asuka, non devi più pensarci.. è passato. Ora siamo qui, e stiamo bene. Tutto si risolverà, non devi preoccuparti...
Ma Shinji si accorse di parlare da solo, perciò rimase in silenzio. Il senso di colpa assalì Asuka, chiudendole il cuore in una morsa di ferro e stringendolo fino a farlo diventare minuscolo. Avrebbe voluto piangere, scaricarsi, abbracciare Shinji e cedere alla tentazione di spendere tutte le sue lacrime in quel momento, ma si era ripromessa di non piangere più. Improvvisamente si accorse di non sentire più le gambe, ed in un solo secondo perse tutte le sue forze. Cadde per terra seduta esausta mentre la pressione della colpa e della tristezza la schiacciava sempre di più al suolo. Shinji corse verso di lei, ma quando le prese il volto fra le mani lei era già svenuta.
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Asuka aprì lentamente gli occhi accorgendosi di essere nel letto di qualcuno. Sicuramente non era il suo letto in Germania. Le sembrava di stare su qualche cosa di duro. Improvvisamente si ricordò: maledetti giapponesi con la loro mania assurda di dormire sui futon... dischiuse completamente gli occhi stupendosi di non provare fastidio per la luce del giorno. Ovviamente, anche perché era notte. Si accorse di non essere sola e si voltò. Si presentò anche il mal di testa alla già lunga lista dei suoi problemi. Shinji era soprappensiero, e non si era ancora accorto che lei si era svegliata, per via dell’oscurità. Per richiamare la sua attenzione si limitò a mugolare.
- Mh...
- Oh, Asuka, ti sei svegliata...
Shinji parlava col sorriso sulle labbra, ma era triste. Dal tremolio della sua voce Asuka poteva capirlo facilmente.
- Ayanami è ancora qui?
- No, se n’è andata ormai da tempo...
- Misato?
- Dorme. Hai idea di che ora sia? Sono le quattro di notte...
- Perché non dormi anche tu?
- Volevo prima aspettare che ti svegliassi. Mi hai fatto preoccupare prima...
- Scusa... per tutto...
- Non dire scusa Asuka, mi hai insegnato tu che non va bene...
Asuka sorrise ripensando ai tempi in cui erano ancora quindicenni; erano felici, malgrado tutto. Certo, l’adolescenza crea sempre qualche problema, ma in confronto a quelli dell’età adulta... bazzecole...
- Asuka...
- Si?
- Asuka, io vorrei sapere perché sei tornata...
- Ma che cosa dici baka?
No, quel baka non era cattivo... A Shinji sembrava detto con dolcezza, ed anche il sorriso che lei aveva stampato in faccia sembrava confermare la sua ipotesi...
- Intendo dire che... insomma... quando te ne sei andata, quattro anni fa, ho sofferto molto, e non credo che potrei sopportare di separarmi di nuovo da te...
- Che faresti, tenteresti di nuovo il suicidio?
Certo che in quanto a tatto era rimasta tale e quale a prima... quella domanda ebbe l’effetto di fare incupire abbastanza Shinji. No, aveva sbagliato a dire quello. Pensò di risollevare un po’ la situazione. Perciò si mise in ginocchio e sorrise nella maniera più dolce che poteva. Shinji alzando gli occhi credette di vedere un angelo. Bella come mai, nella penombra, con la camicia da notte di Misato addosso (immaginatela come qualcosa di abbastanza sexi...^_^) e con quel sorriso... lei gli mise le braccia sulle spalle e poi, avvicinando il volto al suo sussurrò:
- Sono tornata perché ti amo Shinchan... e non ti lascio più...
Poi lo baciò. Quella fu una notte molto lunga. E quella volta non li interruppe nessuno...
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Dormire? E per quale motivo? A chi sarebbe importato se lei avesse dormito o meno? A chi sarebbe importato se lei fosse addirittura morta? A nessuno. Non al comandante Ikari, che era disposto a sacrificarla un’altra volta per il suo stupido piano. Anzi no, lui l’aveva già sacrificata. Il gene di Lilith a quanto pareva era già dentro di lei, e sarebbe stata solo questione di tempo, prima che si attuasse la rinascita di Lilith tramite il suo corpo... a Shinji sarebbe importato? Forse, ma comunque lui adesso aveva Asuka che lo prendeva completamente... quando lei era svenuta l’aveva cacciata di casa in malo modo... a Misato? Non sentiva sentimenti forti di nessun genere provenire da Misato. A lei sicuramente non avrebbe fatto differenza... le sarebbe dispiaciuto solo dover cercare un sostituto che guidasse lo 00. Anzi, forse avrebbero distrutto la sua unità eva, perché tanto c’erano già lo 01 e lo 02. E comunque il comandante aveva già fatto ricostruire lo 03, e probabilmente Toji avrebbe acconsentito a pilotare di nuovo l’eva. Anzi, forse non sarebbe esistito niente di tutto questo. Anche perché se il comandante fosse riuscito ad attuare il suo piano sarebbe stata la fine del mondo. Di nuovo. Ripensò a tutti i volti che le erano conosciuti. Una volta entrata nell’ottica di dovere morire comunque si rese conto di non provare rancore per nessuno di loro. Nemmeno per Soryu. Provava solo pena per coloro che volenti o nolenti sarebbero entrati a far parte del crudele piano del comandante. Shinji... lui sarebbe morto. Asuka, sarebbe morta. Misato, Ritsuko, Toji, Kensuke, Hikari. Tutti sarebbero morti. Anche lei sarebbe morta, ma lei non aveva nessuna voglia di vivere. Lei si sarebbe liberata da un peso, morendo. Avrebbe sollevato lei stessa dal peso della vita e gli altri dal peso della sua presenza. Sarebbe stato un bene. Ma loro non ne avrebbero goduto, perché sarebbero morti insieme a lei. Pensò che avrebbe voluto almeno un solo bacio da Shinji prima di morire. Almeno uno. Invece avrebbe dovuto pensarci prima, perché adesso quel desiderio non era più avverabile. Rei si sentì in colpa anche per questo. Ma... il pensiero che gli altri dovessero soffrire affiorò velocemente alla sua mente. Si, sarebbero morti, ma avrebbero sofferto? Oppure sarebbe stata una morte dolce, come mettersi a dormire? Lei non voleva essere causa di altre sofferenze. Ripensandoci... non aveva tanta voglia di morire... Rei pensò che forse la sua vita sarebbe potuta migliorare... forse si sarebbe trovata un altro ragazzo da amare... un’altra casa... un’altra vita. Forse avrebbe potuto lasciare in pace Asuka e Shinji e magari sarebbe anche diventata amica della rossa, chissà... Poi cominciò ad immaginarsi come una persona normale. Che alla mattina si alza alle sette, saluta il marito ed i figli, necessariamente due un maschio ed una femmina, e poi va a lavorare, per ritirarsi a pranzo. Che va in vacanza d’estate ed a Natale. Che va a fare shopping con le amiche e fa l’amore con l’uomo che ama. Una donna normale. Forse poteva ancora avere tutto questo... morendo, certo non avrebbe risolto niente. Allora come fare? Ribellarsi? Ma con l’aiuto di chi? Di Shinji? Di Asuka e degli altri? Immersa tra questi pensieri Rei scivolò nel sonno. E dormendo continuò a pensare a cosa fare.
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- Shinchaaaaaaaaaaaaaaan!!! Shinchaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!!! Dannazione a te, perché dormi ancora???
Shinji aprì gli occhi di scatto.
- Asuka, smettila di urlare così! Forse Shinji sta ancora dormendo!
Il ragazzo si alzò ed accorgendosi di essere nudo venne preso da imbarazzo. Raccolse da terra tutti i vestiti che erano sparsi un po’ qua ed un po’ là e si ricompose. Dopodiché uscì, ed ascoltò Asuka e Misato che parlavano animatamente. Accidenti, quelle due non sapevano proprio andare d’accordo...
- Mi sembra logico che dorma ancora, infatti non è qui per dimostrare che è sveglio! Ed è per questo che voglio svegliarlo.
- Ma che razza di discorsi contorti fai?
Misato aveva una comicissima espressione interrogativa dipinta sul volto.
- Ah, ma non capisci? Dovremo pur agire in qualche modo, per fermare questo scempio! E siccome io non posso e tu nemmeno, Shinji che è quello con più esperienza in questo campo, deve intervenire.
Shinji comprese che stavano parlando di suo padre. Uscì allo scoperto.
- Non potete fare a meno di parlare di quello che sta combinando mio padre? E comunque io non sono la persona più adatta a risolvere il problema...
- Io stavo palando delle tue ciambelle baka. Se tu non ti sbrighi a renderle più mangiabili entro subito, noi tutti mangeremo schifezze per colazione...
- Ah, capisco...
Misato cominciò a soffocare dalle risate, ed anche Asuka non era da meno. Lui era l’unico baka che invece moriva di vergogna. Era proprio un idiota...
- Avanti Shinchan, non ti imbarazzare troppo...
Asuka aveva una vestaglia molto sexi addosso. Cavolo, dopo quella notte non avrebbe mai più potuto vederla in maniera normale. Ogni suo sguardo, ogni suo movimento aveva un che di sensuale che riusciva a fare girare la testa a Shinji. E tutto questo, Asuka lo leggeva nei suoi occhi. Per questo motivo gli si avvicinò, ed abbracciandolo da dietro gli sussurrò all’orecchio:
- Fantastico, davvero fantastico...
Entrambi sapevano di che si stava parlando, e malgrado Misato facesse di tutto per non mostrarsi interessata, per non aumentare il già eccessivo imbarazzo di Shinji, anche lei aveva capito. Mentalmente sorrideva. In quel momento qualcosa entrò come una furia nella stanza, spalancando la porta.
- Accidenti! Ho scordato la porta aperta anche ieri notte!
- Ma sei scema??? Sarebbe potuto entrare chiunque!!!
- Asuka! Sono più grande di te! Devi portarmi rispetto!
- Ah, già... dimenticavo che adesso hai 33 anni...
Asuka l’aveva detto in maniera davvero maliziosa... Shinji stava ridendo allegramente, ma poi si ricordò che qualcuno era entrato dalla porta. Perciò si voltò verso l’entrata e vide Rei. Era vestita in maniera diversa dal solito. Una volta tanto era proprio carina. Cioè, non che fosse una brutta ragazza, ma era sempre stata l’opposto di Asuka: ovvero non faceva niente per valorizzarsi. Oggi invece era vestita in maniera adorabile... con un dolcissimo vestitino rosso con un laccetto giallo che lo stringeva in vita, ed un paio di sandali bianchi con una riga verde abbastanza spessa. Rei era rimasta a guardare la scena di Asuka e Misato che litigavano ignorandola completamente con una strana espressione. Improvvisamente sentì di voler completamente cambiare atteggiamento con tutti loro. Tanto Ikari non l’avrebbe amata mai, ed anche se il pensiero non era proprio roseo, ci si sarebbe dovuta abituare. Perciò sorrise e salutò.
- Buongiorno!
Immobilità. Misato ed Asuka stavano già lottando per terra tra morsi, tirate di capelli ed insulti, ma voltandosi verso il lato dal quale proveniva la voce rimasero a dir poco stupite...
- KAWAII!!!
Asuka si era letteralmente lanciata su Rei, ed adesso la osservava da tutte le parti tempestandola di complimenti sul come le stesse bene quel vestito e consigliandole di farsi vedere in giro così carina più spesso. Rei era imbarazzata, ma non le dispiaceva essere colmata di attenzioni in questo modo. Perciò Asuka non era più arrabbiata con lei... Bene!
- Io... io volevo chiedervi scusa per ieri...
- Cosa?
Asuka smise di girarle attorno.
- Bè, si... per come vi ho trattati male... scusatemi...
Asuka fece un’espressione serissima, e questo spaventò un po’ Rei. Forse non la volevano perdonare? Lo spavento durò poco, perché immediatamente Asuka sorrise e disse:
- Acqua passata, Ayanami!
Ha! Bellissimo! Lei l’aveva perdonata! Ed Ikari? Lui l’avrebbe perdonata?
- Rei, ti rendi conto delle cattiverie che hai detto ieri, vero?
- Si Ikari. Ed è per questo che sono mortificata... ma non cambia il concetto principale di quello che penso. Su quello sono irremovibile.
Asuka parlò:
- Il concetto principale è che sei innamorata di Shinchan?
- Si... mi dispiace...
E dicendo questo si inchinò come se dovesse chiedere scusa della cosa più spiacevole del mondo.
- Non devi preoccuparti! Non posso mica pretendere di essere l’unica che può essere innamorata di lui! Naturalmente non posso uccidere chi gli va dietro. A meno che lui non mi tradisca.
Si voltò versò Shinji con uno stranissimo sguardo assassino sul volto.
- Ma in questo caso ucciderei lui...
- Ma che dici Asuka??? Io non ti tradirei mai!!!
- Certo, perché ci tieni alla pelle...
- Ma... uffa!
Finì a risate. I quattro non riuscirono a fare altro per ore.
^^^

- Ma adesso parliamo di cose serie, per favore...
La voce di Misato era tornata seria di botto. Quasi non avesse riso mai.
- Misato ha ragione... ragazze, dobbiamo affrontare il problema.
Le due rimasero zitte. Poi Rei sentì di dover dire come si sentiva.
- Ragazzi... io... credo di essere io il problema...
- Ma che cavolate stai dicendo Ayanami? Tu non sei un problema!
- Il gene di Lilith è impiantato dentro di me, no? Quindi se io morissi...
- Non pensarlo neanche per scherzo.
- Ikari...
- Oltre al fatto che non voglio vederti morta, significherebbe darla vinta a mio padre, ed io non voglio.
- Allora: di ammazzarti non se ne parla nemmeno per scherzo Ayanami. Più che altro si tratterebbe di togliere di mezzo un certo comandante...
Rei si lasciò sfuggire una risatina per quell’uscita di Asuka.
- Perché ridi? È ovviamente lui il problema! Quest’uomo sa combinare solo casini!
Rei stava soffocando dalle risate. Cosa alquanto strana.
- Adesso basta Asuka. Dobbiamo davvero parlare seriamente!
Shinji era esasperato.
- Va bene... Perdono?
- Ma certo, non ti preoccupare... Dunque. Prima di tutto dobbiamo fare estrarre il gene di Lilith da Rei...
- Un... un’operazione? Ma non posso farmela fare da un medico qualunque!!!
- Perché?
La domanda di Asuka sembrava legittima: perché non poteva farsi operare da un medico normale? Poi la risposta arrivò.
- Io... sono un robot... Non posso farmi operare da un medico. Ci vuole un tecnico...
Rei si era proprio buttata giù dopo queste parole. Sentiva la sua diversità, ed era convinta che gli altri la odiassero per questo. Ma ci pensò Asuka, con la sua spontaneità a sollevarla. La ragazza le mise un braccio attorno alle spalle ed urlò:
- Oh bè! Io non mi preoccuperei mica se fossi in te! I medici al giorno d’oggi fanno proprio schifo! I tecnici sono molto più qualificati! Pensa che in Germania mi sono rotta una gamba e ci sono volute 4 ore di intervento per rimettermi in sesto! Ma dico! 4 ore!!! Un tecnico ci avrebbe messo molto di meno. Ritieniti fortunata invece di piangerti addosso!
Rei sorrise. Asuka non era per niente una cattiva ragazza. Avrebbe voluto accorgersene prima. Però forse era cambiata in Germania, perché non si ricordava che fosse così cordiale quattro anni prima. Il cellulare di Misato squillò proprio in quel momento, rompendo la dolce atmosfera che si era venuta a creare.
- Scusate... Pronto? Ah Ritsuko, sei tu... COSA??? Uno solo??? E qual è la notizia ancora più brutta? No... non è possibile, vero? È uno scherzo? Oh no... Allora non c’è modo di... Va bene... stiamo arrivando.
Poi la donna chiuse il telefono e guardò gli altri ragazzi con aria grave.
- Ragazzi... era Ritsuko. Mi ha dato due notizie. Una è brutta...
- E l’altra?
- Ancora peggiore.
- Cominciamo con quella semplicemente brutta, ok?
- Ok. C’era un solo tecnico al mondo che fosse a conoscenza dell’impianto del gene di Lilith nel corpo di Rei. Quindi era l’unico in grado di fare l’impianto e l’espianto.
- Era?
Rei era davvero preoccupata. No. Non voleva morire... Non voleva più morire! Non ora che aveva trovato dei veri amici!
- E qui entra in gioco la pessima notizia. Quell’uomo è morto ieri.
- Cosa?
Lo sguardo sconvolto di Asuka era comune anche a Shinji e Rei.
- E’ stato fatto ammazzare da non si sa chi. Ritsuko pensa...
- BASTARDO!
Shinji si era alzato in piedi furente. Avrebbe spazzato via il mondo, se avesse potuto.
- Quel fottuto bastardo di mio padre! È stato uno dei suoi cecchini, ne sono certo! Ma non gli basta rovinarci la vita! Vuole anche toglierci ogni possibilità di aggiustare la situazione! Ma io non lo sopporto più!
Così dicendo uscì sbattendo la porta.
- Aspetta Shinji! Abbiamo appuntamento con Ritsuko!!!
Ma lui già non c’era più.
- Andiamo ragazze! Dobbiamo andarlo a recuperare prima che faccia qualche pazzia tipo litigare col comandante Ikari!
Le tre donne si alzarono da terra contemporaneamente ed uscirono.
^^^

Shinji si stava aggirando per i corridoi della NERV da qualche secondo. A chi non lo conoscesse sarebbe sembrato che si fosse perso, e stesse cercando in qualche modo di trovare l’uscita, ma in verità Shinji sapeva benissimo dove stava andando. Dopo così tanto tempo conosceva come le sue tasche tutta la NERV, al contrario di Misato. Ed adesso stava andando da suo padre? Certo, ma non dove tutti si aspettavano si trovasse, ovvero nella sala di comando con l’albero della vita stampato dovunque compresi tetto e pavimento. Shinji sapeva che suo padre non si trovava lì. Aveva come la netta sensazione che si trovasse nel Terminal Dogma. Il Terminal Dogma. Ovvero il punto più profondo della NERV. Quello più nascosto ed appartato. Quello dove Rei riposava prima del Third Impact. Più Shinji ci pensava più gli pareva odioso che suo padre usasse così una persona. Detestava dovere per forza avere un legame di sangue con quell’uomo. Fortunatamente il cognome che portava non era di quel mostro. Ikari era di sua madre. L’unica cosa che non gli piaceva era che anche suo padre avesse quel cognome. Non lo meritava. Il Terminal Dogma era la parte più difficile da raggiungere. Chi non conosceva bene il tragitto rischiava di perdersi in quel dannato labirinto. Normalmente ci sarebbero voluti venti minuti per arrivare là sotto, ma la rabbia di Shinji era tale che non vedeva l’ora di arrivare lì. Per dirne quattro a suo padre. Dio quanto avrebbe voluto ammazzarlo dopo innumerevoli torture. Lo odiava. Lo avrebbe odiato sempre. Quell’uomo non gli aveva mai voluto bene. Aveva fatto soffrire tutti quelli che lui amava. Ed aveva ucciso sua madre. Non aveva nemmeno avuto rispetto della sua memoria, usando i suoi geni per creare Rei. Ed adesso voleva usarla di nuovo. Utilizzare Rei, la sua amica più cara per i suoi loschi scopi. Aveva distrutto la sua vita allontanandolo dall’unica donna che avesse mai amato. lo aveva allontanato da Asuka. La sua Asuka. Sarebbe morto per questo avrebbe pagato per tutte le sue malefatte. Quasi senza rendersene conto arrivò al Terminal Dogma. Aprì il portone ed entrò. Lui era lì. Davanti all’immensa croce che una volta era stato il luogo di riposo di Lilith. Era voltato di spalle, con le mani dietro la schiena. Sembrava non essersi accorto che Shinji era là dietro e lo fissava con rabbia.
- Perdi tempo, papà?
- Shinji. Sapevo che mi avresti cercato.
- Davvero? E come avresti fatto a saperlo?
- Me lo sentivo. I padri sentono certe cose...
- Non... dirlo... nemmeno... per... scherzo. Io non voglio essere tuo figlio.
L’uomo si voltò, con un ghigno quasi demoniaco sul volto.
- Ma lo sei Shinji. Quest’idea ti fa schifo? Nelle tue vene scorre il mio stesso sangue. Mi credi un bastardo? Ebbene, quando sarai più grande lo diventerai anche tu!
- No...
- Ti faccio schifo? Ebbene, quando tuo figlio avrà la tua età di adesso anche tu farai schifo a lui!
- No!
- Mi credi un essere insensibile?
L’espressione di Gendo adesso era cambiata. Non era più diabolica, come se lo stesse prendendo in giro. Adesso era come se fosse serio e riflessivo. Era triste. E sembrava arrabbiato col passato.
- Mi credi insensibile? Bè, prova tu a vivere con un solo obiettivo in testa: riunirsi a tua moglie che è morta per colpa di un dannatissimo evangelion. Col senso di colpa di non avere capito di amarla alla follia in tempo per fermare la sua morte! Prova tu a vivere dopo avere scoperto che la gente pensa solo a sfruttarti. Prova tu a vivere dopo che il mondo ti toglie l’unica cosa di cui ti importa veramente!
Gendo si era veramente lasciato andare. Urlava. Si stava sfogando di tutte le angherie subite. Di tutte le sue sfortune. Ma il figlio fu più forte. Lo guardò fisso negli occhi e decise di rinfacciargli adesso tutto quello che aveva dovuto soffrire per colpa sua. Senza nemmeno alzare la voce.
- Mia madre è morta per un esperimento che tu portavi avanti. Te ne sei andato quando io avevo solo dieci anni, o giù di lì. Mi hai richiamato dopo tre anni perché ti servivo, senza dirmi nemmeno che ti ero mancato e mandandomi incontro ad una morte certa, che io ho evitato solo perché sono stato più forte. Hai usato i geni di mia madre. La donna che dici di amare alla follia. Li hai usati per clonarla e fare cocktail genetici con gli angeli e creare Rei, che hai poi usato per fare le tue schifezze. Mi hai allontanato da Asuka. Mi hai fatto soffrire come un dannato, brutto pezzo di merda, ed io non avrò mai, ripeto MAI compassione o pena per te. Ti odio troppo.
Poi Shinji si voltò e cominciò ad avviarsi verso l’uscita dalla stanza. Lo aveva già visto abbastanza per quel giorno. Non aveva intenzione di rimanere lì un secondo di più. Prima però decise di dirgli un’ultima cosa.
- Sappiamo cosa hai fatto a Rei. Di nuovo. Stavolta non ce la farai.
Dopodiché si voltò ed uscì.
- Allora sapete, eh? Mi dispiace... non avrei voluto eliminarvi così presto...
^^^

Solo dopo essere uscito di lì Shinji realizzò di avere commesso l’errore più grande della sua vita. Cazzo, aveva detto a suo padre che loro sapevano tutto di quello che stava combinando! Ma era completamente impazzito??? Quello era il nemico ed ora per colpa sua sapeva tutto! Chissà adesso cosa avrebbe combinato... sarebbe stato capace di sterminare tutti! Come fare??? In quel preciso istante gli venne in mente una sola cosa... Risalì velocemente ai piani superiori della NERV e per fortuna i primi che incontrò furono proprio Asuka, Rei e Misato.
- Ragazze, dobbiamo scappare di qui!
- Cosa?
Misato era abbastanza stupita. Invece Asuka era proprio incazzata nera...
- Brutto baka che non sei altro!!! Sei andato a dire tutto al comandante, vero?
- Ma... come hai fatto ad indovinare?
Di fronte a Shinji c’erano tre donne con lo stesso sguardo. Quando tre donne hanno lo stesso sguardo sanno essere davvero pericolose. E quelle tre, tra l’altro, erano anche incazzatissime...
- SHINJI SEI UN IDIOTA!!!!
L’urlo risuonò per tutta la NERV. La scena che adesso dovete immaginare è: Shinji è per terra, sepolto sotto le ragazze. Asuka è sopra di lui e lo prende a ceffoni, Rei è alla sua sinistra e gli tira i capelli, e Misato è alla sua destra e gli molla pizzicotti a non finire.
- Ahi! Ahi!!! Ragazze, vi prego, ridimensionatevi!!!
- Tu! Tu sei un idiota!!! Non ti basta che dentro di me ci sia il seme della distruzione del mondo! Devi pure andare a dire tutto al nemico!!!
- Io ti ammazzo! Ma come posso amare un deficiente del genere!
- Ed io che con te ci vivo da quasi cinque anni! Non mi ero mai accorta che tu fossi così coglione!!!
- Oh, vi prego... vi scongiuro... adesso dobbiamo pensare a fuggire!!!
- Ok, ok... ragazze!
Misato era stata la prima ad alzarsi, e dopo aver recuperato il suo self control aveva richiamato all’ordine le altre due indemoniate che nel frattempo avevano reso Shinji un livido ambulante.
- Shinji, prima che tu scappassi come una furia per andare a firmare la nostra definitiva condanna a morte spifferando tutto al comandante Ikari, io ho detto alle ragazze che Ritsuko vuole vederci. Vuole parlarci a quattrocchi.
- E perché?
- Non mi ha detto niente, ma credo che abbia un piano...
- Capisco... anche lei dovrà fuggire con noi?
- Mi pare ovvio. Anche lei è in pericolo, adesso che tu...
- SI, OK! Ho capito, non me lo rinfacciare più.
- Va bene Shinchan, non te lo rinfacceremo più. Adesso ci vogliamo muovere prima che il comandante decida di radere al suolo la NERV con noi dentro?
^^^

- Che cosa ha fatto Shinji???
Ritsuko sembrava a dir poco sconcertata.
- Shinji! Ma come ti è saltato in mente di dire proprio a lui che noi sapevamo tutto!
- Ok, ho capito, se me lo dite un’altra volta giuro che andrò a suicidarmi...
- No Ikari, non c’è bisogno di ricorrere al suicidio...
- Ayanami, grazie...
- Posso ucciderti anche io seduta stante!
- Ma... ma Ayanami!
- Avanti Rei, calmati. Dunque Ritsuko, di cosa volevi parlarci?
- Ragazzi miei, una tragedia! Il tecnico...
- Si, quello lo sappiamo già.
- Ah. Ok. Dunque... la situazione è davvero grave. Io non posso procedere.
- Ma tu sei una tecnica Ritsuko! Sei un genio coi computer! Come è possibile che tu non possa mettere mano su Rei?
- Misato!
Solo allora la donna, girandosi, capì che non doveva dire tutto quello che aveva invece detto. Rei, alle sue spalle, era zitta, ma piangeva. Anzi, singhiozzava abbastanza rumorosamente.
- A-Ayanami...
Rei scoppiò.
- SI, VA BENE? SONO UN ROBOT! NON SONO UN VERO UMANO, E PER DI PIù SONO IL MEZZO ATTRAVERSO CUI SI COMPIRà LA FINE DEL MONDO! VA BENE ADESSO? VI SENTITE REALIZZATI?
- Ma Rei... scusami, io non intendevo offenderti...
La tensione per la ragazza dai capelli azzurri era stata troppo forte. Per anni lei aveva vissuto col peso di essere solo un robot, un clone di una persona che aveva vissuto prima di lei. Lei era cresciuta con la consapevolezza di essere solo un mezzo per attuare un piano. Non se ne era mai lamentata. Non aveva mai detto o fatto niente per cercare di migliorare la sua condizione, né per cercarsi degli amici. Per paura di affezionarsi troppo, perché fin dall’inizio della sua esistenza Rei aveva saputo di essere stata creata per morire, un giorno. Ma adesso delle persone le avevano dimostrato di volerle bene, di essere seriamente preoccupati per lei. Almeno da loro si sarebbe aspettata un po’ di comprensione e compassione. Almeno da loro si sarebbe aspettato che non le venisse rinfacciata ogni secondo la sua reale origine. Almeno da loro si sarebbe aspettato che facessero di tutto per alleviare la sua pena! Ed invece loro non facevano altro che ricordarle in ogni momento che era un robot. Che aveva bisogno di un tecnico. Che era anormale e che era un pericolo per il resto del mondo. Soltanto Asuka aveva cercato di farla ridere. E ci era riuscita. Lei sola si era comportata da vera amica. Shinji stava pensando che Rei doveva essere davvero sotto pressione in quel momento. Insomma, aveva da poco scoperto che la persona di cui si fidava, ovverosia suo padre, non voleva altro che farla sacrificare un’altra volta, soltanto per un suo scopo ultimo che altro non era il Fourth Impact. Inoltre aveva anche capito che non aveva speranze di mettersi con lui, anche perché lui amava Asuka. Per di più le pesava il fatto di essere diversa dagli altri. Lei, che lo accettasse o meno, era un robot. E non poteva fare niente per cambiare questa sua condizione. E la cosa non doveva essere proprio facile da accettare. Misato si sentiva in colpa per quello che aveva appena detto. Insomma, Rei era stata gentile fino ad adesso. Non aveva mai fatto niente di male, anzi, quando aveva saputo tutta la verità era stata abbastanza veloce ad accettare il tutto ed a scegliere di collaborare con loro, ben sapendo che per lei ci sarebbero state ben poche probabilità di salvezza. Ed adesso stava cercando di essere gentile con tutti. Anche con Asuka, che aveva sempre fatto capire di non sopportare. E lei la ripagava in questo modo. Ricordandole in ogni momento cosa era. Facendola deprimere. Tutti pensavano a qualcosa di triste in quel momento, ed avrebbero continuato di questo passo in eterno, magari aspettando anche la fine del mondo, se il vero carattere di Asuka non si fosse svegliato proprio in quel momento. La ragazza vedeva tutte le persone a cui teneva rompersi in pezzi davanti ai suoi occhi, e questo non avrebbe mai potuto sopportarlo. Inoltre, c’era un impatto da fermare. Non poteva permettere loro di rimanere in catalessi ancora per molto, perciò decise che li avrebbe svegliati da quello stato pietoso. A costo di farsi odiare.
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- Ma bene bene... chi abbiamo qui?
Shinji, Misato e Rei, risvegliati dalla trance di qualche secondo prima, appena alzarono gli occhi, credettero di rivedere la stessa Asuka che conoscevano ai tempi della scuola. Davanti ai loro occhi si parava una spavalda ragazza dritta, con sguardo beffardo e straordinariamente sicura di sé.
- Bè? Che hai allieva modello?
Disse rivolta a Rei.
- Ti è già passata la voglia di provare a salvare questo cazzo di pianeta? O forse sei troppo affezionata a quel bastardo del comandante Ikari per potere andare contro di lui? Ah, già, l’allieva modello fa solo ciò che le ordina il paparino, non ha un minimo di volontà personale. Perché sei venuta fino a qui con noi? Per fermarti adesso? O forse sei una spia...
- Ma Soryu...
- E poi chi c’è? Ah, baka Shinji... un idiota come te non me lo sarei mai voluto ricordare. Forse avrei fatto meglio a restare in Germania, sai? Sei proprio uno spallettato... Anche tu hai paura di andare contro il paparino? Certo che tu e lei siete proprio uguali, sembrate quasi fratelli... ah, scusate, geneticamente lo siete pure...
- Ma... Asuka, perché dici questo?
Ad Asuka piangeva il cuore a dover dire certe cose, ma era l’unico modo per scuoterli un po’ nell’animo. La ragazza sperava solo che loro capissero che lo faceva per aiutarli, e non la scacciassero via. Dopodiché si voltò verso Misato per l’ultima ramanzina.
- Ed ecco qui Misato Katsuragi. La donna fallita per eccellenza. Lei...
Ma non ebbe il tempo di terminare il suo profondo pensiero che si sentì stringere in un abbraccio da qualcuno. Profumo, che assomigliava un po’ a quello di sua madre. Di chi erano quelle braccia gentili che la stringevano in un abbraccio così dolce? Era Misato? Si, era lei...
- Basta Asuka, non c’è bisogno che tu dica più niente. Ho capito le tue intenzioni...
Ma davvero Misato era stata capace di capirla istantaneamente? Asuka si sentì sollevata. Così non avrebbe più dovuto dire cattiverie.
- Asuka, sei... sei davvero unica. Solo tu potevi pensare di svegliarci prendendoci in giro. Però si è rivelata un’arma efficace. Non dobbiamo perderci d’animo.
Poi la donna si voltò verso gli altri.
- Ha ragione Asuka. Vogliamo farci forse sopraffare dalla tristezza mentre abbiamo un mondo da salvare?
Un sorriso si dipinse veloce sui volti di tutti, e le teste si mossero in sincronia verso la stessa direzione. Le teste si mossero in sincronia per dire NO!
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- Io sono stanco Misato!
- Shinji, ti prego, non parlare...
Il gruppo camminava instancabilmente ormai da quasi tre ore. La destinazione? È complicato sa spiegare... Facciamo un passo indietro, a tre ore prima, ai confini di Neo Tokyo.
- Dovremo trovare un luogo dive nasconderci, adesso che Ikari ha detto tutto al comandante...
- Rei ha ragione...
Asuka sembrava scocciata.
- Adesso che Shinchan ha detto tutto al comandante Ikari non possiamo più restare a Neo Tokyo...
Shinji era al limite della sopportazione. Ma perché? Perché continuavano a ricordargli questa cazzata? Era pentito, non avrebbero dovuto continuare. Asuka si accorse che Shinji si era un po’ rattristato, perciò pensò di risollevare la situazione, come spesso ormai faceva.
- Shinchan, non te la prendere... si fa per scherzare...
Shinji si tranquillizzò, ma il velo di tristezza che traspariva dagli occhi di Asuka gli lasciava intuire che era davvero dispiaciuta di lasciare di nuovo Neo Tokyo.
- Allora, facciamo un ragionamento sensato, ci state?
Misato sembrava entusiasta da quell’idea, e si era già messa accanto a Ritsuko, per poter chiederle informazioni più discretamente, se ne avesse avuto bisogno.
- Dunque, il mio ragionamento è: non possiamo più rimanere in questa città? Andiamo in un’altra città!
Shinji intervenne stizzito.
- Ragionamento sbagliato nella conclusione, Misato. Pensi che la NERV non ci troverebbe, anche se cambiassimo città? Dovremmo trovare un posto improbabile...
- Ma CERTO! Ikari ha ragionissima! Dobbiamo trovare un posto in cui non cercherebbero mai!
- Scusami Ayanami, ma non ti seguo...
- Questo è ovvio perché sei un baka... Io ho già capito cosa intende Ayanami...
- Davvero Soryu?
- Ma è ovvio! Io sono intelligente... ricordate la mia laurea in fisica?
- Soryu... non ti vantare...
- Ops... scusate, ma ogni tanto mi scappa ancora... Dunque, ma torniamo a noi: Misato? Non è che nelle vicinanza c’è un bosco? Una piccola foresta?
- Non ci posso credere, aveva capito davvero quello che volevo dire...
- Ayanami, ti stacco la testa...
- No, scusa Rei, tu hai intenzione di farci nascondere tutti nel bosco per sfuggire alla sorveglianza della NERV?
- Bè, l’idea a grandi linee era questa...
- Ma certo!
Adesso era Ritsuko ad essere intervenuta.
- Poi, con comodo, potremmo progettare l’attacco con gli eva!
- Scusate, ma non vi seguo più...
Misato si era seduta su una panchina, con le mani tra i capelli per l’improvviso mal di testa.
- Misato, non pensavi davvero che saremmo rimasti nell’inattività più totale, no? Io avevo in mente fin dall’inizio di nasconderci per un po’, per poi intrufolarci nella NERV e distruggerla con gli eva!
- Ah, ora ho capito...
- Perfetto. Allora, vuoi rispondere alla mia domanda? Questo benedetto bosco?
- Ah, già, ce n’è uno proprio dietro a quella montagna, dovremmo arrivarci in meno di un’ora... seguitemi...
Dopo tre ore.
- Io sono stanco Misato!
- Shinji, ti prego, non parlare...
- E invece no!
La rossa si era appena fermata, saltando in piedi dopo essere caduta in ginocchio dalla stanchezza.
- Shinchan ha perfettamente ragione! Avevi detto che la montagna distava appena un’ora a piedi, e noi è tre ore che giriamo qui, e mi sembra ancora lontana!
- Ma io in moto c’ero sempre riuscita in poco tempo...
- IN MOTO???
Rei era sconvolta.
- Morirò! Morirò ancora prima di fare sviluppare Lilith! Seppellitemi sotto il mio 00, per favore...
- Hei! È una bella idea! I children si faranno seppellire sotto i loro eva: io sotto lo 02, tu sotto lo 00 e Shinchan sotto lo 01. E staremo tutti accanto!
- Asuka, non ti permetto di parlare come se doveste morire da un momento all’altro... vedrai che arriveremo lì.
- Oh, Misato... io non dubito che ci arriveremo... MI CHIEDO SOLO QUANDO!!!
Così, i ragazzi si resero conto di essere arrivati ai piedi della montagna in appena 10 minuti. Già si intravedeva una fitta vegetazione rigogliosa dietro l’ammasso di terra e sassi. Rei fu la prima a gettarsi là dentro.
- Almeno ci sarà un po’ di fresco!!!
Tutti gli altri la seguirono entro breve.
- Ed adesso dove andremo a dormire?
Shinji aveva sul volto uno sguardo più depresso che mai.
- Non ti deprimere Shinchan, qualcosa troveremo...
Come per magia, dalla selva rispuntò Rei.
- Ho trovato una capanna, sembra disabitata, ma credo sia in buone condizioni!
Il classico colpo di fortuna al momento giusto.
- Visto Shinchan? Mai disperare... Andiamo!
- Ma perché tutte le donne che conosco non fanno altro che mettermi in ridicolo? Me tapino...
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La “capanna” che Rei aveva trovato altro non era che una fatiscente catapecchia ammuffita e piena di muschio. Da lontano era sembrata almeno accettabile, ma adesso che i cinque la guardavano da vicino...
- Oh mein Gott!
La rossa stava bestemmiando da almeno mezz’ora.
- AYANAMI! Sei una baka pure tu! Allora se devo chiamare te baka – Rei dovrò chiamare Shinji Do’hau... sto impazzendo!!! Ma perché capitano tutte a me!!! Nelle catapecchie adesso mi fanno vivere! Morirò! Avrei fatto meglio a rimanere in Germania!
- Asuka SILENZIO!
Asuka era rimasta quasi sconvolta dalla presa di posizione tanto diretta di Shinji, ma non lo aveva voluto fare vedere. Perciò con il suo sorriso più spavaldo si era voltata verso Shinji e dopo un mezzo inchino aveva detto:
- Come vuole sua maestà...
- Ti prego Asuka...
Shinji si stava massaggiando le tempie in preda ad un forte mal di testa.
- Amore, ringrazia che abbiamo trovato questo... ti ricordo che siamo in un bosco... non lamentarti e non fare sarcasmo. Piuttosto, vediamo come organizzarci per rimetterla a nuovo...
- Ok...
Tutti erano fermi davanti alla casetta. La guardavano tristi e sconsolati, e si chiedevano come avrebbero fatto a renderla almeno vivibile entro la sera, per riuscire a dormirci dentro senza la paura che il tetto gli cadesse sulla testa. Ci furono dieci minuti di silenzio. Poi Misato parlò.
- OK! Vogliamo muoverci o rimaniamo qua davanti per tutta la vita???
- Avanti... mettiamoci a lavoro...
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Dopo sei ore...
- Ma è tardissimo!!!
- E’ ora di cena e non abbiamo niente da mangiare...
- Per di più non è che la catapecchia si sia migliorata molto...
- Basta lamentarci! Asuka! Tu ed io andiamo a cercare cibo, Rei e Ritsuko a cercare legna e Misato darà gli ultimi tocchi alla casa. Sono stato abbastanza chiaro o devo ripetere?
Il nervosismo li aveva presi un po’ tutti. Per di più le ragazze (ovvero i 4/5 del gruppo) non avevano fatto altro che lamentarsi tutto il giorno. Era logico che Shinji adesso fosse su tutte le furie. Asuka sorrise ed annuì. Le piaceva quel nuovo Shinji sicuro di se. Era tanto, ma tanto...
- Asuka! Sveglia!
Il suo flusso di pensieri fu interrotto proprio da Shinji, che la stava chiamando per andare. Mentre si avviava verso il bosco, ad Asuka parve di vedere un velo di tristezza negli occhi di Rei, che fissava Shinji. Pensò che forse non era il caso di fare umorismo cattivo, ma poi la vera Asuka fu più forte...
- Ayanami, non preoccuparti, non lo violento mica...
Seguì rossore generale. La coppietta si allontanò tra le risate di Misato e Ritsuko e le urla di Rei che le inseguiva con un bastone di dieci metri in mano.
- Certo che Ayanami è molto cambiata, eh Asuka?
- Ti dispiace? A me piace molto di più così...
- Anche a me.
- Shinchan...
- Hey, hey... calmati… non in quel senso! Mi piace come un’amica e... e come una sorella, ovviamente.
- Mh... mi annoio...
- Asuka come è possibile che tu ti annoi anche camminando?
- E’ una cosa noiosa camminare, che ti pare...
- Bè, vorresti baciarmi per ingannare il tempo?
- Cosa?
Poi si misero a ridere ripensando a quella sera pazzesca. Ma fu una risata di pochi secondi, perché Asuka si rattristò subito.
- Shinchan, ti volevo chiedere scusa...
- Per esserti andata a sciacquare la bocca subito dopo il bacio quattro anni fa?
- Bè, si! Però io... ecco, non lo rifarei mai adesso... perché... io bè... quella volta... ero una sciocca, ovviamente... e poi mi sono sentita strana... ma non è stata una brutta cosa, quella volta... anzi, stranamente non è stato male come primo bacio... e...
- Oh, avanti, smettila di farfugliare...
E così dicendo le tappò la bocca con un bacio. Al termine:
- Mh... migliori di volta in volta amore... stasera mi piacerebbe tanto rimanere sola con te...
- Ah, Asuka... non sai a me, ma è impossibile, nella catapecchia c’è una sola stanza.
- Già, è vero...
Poi silenzio.
- UFFA!
I due avevano detto quella parola insieme. Segno inconfondibile che avevano tutti e due la stessa voglia.
- Oh, bè... non possiamo starci a pensare tutta la sera... non abbiamo ancora cercato niente da mangiare... sei tu l’esperto, Shinchan...
- Oh, io sono tutto tranne che esperto...
- Hei Shinji! Guarda là!!!
- Dove? DOVE???
- LA! Sotto quel cespuglio di bacche!
- Non vorrai mica mangiare bacche per cena???
- Ma no, baka! C’è uno zainetto! Controlliamo cosa c’è dentro!
- Oh... capisco...
Asuka si era fiondata sul minuscolo zainetto sotto il cespuglio che poi i ragazzi scoprirono essere more ottime, non bacche (e quindi ne presero anche un po’ per frutta), ma la cosa più stupefacente per entrambi fu il trovare, dentro lo zainetto, cinque panini, tre coche, una birra 100% malto ed un caffè. Quello zainetto sembrava essere stato messo lì apposta perché loro lo trovassero. Quando a cena lo raccontarono agli altri, Shinji espose l’idea che forse qualcuno aveva deciso di aiutarli, ma le ragazze lo zittirono subito con un calcio l’uno dicendogli che nessuno vorrebbe aiutare dei ricercati.
- Hahahahahahahahahahahahahahahaahah!!!
Misato era già ubriaca, dopo una sola lattina di birra.
- Misato, se non reggi bene l’alcol, non dovresti bere birra 100% malto!
- Sctai zitta hic, piccola impertinente hic! Io sciono più grande di te, capito?
- Tsk... vatti a coricare...
- Ragazze, vi prego, non litigate...
Era finita così la serata. A risate. I cinque erano davvero felici quella sera, nonostante la fine del mondo stesse per avvenire e fossero ricercati consapevolmente per tutto il Giappone. Non contava, perché erano insieme, da veri amici, e sapevano che nessuno avrebbe mai potuto sciogliere questo legame, che li stringeva ogni secondo di più. La classica sensazione di settimo cielo. Ma i casini erano appena cominciati. I ragazzi quella sera non sapevano ancora che il giorno dopo si sarebbe deciso il destino dell’umanità. Se l’avessero saputo prima probabilmente per Asuka sarebbe stato troppo presto ed avrebbe passato tutto il tempo a lamentarsi, con Shinji che invece provava a farla ragionare sulla gravità della situazione. Rei, probabilmente, col suo caratterino nuovo di zecca, avrebbe ripreso la pertica con cui aveva inseguito Misato e Ritsuko poco tempo prima ed avrebbe picchiato qualcosa. O qualcuno. Magari proprio Shinji. Misato forse avrebbe pensato a fare rifornimenti di birra iper alcolica per l’aldilà. Non che non fosse convinta che anche in paradiso ogni tanto si facesse bisboccia, ma è sempre meglio premunirsi. Ritsuko invece avrebbe passato il tempo a compatirsi ed a pentirsi di non aver mai voluto provare a capire sua madre, di non essere mai stata più aperta ed amica con Misato, e chissà, magari anche di non aver mai avuto un figlio. Oppure, più civilmente, se l’avessero saputo prima avrebbero passato tutto il tempo a loro rimasto a prepararsi psicologicamente e fisicamente, come se dovessero partecipare ad un torneo di arti marziali. Ma si sa: “Tu hai un tuo piano, e gli altri ne hanno uno loro, perciò non stupirti se invece di accadere ciò che tu vuoi accade l’esatto contrario”.
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SBRENGPATAPUNFPAFPOFCATACLANGDISTRUGGDISTRUGGELIMINELIMINRUMORRUMORSPIACCICSPATAPIALLBENGBANGBONG (scusate per la poca fantasia per i rumori, ma volevo dare l’idea di un casino infernale... ci sono riuscita, eh?^_^)
- AAAAAAAAAAAAGH!!! CHE CAZZO SUCCEDE???
Asuka si era alzata in piedi sul mucchio di foglie che aveva fatto loro da letto quella notte e stava urlando come una forsennata perché alle cinque del mattino qualcuno aveva osato svegliarla con dei rumori insopportabilmente forti.
- PORCA TROIA, VOGLIO DORMIRE!!!
- Asuka, cerca di mantenere un contegno, va bene?
Shinji come sempre provava a calmare le acque.
- Ho mal di testa... uffa...
Il dopo sbronza di Misato si era presentato sotto forma del classico mal di testa. Ad un certo punto anche Asuka si calmò.
- Shinchaaaaaaaaaaaaaaaan!!! Dove sono Ayanami e Ritsuko???
Un mezzo infarto prese gli occupanti della capanna che ancora svestiti (praticamente in biancheria intima) si catapultarono fuori dalla costruzione per vedere Ritsuko e Rei che osservavano quasi intontite un eva che si muoveva.
- Come è possibile...
Shinji era stupito al massimo. Vedeva il suo 01 che si muoveva. Ma chi poteva essere? Un nuovo children? No, non sembrava guidato da un uomo... Velocemente, da dietro la montagna apparvero anche lo 00 e lo 02.
- Quel bastardo ce l’ha fatta...
Ritsuko aveva quasi le lacrime agli occhi.
- Ragazzi, quel mostro è riuscito a fare accettare a tutti gli eva il dummy plug!
Un minuto di silenzio per raccogliere le idee. Capire cosa realmente stava accadendo. Un minuto di silenzio anche per una preghiera, per fare in modo da fare diventare tutto un orrendo incubo, ma pur sempre una fantasia. Solo un minuto di silenzio. Poi, Misato.
- Siamo fottuti...
- No, manteniamo il controllo, ragazze... per favore, non facciamoci prendere dal panico...
Shinji ci provava, come al solito, a ripristinare il controllo, ma anche lui era visibilmente terrorizzato.
- Allora, dobbiamo scappare prima di tutto. Sono convinto che quegli eva ci seguiranno, e dobbiamo allontanarli dalla città!
- Ma Shinchan, loro sono troppo veloci, ci spiaccicheranno!!!
Nessuno si era accorto di quello che stava accadendo alla silenziosa Rei. Fortissimi tremiti le percorrevano interamente, ed un vento innaturale sembrava essersi concentrato attorno a lei, e le increspava i capelli e la sottana come se fosse stata un fantasma. O un angelo.
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- Cosa... cosa mi sta succedendo?
Rei provava a ribellarsi a quello che le stava accadendo, ma sentiva la chiara incapacità di muovere anche solo un muscolo. Poi sentì di perdere il controllo della realtà. Mentre prima almeno riusciva a vedere quello che succedeva attorno a lei, adesso le sembrava di essersi profondamente addormentata, almeno fisicamente. Anzi, solo fisicamente, perché la sua mente era perfettamente cosciente, malgrado sembrava si trovasse in un sogno.
- Rei Ayanami.
- Chi sei? Che vuoi da me?
Davanti alla ragazza apparve una sua copia perfetta, solo completamente bianca e molto più grande. Rei si sentiva minuscola rapportata a quella donna.
- Rei, io sono Yui.
- Yui Ikari? La madre di Shinji Ikari?
- Rei, io sono te.
- In che senso tu sei me?
- Io sono Lilith.
- No, non è possibile. Non può già essere l’ora di diventare Lilith. Non voglio!
- Devi. Non si fugge dalla morte. Non si fugge dal proprio destino.
- Destino? Io non ho un destino mio.
- Anche tu hai un destino tuo. E devi compierlo.
- Io non voglio. Così moriranno tutti!
Rei aveva le lacrime agli occhi.
- Se questo è il tuo destino allora devono morire tutti.
- NO!!! Non devono morire! Loro non lo meritano!
- Potrebbe essere un premio, invece. Via dalle tristezze che la vita ci offre. Via da tutti questi problemi. Via dalle preoccupazioni.
- No, non si deve fuggire dai problemi.
- L’hai detto.
Immediatamente una luce abbagliante ricoprì le due figure, mentre Rei, terrorizzata, si guardava intorno cercando di capire cosa stesse succedendo adesso.
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- AYANAMI!!! AYANAMI, TORNA IN TE!!!
Attorno al corpo svenuto di Rei si erano radunati tutti, e Shinji, da più di cinque minuti stava cercando di farla riprendere chiamandola a gran voce e dandole dei piccoli schiaffi sulle guance. Rei sembrò riprendere conoscenza per un attimo.
- Oh, Ayanami, hai riaperto gli occhi...
- Oddio... Shinchan, non è normale...
- Cosa?
Le pupille. Dove erano le pupille di Rei? Occhi completamente vuoti. Ecco quello che non era normale. Rei aveva gli occhi completamente bianchi.
- Ayanami, cosa ti sta succedendo?
Asuka, preoccupata, le reggeva la testa, mentre Shinji per la sorpresa l’aveva lasciata andare. All’improvviso, Rei piantò una mano saldamente a terra, ed aiutata da Asuka si alzò in piedi. Ma non era normale. Appena fu in grado di reggersi da sola ricominciò a tremare, in corrispondenza dei battiti del suo cuore. Tum. Tum. Tum. Ed ogni battito, ogni tremito, la sua figura si ingrandiva. Si ingigantiva. Misato ebbe solo il tempo di sussurrare.
- Lilith... si è risvegliata...
Che immediatamente Rei spiegò due gigantesche ali dietro la schiena. Ormai era diventata un angelo.
- E adesso che facciamo, Ritsuko?
- Non lo so, ragazzi... non so come potremmo fermarla, senza gli eva...
- AYANAMI, TI PREGO, FERMATI!
- Ma Asuka, che stai facendo?
- Ayanami!!! Torna in te, ti prego! Non distruggere Neo Tokyo! Non uccidere nessuno!!!
- Asuka, Rei non ti ascolta nemmeno, capisci?
- Non me ne frega niente se non mi ascolta!
Asuka si voltò verso Shinji con gli occhi gonfi ed il volto rigato di lacrime.
- Non m’importa. Io voglio provare! Tanto non possiamo fare altro. AYANAMI!!!
Asuka si mise a correre verso la gigantesca Rei che lentamente stava inglobando lo 00. Shinji si sentì improvvisamente stupido ed inutile. Non perché sapeva che qualunque cosa avesse fatto non sarebbe servita a niente, ma perché effettivamente non stava facendo niente. Nel frattempo Rei si era già fusa con lo 00 e lo 01. Adesso si dirigeva verso lo 02, che era arrivato per ultimo e quindi era un po’ più indietro. Shinji vide in un attimo, non sapeva come, che Asuka era riuscita ad arrampicarsi sopra lo 02, ed adesso stava cercando di fare capire a Rei, parlandole, che non doveva distruggere tutto. Non che il gigantesco essere le desse molta attenzione, comunque. Si dirigeva verso lo 02 soltanto con l’intenzione di assorbirlo.
- Ayanami! Ayanami, ti prego, dammi ascolto! Mi riconosci? Sono Asuka! Soryu! Ti prego, torna in te!
L’essere si voltò verso Asuka con sguardo interrogativo. Sembrava disposta ad ascoltarla, malgrado sembrasse che non gliene importasse proprio niente.
- Bene! Allora mi ascolti! Ayanami, io non so perché tu ti sia già trasformata in Lilith, ma dobbiamo fare in modo di sconfiggerla! Ayanami che sei nel corpo di Lilith, mi senti?
E Rei là dentro la sentiva, ma non aveva voce in capitolo. Non poteva governare né il corpo né i pensieri di Lilith.
- Soryu!!! Soryu, si! Ti sento, ma non riesco nemmeno a muovermi!!! Non riesco a fare nulla...
- Ayanami ti prego, vieni fuori!!!
Evidentemente Rei riusciva a sentire Asuka, ma Asuka non riusciva a sentire Rei. Pessima situazione. Intanto Misato e Ritsuko stavano ancora per terra, impotenti e minuscole di fronte a quella furia. Shinji non poteva sopportare tutto questo. Un nuovo Impact? Di nuovo la fine del mondo? Sarebbero morti di nuovo tutti sicuramente. E chi gli assicurava che sarebbero rinati di nuovo? Ed anche se fossero rinati di nuovo, chi gli assicurava che suo padre non avrebbe ricominciato il suo folle progetto esattamente daccapo, come adesso? No. Si doveva risolvere la faccenda. Si doveva risolvere ora, subito, e definitivamente. Perciò anche Shinji salì sullo 02, e cominciò a parlare con Rei.
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- Shi... Shinchan?
Asuka era sorpresa più che altro dal fatto di ritrovarsi Shinji accanto sullo 02. Lui la guardò per un attimo: gli occhi lucidi, ogni tanto una lacrima scendeva, i capelli appiccicati alla testa ed alla fronte per il sudore e le lacrime, debole, pallida... la sua Asuka era in quelle condizioni. Il massimo che potè fare fu metterle una mano intorno alle spalle, per lasciare che lei si abbandonasse a quell’abbraccio che avrebbe anche potuto essere l’ultimo. Se fosse accaduto ciò che doveva succedere lui avrebbe perso Asuka. E questo non era sopportabile.
- IKARI!!!!
Da dentro Lilith, Rei vedeva tutto, ogni cosa, e si era sorpresa anche lei di vedere Shinji salire sullo 02.
- Ragazzi, dovete scendere da lì, o Lilith vi assorbirà con l’eva!!!
Rei era in un ambiente indefinito. Sentiva un pavimento sotto i piedi, ma tanto non vedeva niente, perché il buio faceva da padrone dentro quel corpo. La ragazza si accasciò a terra senza forze. Lilith se le stava prendendo tutte. E in ginocchio piangeva e si disperava. Vedeva i suoi due amici lassù, sopra quell’eva, e sapeva di non poter fare niente per impedire la loro morte. E si sentiva in colpa. E si sentiva sciocca, e... un mostro.
- Ayanami!!! Riprendi il controllo!
Insieme, Asuka e Shinji stavano provando a chiamarla. Ma lei poteva solo ascoltarli e soffrire, senza fare niente. Era una situazione odiosa. Tutt’a un tratto le venne in mente Asuka. Proprio Asuka. Asuka che per farla reagire ad uno stato di nullafacenza l’aveva presa in giro con parole acide. Per amicizia. Poi pensò a Shinji. L’unico essere che lei davvero AMASSE. Un amore puro e vero. Li vide insieme. Stavano rischiando la vita ancora per lei. Stavano rischiando perché la volevano con loro. Possibilmente viva. Poteva Rei rimanere sorda ad un appello simile? Mai. Si rialzò in piedi, con le ultime forze che le rimanevano, e chiamò Yui.
- Yui, fatti vedere.
Il fantasma di Yui apparve.
- Rilassati Rei, ormai è fatta, e tu sei molto stanca. Fra poco anche lo 02 sarà assorbito e poi provocheremo il Fourth Impact. Ancora un attimo di pazienza.
- No.
- Cosa?
- Hai capito bene. Io non ci sto a distruggere il mondo.
- Ma ormai tu sei Lilith, non puoi fare più niente. Non puoi uscire, non puoi ribellarti...
- Si invece!!!
E così dicendo Rei urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. La sua personalità prese il sopravvento sulla freddezza di Lilith, e lentamente sentì di stare prendendo il controllo di quel corpo immenso. Era come guidare un eva, solo che nel suo eva si sentiva al sicuro. In questo corpo di angelo non riusciva a rilassarsi. Provava comunque una brutta sensazione di fastidio. Si sentiva ancora debole, ma almeno si era fermata. Riaprì gli occhi per vedere lo 02 fortunatamente ancora al suo posto, con i ragazzi sopra, e sorrise, con loro somma sorpresa. Doveva parlare. Doveva far loro sapere che ce l’aveva fatta.
- Ra... ragazzi... c...
- AYANAMI!!!!!!!!!!!!!!!!
L’urlo di Asuka riempì il cielo e le nuvole, e calde lacrime di gioia ricominciarono a rigarle il volto. Anche Shinji pianse. Solo due lacrime, ma era troppo felice per mantenere il controllo anche in quella situazione.
- Ayanami, ora esci da quel corpo, ti prego!
- Non è così semplice, Ikari...
- Come?
- Non posso uscire dal corpo di Lilith. D’altro canto, se rimanessi qui dentro, probabilmente mentre io mi riposo Lilith potrebbe riprendere il controllo di questo corpo e ricominciare a distruggere tutto. Ed io non avrei la forza per ristabilire i ruoli. Perciò... c’è una sola cosa da fare...
- No! Non ci pensare nemmeno Ayanami! Tu non puoi ucciderti!
Rei nemmeno si stupì quando Asuka capì che cosa aveva intenzione di fare. Ormai era abituata alla perspicacia della ragazza. Chissà perché quella rossa riusciva sempre a capire in anticipo quello che gli altri avevano fatto o volevano fare. Lo aveva fatto con Shinji e con lei. Poteva anche riuscire a fare cambiare idea alle persone, coi suoi ragionamenti logici che non facevano una piega, ma non era questo il caso. C’era una sola cosa da fare, e Rei aveva già accettato il suo destino. Anzi, non era destino, perché il destino non esiste. Sono gli uomini che decidono cosa fare. E Rei aveva deciso di farsi esplodere alla NERV. Per distruggere una volta per tutte quella fabbrica di morte e salvare per sempre le persone che amava. Perciò lanciò un ultimo sguardo ai due ragazzi, sorrise di nuovo, e si diresse verso la NERV.
- Cosa vuole fare, Asuka?
- Ma non l’hai ancora capito, baka-Shinji???? Si vuole fare esplodere con tutta la NERV!
Asuka si voltò di nuovo per guardare la sua migliore amica che si auto condannava a morte. Un’altra lacrima uscì dai suoi occhi. Ma questa volta non ci poteva fare più niente.
- Ayanami...
Accadde tutto in un secondo. Con una velocità impressionante. Nemmeno rumore. Soltanto una bianchissima luce abbagliante, che circondò tutto quanto nel raggio di chilometri. Asuka e Shinji non sentirono nemmeno dolore, quando vennero circondati dalla luce, ma quando rinvennero erano ancora sullo 02, che non si era mosso si un millimetro. Shinji svegliò Asuka e scese immediatamente dall’eva per andare a svegliare Misato e Ritsuko. I due ragazzi le lasciarono ancora mugolanti per terra e si diressero correndo verso la NERV, che adesso non sembrava più tanto lontana. Shinji calcolò che dovevano avere raggiunto il posto solo in un quarto d’ora, tanta era la velocità con cui avevano corso. Arrivarono ad un gigantesco ammasso di detriti. Non c’erano nemmeno cadaveri. Solo un’immensa distesa di lamiere, tanto fumo e una voragine profonda. Molto profonda, il cui fondo era troppo profondo per essere trovato. L’illuminazione l’ebbe Shinji. In un angolino, sotto una lamiera, spuntava un piede. Che fosse...? No, scartò immediatamente l’ipotesi perché non voleva sperare troppo, e non voleva fare sperare troppo nemmeno Asuka, che era già abbastanza distrutta. Nel frattempo anche la ragazza aveva notato il piede. Si erano diretti verso la lamiera e, lentamente, anche troppo, l’avevano sollevata.
- Ayanami...
Quel nome... Shinji lo pronunciò in un soffio. Si chinò e la abbracciò con tutte le forze che aveva. Asuka non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi gelosa, perché provò esattamente lo stesso impulso di abbracciarla di Shinji.
- Ayanami!!! Sei ancora viva! Sono così felice...
- Shinji... ahi... mi fai male...
- Scusa, scusa Ayanami...
- Quando comincerai a chiamarmi Rei?
E poi svenne. Shinji ed Asuka si guardarono ancora una volta, sorridendosi, e poi lui prese in braccio Rei, per riportarla a casa.
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- Ma... cosa?
- Reichan! Ti sei svegliata, alla fine!!!
- Asuka... ciao...
- Come ti senti? Hai qualche dolore?
- Sarei una bugiarda se ti dicessi di no... ahi... la spalla...
- E sei fortunata che ti faccia male solo quella! Sei stata davvero un’incosciente, lo sai?
Rei si limitò a sorridere. Sapeva di essere stata un’incosciente, ma d’altronde, cos’altro avrebbe dovuto fare in una circostanza del genere?
- Scusa...
- AH! NO! Non cominciare anche tu a chiedere scusa anche quando fai qualcosa di buono! Certo che siete proprio pazzeschi, tu e quel baka...
Incredibile... Asuka aveva il potere assoluto di rendere Rei allegra e felice. Ogni singola uscita di Asuka provocava in Rei una strana reazione in cui sentiva il forte bisogno di ridere, o quantomeno sorridere. Rei provò a sedersi, perché le faceva male il petto a stare così distesa.
- Ma che stai facendo Reichan??? Non stai ancora tanto bene da alzarti!
- Come mi hai chiamato?
Rei la prima volta aveva pensato che Asuka non ci avesse fatto caso chiamandola Reichan, ma adesso che lo aveva fatto per la seconda volta non poteva essere un caso... ed Asuka non era certo tipo da dare il chan a chiunque. Chiamava con il chan solo Shinji, che era il suo ragazzo e la persona che amasse di più al mondo. Quindi voleva dire che Asuka le voleva davvero molto bene! La rossa arrossì improvvisamente.
- N... non ti piace che ti chiami Reichan?
- Mi fa molto piacere Asukachan...
Poi entrambe le ragazze sorrisero, godendosi quella sensazione di affetto che si era sparsa nella piccola stanzetta bianca dove Rei era stata messa a riposare. Non si accorsero nemmeno quando entrò Shinji nella stanza.
- Oh, Rei! Ti sei svegliata!
- Ciao Shinji. Come va?
- A dire la verità sarei io che dovrei chiederlo a te, sei tu quella che si è fatta esplodere.
- Io sto abbastanza bene... solo qualche dolore alla spalla ed al petto...
- E sei fortunata ad avere solo quelli! Sei stata davvero un’incosciente...
- Si, lo so... me l’ha già detto Asukachan...
- Eh? Da quand’è che voi due vi date del chan?
- Esattamente da oggi, amore...
- Potrei diventare geloso, Asuka... io non ti chiamo mai Asukachan...
- Non è necessario Shinchan... non mi posso innamorare di Reichan, è una mia amica...
- Davvero?
- Ma certo baka! Che vai a pensare...
- Scusate se mi intrometto nella vostra discussione prematrimoniale, ma ci sono anche io!
- Oh, scusa Reichan...
- Sentite, ma questa non è la catapecchia... che è successo?
- Tu hai dormito per ben due settimane, Reichan, e noi nel frattempo, siamo tornati a Neo Tokyo, logico...
- Ma, non ci sono stati problemi, no?
- Di nessun tipo Rei... hai distrutto tutta la centrale. Sono morti tutti, compreso mio padre...
- Mi dispiace per Maya e gli altri...
- No. I dipendenti non erano alla NERV, in quel momento, Rei. C’era solo mio padre. Pare che abbia congedato tutti una mezz’oretta prima che tu andassi ad esplodere.
- Davvero?
- Davvero. Una buona azione, nella sua vita, l’ha fatta anche lui. Probabilmente all’inferno saranno più clementi con lui. Magari Satana lo inviterà e prendere un tè, che so...
- Oh, basta parlare così Shinchan! Non è mica bello... e poi è deprimente...
- Va bene... senti Rei... hai qualche voglia particolare? Da mangiare, intendo... oggi si accettano ordinazioni, perché cucino io...
- Io voglio mangiare alla messicana!
- Asuka, non dire idiozie, per favore...
- Uffa...
- Shinji... non è che mi faresti... dei ramen?
- Ramen? Con che condimento?
- Bianchi... mi piacciono di più...
- Come vuoi Rei... ci vediamo a pranzo!
E così dicendo uscì. Si era risolto tutto, alla fine, no?
- Reichan, ascoltami...
- Che c’è Asuka?
- Voglio che tu lo sappia per prima... io...
- Oddio, sei incinta!
- C-Come fai a saperlo?
- Me lo sentivo... tutto qua...
- Comunque si... questo mese non è arrivato il ciclo...
- Shinji lo sa?
- Non ancora...
- Sono contenta... per te, intendo... io penso che non potrò mai avere figli...
- Secondo me avrai un bambino bellissimo, quando ti innamorerai di qualcuno così tanto da volere una famiglia con lui...
- Grazie... come lo senti? Maschio o femmina?
- Femmina... la sento femmina...
- E come vorresti chiamarla?
- Kyoko, come mia madre, sperando che non le porti sfiga...
- Hehehe... Kyoko è un gran bel nome, secondo me...
- Grazie Reichan... adesso andiamo a tavola, se te la senti di alzarti...
- Eccome se me la sento... ho una fame da lupi!

Epilogo.

Asuka e Shinji hanno avuto la loro bambina, una bellissima castana col carattere della madre e gli occhi azzurri e l’hanno chiamata Kyoko. Rei è ancora single. Per adesso non se la sente di incominciare una relazione, perché si sente ancora legata a Shinji. Lei ed Asuka sono ancora amiche e qualche giorno fa hanno mollato tutto per una settimana e sono andate insieme a fare un viaggio alle Hawaii. Shinji ha insistito per andare all’anagrafe e ha fatto diventare Rei sua sorella a tutti gli effetti, e questo è stato il passo decisivo per farla staccare sentimentalmente da lui. Ufficialmente adesso Rei è in cerca di un ragazzo. Ma è molto selettiva. Misato e Ritsuko sono presissime tra il loro nuovo lavoro di proprietarie di una pasticceria (incredibile ma vero: Misato ha imparato a cucinare dolci in maniera divina!) ed il lavoro a tempo pieno di zie non ufficiali della piccola Kyoko che è sempre arroccata a casa loro in quanto Asuka è diventata collaboratrice di un fisico nucleare, Rei lavora in un ristorante dove la sua specialità sono i ramen in tutti i gusti e Shinji lavora nel suo studio di avvocato. Vi sembrano vite normali? Anche troppo, no? Ma d’altronde cos’è che si possa desiderare di più se non una vita tranquilla e felice?