animanga: tsuyoshi okhi

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Drammatico/Malinconico/Triste/Romantico
Pairing: Sana/Akito
Rating: PG
- Una fuga dalla realtà ha ben poco di vero. Non c'è vita, fuori dal mondo. Sana ed Akito lo impareranno.
AVVISI: Nessuno.
Commento dell'autrice: *_______* Era una vita che non scrivevo oneshot *_* Che poi non è neanche vero, ma mi sembra davvero tanto ù_ù Comunque, frutto di un’ispirazione improvvisa che, tra alti e bassi, si è protratta per giorni e giorni XD Un finale surreale ù_ù XD Ma un significato profondo ^_*
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Back To Reality


Lascio scorrere il mio sguardo sul tuo corpo addormentato di fianco al mio. So che, se fossi sveglio, quest’incanto non esisterebbe, quindi cerco di godere appieno di ogni istante prima che tu risorga dalle lenzuola. Nella luce del primo mattino, i tuoi capelli sembrano brillare. Non vale a nulla la tenda bianca che c’è sulla finestra di questa camera d’albergo, il sole è irrimediabilmente attratto da te, raggiunge il tuo corpo e lo avvolge, dandogli calore, facendolo brillare.
E non perché tu sia una persona solare. Anzi, proprio perché sei sfuggente, proprio perché sei una luna dalle mille facce, il sole non può fare a meno di volerti.
Spiacente sole, lui è già mio.
Pelle abbronzata… colore del miele… diverso sapore. Il sapore è tuo. Lo stesso che sentii quella volta, lo stesso del nostro secondo bacio.
Ehi, ricordo ogni bacio con precisione, fino al liceo! Mi perdonerai se non riesco a fare la conta dei successivi, ma ti renderai conto che sono diventati troppi perché io possa tenerli a mente…
Troppo numerosi e troppo concentrati.
Ovviamente è uno scherzo, non saranno mai troppi né troppo concentrati. Io non mi sazio, a quanto pare.
Quel neo sotto l’ascella… quante volte l’ho sfiorato nello stesso momento in cui tu sfioravi i miei…? Innumerevoli. Soprattutto ultimamente.

Vai, Sana, sei un’adulta!

Ridacchio al pensiero, silenziosamente perché non voglio assolutamente che ti svegli di già.
È stata una bella idea venire qui in vacanza, sai? Lo penso davvero. Quando ero più piccola pensavo sempre che quando sarei stata grande, indipendente, quando avrei vissuto per conto mio, sarei stata maggiormente in grado di organizzare e gestire i miei impegni. Ero fiduciosa nel dire “Vedrai, quando sarò autonoma potremo vederci più spesso.”. Purtroppo però, più divento grande più lavoro, e con dei film in mezzo – oltre alle solite pubblicità e le apparizioni in tv – puoi organizzarti bene quanto vuoi, ma sono le esigenze di regia che stabiliscono i tempi della tua vita. Non è bello dirlo, eh?
Poi, ovviamente, devo pensare di non essere l’unica ad avere degli impegni. Spesso, quando io sono libera tu sei impegnato, e viceversa, così passo ore intere davanti alla televisione aspettando la prossima edizione del telegiornale che mi ripeterà per la centesima volta che ti sei qualificato per le Olimpiadi, che hai vinto un torneo nazionale, che hai superato il record di KO eccetera, eccetera, ecctera.
Tu guardi ancora la televisione per ricercare il mio viso?
È brutto anche questo. In ogni caso, foto e televisione non rendono giustizia alla tua presenza.
Alla tua presenza di fianco a me.
Più ti guardo e più penso che queste vacanze siano una benedizione divina.

No, non svegliarti ancora, voglio nuovamente perdermi nel guardarti. Espressione rilassata, come dormi bene…
Sono rilassati tutti i muscoli del tuo corpo, e sei ugualmente bello di quando invece sono tutti tesi e sotto sforzo. Una volta, lasciando vagare la mano su di te, mi sono chiesta quanti muscoli tu sia in grado di mettere in funzione per darmi piacere, mentre facciamo l’amore. Lì vedevo lì, in movimento, ed erano tutti attivi!
Partecipavi con tutte le tue fibre. Sono gli istanti in cui penso “lui è mio, interamente, non c’è nulla di ciò che lo compone che possa sfuggire alle mie mani”.
Si… la mia mano su di te… accarezza il tuo capo, scende lungo il collo, per le spalle… la lascio andare seguendo l’arco della tua schiena, mi fermo prima dell’arco successivo perché si, ancora sono imbarazzata da queste cose.
Ti concedo di ridacchiare e di procedere col tuo solito sarcastico “non sembra quando siamo a letto insieme”. Lo so, che non sembra, ma è solo perché tra le tue braccia difficilmente riesco più a capire cosa provo, o a provare qualcosa di diverso dalla passione pura.

- Sana…? Che fai?
- Ah… ciao!
- Mi fissavi? Mi accarezzavi?
- Ma che…? Ma smettila!
Martellata in fronte. Lo tengo sempre accanto, il martello, he he…
- Lo so che lo stavi facendo! L’ho sentito sulla schiena!
- Avevi una mosca e l’ho scacciata!
- Ah si…?
In un secondo – non ho neanche il tempo di capire come – sono tra le tue braccia, e tu segui il mio profilo posteriore dal collo alla schiena.
- Tu così scacci le mosche?
- Avanti… finiscila…!
Mi lasci e torni disteso sul letto, guardando il soffitto. Anche io mi lascio andare sul materasso, respirando a pieni polmoni il tuo odore che è rimasto nell’aria.
- Che caldo…
- E’ estate, Sana.
- Lo so! Era per dire qualcosa! Accidenti, sei impossibile!
- Devi per forza dire qualcosa…?
Silenzio. Solo i nostri respiri nell’aria. Che strana tensione…
- Ahm… andiamo a mare…?
Sospirando rumorosamente, ti alzi dal letto dirigendoti in bagno.
- Andiamo a fare una passeggiata.
Tono intransigente, prima di sparire dietro la porta.
Non si può pensare di farti dei complimenti che elimini subito qualsiasi motivo per meritarteli, accidenti a te.
**

- Che ore sono?
- Ti annoi?
- Non mi annoio…
- …
- Akito…?
- Si?
- Si può sapere cos’hai?
- …
- …
- …
- Akito…
- Si…
- Ti ho fatto una domanda…
- Lo so.
- Risponderesti?
Ti fermi. Nel bel mezzo di un boschetto poco distante dalle rive bianche e dal mare fresco dove vorrei essere – perché non siamo andati al mare? Eh? – ti fermi e mi fissi negli occhi. Per un lunghissimo istante. Poi, d’improvviso, abbassi lo sguardo sospirando e scuoti la testa.
- No.
- Perché???
- Perché sarebbe inutile!
- Perché?!
- Non capiresti!
- Ah, questa poi!
- Uffa… Sana, continuiamo la passeggiata!
- No!
- Ti lascio qui!
- Fai pure!
Ci blocchiamo per qualche secondo, stringendo i pugni e guardandoci con crescente rabbia, prima di sbottare in un contemporaneo “Ma tu non cambi mai?!”.
Poi, un semplice sospiro e torniamo a camminare fra gli alberi, l’una di fianco all’altro. Il tuo braccio sfiora accidentalmente il mio nel muoversi.
Ti fermi, mi guardi.
Quale strana alchimia agisce fra noi, portandoci addosso ad un pino immersi nel piacevole passatempo dei baci e delle carezze? Non stavamo litigando, poco fa?
La mia, è una risatina rassegnata.
- Che fai, ridi?
- E certo che rido! Una situazione assurda…
Ricominciamo a camminare silenziosi, la tensione nervosa di poco prima sembra completamente sparita. All’orizzonte, davanti a noi, si vede il mare.
- Sicuro che non ti vada di farti una nuotata?
**

- AKITO HAYAMA!
- Mi aspettavo una reazione simile…
- Come puoi essere così tranquillo??? Qui a Tokyo il finimondo e lì da voi… dove diavolo siete voi, a proposito???
- Uhm… un paesino di mare… non sono autorizzato a dire il nome…
Allontanò leggermente l’orecchio dalla cornetta, appena in tempo per scampare alle urla indiavolate di Tsuyoshi Sasaki, diciott’anni, impiego: studente, funzione: suo migliore amico, hobby: riportarlo con i piedi per terra quando faceva qualche follia. Come in quel momento.
Il ragazzo biondo si voltò indietro, scuotendo il capo in direzione della sua ragazza, Sana Kurata, diciott’anni, impiego: attrice, funzione: farlo impazzire, hobby: non esserci tanto spesso.
Si, bè, forse stavolta Tsuyoshi non sarebbe riuscito a riportarlo indietro.
Sana si avvicinò a lui, tendendo la mano.
- Dai, passamelo.
Lui obbedì meccanicamente facendosi da parte e tentando di immaginare.
- Tsuyoshi-kun? Si, sono io. No, non mi ha rapita lui. No, non l’ho neanche rapito io. Ma la smetti di blaterare? Ah, dì a Fuka-chan che mi dispiace di essere sparita senza avvertire. Va bene, dillo anche ad Aya-chan. Va bene, scusami Tsuyoshi-kun! Si, lo immaginavo. No, non m’importa. Mia madre è d’accordo, e comunque non sono una bambina.
Poi, s’interruppe un attimo.
- Tornare…?
Lo guardò, con un misto di sorpresa e terrore negli occhi.
- S-Si… lo so che… tre settimane… ma… tornare…!
Sbuffando le si avvicinò, riprendendo il telefono fra le mani.
- Tsuyoshi? Ti richiamo io.
- Va bene, ma tu NON TI AZZARDARE a spegnere di nuovo il cellulare, capito?!
- Si, si…
Terminò la chiamata e spense il telefonino senza dire una parola, tornando poi a guardare Sana.
- Perché sei così sconvolta adesso?
- Sconvolta? Io??? Ma che dici!
Gli diede la schiena, dirigendosi a passo veloce verso la cucina dell’appartamento e sparendo dietro la porta. Lui la seguì.
Akito Hayama, diciott’anni, impiego: karateka, funzione: essere innamorato, hobby: farsi trascinare. La seguì.
- Sana…
- Si?
Disse lei guardandolo distrattamente mentre beveva un succo di frutta direttamente dalla bottiglia.
- Neanche io voglio tornare.
La ragazza posò il contenitore sul tavolo, riavviandosi una ciocca di capelli e guardandolo intensamente.
- Allora non abbiamo niente di cui discutere.
- Invece si, Sana.
- Invece no, Akito!
La osservò muoversi veloce accanto a lui e tornare nel salottino.
- Sana, ascoltami…
- Uff… che c’è ancora…?
- Non vorrei tornare a casa… ma dovremmo farlo…
- Akito, santo cielo! Eppure di solito sei tu quello che vuole evadere dalla realtà!
- Si, è vero, sono io, ma se manchiamo dal mondo per tre settimane…
- Noi non manchiamo dal mondo! Noi siamo qui, esistiamo, ci stiamo divertendo! Questo è un bel posto, e qui ci siamo noi, e nient’altro! Non hai voglia di restarci per sempre?
- Si che ne ho voglia. Ma non possiamo fare tutto ciò di cui abbiamo voglia.
- Ed allora dovremmo agire sempre facendo il contrario di ciò che vogliamo? Bene! Allora adesso ti lascio e domani torno alle mie riprese!
Lei trattenne il fiato, abbassando lo sguardo e cercando di arginare le lacrime. Akito le si avvicinò, stringendola presto fra le braccia.
- Adesso non fare così… non dico questo. Tu sei troppo intransigente.
- Macché… non ne posso più, Aki… ogni giorno, per settimane, per mesi! Ci sono periodi in cui riusciamo a vederci solo per un paio d’ore… così non è possibile stare insieme… voglio smettere di recitare…
- Non è vero, e lo sai.
- Si, lo so. Ma piuttosto che recitare e perdere te preferisco smetterla e tenerti accanto.
Si strinse a lui un po’ di più.
E lui si sentì morire.
Era vero, quella era una situazione dannata. Tra i suoi impegni e quelli di Sana, la vita stava diventando insopportabile.
Ecco il motivo della fuga.
“Solo una settimana, Aki, te lo prometto. Poi torniamo.”
E da una settimana erano arrivati a tre, scivolando veloci di paesino in paesino come scivolava il tempo, in assoluto silenzio. Senza neanche capire. O forse, capendo invece fin troppo bene che finito quel periodo sarebbe tornato tutto come prima, e tutto sarebbe stato nuovamente disfatto. Per questo avevano spento i cellulari. O meglio, Sana una notte aveva spento entrambi i cellulari senza dirgli nulla. Ma lui, che se n’era accorto, certo non avrebbe protestato.
Poi, quel giorno. Cominciava, effettivamente, a voler tornare a Tokyo. E per quanto si sforzasse di convincersi che era tutto a postissimo anche così, non ci riusciva. C’era qualche problema.
- Tu non mi perderai comunque.
- Io non posso saperlo.
- Ma si che lo sai. Te lo sto dicendo.
- L’hai già fatto in passato. E non hai mantenuto la promessa.
Ecco. Proprio quello che non voleva. Rivanghiamo i vecchi ricordi! Riapriamo le ferite! Rigiriamo il coltello nella piaga!
… ma perché…?
Si staccò da lei muovendo qualche passo nel salotto. Sana sembrò accorgersi dell’errore.
- Mi spiace, Akito. Non avrei dovuto dirlo. Io… mi fido di te! Davvero! Ma… gli effetti della lontananza…
Disse sorridendo tristemente e con un goccio d’ironia nella voce.
- Sana, non so che dirti. Dobbiamo tornare. Abbiamo da fare. Sono tutti preoccupati.
- Ecco, vedi? VEDI?! Già parti con un “abbiamo da fare”! Non riusciremo a stare insieme nemmeno un minuto! E poi adesso che Tsuyoshi-kun ci ha sentiti non sarà più preoccupato! Possiamo rimanere ancora un po’!
- Sana, tu non capisci, questo non è reale! È una stupidissima fuga!
- Invece è reale! Noi possiamo farlo diventare reale! Se… decidessimo di rimanere qui… per sempre…
Akito la guardò con stupore. Davvero era arrivata a pensare… cose simili? Fino a questo punto era arrivata la sua voglia di farla finita?
E lui non se n’era accorto. Lui, dannato stupido egoista e bastardo, lui, che andava in giro pavoneggiandosi – bè, pavoneggiandosi no, ma è lo stesso – dicendo di essere il suo ragazzo, LUI non si era accorto di quanto in là fosse andata la sua voglia di fuga.
Si avvicinò nuovamente, cingendola fra le braccia.
- No, Sana… mi… mi dispiace… ma non sarebbe reale neanche in quel caso…
Lei ebbe un sussulto, e non alzò lo sguardo.
- Sana, la nostra vita è anche questo. La nostra vita è anche il cinema, è anche il karate. È anche il non potersi vedere spesso. Il mio amore rimane inalterato.
- Ma… ma… Akito, io… io…
Scossa dai singhiozzi, Sana rimane immobile, stretta a lui. Pensando che non avrebbe mai voluto lasciarlo scivolare via.
Il tempo si. Lui no.
- Non torniamo…
Si aggrappò alla sua maglietta come all’ultimo soffio di vita.
- Ti prego.
Lui inspirò. Poi espirò. A fondo, il suo profumo addosso.
Scosse il capo.
- Solo un’altra settimana, Sana. Solo un’altra settimana.
**

- Cioè, ti ha detto che ti avrebbe richiamato e poi NON L’HA FATTO???
Tsuyoshi annuì sconsolato verso le due ragazze.
- Ed il cellulare?
Scosse il capo.
- Spento.
- L’IMMAGINAVO! Tsuyoshi, sei proprio uno stupido!
- A-Adesso calmati, Fuka-chan…
- Almeno HAI PARLATO CON SANA? Le hai CHIESTO DOVE SONO? E perlomeno QUANDO TORNERANNO?
Tsuyoshi si portò una mano alla fronte, massaggiandosi poi le tempie.
- Piantala di urlare, ok Fuka-chan…? Si, le ho parlato, ma non mi ha detto nulla… sinceramente credo che non voglia tornare…
- E CHI SE NE FREGA??? INSOMMA! CHE BAMBINATA! ALLA LORO ETA’!
- Fuka-chan…
Disse Aya mettendole una mano sulla spalla.
- Adesso cerca di calmarti, ok…?
L’impassibilità di Aya scosse entrambi nel profondo, tanto che Fuka si calmò davvero. Tsuyoshi la guardò a lungo, leggermente disorientato. Poi borbottò qualcosa abbassando gli occhi.
- Si, ecco, appunto. Adesso cerchiamo di ragionare con calma ed ipotizziamo il luogo dove possono essere… dopodiché andremo a prenderli e…
La sua ragazza lo investì con uno sguardo talmente freddo e severo che lui serrò le labbra e trattenne il respiro.
- Non faremo nulla del genere.
- Ma, Aya-chan…
Provò ad intromettersi Fuka.
Per un attimo, lo stesso sguardo glaciale che poco prima aveva investito Tsuyoshi, venne gettato su Fuka, ma Aya lo modellò rapidamente, cambiandolo in qualcosa di diverso, dipingendolo con i toni della severità composta e comprensiva di una madre.
- Fuka-chan, quei ragazzi sono ormai due adulti, e nel caso non fossero ancora del tutto maturi, bè, non potranno mai diventarlo se noi ci ostiniamo a riportarli indietro con la forza.
Fuka guardò in basso, silenziosa.
- In ogni caso non possiamo decidere delle loro azioni, quindi se vogliono farla finita con tutto e rimanere ovunque siano per sempre, ne hanno tutto il diritto. L’unica cosa importante non è forse che stiano bene, che siano felici?
I due che erano rimasti fino a quel momento in riverente ascolto, si dedicarono per qualche momento ad un’intensa contemplazione del pavimento. Fuka fu la prima a risollevare lo sguardo.
- Va bene, Aya-chan… hai ragione tu…
Disse la mora in un soffio, sospirando rumorosamente. Aya annuì soddisfatta, riavviandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Bene. Adesso mi prometti che starai tranquilla?
Fuka sorrise.
- Ti prometto che ci proverò…
Qualche minuto dopo, la ragazza andò via lasciandoli soli nella stanza di Tsuyoshi. Lui si sedette su una sedia, ed una strana inquietudine lo prese. Fu improvviso, inaspettato ed indesiderato. Era lì, con la ragazza che amava, e… e?
- Tsuyoshi…
Sbuffò lei lasciandosi andare seduta sul letto.
- Che hai?
- Io?
Aya sorrise con condiscendenza.
- Si, tu Tsuyoshi.
Anche lui sorrise con fare imbarazzato, come scusandosi dell’idiozia della precedente domanda.
- Ecco…
Gli ci volle una gran forza, per parlare.
- E’ che… poco fa… mi sei sembrata… strana…
- …
- Ed ho pensato…
- …
- Che forse tu, Aya…
- …
- Che forse sei diversa da come credo di conoscerti…
- …
Rimasero in silenzio, e lei lo fissò a lungo con un’espressione stupita sul volto.
Poi ridacchiò.
- Credimi, Tsuyoshi. Tu sei la persona che mi conosce meglio in assoluto.
Gli si avvicinò, accarezzandolo dolcemente sul viso.
Lui pensò che forse era vero, ma che questo certo non significava che lui conoscesse tutto di lei. Più cose, rispetto agli altri. Ma… tutto?
- Perciò stai tranquillo.
Si abbandonò alle sue labbra rassicuranti.

Ma si. Sono tranquillo.
**

Nella notte, lo guardò dormire profondamente.
Non aveva per nulla un’espressione serena. Le sopracciglia erano corrugate, come fosse preoccupato. O in ogni caso impensierito da qualcosa.
Bisbigliò.
- A cosa pensi…?
Non ricevette risposta.
- Cosa sogni…?
Silenzio.
Si, dormiva.
Gli si appoggiò addosso, sistemando i capelli in modo da non dargli fastidio.

Quando aveva organizzato quel viaggio, le era parsa una buona idea.
Si, forse un po’ infantile, forse MOLTO infantile, ma nulla che dovesse rendere necessaria una perizia psichiatrica, no?
O forse si?

Stringendosi ancora un po’ a lui, pensò che non doveva assolutamente fargli capire di essere insicura. Se avesse mostrato una falla, subito lui se ne sarebbe accorto. L’avrebbe riportata a casa.
No, non voleva.

“- Mamma, io parto.
- Parti? Con Akito?
- Si.
- Per dove?
- …
- …
- …
- Quando torni?
- …
- Capisco. Non approvo, ma capisco.
- Posso farlo, vero?
- …
- …
- Sana, quanti anni hai?
- …
- Non devi chiedermi il permesso.”


Lei capiva. Lei non approvava, ma capiva. Era quanto bastava.

Mamma, forse non tornerò più…

- Forse è meglio tornare domattina.
**

Sollevò lo sguardo impaurita dalla voce che, bassa ed improvvisa, l’aveva colta assolutamente alla sprovvista.
- A-Akito…?
Lui si mise seduto, costringendola a fare lo stesso.
- Non dormivi…?
- Dormivo. Mi sono svegliato…
- Capisco…
Disse Sana abbassando lo sguardo.
- Sana?
- Si?
- Hai sentito cosa ti ho detto poco fa?
- Akito, mi avevi promesso un’altra settimana! Non sono passate che poche ore, e già ti rimangi ciò che mi hai detto?
- Sana, ma tu piangi.
- Io… cos… cosa…?
Istintivamente portò le mani alle guance, e le trovò bagnate.
Piangeva. Senza neanche accorgersene.
- Ma…
- Non l’avevi notato?
Chiese lui stupito almeno quanto lei.
La ragazza scosse la testa.
- No…
Akito le mise una mano sulla spalla e poi l’abbracciò teneramente.
- Facevi di tutto per non notarlo… vero…?
- Non… non è così… non è importante…
- Si che lo è… a te manca la vita reale… quanto manca a me…
- No, Akito…
- Non possiamo continuare così, Sana. Torniamo a Tokyo.
E dopo un momento di silenzio, lei si sciolse in lacrime, scossa da violenti singhiozzi, stretta a lui, aggrappata alla sua maglietta.
- Ma… ma…
- Sssh… ti prometto… che farò di tutto per vederci più spesso, Sana… anche tu mi prometti che farai lo stesso…?
Serrando le labbra annuì, cercando di frenare le lacrime ed i singulti.
- Bene…
Lui la strinse un po’ più forte.
- Adesso basta… è tutto finito… domani… torniamo a casa…
E su quel “torniamo a casa” che giunse alle sue orecchie molto più dolce di quanto avrebbe mai immaginato, si addormentò esausta.
**

- Mi chiedo cosa diavolo mi fosse preso…
Disse la ragazza finendo di pettinarsi i capelli.
Aya rise.
- Capita, un momento di follia!
Sana la guardò, con un sorriso negli occhi oltre che sulle labbra.
- Grazie per non essere venuta a riprenderci…
**

Tsuyoshi alzò una mano verso Akito, per farsi notare, rimanendo sotto il porticato della scuola per evitare di venire completamente investito dalla pioggia.
- Akito! Vieni a ripararti qua sotto, per carità!
Akito seguì di corsa il suo consiglio, e quando fu all’asciutto di scosse i capelli fradici.
- Tutto a posto?
- Si, Tsuyoshi… tutto a posto…
- Guarda qua come sei conciato! Ti vedi con Sanachan?
- Proprio adesso…
- Tsk! Mai possibile? Uscite insieme e ti presenti in queste condizioni?
Tsuyoshi rise. Akito sospirò guardando le nuvole che, lentamente, si andavano diradando, così come la pioggia.
- Sai? Penso che, in fondo, delle condizioni in cui mi presento le interessi poco…
L’amico gli mise una mano sulla spalla.
- Oh, io ne sono sicuro… ombrello?
Fanfiction a cui è ispirata: Brothers...? / They Answered: No, Not Brothers
Genere: Introspettivo, Malinconico
Pairing: Sana/Akito
Rating: PG
AVVISI: AU, Incest, Spin-off.
- Perché mi basterebbe vederti anche solo per un attimo… pensieri di Akito dopo la fine di “Brothers…?”.
Commento dell'autrice: L'ispirazione per questa fanfiction è arrivata fulminea dopo la rilettura di "Brothers...?". Sono solita rileggere le mie fic, una volta ogni tanto, perché mi accorgo degli errori e dei cambiamenti di stile, e mi rendo conto della mia crescita - se c'è - o della mia retrocessione - se c'è - o di qualunque altre cosa mi serva per andare avanti in questa meravigliosa cosa che è scrivere... Comunque... la fic è una cosa che mi è venuta spontanea davvero. Akito Hayama io l'ho sempre adorato, sia come personaggio del manga in sé che come personaggio nella mia fic... e quando scrivevo Bros ADORAVO scrivere il suo POV (Point Of View, il punto di vista). Temporalmente si colloca dopo "Brothers...?" un po' di tempo dopo, magari uno o due anni... prima di "They answered: no, not brothers", comunque...
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Wishing you


Se ci penso davvero, c’è stato un periodo della mia vita in cui l’idea di amarti non mi ha sfiorato neanche lontanamente.
Si. Non ricordo molto di quel periodo, ma sono sicuro che ci sia stato.
Tu eri piccola. Io ero piccolo. C’erano i nostri genitori.
Eravamo semplicemente una famiglia. Una bella famiglia, devo dire. Chi se ne frega della modestia.
Mi piaceva da morire la nostra vita in quattro.
Non soffrivo. Non soffrivo per nulla, ero talmente felice da non riuscire a contenerlo. Ed il fatto che non sorridessi non vuol dire proprio un cazzo.
Era bello, eravamo felici, la parola incesto era così lontana… lontana? No. Non esisteva nemmeno.

Forse perché ero troppo piccolo… ma non c’è un momento in cui io mi ricordi dei nostri genitori infelici.
Per quanto ne so io… sorridevano sempre. E tu con loro.

La famiglia Hayama, gran bella famiglia, davvero!
Poveretti, i fratelli Hayama… i loro genitori sono morti, e sono così piccoli! Peccato, erano una bella famiglia…
Che schifo, hai saputo dei due fratelli Hayama? E dire che sembravano una così bella famiglia…

Ora… io devo essere sincero…
Ho paura che, ad un certo punto della mia vita, io mi sia addormentato profondamente. E che abbia dormito per moltissimo tempo. E che nessuno abbia provveduto a svegliarmi.
Davvero. C’è stato qualcosa, un particolare che mi sono perso… perché altrimenti non riesco a spiegare… COME abbiamo fatto… dalla prima all’ultima frase…

Sana, dove sei? Non ti sento.
Ci sono momenti in cui mi sembra che la nostra distanza sia così ampia da non poterla colmare neanche con tutto il mio amore. Che è davvero tanto.
Ci sono momenti in cui Nagoya mi sembra in capo al mondo.
Ci sono momenti, Sana, in cui vorrei soltanto che tu potessi essere qui per venti minuti, e quello che ti farei…
Ci sono momenti in cui invece credo che non mi accontenterei mai, e ti vorrei qui per sempre, e quello che ti farei, e quello che mi faresti, e quello che faremmo insieme…

Insieme.
Perché non riesco più a trovare un significato a questa parola?
Io e Fuka siamo andati insieme al parco, ieri.
Aya e Tsuyoshi sono a letto insieme.
Tamakichan è insieme ai suoi nonni.
Tu vivi insieme a tuo cugino.

Io odio Fuka. O magari la amo troppo. O magari amo troppo te.
Aya e Tsuyoshi hanno un brutto momento. Da molto tempo. È un momento molto lungo.
Tamaki odia i suoi nonni. Non può vederli. È così piccola…
Tu odi te stessa e la tua vita. E tuo cugino. E forse anche me.

Ed allora… il significato di quell’insieme… dov’è? Dove si è perso? Perché dev’esserci stato un punto della storia in cui io e Fuka abbiamo smesso di andare insieme al parco, in cui Aya e Tsuyoshi hanno smesso di fare l’amore insieme, in cui Tamaki ha smesso di sopportare i suoi nonni, in cui tu hai smesso di amare la vita…
In cui noi tutti abbiamo smesso di essere…

Mi sento talmente stupido.
È colpa mia. Lo penso seriamente, a volte. A volte penso davvero che se non avessi detto niente di te, se non ti avessi baciata… sarebbe stato tutto diverso.
Non vale nulla se quando sono calmo e rifletto mi dico che non è affatto così. Che avrei sofferto ugualmente perché ti avrei amata in silenzio. Che avresti sofferto in silenzio perché non sarei più stato capace di essere tuo fratello. Che lei avrebbe sofferto lo stesso perché non avrei mai potuto amarla come avrebbe voluto. Che Aya e Tsuyohi sarebbero comunque arrivati al punto in cui lo stress fa un salto e non è possibile contenerlo neppure con tutto l’amore del mondo. Che Tamaki avrebbe comunque odiato qualcuno, prima o poi.

Quella bambina. Mi dispiace che tu non l’abbia potuta conoscere.
È una delizia. Somiglia incredibilmente a Tsuyoshi, fa impressione. Però ha gli occhi dolci di sua madre.
E… sinceramente non so perché, ma mi fa rabbia che stia crescendo così.
Si, bè, insomma… con questi due esempi di rapporto.
Questa casa avrebbe dovuto essere calda ed accogliente. Ed invece è un blocco di ghiaccio. Ghiaccio, dico.
Con me e Fuka che a stento ci guardiamo, anche a letto.
E con quei due che passano il tempo ad ignorarsi quando non litigano.

È frustrante.
Perché nonostante tutto quello che ho provato per molti anni della mia vita, ricordo anche che dopo che tu mi dicesti di voler fare l’amore con me, io credetti davvero nell’amore. Ci credetti davvero ciecamente. Mai. Non ci avevo mai creduto.
L’amore… non si avverava mai, quello vero. Non esisteva mai.
Ed invece tu esistevi. Ed il pancione tondo di Aya era lì. Ed io credevo, accidenti… credevo davvero che sarebbe stato tutto meraviglioso…

Un comportamento assolutamente fuori dai miei schemi.
Io, il pessimista. Io, il negativo. Io, l’ombra. Io, la tristezza. Io, il buio.
Io, Akito Hayama.
Io mi ero lasciato andare. Solo per qualche giorno. Solo per qualche giorno ci ho creduto veramente.
E sono stato preso a coltellate nel petto.
Continuo ad essere ferito. Sono io, che mi ferisco da solo.

E… magari non sono normale, ma… anche se questo significasse essere nuovamente ucciso… vorrei che tu tornassi. Magari non per sempre. Magari per un giorno. Magari un pomeriggio. Un paio d’ore. Qualche minuto.
Vorrei poterti notare di sfuggita fra la massa di gente per strada. Mi basterebbe vedere la tua meravigliosa figura anche solo per un attimo.
Potrei sopportare anche altri mille anni di una tale sofferenza.
Ma prima avrei bisogno… di rivederti di nuovo. Anche solo per poco.
Genere: Drammatico/Romantico
Pairing: SanaXAkito, AyaXTsuyoshi
Rating: NC-17
AVVISI: AU, Incest.
- La storia di un amore che avrebbe fatto meglio a non esistere...
Commento dell'autrice: Orgoglio e soddisfazione. Mai queste due sensazioni erano state potenti nel mio cervello come lo sono state mentre scrivevo questa fic e mentre mi rendevo conto di quanto entrasse nel cuore della gente. Sarà stato per l'argomento spinoso (che mi sta a cuore, del quale non mi pento e non mi pentirò mai), sarà stato che, forse, anche io so scrivere benino, ma questa fanfiction resta secondo me la migliore delle mie opere. Più di "Back to home", più di "Ninety-eight", più di "La tua voce mi cambia", più di tutto il resto.
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Lisachan presenta...
 
Brothers...?

 
16° fanfiction, 2° su Kodomo no Omocha
 
 
Introduzione

 
Non l’ho mai fatto. Per nessuna delle mia fanfiction, fino ad ora. Ma per “Brothers...?” non solo preferisco che sia così, ma è soprattutto necessaria.
Dovete sapere che la storia che mi appresto a narrare mi tocca da vicino. Non in prima persona, ma molto da vicino.
Come dice la mia amica Elisa, “Angel Sanctuary chiama e noi, pronti, rispondiamo”. Ma non mi sembra giusto ridurre questa fic ad un semplice tentativo di parlare degli stessi argomenti di Angel Sanctuary, e per farvi capire che intendo è necessario che io vi racconti una storia.
Un mese fa circa, vagavo all’entrata della scuola perché erano ancora le otto meno cinque, e non sapevo che fare, quando ad un certo punto chi mi vedo spuntare? Una mia amica che non vedevo da una settimana e mezzo circa, perché era stata assente. A guardarla così mi sono subito preoccupata, aveva un paio di borse sotto agli occhi che facevano davvero paura... comunque, mi sono avvicinata, l’ho salutata, tranquillamente, le ho chiesto come stesse... lei si è voltata e dopo avermi riconosciuto (ci ha messo qualche secondo...) mi è scoppiata a piangere fra le braccia. Io non sapevo che fare, improvvisamente non mi sembrava più tanto presto, e fra cinque minuti sarei dovuta rientrare in classe. Ma dopo averla guardata di nuovo l’ho praticamente trascinata in palestra, dove lei si è gettata su uno di quei materassoni azzurri sempre polverosi e puzzolenti. Dopo qualche minuto si è calmata (la campanella già era suonata...) ed ho cominciato a farle qualche domanda, giusto per capire che avesse. Lei all’inizio non sembrava disposta a parlare. Anzi, era agitata e nervosa, e ripeteva solo che avrebbe preferito di gran lunga sprofondare in un buco per sempre piuttosto che trovarsi in una situazione come la sua. Io, ovviamente non capivo nulla. Ero indecisa se continuare a premere per farmi dire tutto o lasciarla in pace nel suo dolore e correre in classe finchè ero ancora in tempo. Alla fine sono rimasta lì, e dopo un po’ di tempo lei ha cominciato a mostrarsi più disponibile... conclusione:  mi ha confidato di essersi innamorata di suo fratello.
Potete immaginare che espressione che ho fatto. Subito le ho chiesto se stesse scherzando, ma aveva una faccia che proprio non lasciava dubbi. Anzi, ha cominciato a raccontarmi quando era cominciata, cosa aveva provato... confesso che non riuscivo a comprendere i suoi sentimenti, forse perché non sono mai stata innamorata di mio fratello... però vederla in quel modo mi faceva stare malissimo, era ed è una delle mie migliori amiche, se non la migliore, come potevo sopportarlo?
Così, un giorno che di pomeriggio ero a casa da lei me ne sono uscita con una proposta folle. “E se gli dicessi tutto?”. Lui era un ragazzo intelligente, ed era anche carino, non il mio tipo ma devo ammettere che era carino. Diciotto anni appena compiuti. Andava al classico. Alla fine dell’anno sarebbe partito per andare a frequentare l’università non ho ben capito se a Roma o a Firenze con alcuni suoi amici. Probabilmente è stata l’imminente partenza di lui a risvegliare nella mia amica quel particolare tipo di sentimenti. Comunque, dicevo, le ho proposto di dirgli tutto. Lei, stranamente, ha accettato subito.
Cioè, stranamente non è proprio esatto come termine... doveva essere completamente esasperata da quella storia, probabilmente anche lei non vedeva l’ora che finisse... in un certo senso in questo posso capirla. Comunque lei ha accettato ed io sono andata a chiamare suo fratello nella sua stanza. Il quale mi ha seguito subito senza fare troppe storie. Quello era un ragazzo intelligente, io credo che avesse capito qualcosa. Tanto che, quando lei glielo disse all’orecchio, una volta che io l’ebbi portato nella sua stanza, non si mostrò minimamente sorpreso. Anzi, fu molto comprensivo. Mentre io rimanevo seduta in un angolino della stanza cercando di non disturbare, lui la abbracciò e le sussurrò qualcosa (che lei non mi ha voluto rivelare... io provo a non pensarci troppo per non farmi rodere dalla curiosità...) dopo la quale la mia amica si sciolse completamente in pianto. Ricordo che in quel preciso istante, a vederla così (cavoli, aveva perfino la maglietta bagnata di lacrime) mi si strinse il cuore ed ebbi voglia di piangere anch’io. Ma non ne avrei avuto motivo, quindi mi trattenni.
Epilogo: Giugno si avvicina, e per lui si avvicinano anche gli esami. La promozione è quasi una certezza, e la partenza sembra inevitabile. La mia amica soffre come una dannata ma prova a non darlo a vedere. Insieme mi sembrano (stranamente, adesso si che è il termine giusto) una bellissima coppia. Forse perché so cosa c’è dietro. Comunque non è destinato ad essere un sogno d’amore coronato. Starò vicina alla mia amica finchè potrò.
Qualche giorno dopo ho provato a parlarne con qualche adulto, ma sono stati tutti parecchio evasivi. Si vede che l’incesto è un argomento che la mente umana rifiuta fortemente. Eppure esiste! Io non credevo che ne avrei mai *visto* uno, eppure un caso mi è capitato proprio sotto agli occhi, da una persona che credevo di conoscere benissimo!
Bisogna parlare di certe cose, come è possibile che parlando con un ultraquarantenne di un argomento del genere lui debba arrossire più di me?
Questo il motivo per il quale sto scrivendo questa storia. È difficile, ma scrivere è l’unica cosa che *credo* di saper fare. Il rating talmente elevato è dovuto proprio al tipo di discorso che voglio fare.
Vi prego di non scrivermi mail di offesa, io vi sto avvertendo che non è un argomento leggero e che non tutti ci possono passare sopra indenni. Detto questo, ho detto tutto.