rp: maddox jolie–pitt

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Commedia.
Pairing: Shiloh/Maddox (lieve).
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: Het, Incest (kind of, lieve), Flashfic.
- "Shiloh entra senza chiedere permesso, ma d’altronde non lo fa mai."
Note: Allora XD Dunque, l'ispirazione per questa roba un po' informe è arrivata qualche giorno fa, dopo aver visto questa foto XD Ora, non badate troppo alla meravigliosa badassery di Shiloh, concentratevi sulla maglietta. E' la stessa \O/ Dovevo scriverla.
L'occasione me l'ha data il Three!Fest @ dietrolequinte, che col suo prompt semplicissimo (tre XD) mi ha dato una traccia da seguire. La fic è infatti composta da tre triple drabble, ognuna da 333 parole, ambientata ognuna in un periodo diverso della vita di Shiloh, che si discosta dal successivo/precedente per tre anni XD Inoltre, tutte le età di Shiloh nelle tre drabble (sei, nove e dodici) sono divisibili per tre u_u
Come si possa avere un tale numbers!kink odiando la matematica come faccio io è surreale. Classico rapporto di odio/amore, suppongo XD
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I AM THE PROMISE AND THE THREAT

6

Shiloh entra senza chiedere permesso, ma d’altronde non lo fa mai, un atteggiamento che Maddox non sopporta, e che peraltro Shiloh condivide con Pax, che però almeno ha la motivazione di non essere uno che, generalmente, si perda in chiacchiere. Non che questa sia una scusante, ma quantomeno è una ragione, qualcosa che Maddox può comprendere: Pax non parla quasi mai, tranne quando esplicitamente interpellato, quindi per quale motivo dovrebbe parlare di sua sponte per chiedere il permesso di fare qualcosa? È un ragionamento allucinante, ma conserva una sua logica, una certa quale uniformità, Maddox può seguirne il filo senza perdersi, e ciò lo rende comprensibile.
Shiloh è completamente diversa. Shiloh non fa che parlare. Dalla mattina – momento in cui apre gli occhi, preferibilmente intorno alle sei per essere il più possibile di disturbo – alla sera – momento in cui li chiude, usualmente più tardi di tutti gli altri suoi fratelli i quali, essendo un numero particolarmente nutrito, rappresentano anche un campione statistico, dimostrando che Shiloh potrebbe essere una delle bambine che va a letto più tardi in tutto l’universo – Shiloh non tace mai, per ridere, per parlare o generalmente per infastidire qualsiasi malcapitato nel suo raggio d’azione – esteso generalmente dai dieci centimetri ai sessanta chilometri. Shiloh parla sempre.
- Ma bussare? – borbotta Maddox, aggrottando le sopracciglia mentre la osserva farsi strada verso l’armadio, spalancandolo come scoperchierebbe una tomba se fosse una profanatrice di mausolei per poi gettarsi al suo interno, rovistando fra le sue magliette. – Ehi! – sbotta, mettendosi a sedere sul letto, ancora confuso e assonnato, - Che fai?!
Shiloh riemerge dall’armadio sorridendo soddisfatta. Stringe fra le mani la sua vecchia maglietta dei Ramones – Maddox non la indossa da anni, ma l’ha conservata per affetto – e non chiede neanche se può prenderla prima di strapparsi di dosso la propria camicetta color fragola per indossarla.
- Fai pure, eh. – sbuffa Maddox, roteando gli occhi.
Finalmente, Shiloh dà segno di sentirlo.
- Grazie! – esclama contenta, e poi corre via.

9

- Shiloh! – strilla Maddox, mentre Martha sussulta spaventata e si stringe la camicetta sbottonata contro il petto, nascondendo tutto il ben di Dio che Maddox ha impiegato più di mezz’ora a scoprire. – Chi ti ha detto che potevi entrare?!
Shiloh si schiaccia contro la porta, gli occhi azzurri spalancati e le labbra dischiuse.
- …nessuno. – risponde, incapace di abbassare lo sguardo. Continua a scrutare la sconosciuta con una punta di fastidio annegato nell’oceano di sconcerto che rende il suo sguardo spaurito e perso.
- E sai perché? Perché, come al solito, non ti sei degnata di chiedere! – la rimprovera Maddox, incrociando le braccia sul petto. Shiloh abbassa lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore. Il suo atteggiamento remissivo ma incomprensibilmente ostinato infastidisce Maddox ancora di più. – Allora?! Cosa aspetti ad andartene?
Shiloh torna a guardarlo, gli occhi che brillano di una fiamma pericolosa di cui Maddox non è certo di conoscere l’origine. Poi fa per voltarsi, ma all’ultimo momento ci ripensa e gli scocca un’occhiata infastidita e impertinente.
- Chi sarebbe quella? – domanda, accennando alla ragazza silenziosa al suo fianco.
- Martha. – risponde Maddox, - La mia ragazza. – precisa con un pizzico di presunzione, neanche il solo fatto di averne una potesse porlo su un gradino più in alto rispetto a quello sul quale si trova Shiloh adesso.
- E come è entrata? – domanda monocorde.
- Dalla porta, come tutte le persone normali. – risponde Maddox, e poi ghigna, - E lei può restare.
Shiloh assottiglia gli occhi con rabbia felina, si volta, raggiunge l’armadio e ne tira fuori una maglietta a caso. La indossa fissando Maddox con aria di sfida, lanciandogli addosso la canottiera che indossava prima, un attimo prima di abbandonare la stanza di corsa.
Maddox fissa con aria incerta la porta aperta, stringendo la sua canottiera fra la dita dopo essersela strappata via dalla faccia. Martha gli si avvicina ginocchioni, inquieta e vagamente impaurita.
- Ma… lo fa spesso? – domanda a bassa voce.
Maddox sospira rassegnato.
- Sempre più spesso di quanto vorrei.

12

Shiloh non bussa, ma invece di entrare resta ferma sulla soglia. Maddox ha ormai perso le speranze di riuscire a frenare il suo istinto da violatrice seriale della proprietà privata altrui, perciò si limita a sollevare il capo dal cuscino, verificare che sia davvero lei e poi tornare a distendersi sospirando.
- Cosa vuoi? – domanda lamentoso. Shiloh non si muove.
- Posso entrare? – domanda. Maddox le solleva addosso un’occhiata sconcertata.
- Non sei già dentro? – chiede. Shiloh abbassa lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe, e si fa indietro quanto più le è possibile.
- Non ancora. – risponde, - Posso entrare?
Maddox annuisce lentamente, continuando a fissarla.
- Sicura di stare bene? – borbotta dubbioso, mentre la osserva avvicinarsi all’armadio ed aprirlo circospetta.
- Sì. – risponde lei, annuendo distrattamente. Sfiora le magliette piegate sul ripiano e le camicie appese con timore reverenziale, mettendoci una vita a scegliere quella giusta. Alla fine, sembra lasciarsi convincere da una vecchia canottiera bianca di cui Maddox non ricordava nemmeno l’esistenza. – Posso prenderla? – domanda rispettosamente.
Maddox spalanca gli occhi, sconcertato.
- Shiloh, tu non stai bene. – sentenzia gravemente.
Shiloh si stringe al petto la canottiera.
- Posso prenderla o no? – domanda ancora.
Più confuso che persuaso, Maddox annuisce, grattandosi nervosamente la nuca. Shiloh sorride e poi sfila la maglietta che indossa, e Maddox è costretto a voltarsi di scatto per non vederla nuda.
- Shiloh… - mugola pietosamente, spiandola mentre indossa la canottiera e poi si rimira nello specchio, soddisfatta.
- La tua roba mi sta meglio. – commenta girando su se stessa.
Maddox sbuffa e poi sospira.
- Quindi oggi non rubi niente? – domanda sarcastico.
Shiloh si volta a guardarlo, esita per un secondo, poi si avvicina svelta e si china su di lui, lasciandogli un bacio lievissimo sulle labbra. Sa di zucchero – di latte e zucchero, di colazione, di bambina, della bambina che è – ma Maddox ha appena il tempo di accorgersene, prima che lei si allontani e fugga via.
Ha una canottiera in meno, ed un enorme, gigantesco problema in più.
Genere: Introspettivo, Romantico, Erotico.
Pairing: Shiloh/Maddox.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: (kind of) Incest?, Lemon, Het, Underage.
- "Spogliati."
Note: No, non ho giustificazioni. XD La voglia di scrivere su questi due che combinano robe in realtà risale all'altra fic che scrissi sui pargoli di casa Jolie-Pitt, ma in realtà la Shiloh ed il Maddox ritratti in quella storia non c'entrano niente con questi, e questa fic è pertanto considerabile una storia a sé, che con l'altra non ha nulla a che vedere. E quindi, cioè, boh.
Scritta per il COW-T, sesta settimana, Missione 2, prompt mare, ed anche come prima entry per il 730 Fest @ dietrolequinte, su prompt Blinds, dal Deffae!Set.
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MOVING THROUGH ME
like sand in the sea

Shiloh fa paura. Non è che sia cattiva, naturalmente, e comunque, anche se lo fosse, probabilmente per Maddox non sarebbe un problema gestirla in ogni caso, è solo che ha quindici anni, e come tutti i quindicenni tende ad essere irrazionalmente arrabbiata. Più o meno con tutti, poi. E tutto. Non le serve che qualcuno le faccia del male, per arrabbiarsi, tant’è che può odiare con la stessa intensità sia Vivienne che s’intrufola di nascosto in camera sua per mettere le mani fra le sue cose, sia il tostapane che, al mattino, pare sempre metterci troppo tempo a fare il suo lavoro, e ogni volta sembra che lo faccia apposta per fare arrivare in ritardo lei – e poco importa che la lentezza del tostapane rallenti i programmi mattutini per tutti, in casa Jolie-Pitt, perché ogni volta che Shiloh se ne lamenta il mondo che l’ascolta ha sempre l’impressione che lei creda fermamente che il tostapane, quel giorno che ha deciso di cominciare a impiegare due minuti invece di uno a tostare le fette di pane imburrato, stesse pensando proprio a un modo per mettere i bastoni fra le ruote a lei soltanto.
Shiloh, poi, s’infastidisce per un niente, e quando il qualcosa che la disturba non è un essere vivente – e lei non può, perciò, far pesare sul soggetto in questione tutto il proprio disappunto – finisce sempre che ad andarci di mezzo è uno a caso dei suoi fratelli, quello più a portata di mano, e questo capro espiatorio casuale, ultimamente, sembra essere sempre lui.
Maddox ha vent’anni e nessuna voglia di star dietro alle sue sorelle, specialmente quelle adolescenti. E arrabbiate. E pazze. Come Shiloh. Perciò, quando lei, dopo aver sbuffato per mezz’ora sotto l’ombrellone distesa sul suo telo da spiaggia nero come la pece, si volta a guardarlo con le labbra piene piegate in una smorfia incattivita, lui comincia a pregare tutti i santi in cui in realtà nemmeno crede perché mandino sulla terra in quel momento e proprio su quella spiaggia un cataclisma non tragico ma sufficientemente sconvolgente per distrarre Shiloh abbastanza da permettersi di afferrare le infradito e darsi alla fuga fino al primo aeroporto, dove potrebbe anche prendere il primo volo diretto per qualche isola sperduta nel Mediterraneo dove fermarsi qualche settimana, o mese, o anno, possibilmente fino alla prossima vita.
- Spogliati. – dice Shiloh, la voce priva di particolari inflessioni, dimostrando di non degnare della minima attenzione tutti i piani di fuga che Maddox ha concepito nella propria mente nello spazio di quei pochi istanti. Maddox glielo perdona, è evidente che non può incolparla di ignorare piani di cui non le ha detto niente, ma non può perdonarle altrettanto facilmente quello che le ha sentito dire, e che, piani o non piani, conosciuti o meno, suona come la follia definitiva.
Ora, Maddox è consapevole di dover fare come fece suo pare ai tempi quando sua madre gli chiese il settimo figlio. Sa che dovrebbe prendere Shiloh per le spalle, guardarla intensamente negli occhi e dirle “Angelina, ti faccio ricoverare se me lo dici un’altra volta”, solo cambiando Angelina in Shiloh, per ovvi motivi, ma in qualche modo, forse a causa del sole che batte sulla spiaggia, forse per il rumore delle onde del mare, o forse ancora per lo stridio dei gabbiani in lontananza, non riesce ad essere pronto abbastanza da pronunciare quelle poche parole, e si limita a sbiancare in volto, spalancando gli occhi e fissandola come se fosse un alieno e gli avesse appena chiesto di sottoporsi a un intervento a cuore aperto da sveglio per vedere come funziona il suo apparato cardiocircolatorio.
- Cosa…? – balbetta allucinato, sollevandosi sui gomiti per guardarla meglio. Lei si sistema addosso la canottiera e i pantaloncini chiari corti al ginocchio, e poi si china a ripulirsi i piedi dalla sabbia giusto per darsi qualcosa da fare.
- Spogliati. – gli ripete, stavolta senza guardarlo negli occhi, ed è evidente che doverlo dire un’altra volta le causa molto più imbarazzo di quanto gliene abbia causato il doverlo dire la prima.
- Cosa… no! – dice Maddox, riscuotendosi all’improvviso e scattando a sedere, teso e sulla difensiva, - Shiloh, che cazzo?
Lei gli lancia una mezza occhiata raggelante, interrompendo le operazioni di pulizia solo per un paio di secondi, prima di riprendere come se lui non avesse detto niente.
- Siamo soli, no? – domanda lei, placida, stringendosi nelle spalle, - Mica ti vergogni?
- Eh, già, perché dovrei? – ironizza lui, inarcando un sopracciglio, e poi sospira, scuotendo il capo. – Perché vuoi che mi spogli?
- Perché voglio vederti nudo. – ribatte istantaneamente lei, anche con una certa ovvietà. – Che razza di domanda sarebbe? Perché dovrei chiederti di spogliarti, altrimenti?
- Non lo so… - esala Maddox in un sospiro lamentoso, - Per mettermi in imbarazzo, per annunciare al mondo in modo originale che sei in pre-me e per la prossima settimana dovremo aspettarci da te solo follie, perché hai visto che in acqua c’è una borsa di Emily the Strange e vuoi che te la recuperi gettandomi fra i flutti di questo solitario golfo di mare…?
Shiloh si limita a continuare a guardarlo, le sopracciglia che vanno inarcandosi sempre di più ad ogni parola, e quando lui ha finito dimostra di essere sempre la solita se stessa prendendo tutto il suo discorso e schiacciandolo sotto una pressa per comprimerlo e tirarne poi fuori solo quello che le fa più comodo.
- È una richiesta che ti mette in imbarazzo? – chiede, e Maddox allarga le braccia ai lati del corpo.
- Non lo so, tu come pensi che dovrei sentirmi? Come ti sentiresti tu se io ti chiedessi di fare lo stesso? – ritorce. Lei porta immediatamente le mani alla cintura borchiata che le stringe i pantaloni in vita.
- Vuoi che mi spogli? – si offre immediatamente, stendendosi sul telo e sollevando il bacino mentre sfila la fibbia abbastanza da lasciare i pantaloni liberi di scivolare giù per la curva appena accennata dei suoi fianchi stretti e ancora acerbi.
- No! – strilla immediatamente Maddox, agitando le braccia ed avventandosi su di lei per immobilizzarla, impedirle di spogliarsi, rimetterla seduta e poi tornare a distanza di sicurezza, - No, Dio mio, Shiloh! Ma si può sapere che ti prende?
- Voglio solo vederti nudo. – scrolla le spalle lei, con una tranquillità che Maddox vorrebbe attribuire a una sorta di infantilismo prolungato fuori tempo, ma che invece ha tutta l’aria di essere motivata da una determinazione oggettivamente spaventosa, - Non mi sembra una richiesta assurda.
- Ah, no? – rantola lui, massaggiandosi le tempie, - Certo, paragonata a quando hai chiesto a Zahara di stare tutto il giorno a testa in giù perché volevi vedere se sopravviveva, o quando hai chiesto a Knox di rinunciare al suo latte e cereali perché allora eri convinta che dentro le stelline di zucchero mescolate ai Cheerios vivessero degli alieni che colonizzavano le menti dei bambini biondi e con gli occhi azzurri…
- Smettila. – lo ferma lei, infastidita, - Sai benissimo che questo non c’entra niente con quelle storie. Ero ancora una bambina.
- E invece adesso no? – chiede lui, tagliente, inarcando un sopracciglio, e la reazione di Shiloh è talmente violenta da fargli paura: la osserva scattare in piedi e stringere i pugni lungo i fianchi con tanta forza che tutto il suo piccolo corpo trema, le spalle, le braccia, i fianchi, le ginocchia.
- Io non sono una bambina. – soffia fra i denti, e Maddox deglutisce.
- Ok, ok. – dice, alzandosi in piedi a propria volta e mettendole una mano su una spalla, stringendo piano per calmarla, - Senti, facciamo così. – propone, abbozzando un sorriso ancora un po’ nervoso, - Rientriamo. Fa troppo caldo, qui fuori. Torniamo a casa, - elenca, indicando con un cenno del capo la villa che si sono lasciati alle spalle scendendo in spiaggia quella mattina, - ci riposiamo un paio d’ore e quando ti sarai risvegliata il mondo sarà un posto migliore, e se vorrai vedere un giovane maschio nudo farai come tutte le tue coetanee ed andrai su YouPorn.
- Io non voglio vedere un giovane maschio nudo e basta! – insiste Shiloh, recuperando in un gesto innervosito il proprio telo e tirandoselo in spalla senza prima spolverarlo, ottenendo come unico risultato quello di dare il via ad un tornado di sabbia tutto attorno alla propria persona che finisce irrimediabilmente per accecare, soffocare e debilitare fisicamente e mentalmente Maddox, che staziona a meno di un metro di distanza da lei, - Voglio che sia tu.
Recupera lo zaino e il proprio telo e, sputacchiando un po’, la segue, in una sinfonia di lagne insofferenti.
- Ma perché io? Ma cosa te ne fai di uno come me? Guarda che non sono nemmeno tutto questo granché, da guardare, te lo giuro. – protesta abbattuto. Lei sale i primi due gradini dell’impalcatura in legno che conduce al sentiero che si inerpica fino alla villa, e poi si volta a guardarlo, inchiodandolo dove si trova con un’occhiata gelida.
- Non si tratta solo di guardare. – butta lì, prima di dargli nuovamente le spalle e percorrere il resto del vialetto di corsa, entrando in casa senza più voltarsi indietro.
Maddox ci mette cinque minuti a riportare la mascella all’interno dei propri cardini, ed altri cinque a rientrare in casa, muovendosi con evidente fatica perché ovunque guardi, adesso, tutto il mondo gli sembra si sia tramutato in un luogo ostile, brutto e cattivo, pieno di mostri con la faccia di Shiloh che lo inseguono, cercando di artigliarlo con ditina ungulate per spogliarlo e torturarlo fino alla morte.
Che diavolo vorrebbe dire che non si tratta solo di guardare?
Quando entra in camera di Shiloh, la trova sdraiata sulla schiena sopra il letto ancora rifatto. Ha le gambe piegate e accavallate – Maddox osserva il suo piedino bianco dondolare come un’altalena e vorrebbe lasciarsene ipnotizzare abbastanza da cadere in trance e svegliarsi quando lei avrà trent’anni e sarà già sposata, piena di marmocchi e totalmente disinteressata a fare con lui cose che presuppongano una sua nudità di un qualsiasi tipo – e tiene le braccia incrociate dietro la nuca, fissando il buio con un’espressione vagamente accigliata.
Le persiane accostate riempiono la stanza di lunghe strisce di luce. Avanzando verso di lei, Maddox le attraversa, e sentire la consistenza fisica dei raggi del sole sulla pelle un po’ sudata in qualche modo lo rassicura.
- Shiloh? – la chiama, esitando. Lei non risponde, e allora lui avanza ancora, sedendosi sulla sponda del letto e guardandola per qualche secondo in silenzio, prima di parlare ancora. – Vuoi dirmi cosa c’è?
Lei sbuffa contrariata e si gira a pancia in giù, afferrando il cuscino fra le braccia e sprimacciandolo fino a renderlo abbastanza gonfio da potervi appoggiare sopra il mento comodamente.
- C’è questo ragazzo che mi piace… - racconta in una serie di cupi grugniti imbarazzati, - Ma è un po’ più grande di me e ha un sacco di esperienza. Io invece non… - sospira, - non mi sento per niente pronta a farmi toccare. Allora ho parlato con Sasha, - dice, mentre Maddox riporta alla memoria con una certa fatica l’immagine della bimbetta di cinque anni che ricorda correre in spiaggia con Shiloh e cadere ogni tre passi, un milione di secoli fa, - e lei mi ha consigliato di provare prima con qualcun altro. Giusto per entrare in confidenza col mio corpo e con quello che si fa fra… fra un uomo e una donna. Così dopo potrò provarci con lui.
- Shiloh… - protesta Maddox, passandosi le mani sul viso e poi fra i capelli, tirando indietro la cresta, - a parte il fatto che sono abbastanza convinto che Sasha non stesse parlando di me, quando ti ha consigliato di provare ad andare a letto con qualcuno, sei consapevole della marea di stronzate che questo discorso esonda? È uno tsunami di idiozia che ci porterà tutti alla morte nel giro di venti secondi. Sappilo.
- Se la smetti di dare involontariamente della deficiente alla mia migliore amica, magari… - borbotta Shiloh.
- No, ma togli pure l’involontariamente. – precisa Maddox, ed all’ennesima occhiata mortifera di sua sorella risponde con un altro gemito abbacchiato, piegandosi in due fino a poggiare gli avambracci sulle ginocchia, la schiena che forma un arco perfetto e la testa ripiegata sul petto. – Shiloh, noi siamo fratelli. Te lo sei dimenticato?
- Non siamo fratelli davvero. – dice lei, sollevandosi sulle ginocchia ed appoggiandosi alla sua schiena come faceva quando era più piccola e lui era giù molto più alto di tutti gli altri ed a lei piaceva tantissimo, ma proprio tantissimo, andare in giro a cavalcioni sulle sue spalle.
Maddox sospira, piegando indietro il capo ed appoggiandolo nell’incavo del collo di Shiloh, lanciandole un’occhiata un po’ risentita.
- Siamo fratelli davvero, invece. – ribadisce. Lei sbuffa, nascondendosi contro di lui.
- Senti, lo so che Sasha non mi stava consigliando di venire a letto con te, - ammette riluttante, - ma ci ho pensato un sacco, e tu sei l’unico dal quale potrei farmi toccare senza mettermi a strillare e a tirare calci. Mi sento a mio agio, con te.
- Questo è perché siamo fratelli. – insiste Maddox, sollevando una mano per accarezzarle i capelli e la nuca, - Ma rischiamo di mandare tutto a puttane, facendo questa cosa. Dopo non sarà più come prima.
- Perché? – domanda lei, sollevandogli addosso un’occhiata spaurita e incerta, - Sono sicura che invece non cambierebbe niente. Anzi, - insiste, sentendolo probabilmente cedere sotto le dita come sempre l’ha sentito cedere in passato di fronte a tutti i suoi capricci, - te lo prometto! Ti prometto che farò in modo che non cambi niente. – conclude, annuendo a se stessa come a dar forza al proprio proposito.
- No, Shiloh, così è peggio. – risponde Maddox, concedendosi una mezza risata vagamente intristita mentre lascia scivolare la mano lungo il profilo ancora tondo e adolescente del suo viso. – Sei così bella, potresti avere chiunque. Non hai un amico bello quanto te che nel caso di gravidanza indesiderata possa darti figli meravigliosi e che peraltro non si porterebbero a finire al tribunale della Santa Inquisizione come invece farebbero i miei?
- Non ci saranno figli, di mezzo, Maddox… - borbotta Shiloh, roteando gli occhi, e lui ride ancora. Ogni accesso di risa è uno scuotersi delle sue spalle, ed uno sfregarsi delle punte dei piccoli seni di Shiloh contro la sua pelle umida da sotto la leggera canottiera di cotone che indossa. Se ne rende conto solo adesso, di quanto è incredibilmente vicina. E già rendersene conto suggerisce ai suoi sensi un po’ intontiti dal sole e dall’aria di mare pesante sulle loro pelli, che una decisione è già stata presa.
- Stenditi. – le dice. Lei esita un paio di secondi, ma poi, dopo aver stretto un’ultima volta la presa attorno alle sue spalle, si allontana, e si sdraia sul materasso. Maddox si alza in piedi senza guardarla, raggiunge la finestra e chiude le imposte, assicurandole bene coi ferri. Non che abbia paura di poter essere spiato o visto, la villa è isolata e ben protetta e i suoi genitori e i suoi fratelli non saranno di ritorno fino al giorno successivo – ed evidentemente il malessere che Shiloh ha avanzato come pretesto per non partire assieme a tutti gli altri, chiedendogli poi di restare con lei nel caso dovesse sentirsi peggio con l’avanzare del weekend, doveva essere stato inventato apposta per arrivare ad una situazione come questa – ma l’idea di fare questa cosa alla luce del giorno lo disturba anche più della semplice idea di farlo in generale, perciò quantomeno si occupa di immergere Shiloh e se stesso nel buio più perfetto, prima di avvicinarsi nuovamente a lei e sedersi al suo fianco, accarezzandole i capelli. – Potrebbe fare male. – la avverte. Sotto le sue dita, Shiloh annuisce silenziosa. – E potrebbe non essere per niente bello. Forse ti toglierà questo peso, ma forse no. È un rischio che ci stiamo prendendo senza sapere cosa sarà di noi due dopo che sarà tutto finito. Vuoi farlo davvero?
Shiloh annuisce ancora. Il suo respiro, nel buio che li circonda adesso, è pesante e incerto. Maddox sospira e si solleva sulle ginocchia, scavalcandola con una gamba e sorridendo appena nel sentire il gridolino acuto che le sfugge dalle labbra quando capisce cosa sta succedendo.
- Scusami. – biascica Shiloh dopo un breve colpetto di tosse. Lui sfila la maglietta dalla testa in un gesto unico, e poi posa le proprie mani sulle sue, portandole all’altezza del proprio petto e premendosele contro.
- Non ti faccio niente, ancora. – la rassicura, - Toccami.
- Cosa? – domanda lei, con aria un po’ persa, e lui sospira.
- Non è solo il tuo corpo quello con cui devi prendere confidenza. – le spiega, conducendo le sue mani lungo il proprio corpo, dal petto agli addominali al bordo dei pantaloncini, - Ma anche quello dell’altra persona. Quando si fa l’amore, devi tenere presente che siete in due a farlo. Anche se tu dovessi decidere di non muoverti e lasciar fare tutto a lui, il suo corpo sarebbe comunque addosso al tuo, sempre premuto contro di te. Quindi devi imparare ad accettarlo. – conclude, lasciando andare le mani di Shiloh (che le ritrae istantaneamente, come si fosse scottata) per sbottonare i pantaloni e sfilarli velocemente.
- Sei… molto caldo. – commenta Shiloh. Nel buio, Maddox la osserva guardarsi le mani, e poi si china su di lei, scivolando con le labbra dischiuse e un po’ umide lungo il suo collo.
- Anche tu lo sei. – le sussurra addosso. Il brivido che la scuote è tale da costringerla a serrare istantaneamente le mani attorno alle sue spalle, conficcandogli le unghie nella pelle. Maddox soffia di dolore, esitando coi denti attorno al lobo del suo orecchio. – Fai piano. – le sussurra, e Shiloh non riesce a trattenere un gemito di impazienza che lo costringe a sorridere ancora.
- Scusa. – ripete, voltandosi appena per posare una serie di bacetti umidi e un pio’ infantili sulla sua guancia. È talmente vicina che Maddox può sentire le sue ciglia tremare lievissime sulla sua pelle, come il bacio di una farfalla.
- Ci penso io. – le dice quindi, scivolando con entrambe le mani sul suo corpo, disegnandone la forma.
Le slaccia la cintura e le sfila i pantaloni, e Shiloh, in un commovente sfoggio di coraggio, tira via la canottiera da sé, restando ferma sotto di lui con addosso solo le mutandine. Maddox si chiede se dovrebbe baciarla, ma stabilisce che questo sarebbe davvero troppo, troppo strano, anche se non saprebbe dire per quale motivo un bacio lo turbi più dell’idea di entrare dentro al suo corpo o accarezzarla fra le gambe. In ogni caso, non è una cosa che vuole fare, perciò si limita a lasciarle un bacio lievissimo all’angolo della bocca prima di tornare a scivolare lungo il suo collo, mentre le accarezza i seni e gode silenziosamente della pressione deliziosa di quelle sue mani così piccole e fresche sulla propria schiena.
Quando scende a sfiorarle il ventre, soffermandosi sull’orlo ricamato delle mutandine da bimba che non ha mai smesso di indossare, Shiloh schiude istintivamente le gambe per lui, sollevando il bacino per aiutarlo a terminare di spogliarla e poi rimanendo abbandonata fra le sue braccia, schiacciata fra il suo corpo e il materasso, in attesa del resto. Maddox si morde un labbro, perché il desiderio di baciarla adesso si è fatto più forte e sta abbattendo a calci tutta la naturale repulsione che provava fino a poco fa. Si ostina a restare concentrato sulla pelle bianchissima del suo collo. La stringe fra i denti e fra le labbra, la accarezza con la lingua, succhia piano e poi più forte, fino a strapparle dalla gola un paio di gemiti che si fanno più rochi e profondi quando il desiderio e il sapore intossicante della sua pelle costringono tutte le inibizioni che gli restano a nasconderle dove lui non può più vederle, lasciandolo libero di sfiorarla fra le gambe, prima esternamente e poi sempre più profondamente, insinuandosi dentro di lei con un dito mentre la percepisce inarcarsi sotto di sé e sollevare le gambe per avvolgerle attorno ai suoi fianchi, in un disperato tentativo di controllare meglio i suoi movimenti, prima di lasciarle cadere dischiuse e tremanti sul materasso quando si rende conto che, semplicemente, non può.
Si allontana da lei con riluttanza, abbandonando l’abbraccio umido e bollente del suo corpo mentre lei geme infastidita, cercando di stringersi attorno alle sue dita per trattenerle dentro di sé.
- Torno subito. – le dice, lasciandole il più lieve dei baci sul mento, - Vado a prendere—
- Niente. – lo ferma lei, afferrandolo per un polso e tenendolo fermo mentre si allunga ad aprire il cassetto del comodino per tirarne fuori un pacchetto di preservativi. – Niente figli indesiderati coinvolti, abbiamo detto. – dice con un mezzo sorriso imbarazzato, passandogliene uno. Maddox ride, strappando la plastica mentre torna a sistemarsi fra le sue gambe.
- Ti sei proprio organizzata. – la prende in giro, indossando il preservativo ed assicurandosi che non possa sfuggirgli di dosso. Shiloh distoglie lo sguardo, sbuffando imbarazzata.
- Non sono una sprovveduta. – lo rimbrotta, e lui sorride ancora, accarezzandole piano il viso mentre si sistema contro di lei.
- No, non lo sei. – annuisce, premendosi contro la sua apertura e percependola mentre si dischiude per lasciarlo passare.
Shiloh sboccia sotto le sue dita, sboccia attorno a lui in un gemito liquido e caldo, profumata come un fiore primaverile, immatura come un frutto ancora acerbo ma nonostante tutto già dolce abbastanza per poter essere assaggiato.
Maddox geme – non riesce a impedirselo – mentre cerca di controllarsi ed affondare dentro di lei in gesti lenti e misurati, ma Shiloh sembra risucchiarlo dentro di sé, i suoi ansiti spezzati sono più sensuali del canto di una sirena, il suo abbraccio più caldo e dolce di quello di qualsiasi altra donna Maddox non sia mai riuscito a stendere su un letto, il suo profumo, il suo sapore, tutto di lei lo manda fuori di testa, e lui si aggrappa con forza al pensiero che questa situazione lo prende a tal punto solo perché è strana, inusuale ed anche un po’ sporca, si aggrappa con forza a questo come si aggrappa con forza ai suoi fianchi magri quando Shiloh lo implora di darle di più e, per darglielo, lui prende a spingersi dentro di lei più velocemente, toccandola così in profondità da spezzarle in due il fiato.
Quando viene, spalanca gli occhi, terrorizzato. Improvvisamente, tutti i particolari hanno un’importanza maggiore, come quando stai per partire e fai il conto di tutte le cose che dovevi fare per essere certo di averle fatte tutte. Hai chiuso le finestre? Il gas? La porta sul retro? Lui ha indossato il preservativo, prima di entrare dentro di lei? E ha messo le cose in chiaro con Shiloh, prima di perdersi senza rimedio sopra e dentro il suo corpo?
Ansimando pesantemente, si allontana da lei, accogliendo con una sorta di disperata consapevolezza il gemito infastidito che Shiloh si fa sfuggire dalle labbra all’improvvisa sensazione di vuoto che la opprime quando smette di sentirlo dentro di sé. Si sdraia sul letto, al suo fianco, senza toccarla. Fissa il soffitto, e le poche strisce di luce che le persiane, pur serrate, non riescono a trattenere al di fuori del piccolo nido d’ombra che aveva creato per loro due, e che sembrava così sicuro, ma forse non lo è mai davvero stato. Lo era solo perché lui aveva un intenso bisogno di credere che lo fosse. Ma ecco, il sole passa comunque, e loro sono comunque fratello e sorella.
- Hai promesso che non cambierà niente. – le ricorda, e prova un’irritazione irrazionale quando sente quanto infantile e terrorizzata suoni la propria voce. Shiloh, al suo fianco, trattiene il respiro e poi annuisce.
- Non ti preoccupare. – risponde. Il suo tono è tornato freddo com’era quando, ancora in spiaggia, gli chiedeva di spogliarsi per lei. – Grazie.
Alzandosi e recuperando i propri pantaloni per poi fuggire in bagno, Maddox si chiede quand’è che la questione si è ridotta a un mero scambio di favori. Lui le ha dato quello che voleva, lei se l’è preso e poi ha ringraziato. Non c’è nient’altro, non è rimasto nient’altro.
Maddox sa che è esattamente così che doveva andare. Ma non riesce a non rimpiangerlo.
Genere: Introspettivo, Romantico.
Pairing: Shiloh/OC.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Femslash, OC.
- Shiloh decide finalmente di presentare la propria ragazza alla famiglia, ma Pat - la ragazza di Shiloh, appunto - non sembra granché entusiasta dell'evento.
Note: Questa palese follia è nata dopo aver letto questo. L'ho trovato estremamente interessante e, voglio dire, una cosa simile non poteva che portarmi a plottare roba con lesbica!Shiloh XD Roba che poi è degenerata con un entrare in gioco del Brangelina e di tutti i loro figli. Il Brangelina perché io lo amo da tempo immemore, ed i pargoli perché... Dei, ma avete mai visto la famiglia Jolie-Pitt quando si muove stile carovana circense? XD E' la cosa più bella del mondo. Io ci vado pazza, per questa roba. (Lo so, lo so che c'è del Maddox/Shiloh nascosto qui da qualche parte. Non sono nemmeno sicura che non sia mai accaduto niente fra loro in questo universo o_o Cioè, guardate come si comportano. Si amano palesemente. *fangirla la sua stessa fanfic*) Dedicata alla Tab perché anche se non ama Brad quanto me condividiamo almeno l'amore per questa famiglia di squinternati multietnici libertini, e ciò ci rende molto felice u.u♥ Inoltre!, scritta per la settimana corrente del Challenge Trimestrale @ dietrolequinte, su prompt ingresso inteso in senso metaforico, come ingresso della protagonista nella famiglia Jolie-Pitt. Yay. (Ah, se ve lo state chiedendo, Linda De Vetta è davvero una makeup artist e s'è davvero occupata della Jolie in almeno due film. Ha davvero una figlia chiamata Antonia con la quale tra l'altro produceva davvero gioielli di bigiotteria. Però Pat esiste esclusivamente nella mia testa, quello sì XD)
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MAKING SOMETHING OUT OF NOTHING


- Voglio presentarti a mamma e papà.
La voce di Shiloh è dolce e morbida contro la mia pelle sudata. Inarco la schiena e gemo con forza quando la sua mano scivola oltre l’elastico delle mie mutandine, accarezzandomi piano fra le cosce. È tremendamente scorretto chiedermi una cosa del genere in un momento simile. Come si aspetta che le dia una risposta sensata?
- Shiloh, amore. – soffio, accarezzandole la nuca e lasciandomi solleticare il dorso della mano dalle punte dei suoi capelli corti, - Possiamo parlarne dopo?
- Ma io voglio parlarne adesso. – insiste con una risatina divertita, sfiorandomi un capezzolo con le labbra prima di prenderlo in bocca e succhiare con forza, giocando con la lingua a titillarne la punta mentre io tremo ed ansimo, a corto di fiato, schiudendo le gambe per far spazio alla sua mano e alle sue dita dentro di me. – Ho già parlato con mamma, anche i miei vogliono conoscerti. Stanno organizzando una cena.
- Una cena? – sollevo il capo, agitata. Lei ridacchia contro la mia pelle.
- Calmati. – sussurra rassicurante. Io mi dimeno come un’anguilla e ciò non fa che portare le sue dita a strofinarsi con maggior forza contro e dentro di me. Mi costringe alla resa così, sfruttando la mia inquietudine a suo favore. Ricado sul letto, esausta, e lei prende a muoversi più lentamente. – Non sarà niente di formale, piccola. – continua, e mi chiama in quel modo solo perché sa che mi piace quando lo fa, nonostante sia abbastanza ridicolo, visto che è più piccola di me di cinque anni buoni, - Andiamo, mangiamo qualcosa tutti insieme, ti presento i miei genitori e i miei fratelli e—
- Anche i tuoi fratelli?! – torno ad agitarmi, sollevandomi sui gomiti e guardandola come avesse appena detto di volermi sacrificare su un altare mentre i suoi fratelli praticano riti orgiastici tutto intorno a noi, - Ma è un esercito di persone! Lo sai che non reagisco bene alle folle. – mugolo abbattuta.
Lei ride, sfilando le dita e salendo a cavalcioni su di me. Le poggio entrambe le mani sui fianchi e continuo a guardarla con aria così platealmente impaurita che la sua apparente imperturbabilità, e anzi, quel pizzico di divertimento che le leggo negli occhi vispi e nella piega maliziosa delle labbra, quasi mi spaventa. La mia ragazza palesemente non ha un cuore.
- Pat, - mi sorride, - vedrai che andrà tutto bene. – dice con tono definitivo. L’attimo dopo mi sta già baciando, strofinandosi contro di me, lenta e sensuale come una gatta, e io decido di smettere di pensarci. Tanto, avrò tempo per preoccuparmi anche dopo.
*

- Ma come diavolo ti sei vestita? – ride Shiloh dietro di me, circondata da quei suoi diecimila stupidi gatti che le ho chiesto mille volte di non far salire sul letto. Mi guardo attentamente nello specchio e sistemo il colletto della camicia, annodandone anche l’ultimo bottone.
- Dici che sono troppo scollata? – chiedo preoccupata. Shiloh si mette a ridere mentre uno dei gatti le si arrampica sulla spalla e poi le si appollaia sulla testa.
- Dico che ti sei vestita come un’educanda e quella camicia è orribile. – risponde con una risata, rovesciandosi sul materasso in un tripudio di miagolii isterici. Odio i suoi gatti, sono tutti così incredibilmente viziati. E poi detesto che non abbiano un nome, lei dice che tanto non li ricorderebbe mai tutti e dieci, quindi li chiama semplicemente “i gatti”. Ogni gatto è semplicemente “gatto” e sono tutti dispotici, altezzosi e ciccioni. Stupidi gatti.
- Non so come vestirmi. – confesso con un sospiro abbattuto, - Voglio fare una buona impressione.
- La buona impressione devi farla tu, no? Non i tuoi vestiti. – mi fa notare con un sorriso tranquillo, - Perciò qualsiasi cosa indosserai andrà bene.
- Mmh. – mi lagno, lasciandomi andare seduta sul letto, - Tu come ti vesti?
- Come mi vesto io? – chiede, sgranando gli occhioni azzurri e ravviandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio, - Così, no?
Do un’occhiata alla canottiera bianca e agli short di jeans che indossa e poi mi abbatto sdraiata sul materasso, sfibbiando il primo bottone della camicia.
- A te vorranno comunque bene, anche se ti presenti con uno straccio attorno ai fianchi. – piagnucolo. Shiloh ride, mettendosi a quattro zampe e chinandosi per darmi un bacio lievissimo sulle labbra mentre i gatti approfittano del momento per salire tutti sulla sua schiena contemporaneamente.
- Vorranno bene anche a te, perché sanno che ti amo tantissimo e si fidano del mio giudizio.
- I tuoi genitori non si fidano del tuo giudizio, Shiloh. – le ricordo mettendomi in piedi e sfilando la camicia, alla ricerca di qualcosa di meno opprimente, - Tuo padre ti ha impedito di entrare in casa sua per un mese quando sei apparsa nuda sulla copertina del Rolling Stones.
- Be’, sì, ma—
- E tua madre ti ha quasi diseredata quando sei stata beccata a pomiciare con quel tipo che poi s’è scoperto essere una specie di trafficante di organi o chessò io.
- Sì, ma poi le ho spiegato che sembrava un bravo ragazzo, a parlarci, e non l’avevo visto in faccia, per cui—
- E i tuoi fratelli—
- Ho capito, ho capito! – ride Shiloh, estremamente divertita, saltando in piedi e schioccandomi un bacio umido e infantile su una guancia, - Senti, vestiti come vuoi, ok? Andrà bene. Solo, fallo in fretta. Fra pochi minuti Maddie sarà qui.
- Maddox mi odia. – biascico infilandomi una maglia scura a caso e tirando su i capelli in una coda alta. – Non è stata colpa mia quella questione dei faretti della Mercedes. Non l’avevo vista, parcheggiata così nell’ombra nel vialetto, era…
- Pat, amore. – ride ancora Shiloh, stringendomi da dietro e cullandomi lentamente, - Stai dicendo idiozie a raffica. Piantala, vuoi?
- Certe volte sei uguale a tua madre. – rabbrividisco, scostandomi appena, - Hai questo modo inquietante di dare ordini sorridendo come se stessi chiedendo al mondo solo un pasticcino alla crema. Che cosa tremenda.
Shiloh ride un’altra volta, ma decide saggiamente di non rispondermi, avventurandosi in giro per i trecento perlopiù inutili metri quadri di attico che condividiamo, in cerca di uno a caso fra le migliaia di paia di Converse che possiede. Io mi seggo ancora una volta sul letto, infilando i sandali e restando con le spalle curve e le braccia molli in grembo, sospirando affranta come una condannata a morte. Un gatto a caso mi si avvicina, mi miagola nell’orecchio e io lo afferro per la collottola, lanciandolo disinvoltamente in aria ed osservandolo stizzita mentre lui si aggrappa con le unghie ad una tenda e mi soffia contro.
Questa serata sarà un disastro, e dovremo comprare delle tende nuove.
*

Maddox arriva circondato come al solito da quella sua aura di figaggine estrema, una roba che non puoi che odiare se hai passato tutto il liceo fra gli sfigati e ora fai la truccatrice e sei costretta a continuare ad avere a che fare con la tua mediocrità mentre attorno a te gravitano solo modelle e modelli bellissimi. Canottiera nera con gli orli sfilacciati, jeans aderenti e bassi in vita, occhiali da sole – che sfila prontamente appena Shiloh gli si avvicina – scarponi da dannato soldato in trincea e la solita cresta svettante contro il cielo chiaro e colorato del tramonto. Oggi è rossa.
- Maddie! – lo saluta Shiloh, saltandogli praticamente addosso e stampandogli un bacio affettuoso sulle labbra, - Sei in ritardo, dovremmo essere già a casa. – lo rimprovera bonariamente, sedendosi al suo fianco in macchina mentre io, senza avere il coraggio di spiccicare una parola, mi seggo sul sedile posteriore.
- Ho avuto un impegno, ok? – sorride lui, mettendo in moto la macchina.
- Mi auguro che fosse carina, almeno. – ridacchia Shiloh. Il sorriso di Maddox si allarga.
- Mi conosci come uno che si conceda meno del meglio? – risponde con sicurezza, e ride divertito quando sua sorella allunga un braccio e gli tira uno scappellotto sulla nuca. – Allora, Pat. – dice poi, rivolgendosi a me e guardandomi negli occhi attraverso lo specchietto retrovisore, - Agitata?
Mi torco le mani in grembo, distogliendo lo sguardo dal suo.
- Un po’. – ammetto con un sorriso intimidito.
- Oh, non preoccuparti. – dice lui con fare accomodante, - Andrà benissimo. Questo naturalmente nel caso in cui tu sia vegetariana, i tuoi voti al liceo fossero buoni e— hai frequentato il college, vero? Mamma è molto severa in questo senso, ci tiene parecchio, e non accetterebbe mai di—
- Maddie! – lo apostrofa Shiloh, guardandolo severamente, - Smettila immediatamente! – lo rimprovera, tirandogli un pizzicotto sul fianco che fa piegare Maddox abbastanza da far curvare la macchina e farmi saltare il cuore in gola mentre per qualche miracolo divino evitiamo un testacoda. Shiloh si volta verso di me, le sopracciglia inarcate verso il basso e un piccolo broncio sulle labbra a cuoricino. – Sta scherzando, non dargli retta. È solo uno stupido. – conclude, tornando a sedersi compostamente.
Io annuisco, lo sguardo ancora basso. È evidente che Maddox mi odia, e visto che non ho frequentato il college mi odierà anche sua madre.
*

Appena metto piede in casa Jolie-Pitt, provo l’irresistibile desiderio di darmi alla fuga. La villa è enorme, su tre piani, e comprendo perfettamente che avere una tale quantità di figli giustifichi in qualche modo la necessità di tutto questo spazio, ma è pur vero che Shiloh e Maddox non abitano più con la famiglia ormai da qualche anno, e comunque sono convinta che qui ci siano anche stanze che non sono state mai aperte, figurarsi utilizzate, e in sostanza mi sento così nervosa che preferisco straparlarmi in testa piuttosto che cercare di calmarmi ed evitare così tremende figure. Tipo adesso c’è Pax Thien che mi fissa con quei suoi occhietti vispi e scuri, i capelli lunghi alla base del collo e la frangia tirata indietro con un fermaglino rosa palesemente non suo, il blocco degli appunti ancora in mano – sta studiando da mesi, benedetto ragazzo, Shiloh è in ansia da morire perché si dimentica di dormire e di mangiare a intervalli regolari – e sono abbastanza sicura che mi abbia chiesto qualcosa, visto che mi sta guardando con aria interrogativa, ma non saprei dire cosa. Mi preparo alla figura peggiore della mia intera esistenza.
- Ehm, sì. – rispondo con un sorriso teso e imbarazzato, e sul volto di Pax Thien si apre un sorriso entusiasta, mentre mi afferra per un braccio – le maniche della maglia enorme che indossa che scivolano a coprirgli le mani nel movimento – e comincia a trascinarmi verso camera sua.
- È fantastico! – cinguetta estasiato, - Avevo proprio bisogno di qualche spiegazione sulla sindrome da microdelezione cromosomica ventidue q undici punto due, è una fortuna che tu—
- Lei – lo interrompe Shiloh, afferrandomi per l’altro braccio e frenando la corsa di suo fratello mentre io medito già di rifugiarmi nel primo bagno disponibile e impiccarmi alla catenella dello sciacquone, sempre che i bagni di questa casa abbiano catenelle per lo sciacquone, - ha solo sentito male, Pax. Non può aiutarti nei tuoi studi.
- …oh. – mormora lui, delusissimo, - Oh. Scusa se ti ho—
- Ma no. – lo interrompo io, gesticolando animatamente, - No, è stata colpa mia. Mi dispiace di non poterti aiutare, posso— se vuoi posso darti una mano a ripetere, dopo! – propongo speranzosa.
- Sì… sì, certo. – annuisce lui, gli occhi bassi, ma si vede che è un “sì, certo” di circostanza. Oddio, comincio proprio col piede giusto se la prima cosa che faccio entrando in casa è deprimere per sempre il secondogenito. O forse il terzogenito, perché in effetti Pax Thien è più grande di Zahara, ma è stato adottato dopo, e… Dio, che famiglia assurda.
- Non preoccuparti per lo studio, lo aiuterò io dopo. – dice Zahara, apparendomi accanto come una specie di visione mistica africana, la pelle scurissima e le treccine fitte fitte lunghe fino alla base della schiena, - E non preoccuparti neanche per il muso lungo, gli passa in fretta. – ridacchia stringendomi in un abbraccio fraterno. – Alla fine vi siete decise a fare il grande passo, mh?
- Be’, decise è una parola grossa. – ammetto con una risatina nervosa, mentre Shiloh mi fa passare un braccio sopra le spalle e mi stringe a sé con fare protettivo.
- Ricordate comunque che la mia offerta è sempre valida: mi piacerebbe cantare al vostro matrimonio. – continua Zahara, sorridendo soavemente.
- Se mai dovesse avere luogo. – precisa Maddox, scompigliando i capelli di Shiloh ed approfittandone per tirarsela contro, ovviamente allontanandola da me.
- Forse è meglio se ne discutiamo dopo… - propongo stringendomi nelle spalle.
- Sì, forse è meglio. – dice una voce che vorrei poter chiamare sconosciuta. Sollevo lo sguardo e la signora Jolie è proprio lì in mezzo al corridoio, al fianco del signor Pitt. Le loro figure snelle e slanciate, così naturalmente eleganti, sono così incredibilmente simili da esprimere già alla prima occhiata quanto abituati debbano essere a condividere lo spazio, perché lo riempiono tutto senza intralciarsi a vicenda, è come fossero nati per incastrarlo. La signora Jolie sorride decisa e affascinante, le braccia incrociate mollemente sotto il seno, e il signor Pitt sorride sereno dietro la barba ancora biondiccia nonostante l’età, le mani nelle tasche dei pantaloni e la postura fiera. – La cena è servita. – aggiunge la signora Jolie con un sorriso inquietantemente cordiale, inclinando appena il capo. Lunghi brividi di terrore puro scivolano serpentini lungo la mia schiena, ed ho come la sensazione che le ginocchia mi stiano abbandonando. Shiloh è subito al mio fianco per sostenermi prima che il cedimento si noti, ma la paura, nonostante la sua vicinanza, non passa.
*

- E così fai la truccatrice. – comincia la signora Jolie, mentre pilucchiamo gli antipasti, - E ti piace?
- Be’, sì, lo trovo rilassante. – annuisco un po’ imbarazzata, - Non è un mestiere che mi stressi, mi ci trovo a mio agio.
- Anche a me e Knox piacciono i trucchi! – esordisce Vivienne, sistemandosi una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro un orecchio, - Cioè, a me piacciono molto, e uso Knox come cavia.
- Uno non può stare lontano da casa un paio di giorni che gli impazziscono i fratelli. – commenta Maddox, roteando gli occhi. Il signor Pitt ride sommessamente, schermandosi dietro una salvietta bianca finemente ricamata.
- E a tuo fratello piace essere truccato da te? – ridacchio piano io, rivolgendosi a lei. Knox arrossisce fino alla punta delle orecchie. È tremendamente taciturno, da quando ci siamo presentati prima Vivienne non ha fatto che parlare, parlare, parlare, si è anche presentata al suo posto, il che probabilmente vuol dire che i gemelli nascendo hanno diviso le facoltà in parti disuguali, visto che una parla per due e l’altro non riesce a farlo nemmeno per se stesso.
- Non so. – scrolla le spalle Vivienne, - Non s’è mai lamentato.
- Non fatico a crederlo. – ridacchio, ma m’interrompo subito quando la signora Jolie si schiarisce la voce, facendo poi cenno ad uno dei due camerieri che restano immobili ai lati della porta, perché porti il primo. Il cameriere scompare in corridoio, mentre il suo collega si attiva per ripulire la tavola e portare via i piatti sporchi e i vassoi ancora pieni di cibo. Io cerco di distrarmi seguendo i suoi movimenti, ma non riesco abbastanza da ignorare la voce della signora Jolie, quando parla ancora.
- Dove hai imparato l’arte? – chiede con curiosità moderata ma interesse quasi scientifico. Direi perfino chirurgico, dal momento che ho quasi l’impressione che stia cercando di sezionarmi con gli occhi. Mi chiedo se non dovrei tirare fuori con nonchalance dalla borsa le mie referenze e farle scivolare sul tavolo verso di lei, così che possa prenderne visione. – Hai frequentato la Cinema Makeup School di Los Angeles? Dicono che sia il top, nell’ambiente.
Schiudo le labbra ma fatico a trovare l’aria per rispondere.
- Mamma… - grugnisce Shiloh, seduta accanto a suo padre di fronte a me. Il signor Pitt lascia scivolare una mano sulla tovaglia fino a coprire la sua, e la rassicura con un breve sorriso d’incoraggiamento. È come volesse dirmi che devo farcela da sola, che è importante sopravvivere a questo momento contando sulle mie sole forze, per cui deglutisco a fatica e ci provo.
- In realtà sono poco più di un’assistente, non faccio mai niente di particolarmente difficile. O… - mi mordicchio un labbro, nervosa, - artistico. Era mia madre quella talentuosa. Ho imparato da lei tutto quello che so.
La signora Jolie inarca un sopracciglio, raccogliendo qualche pennetta con la forchetta in pochi gesti netti ed eleganti.
- Tua madre? – commenta, - Posso chiederti il suo nome?
Inspiro profondamente. Mi sento gli occhi di tutta la tavolata addosso e sono ricoperta di sudore freddo. Lo sento. Esploderò prima della fine della cena.
- Linda De Vetta. – rispondo. La signora Jolie schiude le labbra e spalanca gli occhi, portando le mani giunte all’altezza del cuore.
- Linda! – esclama stupita, - Ma certo! Oh, cielo, s’è presa cura di me così tante volte! Mi è dispiaciuto molto, quando è venuta a mancare. Anche se non ricordo di averti notata, al suo funerale. – riflette. – Oh, be’, non è il caso di discutere di questi dettagli. Come sta la tua deliziosa sorella? Antonia, vero? Me la ricordo bene, un tale talento per la bigiotteria! Devo ancora avere un paio di orecchini in corallo rosso che mi regalò quando tua madre me la presentò durante le riprese di Alexander. Oh, quanti bei ricordi! – cinguetta entusiasta. Io abbasso lo sguardo e cerco di non dire niente. Siamo avvolte in un silenzio surreale e sto già tremando quando riprende a parlare. – Parlami un po’ di tua madre, Patrizia. – chiede affabile, e mentre Shiloh si mordicchia l’interno di una guancia, impossibilitata a salvarmi o a fare alcunché, con la mano di suo padre sempre stretta attorno alla propria, io serro i pugni e sollevo lo sguardo.
- Io la rispetto molto, signora Jolie, - comincio. Sono così tesa che la mia voce esce tagliente più di quanto non voglia. – ma il mio rapporto con mia madre ha smesso di essere idilliaco quando ho compiuto sedici anni. Non mi ha mai aiutato, in generale, nella mia vita, ed il punto cui sono arrivata, pur modesto, è merito esclusivo delle mie forze. Non ho mai avuto talento, non sono mai stata come la mia deliziosa sorella Antonia e né lei né mia madre hanno mai perso occasione per farmelo notare, motivo per il quale vivo da sola da quando ho compiuto diciott’anni. Ora… - e prendo fiato, perché sono a corto d’aria. E bevo un sorso d’acqua, perché ho la gola secca. E occhieggio la finestra perché vorrei saltarne fuori e fuggire nella notte, ma resto qui. – Ora, se è di mia madre che vuole parlare, signora Jolie, temo di non poterle essere d’aiuto. Ma se vuole parlare di me, se vuole capire se vado bene per sua figlia o meno, allora sono disponibile.
Sollevo lo sguardo per la prima volta da quando ho cominciato a parlare, e la signora Jolie mi sta fissando come se fossi salita sul tavolo e le avessi devastato le porcellane a calci. Voglio morire. Voglio sciogliermi in un fiume di vergogna e scivolare attraverso le intercapedini del parquet e poi evaporare per sempre e scomparire da questo mondo, ma soprattutto scomparire da questa cena. Mi dispiace, Shiloh, ci ho provato. Ma te l’avevo pur detto che sarebbe finita male.
- Grintosa. – sorride il signor Pitt. È la prima volta che parla da quando ci siamo seduti a tavola, ma lo fa con una sicurezza tale da stupirmi. Forse è la presenza della signora Jolie, che è una che a guardarla ti dà l’impressione di avere un controllo totale su tutto ciò che la circonda, che mi aveva un po’ fatto pensare che lui, non so, non potesse parlare se non era stato autorizzato. Ma evidentemente non è così. Ed evidentemente io sono una cretina integrale. – Direi che è stato più che soddisfacente, mh, Angie?
Mi volto a guardare la signora Jolie e i suoi lineamenti tesi si sciolgono in un sorriso rassicurante.
- Più che soddisfacente, sì. – commenta serena, - Devi scusarmi, Patrizia—
- Preferisco Pat. – la interrompo, accigliandomi appena. Lei ride di cuore e la sua risata argentina risuona per tutta la stanza, accompagnata dall’eco più basso della risata di suo marito, mentre tutto intorno i ragazzi sospirano e riprendono a mangiare, visibilmente sollevati.
- Pat, allora. – sorride ancora, tornando a guardarmi. – Era solo un piccolo test. Non dirmi che non te l’aspettavi. – aggiunge, facendomi l’occhiolino.
La risposta è no, e sto scaricando il nervosismo così velocemente che accarezzo quasi la possibilità di dirglielo in faccia, ma il sorriso del signor Pitt mi ferma, e mi rilasso un po’.
- Benvenuta in famiglia, Pat. – dice con un piccolo cenno del capo.
La signora Jolie gesticola brevemente verso un cameriere, e due secondi dopo quello si avvicina, mostrando orgogliosamente il vassoio dell’arrosto con le patate.
- Gradisci? – chiede la signora Jolie con un sorriso cordiale. Io sospiro, Shiloh, dall’altro lato del tavolo, mi guarda con orgoglio palese. Porgo il piatto ringraziando.