rp: pax thien jolie–pitt

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo, Romantico.
Pairing: Shiloh/OC.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Femslash, OC.
- Shiloh decide finalmente di presentare la propria ragazza alla famiglia, ma Pat - la ragazza di Shiloh, appunto - non sembra granché entusiasta dell'evento.
Note: Questa palese follia è nata dopo aver letto questo. L'ho trovato estremamente interessante e, voglio dire, una cosa simile non poteva che portarmi a plottare roba con lesbica!Shiloh XD Roba che poi è degenerata con un entrare in gioco del Brangelina e di tutti i loro figli. Il Brangelina perché io lo amo da tempo immemore, ed i pargoli perché... Dei, ma avete mai visto la famiglia Jolie-Pitt quando si muove stile carovana circense? XD E' la cosa più bella del mondo. Io ci vado pazza, per questa roba. (Lo so, lo so che c'è del Maddox/Shiloh nascosto qui da qualche parte. Non sono nemmeno sicura che non sia mai accaduto niente fra loro in questo universo o_o Cioè, guardate come si comportano. Si amano palesemente. *fangirla la sua stessa fanfic*) Dedicata alla Tab perché anche se non ama Brad quanto me condividiamo almeno l'amore per questa famiglia di squinternati multietnici libertini, e ciò ci rende molto felice u.u♥ Inoltre!, scritta per la settimana corrente del Challenge Trimestrale @ dietrolequinte, su prompt ingresso inteso in senso metaforico, come ingresso della protagonista nella famiglia Jolie-Pitt. Yay. (Ah, se ve lo state chiedendo, Linda De Vetta è davvero una makeup artist e s'è davvero occupata della Jolie in almeno due film. Ha davvero una figlia chiamata Antonia con la quale tra l'altro produceva davvero gioielli di bigiotteria. Però Pat esiste esclusivamente nella mia testa, quello sì XD)
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MAKING SOMETHING OUT OF NOTHING


- Voglio presentarti a mamma e papà.
La voce di Shiloh è dolce e morbida contro la mia pelle sudata. Inarco la schiena e gemo con forza quando la sua mano scivola oltre l’elastico delle mie mutandine, accarezzandomi piano fra le cosce. È tremendamente scorretto chiedermi una cosa del genere in un momento simile. Come si aspetta che le dia una risposta sensata?
- Shiloh, amore. – soffio, accarezzandole la nuca e lasciandomi solleticare il dorso della mano dalle punte dei suoi capelli corti, - Possiamo parlarne dopo?
- Ma io voglio parlarne adesso. – insiste con una risatina divertita, sfiorandomi un capezzolo con le labbra prima di prenderlo in bocca e succhiare con forza, giocando con la lingua a titillarne la punta mentre io tremo ed ansimo, a corto di fiato, schiudendo le gambe per far spazio alla sua mano e alle sue dita dentro di me. – Ho già parlato con mamma, anche i miei vogliono conoscerti. Stanno organizzando una cena.
- Una cena? – sollevo il capo, agitata. Lei ridacchia contro la mia pelle.
- Calmati. – sussurra rassicurante. Io mi dimeno come un’anguilla e ciò non fa che portare le sue dita a strofinarsi con maggior forza contro e dentro di me. Mi costringe alla resa così, sfruttando la mia inquietudine a suo favore. Ricado sul letto, esausta, e lei prende a muoversi più lentamente. – Non sarà niente di formale, piccola. – continua, e mi chiama in quel modo solo perché sa che mi piace quando lo fa, nonostante sia abbastanza ridicolo, visto che è più piccola di me di cinque anni buoni, - Andiamo, mangiamo qualcosa tutti insieme, ti presento i miei genitori e i miei fratelli e—
- Anche i tuoi fratelli?! – torno ad agitarmi, sollevandomi sui gomiti e guardandola come avesse appena detto di volermi sacrificare su un altare mentre i suoi fratelli praticano riti orgiastici tutto intorno a noi, - Ma è un esercito di persone! Lo sai che non reagisco bene alle folle. – mugolo abbattuta.
Lei ride, sfilando le dita e salendo a cavalcioni su di me. Le poggio entrambe le mani sui fianchi e continuo a guardarla con aria così platealmente impaurita che la sua apparente imperturbabilità, e anzi, quel pizzico di divertimento che le leggo negli occhi vispi e nella piega maliziosa delle labbra, quasi mi spaventa. La mia ragazza palesemente non ha un cuore.
- Pat, - mi sorride, - vedrai che andrà tutto bene. – dice con tono definitivo. L’attimo dopo mi sta già baciando, strofinandosi contro di me, lenta e sensuale come una gatta, e io decido di smettere di pensarci. Tanto, avrò tempo per preoccuparmi anche dopo.
*

- Ma come diavolo ti sei vestita? – ride Shiloh dietro di me, circondata da quei suoi diecimila stupidi gatti che le ho chiesto mille volte di non far salire sul letto. Mi guardo attentamente nello specchio e sistemo il colletto della camicia, annodandone anche l’ultimo bottone.
- Dici che sono troppo scollata? – chiedo preoccupata. Shiloh si mette a ridere mentre uno dei gatti le si arrampica sulla spalla e poi le si appollaia sulla testa.
- Dico che ti sei vestita come un’educanda e quella camicia è orribile. – risponde con una risata, rovesciandosi sul materasso in un tripudio di miagolii isterici. Odio i suoi gatti, sono tutti così incredibilmente viziati. E poi detesto che non abbiano un nome, lei dice che tanto non li ricorderebbe mai tutti e dieci, quindi li chiama semplicemente “i gatti”. Ogni gatto è semplicemente “gatto” e sono tutti dispotici, altezzosi e ciccioni. Stupidi gatti.
- Non so come vestirmi. – confesso con un sospiro abbattuto, - Voglio fare una buona impressione.
- La buona impressione devi farla tu, no? Non i tuoi vestiti. – mi fa notare con un sorriso tranquillo, - Perciò qualsiasi cosa indosserai andrà bene.
- Mmh. – mi lagno, lasciandomi andare seduta sul letto, - Tu come ti vesti?
- Come mi vesto io? – chiede, sgranando gli occhioni azzurri e ravviandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio, - Così, no?
Do un’occhiata alla canottiera bianca e agli short di jeans che indossa e poi mi abbatto sdraiata sul materasso, sfibbiando il primo bottone della camicia.
- A te vorranno comunque bene, anche se ti presenti con uno straccio attorno ai fianchi. – piagnucolo. Shiloh ride, mettendosi a quattro zampe e chinandosi per darmi un bacio lievissimo sulle labbra mentre i gatti approfittano del momento per salire tutti sulla sua schiena contemporaneamente.
- Vorranno bene anche a te, perché sanno che ti amo tantissimo e si fidano del mio giudizio.
- I tuoi genitori non si fidano del tuo giudizio, Shiloh. – le ricordo mettendomi in piedi e sfilando la camicia, alla ricerca di qualcosa di meno opprimente, - Tuo padre ti ha impedito di entrare in casa sua per un mese quando sei apparsa nuda sulla copertina del Rolling Stones.
- Be’, sì, ma—
- E tua madre ti ha quasi diseredata quando sei stata beccata a pomiciare con quel tipo che poi s’è scoperto essere una specie di trafficante di organi o chessò io.
- Sì, ma poi le ho spiegato che sembrava un bravo ragazzo, a parlarci, e non l’avevo visto in faccia, per cui—
- E i tuoi fratelli—
- Ho capito, ho capito! – ride Shiloh, estremamente divertita, saltando in piedi e schioccandomi un bacio umido e infantile su una guancia, - Senti, vestiti come vuoi, ok? Andrà bene. Solo, fallo in fretta. Fra pochi minuti Maddie sarà qui.
- Maddox mi odia. – biascico infilandomi una maglia scura a caso e tirando su i capelli in una coda alta. – Non è stata colpa mia quella questione dei faretti della Mercedes. Non l’avevo vista, parcheggiata così nell’ombra nel vialetto, era…
- Pat, amore. – ride ancora Shiloh, stringendomi da dietro e cullandomi lentamente, - Stai dicendo idiozie a raffica. Piantala, vuoi?
- Certe volte sei uguale a tua madre. – rabbrividisco, scostandomi appena, - Hai questo modo inquietante di dare ordini sorridendo come se stessi chiedendo al mondo solo un pasticcino alla crema. Che cosa tremenda.
Shiloh ride un’altra volta, ma decide saggiamente di non rispondermi, avventurandosi in giro per i trecento perlopiù inutili metri quadri di attico che condividiamo, in cerca di uno a caso fra le migliaia di paia di Converse che possiede. Io mi seggo ancora una volta sul letto, infilando i sandali e restando con le spalle curve e le braccia molli in grembo, sospirando affranta come una condannata a morte. Un gatto a caso mi si avvicina, mi miagola nell’orecchio e io lo afferro per la collottola, lanciandolo disinvoltamente in aria ed osservandolo stizzita mentre lui si aggrappa con le unghie ad una tenda e mi soffia contro.
Questa serata sarà un disastro, e dovremo comprare delle tende nuove.
*

Maddox arriva circondato come al solito da quella sua aura di figaggine estrema, una roba che non puoi che odiare se hai passato tutto il liceo fra gli sfigati e ora fai la truccatrice e sei costretta a continuare ad avere a che fare con la tua mediocrità mentre attorno a te gravitano solo modelle e modelli bellissimi. Canottiera nera con gli orli sfilacciati, jeans aderenti e bassi in vita, occhiali da sole – che sfila prontamente appena Shiloh gli si avvicina – scarponi da dannato soldato in trincea e la solita cresta svettante contro il cielo chiaro e colorato del tramonto. Oggi è rossa.
- Maddie! – lo saluta Shiloh, saltandogli praticamente addosso e stampandogli un bacio affettuoso sulle labbra, - Sei in ritardo, dovremmo essere già a casa. – lo rimprovera bonariamente, sedendosi al suo fianco in macchina mentre io, senza avere il coraggio di spiccicare una parola, mi seggo sul sedile posteriore.
- Ho avuto un impegno, ok? – sorride lui, mettendo in moto la macchina.
- Mi auguro che fosse carina, almeno. – ridacchia Shiloh. Il sorriso di Maddox si allarga.
- Mi conosci come uno che si conceda meno del meglio? – risponde con sicurezza, e ride divertito quando sua sorella allunga un braccio e gli tira uno scappellotto sulla nuca. – Allora, Pat. – dice poi, rivolgendosi a me e guardandomi negli occhi attraverso lo specchietto retrovisore, - Agitata?
Mi torco le mani in grembo, distogliendo lo sguardo dal suo.
- Un po’. – ammetto con un sorriso intimidito.
- Oh, non preoccuparti. – dice lui con fare accomodante, - Andrà benissimo. Questo naturalmente nel caso in cui tu sia vegetariana, i tuoi voti al liceo fossero buoni e— hai frequentato il college, vero? Mamma è molto severa in questo senso, ci tiene parecchio, e non accetterebbe mai di—
- Maddie! – lo apostrofa Shiloh, guardandolo severamente, - Smettila immediatamente! – lo rimprovera, tirandogli un pizzicotto sul fianco che fa piegare Maddox abbastanza da far curvare la macchina e farmi saltare il cuore in gola mentre per qualche miracolo divino evitiamo un testacoda. Shiloh si volta verso di me, le sopracciglia inarcate verso il basso e un piccolo broncio sulle labbra a cuoricino. – Sta scherzando, non dargli retta. È solo uno stupido. – conclude, tornando a sedersi compostamente.
Io annuisco, lo sguardo ancora basso. È evidente che Maddox mi odia, e visto che non ho frequentato il college mi odierà anche sua madre.
*

Appena metto piede in casa Jolie-Pitt, provo l’irresistibile desiderio di darmi alla fuga. La villa è enorme, su tre piani, e comprendo perfettamente che avere una tale quantità di figli giustifichi in qualche modo la necessità di tutto questo spazio, ma è pur vero che Shiloh e Maddox non abitano più con la famiglia ormai da qualche anno, e comunque sono convinta che qui ci siano anche stanze che non sono state mai aperte, figurarsi utilizzate, e in sostanza mi sento così nervosa che preferisco straparlarmi in testa piuttosto che cercare di calmarmi ed evitare così tremende figure. Tipo adesso c’è Pax Thien che mi fissa con quei suoi occhietti vispi e scuri, i capelli lunghi alla base del collo e la frangia tirata indietro con un fermaglino rosa palesemente non suo, il blocco degli appunti ancora in mano – sta studiando da mesi, benedetto ragazzo, Shiloh è in ansia da morire perché si dimentica di dormire e di mangiare a intervalli regolari – e sono abbastanza sicura che mi abbia chiesto qualcosa, visto che mi sta guardando con aria interrogativa, ma non saprei dire cosa. Mi preparo alla figura peggiore della mia intera esistenza.
- Ehm, sì. – rispondo con un sorriso teso e imbarazzato, e sul volto di Pax Thien si apre un sorriso entusiasta, mentre mi afferra per un braccio – le maniche della maglia enorme che indossa che scivolano a coprirgli le mani nel movimento – e comincia a trascinarmi verso camera sua.
- È fantastico! – cinguetta estasiato, - Avevo proprio bisogno di qualche spiegazione sulla sindrome da microdelezione cromosomica ventidue q undici punto due, è una fortuna che tu—
- Lei – lo interrompe Shiloh, afferrandomi per l’altro braccio e frenando la corsa di suo fratello mentre io medito già di rifugiarmi nel primo bagno disponibile e impiccarmi alla catenella dello sciacquone, sempre che i bagni di questa casa abbiano catenelle per lo sciacquone, - ha solo sentito male, Pax. Non può aiutarti nei tuoi studi.
- …oh. – mormora lui, delusissimo, - Oh. Scusa se ti ho—
- Ma no. – lo interrompo io, gesticolando animatamente, - No, è stata colpa mia. Mi dispiace di non poterti aiutare, posso— se vuoi posso darti una mano a ripetere, dopo! – propongo speranzosa.
- Sì… sì, certo. – annuisce lui, gli occhi bassi, ma si vede che è un “sì, certo” di circostanza. Oddio, comincio proprio col piede giusto se la prima cosa che faccio entrando in casa è deprimere per sempre il secondogenito. O forse il terzogenito, perché in effetti Pax Thien è più grande di Zahara, ma è stato adottato dopo, e… Dio, che famiglia assurda.
- Non preoccuparti per lo studio, lo aiuterò io dopo. – dice Zahara, apparendomi accanto come una specie di visione mistica africana, la pelle scurissima e le treccine fitte fitte lunghe fino alla base della schiena, - E non preoccuparti neanche per il muso lungo, gli passa in fretta. – ridacchia stringendomi in un abbraccio fraterno. – Alla fine vi siete decise a fare il grande passo, mh?
- Be’, decise è una parola grossa. – ammetto con una risatina nervosa, mentre Shiloh mi fa passare un braccio sopra le spalle e mi stringe a sé con fare protettivo.
- Ricordate comunque che la mia offerta è sempre valida: mi piacerebbe cantare al vostro matrimonio. – continua Zahara, sorridendo soavemente.
- Se mai dovesse avere luogo. – precisa Maddox, scompigliando i capelli di Shiloh ed approfittandone per tirarsela contro, ovviamente allontanandola da me.
- Forse è meglio se ne discutiamo dopo… - propongo stringendomi nelle spalle.
- Sì, forse è meglio. – dice una voce che vorrei poter chiamare sconosciuta. Sollevo lo sguardo e la signora Jolie è proprio lì in mezzo al corridoio, al fianco del signor Pitt. Le loro figure snelle e slanciate, così naturalmente eleganti, sono così incredibilmente simili da esprimere già alla prima occhiata quanto abituati debbano essere a condividere lo spazio, perché lo riempiono tutto senza intralciarsi a vicenda, è come fossero nati per incastrarlo. La signora Jolie sorride decisa e affascinante, le braccia incrociate mollemente sotto il seno, e il signor Pitt sorride sereno dietro la barba ancora biondiccia nonostante l’età, le mani nelle tasche dei pantaloni e la postura fiera. – La cena è servita. – aggiunge la signora Jolie con un sorriso inquietantemente cordiale, inclinando appena il capo. Lunghi brividi di terrore puro scivolano serpentini lungo la mia schiena, ed ho come la sensazione che le ginocchia mi stiano abbandonando. Shiloh è subito al mio fianco per sostenermi prima che il cedimento si noti, ma la paura, nonostante la sua vicinanza, non passa.
*

- E così fai la truccatrice. – comincia la signora Jolie, mentre pilucchiamo gli antipasti, - E ti piace?
- Be’, sì, lo trovo rilassante. – annuisco un po’ imbarazzata, - Non è un mestiere che mi stressi, mi ci trovo a mio agio.
- Anche a me e Knox piacciono i trucchi! – esordisce Vivienne, sistemandosi una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro un orecchio, - Cioè, a me piacciono molto, e uso Knox come cavia.
- Uno non può stare lontano da casa un paio di giorni che gli impazziscono i fratelli. – commenta Maddox, roteando gli occhi. Il signor Pitt ride sommessamente, schermandosi dietro una salvietta bianca finemente ricamata.
- E a tuo fratello piace essere truccato da te? – ridacchio piano io, rivolgendosi a lei. Knox arrossisce fino alla punta delle orecchie. È tremendamente taciturno, da quando ci siamo presentati prima Vivienne non ha fatto che parlare, parlare, parlare, si è anche presentata al suo posto, il che probabilmente vuol dire che i gemelli nascendo hanno diviso le facoltà in parti disuguali, visto che una parla per due e l’altro non riesce a farlo nemmeno per se stesso.
- Non so. – scrolla le spalle Vivienne, - Non s’è mai lamentato.
- Non fatico a crederlo. – ridacchio, ma m’interrompo subito quando la signora Jolie si schiarisce la voce, facendo poi cenno ad uno dei due camerieri che restano immobili ai lati della porta, perché porti il primo. Il cameriere scompare in corridoio, mentre il suo collega si attiva per ripulire la tavola e portare via i piatti sporchi e i vassoi ancora pieni di cibo. Io cerco di distrarmi seguendo i suoi movimenti, ma non riesco abbastanza da ignorare la voce della signora Jolie, quando parla ancora.
- Dove hai imparato l’arte? – chiede con curiosità moderata ma interesse quasi scientifico. Direi perfino chirurgico, dal momento che ho quasi l’impressione che stia cercando di sezionarmi con gli occhi. Mi chiedo se non dovrei tirare fuori con nonchalance dalla borsa le mie referenze e farle scivolare sul tavolo verso di lei, così che possa prenderne visione. – Hai frequentato la Cinema Makeup School di Los Angeles? Dicono che sia il top, nell’ambiente.
Schiudo le labbra ma fatico a trovare l’aria per rispondere.
- Mamma… - grugnisce Shiloh, seduta accanto a suo padre di fronte a me. Il signor Pitt lascia scivolare una mano sulla tovaglia fino a coprire la sua, e la rassicura con un breve sorriso d’incoraggiamento. È come volesse dirmi che devo farcela da sola, che è importante sopravvivere a questo momento contando sulle mie sole forze, per cui deglutisco a fatica e ci provo.
- In realtà sono poco più di un’assistente, non faccio mai niente di particolarmente difficile. O… - mi mordicchio un labbro, nervosa, - artistico. Era mia madre quella talentuosa. Ho imparato da lei tutto quello che so.
La signora Jolie inarca un sopracciglio, raccogliendo qualche pennetta con la forchetta in pochi gesti netti ed eleganti.
- Tua madre? – commenta, - Posso chiederti il suo nome?
Inspiro profondamente. Mi sento gli occhi di tutta la tavolata addosso e sono ricoperta di sudore freddo. Lo sento. Esploderò prima della fine della cena.
- Linda De Vetta. – rispondo. La signora Jolie schiude le labbra e spalanca gli occhi, portando le mani giunte all’altezza del cuore.
- Linda! – esclama stupita, - Ma certo! Oh, cielo, s’è presa cura di me così tante volte! Mi è dispiaciuto molto, quando è venuta a mancare. Anche se non ricordo di averti notata, al suo funerale. – riflette. – Oh, be’, non è il caso di discutere di questi dettagli. Come sta la tua deliziosa sorella? Antonia, vero? Me la ricordo bene, un tale talento per la bigiotteria! Devo ancora avere un paio di orecchini in corallo rosso che mi regalò quando tua madre me la presentò durante le riprese di Alexander. Oh, quanti bei ricordi! – cinguetta entusiasta. Io abbasso lo sguardo e cerco di non dire niente. Siamo avvolte in un silenzio surreale e sto già tremando quando riprende a parlare. – Parlami un po’ di tua madre, Patrizia. – chiede affabile, e mentre Shiloh si mordicchia l’interno di una guancia, impossibilitata a salvarmi o a fare alcunché, con la mano di suo padre sempre stretta attorno alla propria, io serro i pugni e sollevo lo sguardo.
- Io la rispetto molto, signora Jolie, - comincio. Sono così tesa che la mia voce esce tagliente più di quanto non voglia. – ma il mio rapporto con mia madre ha smesso di essere idilliaco quando ho compiuto sedici anni. Non mi ha mai aiutato, in generale, nella mia vita, ed il punto cui sono arrivata, pur modesto, è merito esclusivo delle mie forze. Non ho mai avuto talento, non sono mai stata come la mia deliziosa sorella Antonia e né lei né mia madre hanno mai perso occasione per farmelo notare, motivo per il quale vivo da sola da quando ho compiuto diciott’anni. Ora… - e prendo fiato, perché sono a corto d’aria. E bevo un sorso d’acqua, perché ho la gola secca. E occhieggio la finestra perché vorrei saltarne fuori e fuggire nella notte, ma resto qui. – Ora, se è di mia madre che vuole parlare, signora Jolie, temo di non poterle essere d’aiuto. Ma se vuole parlare di me, se vuole capire se vado bene per sua figlia o meno, allora sono disponibile.
Sollevo lo sguardo per la prima volta da quando ho cominciato a parlare, e la signora Jolie mi sta fissando come se fossi salita sul tavolo e le avessi devastato le porcellane a calci. Voglio morire. Voglio sciogliermi in un fiume di vergogna e scivolare attraverso le intercapedini del parquet e poi evaporare per sempre e scomparire da questo mondo, ma soprattutto scomparire da questa cena. Mi dispiace, Shiloh, ci ho provato. Ma te l’avevo pur detto che sarebbe finita male.
- Grintosa. – sorride il signor Pitt. È la prima volta che parla da quando ci siamo seduti a tavola, ma lo fa con una sicurezza tale da stupirmi. Forse è la presenza della signora Jolie, che è una che a guardarla ti dà l’impressione di avere un controllo totale su tutto ciò che la circonda, che mi aveva un po’ fatto pensare che lui, non so, non potesse parlare se non era stato autorizzato. Ma evidentemente non è così. Ed evidentemente io sono una cretina integrale. – Direi che è stato più che soddisfacente, mh, Angie?
Mi volto a guardare la signora Jolie e i suoi lineamenti tesi si sciolgono in un sorriso rassicurante.
- Più che soddisfacente, sì. – commenta serena, - Devi scusarmi, Patrizia—
- Preferisco Pat. – la interrompo, accigliandomi appena. Lei ride di cuore e la sua risata argentina risuona per tutta la stanza, accompagnata dall’eco più basso della risata di suo marito, mentre tutto intorno i ragazzi sospirano e riprendono a mangiare, visibilmente sollevati.
- Pat, allora. – sorride ancora, tornando a guardarmi. – Era solo un piccolo test. Non dirmi che non te l’aspettavi. – aggiunge, facendomi l’occhiolino.
La risposta è no, e sto scaricando il nervosismo così velocemente che accarezzo quasi la possibilità di dirglielo in faccia, ma il sorriso del signor Pitt mi ferma, e mi rilasso un po’.
- Benvenuta in famiglia, Pat. – dice con un piccolo cenno del capo.
La signora Jolie gesticola brevemente verso un cameriere, e due secondi dopo quello si avvicina, mostrando orgogliosamente il vassoio dell’arrosto con le patate.
- Gradisci? – chiede la signora Jolie con un sorriso cordiale. Io sospiro, Shiloh, dall’altro lato del tavolo, mi guarda con orgoglio palese. Porgo il piatto ringraziando.