rp: roberto scarpini

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Comico.
Pairing: Zlatan/José, un minimo di Davide/Mario, se proprio vi ostinate a volercelo vedere.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Parodia, Slash.
- Roberto Scarpini è emozionato: finalmente José Mourinho s'è concesso ai microfoni di Inter Channel, e per ben dodici minuti! Se non che...
Note: Storia assurda nata in chattina come solo le storie assurde possono nascere in chattina XD Stavamo guardando alcuni filmati di interviste recenti del Mou – o meglio: io guardavo e riferivo in chattina la straniante verità per la quale quando chiedi al Mou qualcosa, su qualunque argomento dello scibile umano, lui trova un modo per ricondurla a Zlatan. Quindi io ero lì che ironizzavo dicendo “eh, il Mou va in mensa, la signora gli chiede cosa vuole da mangiare e lui attacca a parlare di Ibra…” e qualcuno (credo Fae) disse “al povero Zlatan fischieranno continuamente le orecchie”. Ed io ho aggiunto “sì, e starnutirà anche di continuo”. Che, per chi non lo sapesse, sono le due cose che, nella tradizione popolare, indicano che qualcuno sta parlando di te da qualche parte nel mondo.
Poi non saprei dire in realtà come ci sia caduto dentro Scarpini °_° Cioè, immagino dipenda dal fatto che quell’intervista l’ha fatta lui, ma potevo anche risparmiarglielo. E invece no. *sospira*
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CAUGHT A LITE SNEEZE


Quando Scarpini si presenta in albergo, Boston è tutta un rombare di automobili e ticchettare di tacchi femminili e strisciare di scarpe da tennis e urlare di venditori ambulanti e tutto un altro milione di rumori molesti che naturalmente lui non sente neanche per sbaglio, perché se solo fosse un tantinello più leggero fluttuerebbe sicuramente a mezz’aria, tanta è la gioia che prova in vista della prima intervista ufficiale di Mourinho ai microfoni di Inter Channel. Perciò, di tutti i rumori molesti di cui sopra lui non ne sente nessuno: il verso di Boston è il cinguettio degli uccelli, il canto melodioso delle ragazzine che vanno al mare e lo scampanellare felice del baracchino dei gelati all’angolo, fine.
La hall sarebbe praticamente deserta, non fosse per Mario e Davide che stanno in un angolo a perdere tempo. Roberto sorride, perché coi ragazzini ha un bel rapporto, e si avvicina, notando nel mentre che Davide ha un broncino molto dolce che gli piega le labbra in una smorfia infantile e Mario, per tutta risposta a quella maschera di tenera offesa, sta ridendo come un deficiente, pressandosi entrambe le mani sul ventre e piegandosi in avanti, molleggiando sulle gambe per non perdere l’equilibrio e mettersi a rotolare sul pavimento.
- Che succede? – chiede, mentre le risate di Mario cominciano a contagiarlo, - Successo qualcosa di buffo?
- Sì! – risponde subito Mario, salutandolo con un’amichevole pacca sulla spalla, - Il deficiente qui s’è di nuovo tirato addosso tutto il succo alla ciliegia! – lo prende in giro, mentre Davide cerca invano di coprire un’evidente macchia rossa in centro e rosata ai bordi, proprio lì nel bel mezzo del cavallo dei pantaloncini bianchi – ed è già il secondo paio che distrugge irrimediabilmente in questo modo.
- Mario! – cerca di rimproverarlo il giornalista, con poca convinzione, visto quando sta ridendo a propria volta mentre il povero Davide, rosso in viso come un pomodoro, distoglie lo sguardo, - Non si prendono in giro i compagni!
- Ma scusa! – continua a ridere Mario, afferrando Davide con un braccio attorno al collo e tirandoselo contro per scompigliargli amichevolmente i capelli, - È lui che se le tira dietro, le prese per il culo!
Davide lo guarda come volesse fare una pessima battuta, e Roberto è molto felice che lui non la faccia, nel momento in cui lo vede sospirare, abbassare lo sguardo e scuotere la testolina castana, rassegnato.
- Com’è che sei qui? – chiede invece, rivolgendosi a lui e cominciando sistematicamente ad ignorare Mario, che ovviamente parte subito ad inquietarlo nei modi più assurdi, tipo cercando di ficcargli le dita fra le costole o mollargli pizzicotti illegali lungo i fianchi e le cosce.
- Ho un’intervista col Mou. – risponde Roberto, gonfiandosi come un galletto, - Ho un sacco di domande e mi ha concesso ben dodici minuti. Non vedo l’ora!
Mario smette subito di infastidire Davide e si irrigidisce come una sarda salata nella propria scatoletta, guardando il giornalista dapprima con sincero stupore – come lo stesse vedendo per la prima volta – e poi con un’aria accigliata che non promette nulla di buono. Il secondo dopo, sta già allontanandosi a passo marziale verso l’uscita dell’albergo, borbottando maledizioni incomprensibili probabilmente in ghanese, sempre ammesso che lo conosca.
Davide sospira e Roberto lo guarda curiosamente, una domanda palese negli occhi.
- Ce l’ha col mister. – spiega il difensore, occhi al cielo e tono lamentoso, - Oggi l’ha chiamato Ibra durante un’azione.
Il che, riflette Roberto, non senza un certo stupore, dovrebbe sembrare molto più assurdo di quanto già non sia. Come si fa a chiamare un giocatore con un altro nome durante un’azione di gioco? È come chiamare qualcuno col nome del tuo ex quando… ma è un argomento che Roberto non vuole davvero approfondire, perciò scuote il capo e lascia andare una risatina un po’ imbarazzata, mentre Davide riprende a parlare.
- A questo proposito, non aspettarti di riuscire a cavare un ragno dal buco, per tutte le tue domande, perché il mister ultimamente è un po’ in fissa.
Roberto gli risponde con un’occhiata da triglia confusa, inclinando lievemente il capo nell’ottima imitazione di un cane che non abbia ben capito cosa voglia da lui lo strano essere umano che gli agita davanti agli occhi un bastoncino dal dubbio valore artistico o nutrizionale.
- In che senso? – chiede, cercando di esprimere le proprie perplessità il più chiaramente possibile, di modo che anche un ragazzino il cui hobby è sporcarsi i pantaloni di succo alla ciliegia possa capirlo senza fraintendimenti di sorta: l’appuntamento col mister è fra poco meno di dieci minuti e lui vuole arrivare preparato, qualsiasi sia il problema.
- Nel senso che… non è che ne sia uscito proprio benissimo, da questa cosa di Zlatan. – riflette Davide, dubbioso, cercando nella memoria esempi da fornire al giornalista disorientato, - Per dire, ieri stavamo in mensa, no? E la cuoca, che è ‘sta signora con un paio di tette allucinanti, che te le raccomando, veramente, sono grandi come due panettoni e le tiene sempre… va be’, comunque, la signora gli fa “Mister Mourinho, carne o pesce?” e lui “A Zlatan piaceva tanto il pesce”, con tipo un’espressione vacua.
- Vacua? – chiede Roberto, sempre più confuso.
- Vacua, vacua! – insiste Davide, annuendo con sicurezza, - Come il pesce che ti guarda dall’acquario aprendo e chiudendo la bocca, ma più malinconico. Un pesce triste.
- Un pesce triste. – ripete Roberto, come se il ripeterlo servisse a dargli senso, mentre un senso probabilmente nemmeno esiste.
- Esatto. – annuisce ancora Davide, - Volevo dirtelo per spiegarti che non puoi pensare di avere con lui una conversazione normale, al momento. Per dire, la signora alla fine mica ha ricevuto risposta. Ha chiesto di nuovo “carne o pesce?” e il mister era perso in chissà che pensieri e ogni tanto ripeteva “cinquanta milioni… potevo vendere la Lamborghini”, ed è dovuto intervenire il signor Baresi che ha risposto “carne, perdio, carne” al posto suo, sennò restavamo tutti in fila come dei cretini fino all’indomani, eh.
- Oh. – deglutisce confusamente Roberto, annuendo appena. – Credo di capire.
- No. – scuote teatralmente il capo Davide, - Non puoi capire finché non vedi di persona. Per renderti conto di quanto è profondo l’abisso, devi guardarlo dal ciglio del burrone. – lo avverte con aria tetra, e Roberto indietreggia di qualche passo.
Okay, la partenza di Ibra deve aver mietuto più vittime di quanto pensasse.
- E ora scusami, – lo liquida Davide con un breve cenno del capo, - devo andare a recuperare Mario prima che si chiuda in qualche bagno a piangere perché il mister non lo ama e non vuol dargli il dieci prima dell’anno prossimo. – aggiunge con un altro sospiro rassegnato. Per la prima volta da quando gioca coi titolari, Roberto è contento di vederlo andare via.
Dopodiché, cerca di lasciarsi tutta questa palese follia alle spalle e, rinvigorito al solo pensiero di rivedere finalmente il mister per parlare con lui faccia a faccia, si dirige trotterellando verso la sala ricreativa all’interno della quale il set per l’intervista è stato preparato. Il mister, come al solito, sfoggiando grande professionalità, è già lì.
Solo che Roberto comincia ad averne paura nel momento esatto in cui gli posa gli occhi addosso e vede disegnarsi sul suo viso un’espressione così estatica e felice da essere possibile solo in caso di pesante uso di droghe. O antidepressivi. O alcool. O tutte e tre le cose insieme.
- Mi-Mister…? – lo chiama incerto, deglutendo pesantemente.
- Sìììì? – chiede José, voltandosi verso di lui con un gesto fluido e immediato del solo collo, terrorizzandolo a morte, - Oh, ciao, Roberto. – e il giornalista può quasi sentire dei cuoricini rosa librarsi dalle note calme e soavi della sua voce, per esplodergli tutti intorno come lievissime bolle di sapone, - Che piacere rivederti.
- Mister, la… - accenna lui, sempre meno sicuro di aver avuto l’idea del secolo a prenotare quell’intervista così presto, - la trovo… bene, credo.
- Oh, sto benissimo. – annuisce José, sorridendo felice come un bambino, chiudendo gli occhi, schiudendo le labbra e piegando lateralmente il capino brizzolato, - E tu? Ti piace l’America?
- La… uh, sì, suppongo. – balbetta, grattandosi la fronte con aria persa. – È sicuro di voler…
- Ma naturalmente, naturalmente! – lo invita José, allontanando un po’ la sedia ed indicandola perché lui possa prendere posto, - Cominciamo pure quando vuoi.
Roberto si siede e tira fuori il blocchetto con le domande appuntate in pessima calligrafia sulla prima pagina vuota disponibile, e si dice che d’accordo, magari è un po’ strano, ma almeno non sta parlando ossessivamente di Ibra come da Davide così tremendamente profetizzato, perciò può anche andare bene, forse, tutto sommato.
- Be’, allora… entriamo subito nel vivo! – comincia scoppiettante Roberto dopo un breve cenno d’intesa scambiato col cameraman, - Parliamo subito di Eto’o. Bel giocatore, eh?
- Be’, be’, sì. – ride José, vagamente imbarazzato?, spostandosi sulla sedia per mettersi più comodo, - Naturalmente Ibra era un’altra cosa. – e Roberto non ha il tempo di spiaccicarsi una manata depressa sulla faccia, che il mister si lancia nella dichiarazione d’amore del secolo. – Ibra era più un attaccante di riferimento, capisci cosa intendo?, gli piaceva inventare, aveva fantasia, costruiva, prendeva palla, era veloce… - si ferma un secondo, come cercando di ricordare di cos’è che dovesse parlare prima di cominciare a blaterare di tutt’altro. Roberto lo guarda allusivo, cercando di ricordargli telepaticamente che è di Eto’o che dovrebbe discutere, e José sembra capire, sorride e aggiunge – Eto’o è completamente diverso. – prima di chiudere la discussione con un altro sorriso infantilmente felice.
- Ehm… sì. – annuisce Roberto, a disagio, - Naturalmente. E… insomma… come… come ha visto l’acquisto di Milito e Motta? Come si stanno comportando i due giocatori? – per la verità, subito dopo la domanda su Eto’o c’era una domanda che chiedeva un parere circa il trasferimento di Ibra, ma a conti fatti meglio evitare.
José riflette un po’, prima di rispondere, cosa che dà modo a Roberto di illudersi della possibilità di avere una risposta che abbia effettivamente un senso.
- Ti dirò la verità, - comincia José, e un coro di cherubini comincia a cantare l’alleluja nella testa del giornalista, - sono due ottimi giocatori, ma sono stanchi morti. – e Dio in persona si unisce ai cherubini in un’improvvisazione hard rock dell’Osanna, - È dura abituarsi ai nostri ritmi di lavoro. – continua il mister con un sorriso, e la Vergine in persona balla la lap dance ai cancelli del Paradiso. E poi tutto crolla inesorabilmente nel buio. – Niente a che vedere con quanto era elastico e pronto Ibra di fronte a qualsiasi cambiamento gli si presentasse.
- …si capisce. – si abbatte Roberto, guardando con aria pietosa il cameraman che, dietro la telecamera, risponde con un’occhiata ugualmente pietosa e una solidale scrollatina di spalle. – D’accordo, mister. – sospira alla fine Roberto, rassegnato: dal momento che continua ad ottenere risposte assurde a domande tutto sommato intelligenti-barra-interessanti, tanto vale fare l’unica domanda alla quale Mourinho sembra essere quantomeno predisposto. Sia mai si riesca a cavarne qualcosa di buono. – Cosa può dirci in merito al trasferimento di Ibra al Barça? Si sente molto la sua mancanza, in questi ultimi giorni di ritiro?
Il viso del mister, per un secondo, si fa di pietra, cristallizzandosi – in modo invero inquietante – su quell’espressione di beata spensieratezza che l’ha contraddistinto da quando lui e Roberto si sono incontrati. Poi all’improvviso tutto cambia, le sue sopracciglia si inarcano verso il basso, le sue labbra si contraggono in una smorfia triste e i suoi piccoli ma espressivi occhi scuri si riempiono di una luminosità che sarebbe perfino tenera e romantica se, nel contesto attuale, non fosse anche del tutto fuori luogo.
- …perché ha dovuto farlo?! – sbotta quindi il mister, portandosi le mani ai capelli e saltando in piedi come un invasato, - Perché mi ha lasciato?!
- Mi-Mister?! – chiama allarmato Roberto, chiedendosi se il cameraman stia ancora filmando e stabilendo il secondo successivo di non volerlo davvero sapere, - Che succede?! – e soprattutto, perché quest’intervista sembra destinata ad avere solo risposte assurde che non vogliono dire niente e per le quali niente di tutto questo potrà mai finire in televisione senza prima passare sotto una devastante sequenza di taglia e cuci in post-produzione?!
- Dimmi perchééééé! – insiste José, afferrandolo per il bavero della polo e scuotendolo con una certa enfasi, - Gli ho dato tutto quello che ha chiesto! Anche cose che-
- Mister!!! – cerca di fermarlo Roberto, disperato, e fortunatamente in quel momento Mario e Davide fanno irruzione in sala.
- Mister! – lo chiamano con una sincronia non meno inquietante di tutto il resto.
- È successo di nuovo. – sospira Mario, avvicinandosi a José, che nel mentre s’è accasciato in un angolo e sta mormorando qualcosa a proposito di un ultimo preservativo ancora conservato in qualche luogo di cui Roberto decisamente non vuole conoscere l’ubicazione.
- Robi, - lo chiama Davide, esasperato, - non gli avrai mica chiesto direttamente di Ibra?
- Be’, sì! – cerca di darsi un contegno Roberto, visibilmente scosso, - Sembrava intenzionato a parlare solo di lui, perciò ho pensato… ho pensato…
- Hai pensato male! – sbraita Mario, tirandogli addosso un microfono che fortunatamente finisce sul fondo della sala senza uccidere nessuno. – Coraggio, coraggio. – lo sente cinguettare poi il giornalista, mentre torna a chinarsi su José, cullandolo come un padre, - È passata, è passata.
Davide sospira ancora, allargando le braccia in segno di resa.
- Te l’avevo detto, io. – sbotta rassegnato, - Non ne è ancora venuto del tutto fuori.
*
Frattanto, dall’altro lato dell’oceano Atlantico, Zlatan Ibrahimović vive un attimo di confusione nel momento in cui, improvvisamente, il suo corpo decide di ribellarsi al suo comando e lui si ritrova con le orecchie che fischiano e uno starnuto che pressa per uscire dal fondo di un naso irrimediabilmente irritato. Fa appena in tempo a coprirsi la bocca, prima di starnutire rumorosamente, obbligando il suo nuovo allenatore a voltarsi per guardarlo con aria un po’ confusa.
- È tutto a posto? – chiede Pep, facendoglisi più vicino e mollandogli una pacca amichevole sulla spalla, - Non ti farai mica venire il raffreddore appena arrivato, mh? – ironizza prendendolo in giro.
- Ma no, ma no… - abbozza un sorriso Zlatan, scrollando le spalle e dirigendosi verso la sala in cui lo aspettano i medici, per le prime visite, mentre Mino, al suo fianco, gli porge un fazzoletto per asciugare il naso, - È stato solo un momento di confusione. È già passato.