Genere: Romantico.
Pairing: Kaworu/Shinji/Asuka.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: AU, Lime, Threesome, Slash, Het, Flashfic.
- "Kaworu, ti ha mai detto nessuno che non dovresti mai parlare?"
Note: Scritta su istigazione criminale della Caska in occasione della VI Notte Bianca, su prompt Evangelion, Kaworu/Shinji/Asuka, "Credevo non fossi disposta a dividerlo."
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CAN’T SAY NO

La voce di Kaworu risuona morbida all’interno dell’ambiente chiuso della camera da letto di Shinji. Fa caldo – come sempre – dalla finestra chiusa i raggi del sole filtrano disegnando sagome buffe sul pavimento e sulle pareti e sul futon e sui loro corpi, e questo non era decisamente l’orario giusto per mettersi a fare qualcosa del genere, e quella non era decisamente qualcosa da dire in un momento come questo.
Ogni tanto Kaworu è semplicemente inopportuno. Rei dice che è sempre stato così – Rei, d’altronde, lo conosce meglio di tutti loro – che fin da piccolo ha sempre avuto un talento speciale per dire la cosa peggiore nel momento più sbagliato in assoluto, o anche la cosa migliore in un momento ancora più sbagliato, se possibile, e difatti la scia di silenzio che spesso Kaworu si lascia dietro ogni volta che apre bocca non fatica a ripresentarsi neanche in questo momento.
Shinji ricorda ancora la prima volta che Kaworu gli ha detto di volergli bene. Ricorda che per minuti interi non è neanche riuscito a registrare le sue parole come fossero reali, era come se il suo cervello stesse cercando di convincersi di non averle sentire per davvero. Suonavano così strane, sulle labbra di un altro ragazzo. Suonavano strane sulle labbra di un qualsiasi essere umano, per la verità, considerato il fatto che Shinji, fino a quel momento, non le aveva mai sentite pronunciare da nessuno. Ogni tanto ha la sensazione che sua madre gliel’abbia detto, ma d’altronde era troppo piccolo per poterlo ricordare precisamente, ed Asuka, be’, lei generalmente gli dimostra amore prendendolo a calci negli stinchi, non è esattamente tipo da sdolcinatezze simili. Non è che Shinji se ne lamenti, o meglio, sì, se ne lamenta, ma non è che possa farci niente, Asuka è così e lui per lei si getterebbe in un vulcano senza pensarci due volte – probabilmente perché si vuole male, come Toji gli ripete spesso – per cui, insomma, è stato strano sentirselo dire così all’improvviso, senza neanche che ce ne fosse motivo, peraltro.
Prima di quel momento, Kaworu era sempre stato “il fratello di Ayanami”, era una figura pallida e un po’ indistinta, un buon amico, d’accordo, ma insomma, niente che potesse giustificare slanci sentimentali simili, e invece nel giro di una settimana, la catastrofe. A Shinji era piaciuto, sentirsi rivolgere parole simili. Per Asuka era stato un problema perfino concepire che lui potesse avere bisogno di conferme simili.
Insomma, la strada che l’ha portato verso Kaworu è una di quelle strade accidentate e scoscese che spesso capita di incontrare camminando in montagna, una di quelle che imbocchi perché ti senti un genio e invece sei un cretino, e ti convinci di aver trovato la via più facile per arrivare a valle, e invece a valle ci arrivi rotolando, e con tutte le ossa rotte. Nello specifico, la valle era il futon sul quale adesso si trovavano, tutti e tre sudati e appiccicosi e più confusi che persuasi dall’intera situazione, e le ossa rotte rappresentavano le botte che Asuka aveva dovuto rifilargli prima di riuscire a convincersi che potesse valere la pena tentarne.
- Kaworu, ti ha mai detto nessuno che non dovresti mai parlare? – domanda lei, abbattendosi contro il cuscino, le labbra arricciate in un broncio da morsi. La luce del sole risplende fra i suoi capelli, li accende come fossero lingue di fuoco. Asuka ogni tanto è spaventosamente bella. Sembra che a toccarla ci si debba sciogliere per avere osato sfiorare qualcosa di tanto sacro.
Kaworu, apparentemente imbarazzato da se stesso, sorride appena, stendendosi su un fianco ed appoggiando il capo sul palmo della mano aperta, il gomito ben piantato contro il cuscino per tenersi sollevato dal futon.
- Chiedo scusa. – dice compitamente, - Ero solo curioso.
È bellissimo anche lui, ovviamente, e se lo fosse il problema non si sarebbe nemmeno posto. C’è qualcosa di così rassicurante, nei suoi tratti somatici, qualcosa che lo accomuna a sua sorella – i cui tratti somatici sono talmente rassicuranti che, con grande imbarazzo da parte di tutti, Shinji non riesce a guardarla senza pensare immancabilmente alla propria madre – ed allo stesso tempo in lui c’è qualcosa di oscuro e misterioso, qualcosa che fa paura ed attrae allo stesso tempo, un po’ come Asuka.
Shinji, disteso in mezzo a loro, completamente nudo e senza sapere cosa farsene del suo corpo, si sente un cretino e si chiede se sia salutare innamorarsi perdutamente di persone che lo terrorizzano nel profondo.
Comunque non è un pensiero che rimanga preoccupante troppo a lungo, e non solo perché Shinji ha lo span d’attenzione di un pesce rosso: Kaworu solleva una mano e la appoggia sul ginocchio piegato di Asuka – il suo avambraccio sfiora con falsa casualità il ventre di Shinji, che sente lo stomaco contrarsi in un’imbarazzante vampata di voglia – e poi le sue dita risalgono lente e sensuali lungo le sue cosce, tracciando sulla sua pelle appena arrossata dal sole una linea invisibile ma dalla quale Shinji non riesce a staccare gli occhi.
- Fingiamo che non abbia mai chiesto niente? – domanda dolcemente, le dita che si insinuano senza difficoltà fra le cosce dischiuse di Asuka mentre Shinji si chiede se si possa morire per così poco.
Lei sorride, le labbra rosa piene e un po’ gonfie di baci, e solleva appena il bacino.
- Mi sembra un’ottima idea. – risponde.
Ed improvvisamente Shinji non ha più paura di niente – ma probabilmente è solo a causa del deflusso di sangue dal cervello.
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