rp: marko arnautovic

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo, Erotico.
Pairing: Marko/Daniel Arnautovic.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Angst, Slash, Lemon, Incest.
- "Il sapore di Daniel, per Marko, è quello amaro e pesante della birra."
Note: Mi sono pentita di averla scritta nell'esatto momento in cui ho capito dove stava andando a parare XD Ma suppongo che ogni tanto sia giusto scrivere incest anche in questo modo, per quanto squallido e probabilmente doloroso possa esserlo. Peraltro è molto più confusa di quanto avrei voluto - speriamo in bene. In ogni caso, se fosse una bella cosa la dedicherei ad Ary, visto che è grazie a lei che ho scoperto che il fratello di Marko esiste XD ed è sempre grazie a lei che ho cominciato a shippare i due. E visto che a lei piacciono, ecco, gliela dedicherei volentieri. Ma siccome fa schifo, me lo risparmio XD
Titolo rubato a Your Love Alone Is Not Enough dei Manic Street Preachers.
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
You Stole The Sun Straight From My Heart


Il sapore di Daniel, per Marko, è quello amaro e pesante della birra. Non è mai riuscito a capire se fosse il proprio o il suo sapore, però, perché in genere quando riesce a sentirlo è sempre troppo confuso per realizzare qualcosa di così complesso.
Milano è bellissima, comunque – illuminata e chiassosa e piena di gente e quasi nessuno sa chi sia, e questa cosa lo fa ridere un sacco, anche se le risate potrebbero essere colpa dell’alcool.
- Ma come? – si lagna Daniel con qualcuno che potrebbe essere il proprietario del locale in cui sono come un semplice buttafuori, perché è ingioiellato ed elegante come un degno rappresentante della prima categoria, ma anche enorme e sproporzionato come un più che abile rappresentante della seconda, - È Marko Arnautovic. L’ha ingaggiato l’Inter. – e giù referenze che Mario non capisce, un po’ perché Daniel parla inglese velocissimo, anche per non farsi capire da chi lo ascolta, soprattutto quando sta dicendo cazzate, e un po’ perché forse nel bicchiere che gli ha passato prima Daniel non c’era solo alcool.
Gli dà mentalmente dello scemo e si ripromette di ripeterglielo anche a voce quando avrà finito di litigare col tipo, perché lo sa che quella roba lo rincoglionisce del tutto, e domani mattina non sarà in grado di alzarsi, e se arriva di nuovo in ritardo per la fisioterapia quel tipo dello staff medico chiama Mourinho in America per avvertirlo, come ha già minacciato di fare ieri, e l’altroieri, e l’altroieri ancora, e poi non è giusto, davvero, non è affatto giusto comportarsi così. Milano è una città importante, l’Inter è una grossa squadra, Marko vuole la sua chance. Daniel non può sputtanargliela, non si fa così.
- Cos’è questa faccia scura, piccolo? – chiede Daniel quando finalmente la pianta di battibeccare, e si lascia ricadere sul divanetto scuro al suo fianco. Marko mugola qualcosa di incomprensibile e fa come per scansarlo, ma non ha abbastanza forza nelle braccia anche perché le stampelle lo stancano a livelli illegali, perciò Daniel se lo tira contro senza la minima difficoltà, e gli lascia un bacio appiccicoso sulla guancia. – Non ti diverti?
- …sono stanco. – farfuglia Marko. La verità è che comincia a sentirsi poco bene, maledizione, perché Daniel deve ogni volta ridurlo così? Neanche avesse bisogno di sentirlo svenuto sotto le mani per eccitarsi, fanculo. Lo odia quando gli rifila queste merdate, lo odia proprio. Poi non ricorda mai niente e questa cosa gli fa male, perché di Daniel ha un mucchio di ricordi splendidi ma sono tutti puri, tutte cose di quando erano bambini o, comunque, molto infantili, anche se più recenti. Giocare insieme alla Play, dare due calci al pallone, mangiare un gelato al bar e cose così. È una cosa irritante. Vorrebbe poter ricordare anche il sesso – non ha nemmeno un ricordo delle innumerevoli volte che hanno fatto l’amore. Alle volte pensa che lo faccia apposta. È un pensiero irritante.
- Ti senti bene? – gli chiede Daniel, ma conosce già la risposta, perciò Marko non parla. Si lascia andare contro lo schienale del divano, respira profondamente, gli occhi fissi sul soffitto scuro del locale, e cerca di evitare il blackout. – Dai, siamo appena arrivati. Resisti una mezz’ora, almeno?
- Sì. – risponde Marko, ma la verità è che cominciano a chiuderglisi gli occhi, e Daniel lo capisce subito. Lo sente sospirare al suo fianco e poi sente una delle sue braccia forti sorreggerlo per le spalle mentre l’altra gli circonda la vita, aiutandolo a rimettersi in piedi. Lascia sul tavolo troppi soldi per essere la cifra esatta, e tutto quello che Marko sa è che due minuti dopo l’afa di Milano lo colpisce in pieno volto, costringendolo a sudare senza però riuscire a svegliarlo davvero.
Nel taxi, mentre la notte scorre veloce assieme alla strada oltre il finestrino chiuso per trattenere l’aria condizionata all’interno dell’abitacolo, la mano di Daniel gli accarezza il ginocchio, poi la coscia, infine l’inguine, e Marko si sente crescere sotto i jeans ed i boxer, e geme piano. Daniel ride, tirandoselo contro e schiacciandogli il viso contro il petto.
- Non fare questi rumorini. – gli dice in tedesco, così che il tassista non lo capisca, - Se il signore ci sente, sono guai.
Marko ride, più per combattere il senso di nausea che perché trovi il tutto divertente. E si rilassa solo quando sente le lenzuola fresche del proprio letto in camera, ed il corpo caldissimo di Daniel schiacciato contro, le sue labbra fameliche a baciarlo e morderlo ovunque e la sua erezione prepotente premere prima contro la coscia e poi più giù, scivolare fra le sue natiche e farsi strada dentro il suo corpo, costringendolo ad inarcare la schiena, anche se dolore in realtà non ne sente, anestetizzato quasi completamente dall’alcool e da qualsiasi sia quell’altra sostanza che Daniel gli ha rifilato assieme alla birra ad inizio serata.
Il piacere, oh, sì, quello lo sente, esplode con la potenza di una bomba atomica irradiandosi dal bassoventre a tutto il resto del suo corpo appena Daniel comincia a masturbarlo velocemente, per farlo venire il più in fretta possibile. Marko ha gli occhi pesanti, ma l’espressione soddisfatta di Daniel quando viene dentro di lui è troppo bella per dimenticarla. Non la dimenticherà, non la dimenticherà, non la dimenticherà, se lo ripromette dieci cento mille volte e dentro di sé, in qualche modo, sa già che questa promessa non riuscirà a mantenerla, come sempre.
Daniel si stende al suo fianco, e lo accarezza piano. Il viso, il collo, gli riempie le labbra e le guance di baci un po’ umidi.
- Scusami, piccolo. – farfuglia sul suo collo, abbracciandolo stretto, - Questa è l’ultima volta, te lo giuro. Domani sarà come non fosse successo niente.
E Marko vorrebbe avere le forze – non certo il coraggio, quello c’è, e non certo la voglia, perché c’è anche quella – di voltarsi a guardarlo negli occhi e dirgli che lui non vuole che sia come non fosse successo niente. Lui, tutti quegli istanti, vorrebbe ricordarli per sempre. Vorrebbe farne tesoro e custodirli dentro di sé come meritano. Ma non ci riesce perché gli occhi fanno quasi male ed è così stanco, Dio, così stanco che si sente svenire, perciò si sistema sul suo petto mentre Daniel continua ad accarezzargli teneramente i capelli, e dopo un po’ sta già dormendo.

*

Quando si sveglia, l’indomani mattina, ha un mal di testa orrendo, ed è già in ritardo. Il solo pensiero di doversi mettere in piedi, lavarsi, vestirsi ed andare a fare fisioterapia gli dà la nausea. È nudo ed è solo, Daniel non c’è. Sarà andato a recuperare la colazione.
Marko sospira – sente un vuoto inspiegabile, all’altezza del petto, e fa quasi male. Ma gli fa più male la testa, perciò dopo un po’ a quel dolore sordo non pensa più. Si alza e va in bagno, e quando ne esce c’è Daniel vestito di tutto punto che gli sorride e lo guarda incredulo.
- Ma sei ancora in accappatoio? – lo rimprovera bonariamente, - Dai, datti una mossa, ti ho portato il caffè. Non vorrai mica farti rimproverare per l’ennesima volta.
Marko manda giù il caffè. Gli viene voglia di vomitare ma trattiene la nausea nel fondo dello stomaco, come ogni mattina. Forza un sorriso e comincia a prepararsi per uscire.
Genere: Introspettivo, Erotico.
Pairing: Mario/Davide, Mario/Davide/Marko.
Personaggi: Mario, Davide, Marko.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Angst, English.
- "You think he's cute, you like him."
Note: Dunque, questa storia nasce - come ormai spesso, ultimamente - chiacchierando su Twitter con Jan e Martha. Si stava parlando del rapporto di Davide con l'Arnatelli, e Martha ha immaginato che Davide potesse un po' "supervisionarlo", e da lì, giuro che non so come, è nata questa storia sporca insaid che io rinnego con tutte le mie forze. Davide, scusami per averti reso una troia immatura. Giuro che non accadrà mai più. Almeno fino a quando non deciderò di scrivere il seguito.
Titolo da Heartbreaker di Pink, che peraltro mi ha fatto un po' da colonna sonora mentre scrivevo.
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Liftin' Me Up To Heaven, Just To Drop Me Down The Line


“You know, he’s fine,” Mario says, shrugging a little and avoiding Davide’s amused eyes but, most of all, his equally amused smile, “I mean, he’s a good guy. He’s funny. And kind.”

“You like him,” Davide laughs, covering his mouth with one hand. Mario hears his giggles filling the air of the room and closes his own eyes in a desperate attempt to not just jump on him and shuts him up with a kiss. “You think he’s cute, you like him.”

“I do like Marko,” he answers, glaring at Davide and trying to scare him to shut up him without him having to kiss his words off his mouth, “But not in the way you think I like him.”

“But you just said it!”

“No, you said it,” Mario protests, rolling on the bed and examining Davide, who’s sitting on his own bed and isn’t really prone to changing his mind, once he’s decided on something. “And I’m saying it’s not like this. You know,” he adds with a smile, “I only have eyes for you.”

Davide smiles too, and Mario gets up from his bed just to sit down beside him, coming closer to his body as much as he can while they hold eye contact like they’re fighting to see who will be the first to look down.

“So sad you’re not going to have my ass, not now nor never,” Davide laughs as Mario’s eyes stop on his lips, “And you’re not going to have my mouth either, so just stop thinking about it.”

“Oh, please,” Mario says, and if he’s meaning please, just stop it or please, just fuck me it’s still something he himself doesn’t know.

“Please what?” Davide asks, gently brushing his own lips against Mario’s, and they’re soft, sweet and barely wet, and Mario wants them so much he tries to kiss them, but Davide backs off and pushes him away, laughing.

“You’re making me go crazy,” Mario whines, resting his forehead against his shoulder, “And you fuckin’ enjoy it. Just tell me why, at least!”

“It’s funny,” Davide answers, pushing him down on the bed and climbing on him, sitting on his belly. “You’re hard,” he says, and his smile opens wider, “I can feel it on my ass.”

“Yeah, well,” Mario frowns, crossing his arms on his chest despite Davide’s hands going down him, “you could easily feel it in your ass, if you just—“

“But I don’t want to!” Davide laughs again, “I’m not gay or anything.”

“Yeah, sure, none of us is gay, but you’re rubbing your ass against my cock and I’m hard, so either we revise our vocabulary definition of the word ‘gay’, or we just put definitions aside and, you know, fuck.”

Davide laughs once more, and bends over him to kiss him on his nose. “I’m alright like this,” he says, chuckling a little.

Of course you are,” Mario snorts, scratching the tip of his nose, just where Davide kissed him, “But what about me?”

“You like it when I do this,” Davide answers, moving slowly against his body. Mario can’t help to let go a single little moan in response to his movements, and Davide looks at him, smiling triumphantly. “See? You like it.”

Mario snorts again and puts his hands on Davide’s hips, overturning their positions so he can stay on top of him, pushing him against the bed and feeling every single inch of his body against his own. “I would like it more if I could fuck you,” he whispers on his lips, trying to kiss him and just going down kissing his neck when Davide turns away, “You would like it too,” he says, sliding a hand along his side and then pushing it between his groin and Davide’s legs, forcing them to spread to touch him, despite the fact he’s still fully dressed. “I would make it unforgettable.”

“Oh, I’m sure you would,” Davide answers, his voice just a whisper as he moves under him trying to catch up with the rhythm of his hand, “But I’m not this easy to convince.”

“I’ve been trying to convince you since I came here,” he laughs, biting his neck, “It’s a lot of fucking time.”

“You’ll have to try harder,” Davide insists, brushing more forcefully against his body and feeling Mario’s hard cock against his own as he lets go an uncertain moan, “I think there’s something you could definitely do to convince me once and for all,” he says, trying to regain control of the situation.

“What?” Mario asks, freezing immediately on Davide and looking at him, eyes full of hope. “What do I have to do?”

“You know,” he starts, smiling mischievously, “I like Marko too.”

“Oh, you do,” Mario says, rolling his eyes, already bored.

“Yes, I do,” Davide continues, drawing irregular circles on Mario’s chest through his t-shirt, “And sometimes I think dirty things about him. As you do.”

“I do not,” he says, with a heavy sigh, “But since you do, why don’t you just go and fuck him, already? Instead of staying here and fucking with my brain, I mean.” He tries not to sound as incredibly jealous as he knows he is, but the soft laughter he hears coming from Davide lets him know he totally failed at it.

“’Cause I’m not gay, I told you,” Davide answers, kissing him on his cheek, “But you are.”

“I’m not!” Mario bursts out. He does get the absurdity of whining about being called gay while being still entangled with a boy he would happily pay to fuck, but right now he just feels like complaining about everything he doesn’t like, and not being able to fuck Davide while Davide talks about liking Marko is definitely something he doesn’t like at all. So he’s going to whine. A lot.

“You’re hard,” Davide laughs, totally not impressed by his complains, “And you want me,” he adds, and Mario’s attention suddenly turns to him.

“Yes, I want you,” he says.

“And I want you…” Davide smiles, caressing his neck and almost touching his lips with his own, “…inside Marko. While I watch the two of you.”

Mario almost chokes on his own breath, and looks Davide right in the eyes, trying and figure if he’s serious or not. He hopes he’s not.

“What?” he asks, while Davide laughs again, “Are you totally out of you fuckin’ mind?”

“I’m not! I’m just… curious, I suppose,” he shrugs, sliding out from under Mario’s body and escaping his arms still around him, moving to the bed and tidying up his clothes.

“You’re curious, you suppose?” Mario asks, resting on his side and arching an eyebrow, “Why would you want to watch me fuck another boy? Why would you want to watch me fuck a boy at all?”

Davide bites his lower lip, studying him. “You’re sexy,” he says, his tongue licking slowly the lip he just bit, “You’re so fuckin’ sexy. When you move, you make me want to strip and fall to my knees and lick all over your body. And then take you in my mouth and suck you so hard it leaves you breathless.” He stops for a moment, while Mario looks at him, just as breathless as if Davide had really sucked the life out of him. “But I can’t, ‘cause I’m not gay,” he laughs, and Mario realizes he’s been making a fool out of him all the time. “I want to watch you as you fuck Marko, so I can get a clear idea of what I’m missing when I don’t let you fuck me.”

Mario sits and takes a deep breath, then comes closer to him on the bed and kisses him right under his ear, in a soft, sweet way, like he’s just trying to tell he’s okay, he understood.

“Alright,” he smiles, raising a hand and brushing Davide’s lips with his thumb, “I’ll do it. But I want something from you in exchange. Let’s make a deal.”

“A deal?” Davide asks, raising an eyebrow, “What kind of deal?”

“I’ll fuck Marko, and you’ll be there watching. Fine. But then it’s your turn.”

“My turn doing what?” Davide asks, but he’s already smiling, because he already knows.

“Having sex with me,” Mario smiles too, and he smiles against Davide’s lips because he’s already kissing him, “So you won’t have to miss anything anymore.”

*

Marko is a sweet guy, one on whom you can always count for fun; always ready to take only the best of life, not letting himself be bothered by ugly or sad things. He’s easy to get along with, and as a matter of fact Mario got along with him just fine, until Davide decided he had to run his sex life – and in the only way Mario was not inclined to accept.

Mario nervously scratches his nape as Davide pushes him forward, causing him to trip and almost fall on Marko.

“Marko, hi!” he greets him, raising a hand and waving fast, “How’re you?”

“Fine,” he answers, smiling calmly, “But I’m tired! Mourinho’s terrible with me.”

“That’s because you’re still too fat,” Davide mocks him, putting his tongue out at him.

“But I work so hard,” Marko says, lifting his shirt to look at his own belly.

Mario turns to look at Davide and finds him gazing intensely at the other boy’s body: his abdomen, his hips, the way his trousers fits on his ass. “You’re shameless,” he comments, “You did that on purpose.”

Davide laughs, while Marko lets go of his shirt to look at them again.

“He did on purpose what?” he asks, but Davide shrugs and Mario sighs heavily, shaking his head and letting the topic fall.

“Listen, Marko,” ha starts, trying to sound as much casual as he can, “We noticed you almost always hang out alone, or with your brother.”

“Yeah, that’s because I still don’t know anybody,” he nods, whining a little, “I just arrived, no one seem to really notice me at all.”

“We do,” Davide smiles sweetly, “Hey, why don’t you come out with us, tonight?” he asks, like he just had the idea, “It could be fun. Then you decide if you like how we spend our nights out or not.”

“Well, it sounds good…” Marko seems to consider the idea for some time, not so sure on what he should say, so Mario smiles and puts a hand on his shoulder, stroking softly to let him know he’s not in danger.

“It’s even better than it sounds,” he says, and Marko’s smile shines brighter for a second.

“Alright,” he nods finally, “Let’s go out together. Can’t wait to see how you have fun in good company here in Milan.”

*

Marko’s totally drunk. Mario had noticed how nonchalantly Davide had offered him first one beer, and then another one and once again, until Marko started to laugh alone for no apparent reason, suddenly not able to stand up on his own anymore.

“You’re a pest,” Mario tells Davide as they help Marko into their room. The boy continues to laugh, though only God knows why, “I don’t wanna know how long you’ve been planning this. Fuck, I thought you were nice.”

“I am nice,” Davide smiles, sitting on his bed and looking at Marko, sprawled out on Mario’s. “You think he’s going to stay awake while you fuck him? I don’t want him to pass out or something.”

“Well, you should’ve thought about it while you were filling him with alcohol, don’t you think?” Mario sighs, lying down next to Marko. “Hey, are you alright?”

“Yes, I am,” the boy laughs, taking off his shirt and falling down on the bed again, “I’m so hot, guys.”

“You are, indeed,” Davide laughs, making himself more comfortable on the bed, “Mario, touch him, please.”

“Oh, for God’s sake,” he sighs, but he does it either way. Marko’s skin is soft and warm, and the very moment Mario’s fingers touch his belly he starts laughing again.

“You’re tickling me, man,” Marko says. Mario’s fingers slide down his body and unbutton his jeans. “What are you doing? Man, this is so unfair,” he laughs again, “I can’t fight back.”

“Would you?” Davide asks, bending over him and kissing him softly on his neck and on his cheek.

“Mmh no, I wouldn’t,” Marko answers, and Davide giggles, pleased.

“Marko,” he says in a low voice, speaking directly in his ear, “Mario’s going to fuck you.”

“No way,” Marko laughs once more, just as Mario sighs again, stripping him of his trousers, “Are you serious?”

Davide nods. He’s still smiling. “Do you like him?”

“I like girls, usually,” he answers, “But Mario’s always been kind to me.”

“He’s a sweet guy, isn’t him?”

“Can we please stop talking about how good I am?” Mario snorts, forcing Marko to spread his legs and adjusting between them, uncertain on what he’s supposed to do now. “Or is that why we’re here?”

“No, it’s not,” Davide stands up and climbs on the bed, moving on his knees to reach Mario. Once he’s close enough, he hugs him from behind, his arms around his shoulders, his lips on his neck. “Fuck him like you would fuck me,” he whispers into his skin, and Mario immediately starts to breathe heavier, pushing through Marko’s resistance and entering his body in a long, hard thrust.

Marko whines, his eyes closed and his back arched against the mattress. Mario sees him spread his arms and clutch at the sheets, ripping them from the corners of the bed. “Does it hurt?” he asks, breathing even heavier when Davide, totally lost in what he sees, touches the base of his cock.

“I want to feel you when you’re inside him,” he says, and it’s the first time his voice seems truly fascinated. “Marko, is he hurting you?”

“Yes…” he moans, turning his head but following Mario’s thrusts with his own hips, “No. I don’t know.”

“So this is what it feels like…” he whispers, putting a hand on Mario’s back, feeling the muscles flex under his skin as he pushes deeper inside Marko, “To have someone inside you. You don’t know if you like it or not.”

“That’s because,” Mario says, the words coming out of his mouth slowly, “You feel guilty about it. When you like something and you don’t want to admit it, you always say ‘I don’t know’.”

“You think he doesn’t know because he feels guilty?” Davide asks, releasing Mario and moving closer to Marko, stroking his parted, wet lips and then sliding his hand down along his body to masturbate him.

“I think he doesn’t know because he’s drunk,” Mario answers, looking him in the eye, “I wasn’t talking about him, by the way.”

He comes inside Marko the moment Marko comes between Davide’s fingers, and collects what’s left of his strength to push away from him and roll on Davide’s bed, resting on his back and trying to breathe regularly again. Marko is already asleep.

Davide’s by his side not more than two seconds later.

“What did you mean?” Davide asks. He tries to sound perfectly calm, but the anxiety in his voice betrays him.

“What are you talking about?” Mario asks in turn, forcing himself not to smile.

“Just before,” Davide insists, sounding even more edgy, “What with that feeling guilty and shit. What did you mean?”

He doesn’t answer. “Are you horny?” he asks instead.

“Fuck, no!” Davide bursts out, “I’m not fuckin’—“

Mario turns on the mattress, pinning him on the bed under his own body again. He thrusts a couple of times between his legs, until they part, and he feels his cock’s hard under his jeans and his underwear. “You’re horny,” he says, rolling on his back again, not touching him anymore. “That’s what I was talking about.”

Davide growls softly, climbing on him and caressing his sweaty chest with his hands wide open. “You said you wanted to fuck me,” he says, but his words sound like the ones of an unsatisfied kid who’s been having fun until his dad came home and ruined the rest of the day by his mere presence, “Then do it, already. See for yourself if I’m horny or not. Fuck me.”

Mario looks at Davide, then catches him by his nape and pulls him down, kissing him hard, forcing him to part his lips and biting them, almost hurting him, before he stops suddenly and rolls off his body.

“I will,” he answers, “Don’t worry, I will. When you’re able to tell if you like it or not.”

Davide’s eyes open wide, trying to tell him something, but it’s something Mario doesn’t want to hear, so he just turns his back and tries to sleep. He’s not sure he’ll manage to, but Davide’s not making a fool out of him anymore, and he never will again. He may be sleepless, but at least he’s satisfied.
Genere: Introspettivo, Romantico.
Pairing: Mario/Davide, Mario/Marko.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Slash, (lieve) Angst.
- "Quando si avvicina a Davide, lo fa perché vuole avvicinarsi a Davide."
Note: Mario e il suo cuore diviso fra un sì e un no dati da due persone diverse come risposta alla stessa domande. Titolo da Winter Winds dei Mumford & Sons. Prompt: Sì/No @ It100.
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AND MY HEAD TOLD MY HEART “LET LOVE GROW”// (NO)
Quando si avvicina a Davide, lo fa perché vuole avvicinarsi a Davide. Perché ci pensa da giorni – settimane mesi anni – perché Davide è tutto quello che riesce a vedere quando gli sembra di essere tanto confuso da non riuscire a riconoscere il giorno dalla notte, perché Davide è l’unica cosa che funzioni nella sua intera, disastrosa esistenza, perché a Davide vuole bene, cazzo, gli vuole un bene fottuto, tanto che alle volte quando ci pensa gli sembra di non riuscire a contenerlo tutto, perché Davide è bellissimo, perché quando Davide gli sorride il mondo smette di girare e poi prende a vorticare all’improvviso così velocemente da lasciarlo stordito, perché adora come la sua vicinanza lo faccia sentire, felice, sveglio, vivo, perché Davide ha già un posto enorme nella sua esistenza, perché Davide è già tanto e lui vorrebbe davvero che diventasse tutto.
Per questo, quando lo bacia e si sente rispondere “no”, un pezzo di lui muore.

(SÌ) //BUT MY HEART TOLD MY HEAD “THIS TIME NO”
Quando si avvicina a Marko, lo fa perché vuole avvicinarsi a qualcuno. Perché ne ha bisogno, perché non è un tipo solitario, perché per qualche ragione che non ha mai capito ha sempre sentito la necessità di provare più affetto degli altri, di sentirsi più ammirato degli altri, più in compagnia degli altri, più desiderato degli altri. Perché vuol bene anche a Marko, in fondo, pure se non è che lo conosca così tanto, perché gli fa tenerezza con quel suo parlare insensato a macchinetta affastellando parole su parole e sbagliandone la metà perdendosi dentro la propria testa prima di arrivare al punto del discorso, perché lo fa ridere spesso, perché in fondo Marko è un cretino come lui, uno che non è che stia tanto bene quando è frenato da regolamenti troppo rigidi, ed hanno un sacco di cose in comune ed alle volte si capiscono con un’occhiata, specialmente quando vorrebbero fare battute cretine durante gli allenamenti ma le tengono per loro stessi, scambiandosele telepaticamente in un’occhiata complice e ridendo con maggior convinzione quando gli altri non capiscono il motivo della loro ilarità e cercando di estorcere loro una risposta qualsiasi subissandoli di domande di ogni tipo alle quali loro, presi come sono nel loro discorso silenzioso a due tutto speciale, non pensano minimamente di rispondere.
Per questo, quando lo bacia e si sente rispondere “sì”, un altro pezzo di lui muore, e Mario capisce in un respiro che sia questo che l’altro sono due pezzi di sé che non riuscirà più a recuperare.
Genere: Romantico.
Pairing: Marko/Ricardo. Nominata una quantità di gente e la soon-to-be-born figlia di Ricky.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Fluff, Slash.
- "Ricardo amava dire di non avere un bambino, bensì due."
Note: Spiegarvi il canon di questi due sarebbe impossibile, perché è quel tipo di "canon" del tutto inesistente del quale però blateri con tanto piacere con gli amici, al punto che alla fine ti ci affezioni e puoi scriverci su storie come questa, che non ti spiegano niente e danno tante cose per scontate XD Nella fattispecie, ciò che si dà per scontato è il ragionamento di base per cui, di fronte al progressivo dimagrimento di Ricky appaiato al progressivo ingrassamento di Marko, il gruppo di pluripremiati scienziati della Fangirling University of Fandom composto da me stessa medesima, Def, Ary e Martha ha stabilito che palesemente i due stavano scopando. L'impressione è stata poi confermata dal vederli sempre parlocchiare assieme ridendo, dal vederli andare in giro con lo stesso cappello e da Ary e Def che li hanno visti coccolarsi durante un prepartita -- momento che io ho perso, ed ancora oggi piango per questo. E il resto l'hanno fatto le notizie sull'imminente paternità di Ricky ed il fatto che io adoro i giovani maschi adulti quando vengono messi a rapporto con minuscoli palletti di ciccia XD Sono pur sempre donna, prima che fangirl.
Comunque. E' tutta di Ary e non mi ricordo manco perché -- in compenso, so che nel blending del banner non si legge il titolo pare che Ricky sia due metri più alto di Marko e la cosa è lol perché Marko è un gigante e Ricky è alto un metro e un tappo, ma! chissenefrega. :D
Ah, la frase sull'avere due bambini e non uno è palesemente figlia del mio revival queerasfolkiano. Deal with me.
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IT SMELLS LIKE HEAVEN IN THIS PLACE


In compagnia, durante le bevute nel post-partita o nei giorni di libera uscita con le famiglie, specialmente al lunedì, dopo le fatiche della domenica e le emozioni delle vittorie, dei pareggi e delle (pur rare) sconfitte, Ricardo amava dire di non avere un bambino, bensì due. “Un maschietto e una femminuccia”, commentava con un ghigno divertito, allungandosi a cercare le labbra di Marko in un bacio lievissimo e infantile, quasi davvero paterno.
Marko non si sottraeva mai a quella richiesta – anche perché trovava difficile sottrarsi in genere a qualsiasi richiesta provenisse da Ricardo – ma i suoi bronci lunghissimi, dopo affermazioni simili, erano in grado di condizionare intere serate, soprattutto perché Mario, quando lo vedeva così improvvisamente triste, si sentiva quasi in dovere di mettere il broncio a propria volta, cosa che causava terrificanti reazioni a catena – Davide s’imbronciava per primo, seguito a pochi secondi di distanza da Marco, ed appresso a lui venivano giù i bronci di Deki, Christian, Douglas, Esteban, Thiago, Diego, Samuel, Goran e tutto il resto dell’universo creato, fino a quando l’unico essere rimasto dalla parte di Ricardo era José e Lucio prendeva in mano la situazione, sbuffando sonoramente e guardando tutti con quella sua tipica occhiata non ancora del tutto esasperata ma già pronta ad esplodere in un lampo omicida che non avrebbe lasciato scampo a nessuno.
In genere, dopo occhiate simili, l’ambiente si distendeva, perché Marko – spaventato da ciò che sarebbe potuto succedere – sospirava pesantemente e tornava ad appoggiarsi alla spalla di Ricardo con un sorriso più tranquillo, in seguito al quale si riaprivano i sorrisi di Mario, Davide, Marco, e tutto il resto della squadra in successione, finché al termine del giro Lucio alzava una mano e chiedeva un altro giro di birra per tutti, aprendo le porte all’ilarità dell’ubriachezza che li avrebbe sicuramente colti tutti nel giro di mezz’ora.
D’altronde, comunque, per quanto Marko potesse mal tollerare il fatto che Ricardo si ostinasse a trattarlo da bambino in qualsiasi situazione non comprendesse un letto e loro due nudi fra le lenzuola – ma anche in quelle situazioni, alle volte – non si poteva certo dare torto a Ricardo per questo paragone, dal momento che tutte le reazioni e i comportamenti di Marko non facevano che urlare infantilismo al mondo, ogni volta che lui si sentiva in diritto o in dovere di fare o dire qualcosa per dimostrare, invece, quanto fosse adulto.
Se José gli ordinava di andare a letto presto, lui restava fino alle due attaccato al pc a giocare a mahjong o sdraiato sul divano a guardare le repliche di Spongebob a ripetizione su Nickelodeon. Se gli si diceva di fare qualcosa, lui se ne prendeva la responsabilità e poi si distraeva con le farfalle dimenticandosela. Se qualcuno lo rimproverava, lui si offendeva e incrociava le braccia sul petto battendo un piedino petulante contro il pavimento perché “nessuno a parte Daniel aveva il diritto di rimproverarlo”. E se Ricardo gli dava del bambino, lui da bambino in effetti si comportava, mettendo il broncio e non parlandogli più – cosa che poteva presentare problemi non indifferenti, visto che già parlava poco anche quando era tranquillo.
In ogni caso, non esisteva nessun tipo di offesa che potesse impedire a Marko di trascorrere con Ricardo quanto più tempo possibile – a volte, portando entrambi all’esasperazione e costringendoli a litigare furiosamente, per poi decidere di non vedersi per qualche giorno e quindi tornare a darsi appuntamento dopo l’allenamento ventiquattro ore dopo. E le occasioni in cui preferiva stare con lui erano quelle in cui Diana gli lasciava Ariana per qualche ora al lunedì pomeriggio, motivo per cui arrivava perfino ad appostarsi sotto casa sua per delle ore per aspettare l’arrivo della donna e bussare alla sua porta solo una volta che lei fosse uscita, per potersi godere quanto più possibile quello spettacolo che era Ricardo quando entrava in conto sua figlia.
Diana, tutto sommato, aveva preso bene tutta la faccenda dell’omosessualità di Ricardo. Nel senso che, da donna assennata e matura, di fronte alla confessione del suo ragazzo e del futuro padre di sua figlia non aveva potuto che chinare il capo ed annuire, ben consapevole che se non erano riusciti a renderlo certo della sua eterosessualità anni e anni passati a scopare con lei e con un altro mezzo centinaio di donne fra Oporto, Milano e Londra, di certo non ci sarebbe riuscita mezz’ora di lacrime sul suo pancione prominente.
Aveva preso un po’ meno bene quell’altra faccenda dell’averla ripetutamente tradita con un ragazzino fisicamente appena maggiorenne e mentalmente molto indietro rispetto alla tabella di marcia, però, e per questo motivo, quando Diana era nei paraggi, per Marko l’appartamento di Ricardo era off-limits.
Appena lei risaliva in macchina ed andava via, però, non c’era più niente in grado di fermarlo, e nel giro di due secondi riusciva ad uscire dal proprio nascondiglio, ritrovare le chiavi perse da qualche parte fra la tracolla e le svariate tasche di giubbotto e jeans ed entrare in casa, per poi salire le scale e lasciar vagare intorno lo sguardo alla ricerca della sua figura familiare.
Anche quella volta, come al solito, Ricardo era davanti alla finestra chiusa, Ariana spalmata sul petto come un peluche, immobile, tondissima, minuscola, bianca e rossa a chiazze e i capelli sottilissimi scompigliati sulla testa a causa del cappellino di lana ora abbandonato sul tavolo ad un paio di metri da loro.
- Possibile che queste sono le uniche occasioni in cui riesci ad essere puntuale? – lo pizzicò Ricardo, concentrato sulla figlia, senza degnarlo di uno sguardo ma sorridendo divertito.
Marko sbuffò, scrollando le spalle ed avvicinandoglisi.
- Non cresce. – borbottò guardandola da pochi centimetri di distanza, fin quasi a sfiorare le guanciotte piene con la punta del naso.
- È ancora piccola. – rispose Ricardo, cullandola un po’.
- Sì, ma non cresce mai. – insistette lui, cercando nella testa le parole adatte per fargli capire che era strano vederla sempre così piccina e indifesa. – È bello che non cresce mai.
- È meno bello che tu non abbia ancora imparato ad usare il congiuntivo. – lo prese in giro Ricardo, voltandosi a baciarlo sul collo.
- Non cresce nemmeno lui. – borbottò Marko in risposta, imbronciandosi.
- Sì, be’, - rise lui, allontanandosi verso il lettino, - devo ancora trovarla una cosa di te che cresca. E risparmiati le battute sconce, di fronte ad Ariana.
- Uh? – rispose lui, senza afferrare il perché della richiesta ma seguendolo comunque fino al lettino ed osservandolo posare Ariana fra le coperte, prima di sistemarle attorno al suo corpicino tondo tutto rannicchiato.
- Cristo, è così bella. – commentò Ricardo, senza riuscire a trattenere uno scoppio di risa di pura gioia. Marko rise a sua volta, trascinato da quel suono, mentre accarezzava le nocche incavate nella manina minuscola schiusa a pugno ed osservava quelle dita piccolissime sciogliersi appena, per poi stringersi nuovamente attorno al suo indice con una forza insospettabile.
- Non ti somiglia. – disse, osservando i lineamenti arrotondati. Ricardo rise ancora, più flebilmente.
- Questa è una fortuna. – rispose, poggiandogli una mano sulla nuca ed accarezzandolo piano, - Almeno, non corro il rischio che vada rincorrendo minorenni a caso quando sarà in età da marito. – aggiunse con un sospiro.
Marko si voltò a guardarlo e lo guardò per qualche secondo con aria incerta, mordendosi il labbro inferiore.
- Se… - disse poi, a fatica, le sopracciglia aggrottate nello sforzo di trovare le parole perfette per dirgli esattamente ciò che voleva, - se lei quando sarà più grande vorrà innamorarsi di uno più piccolo, il fortunato sarà lui. – concluse, annuendo a se stesso come a volersi dare ragione da solo.
Ricardo lo guardò interdetto, l’espressione per qualche secondo sospesa fra gratitudine e incredulità. Poi sorrise, sollevandosi appena per baciarlo sulle labbra.
- La pappa – disse, intrecciando le dita con le sue e cominciando a trascinarlo in camera da letto, - è fra due ore. Gliela dai tu. E non accetto lamentele.
Marko annuì responsabilmente, e giurò a se stesso che questo no, non l’avrebbe dimenticato.
Genere: Triste, Introspettivo, Romantico, Erotico.
Pairing: Alen/Marko.
Rating: R/NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon.
- "Capita sempre piuttosto all'improvviso."
Note: Scritta per il P0rn Fest @ fanfic_italia, su prompt RPF Calcio (Inter FC), Alen Stevanovic/Marko Arnautović, "Andrai via?". Con dedica speciale ad Ary perché sì, e perché questo pairing è tutto nostro solo nostro :*
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NO HAPPY ENDING


Quando Marko rientra in camera, sono le tre del mattino passate. Alen dovrebbe già stare dormendo, ma per pura curiosità ha deciso di aspettarlo sveglio, stanotte, giusto per capire che orario è capace di fare anche se sa perfettamente che il coprifuoco ideologico del mister scatta a mezzanotte e domattina alle sette dovranno essere in piedi e belli svegli per il primo allenamento. Questa cosa del coprifuoco ideologico gliel’hanno spiegata Vid e Joel, che col mister hanno avuto a che fare per un sacco di tempo fra ritiro estivo e allenamenti vari, e in pratica si basa tutta sul fatto che José Mourinho è profondamente convinto – peraltro anche a ragione – di non dovere niente a nessuno, tantomeno ad una manica di pischelli che non possono neanche pulirgli le scarpe, i quali, per inciso, sono gli unici a dovere qualcosa a lui quando il suo occhio misericordioso si posa su di loro e decide di portarne qualcuno in ritiro coi grandi. Fondamentalmente, Mourinho non impone orari per andare a dormire: si aspetta che tu capisca da solo quali sono, ed abbia anche abbastanza forza mentale da rispettarli. Il che, naturalmente, cozza per principio con Marko, che è uno che se non lo guidi in determinate direzioni passa la sua vita a sbandare, aiutato dal culo spropositato che si ritrova e che, a parte essere un ottimo passatempo quando si sta scopando, gli causa più guai che altro.
- Ancora sveglio? – chiede Marko con un sorrisino da ubriaco perso, vacillando un po’ sulle gambe mentre sfila la camicia già ampiamente sbottonata sul petto, - Il mister domani ti farà un cazziatone di quelli indimenticabili.
- Ma guarda. – sbuffa lui, richiudendo il portatile che teneva aperto sulle ginocchia per ingannare il tempo rispondendo a qualche mail dai compagni dall’Italia, in attesa del suo ritorno, - Potrei dirti esattamente la stessa cosa, solo che io almeno sono rimasto qui e non sono andato a distruggermi in giro per locali. Tu, invece…
Marko lo ferma con un gesto della mano, sbottonando velocemente i jeans e scalciandoli in un angolo del pavimento, per poi dirigersi verso il proprio letto, restando in mutande. 
- Io cosa? – chiede retorico, gettandosi sul materasso e tirando malamente via le coperte da sotto il corpo un po’ appiccicaticcio di sudore, - Che differenza vuoi che faccia a che ora mi sveglierò domani, o a che ora mi sono svegliato ieri? – si lascia andare ad un sorrisetto sarcastico, incrociando le braccia dietro la nuca e guardando il soffitto, - Non ha mai fatto alcuna differenza da quando sono arrivato a Milano. Non c’è mai stata nemmeno una possibilità di restare, per me.
- La società credeva in te. – gli fa notare Alen, stringendo i pugni attorno all’orlo del lenzuolo.
- La società crede in un solo Dio, Alen, ed è un dio portoghese. – sbotta Marko, riavviandosi i capelli lungo la tempia sudata in un gesto sbrigativo, prima di stringere i denti e smettere di parlare, cercando di impedire alle lacrime di rabbia, tristezza e frustrazione che gli pungono gli occhi di scivolare giù rotolando lungo le guance un po’ gonfie.
Alen si alza in piedi e poggia il netbook sul comodino, muovendosi a piedi nudi sulla moquette per raggiungere il suo letto dall’altro lato della stanza. La luce giallastra dell’abat-jour dà alla pelle di Marko un colorito quasi malsano, ed Alen non sarebbe dire se sia a causa del suo colore naturale o di Dio-solo-sa-cosa ha ingerito stanotte prima di rientrare.
- Andrai via? – chiede fra i denti, guardandolo dall’alto.
Marko ride di gusto, anche se la sua risata ha un suono aspro e appuntito – gli si intaglia addosso come una ferita, e poi brucia.
- Eccome se andrò via. Andrò via e probabilmente me ne dovrò tornare nella fottuta Svizzera perché da qui mi butteranno fuori a calci in culo. – ride ancora, scuotendo il capo, disilluso. – Chi pensi che lo vorrà uno che ha la fama di uscire e andare in discoteca ogni sera? Non sono esattamente Guti, non posso mica permettermelo. Tutto quello che l’Italia ricorderà di me sarà “ah, sì, lo stronzetto austriaco che non sapeva tenere il culo a casa neanche quando era costretto a muoversi con le stampelle”. Ma non lo saprà mai nessuno che io ci ho provato a lavorare bene, ad essere sempre puntuale, a non uscire di sera, e che quello stronzo se n’è sempre fottuto. Sempre. – si prende una pausa, chiudendo appena gli occhi e respirando profondamente, cercando di calmarsi. Il filo di voce che gli sfugge dalle labbra, pochi secondi dopo, è probabilmente tutto ciò che resta della sua rabbia. – Speravo-- no, pensavo di fare il salto di qualità. Ne ero sicuro, sai? L’Italia, cazzo. Sembrava tutto così grandioso.
Alen si morde un labbro e stringe i pugni lungo i fianchi per un secondo, prima di puntare un ginocchio sul materasso e salire sul letto al fianco di Marko, spingendolo con tutto il proprio corpo verso la parete per trovare spazio fra le lenzuola. Si china sulle sue labbra, posandovi le proprio e protestando in un ringhio sordo quando si sente rifiutare un bacio vero. Marko si scosta, visibilmente in imbarazzo.
- Sono ubriaco. – dice, la voce impastata, - Non voglio che sia così. Potrebbe essere l’ultima volta.
Che dica una cosa così romantica in questo momento non è di alcuna consolazione per Alen, che insiste, tornando ad attaccare le sue labbra e mordendole un po’ per costringerlo a schiuderle. Marko, finalmente, si rassegna, anche se non senza una protesta che si sfuma in un mugolio vagamente compiaciuto che vibra sulla punta della sua lingua.
Infila un ginocchio fra le sue gambe e Marko si sistema contro i cuscini, schiudendo le cosce per fargli posto e poggiando entrambe le mani ai lati del suo viso, trattenendolo come qualcosa di prezioso. Si allontana appena, respirando sulle sue labbra. Ad Alen viene da piangere.
- Tu come mi ricorderai? – gli chiede incerto, mentre Alen lo spoglia e lo stuzzica fra le natiche con due dita umide. I loro gesti sanno già di passato e nostalgia. – Quando penserai a me, - ansima, - fra dieci anni, cosa ricorderai?
Alen si morde un labbro, trattenendo un singhiozzo sul fondo della gola.
- La tua risata. – risponde, baciandolo piano sulla fronte, sulla punta del naso, all’angolo della bocca, - Il tuo accento idiota. – ride, e Marko ride con lui, strizzando forte le palpebre senza impedire a una lacrima di scivolare giù lungo la tempia, - Il tuo culo pesante e le tue lamentele continue per questo e per quell’altro. – lo bacia piano, la lingua che accarezza la sua quasi consolatoria, lenta, dolce. – Forse non ricorderò nessun tuo gol straordinario o non ti ricorderò trionfante in nerazzurro con il diciottesimo scudetto cucito addosso, - conclude accarezzandogli il viso, mentre Marko si apre con un gemito sotto e attorno a lui, stringendolo dentro il suo corpo nel più totale degli abbracci, - ma di te mi ricorderò di certo. E sarà un ricordo bellissimo.
Marko lo stringe a sé con una forza spaventosa, ed Alen affonda il viso nell’incavo del suo collo, baciandolo e mordendolo piano mentre con una mano scende ad accarezzarlo fra le cosce, seguendo il ritmo imposto dalle spinte irregolari del proprio e del suo bacino, che battono l’uno contro l’altro in schiocchi secchi amplificati dal sudore che appiccica le loro pelli, attaccandoli l’uno all’altro anche più di quanto non stiano già facendo le loro braccia, strette e annodate – quelle di Marko dietro il suo collo, le sue dietro la sua vita.
Si china a baciarlo ancora una volta, mentre lo sente inarcarsi violentemente sotto i suoi tocchi e venire fra le sue vita, e un paio di spinte dopo, quando Marko chiama il suo nome con una dolcezza che non ha mai sentito scivolare fra le sue labbra, viene anche lui, mordendogli una spalla e cercando di soffocare in questo modo un gemito di cui non riesce ad identificare la natura, perché in questo momento sta così bene da sentirsi male, e sta tanto male da perdersi nell’orgasmo al punto da non accorgersene neanche più.
Quando fa per alzarsi e tornarsene nel proprio letto, dopo qualche minuto, Marko si stringe con forza attorno a lui, come una trappola.
- Resta qui. – dice, cercando di modulare il tono della voce perché risulti cupo come un ordine. Invece è semplicemente triste come una richiesta, ed Alen, a rifiutare il suo assenso, non ci pensa nemmeno.
Genere: Commedia, Introspettivo.
Pairing: Alen/Marko (lieve).
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Drabble, Slash (lieve).
- Non è che ad Alen non piaccia l'undici, è che gli piace di più il dieci, tutto qua.
Note: Vi prego di prendere nota di questo momento e di questa drabble, perché sarà l’inizio di qualcosa XD No, niente, in pratica è successo che José ha mandato Marko a giocare in Primavera in occasione del derby, più che altro – penso – per evitare che arrugginisse/mettesse radici/whatevs, nella speranza che il ragazzo potesse rendersi utile. Alla fine l’utilità è stata quella di fare un gol e baciare la maglia randomicamente dopo aver rubato il numero dieci al povero Alen XD E, almeno sul momento, non sembrava ci fosse altro. Poi abbiamo cominciato a ricamare su questa cosa con l’Ary, perché avevamo bisogno fisico di shippare Marko con qualcuno (che non fosse Mario, perché la cosa si stava facendo disturbante), e Alen era lì pronto a venire in nostro aiuto. Già mezz’ora dopo, comunque, e voglio dirlo solo perché venga messo agli atti, Ary mi stava chiedendo del porno su loro due.
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NUMERODIECI
6. You don't need to compromise (The Killers)


Il tipo parla male italiano e la cosa un po’ mi infastidisce. Intendo, non è che lo odi, anche perché chi lo conosce?, però arriva, spiccica due parole in inglese, si allena due giorni e il Fulvio che fa? Non solo lo prende e lo sbatte in campo, che la partita è importante e io mica mi fido, ma gli dà il dieci. Io quel numero me lo sono guadagnato. Sul serio. Ho faticato solo io so quanto, qua dentro, per averlo. Poi, da quando è arrivato Sneijder, stanno tutti a guardarmi e paragonare, come chiedendosi “ma questo svizzero – o era serbo? – se lo meriterà o no, quel numero sulla schiena?”. Me lo merito, gente, me lo merito. È l’austriaco, qua, che arriva e insomma. L’ho capito che il Fulvio lo deve metter dentro perché gliel’ha chiesto Mourinho e Mourinho detta legge, però io un po’ anche mi spallo, eh.
Mentre sono qui che penso a come posso venire a patti con questa cosa, perché poi l’undici mi sta anche sui coglioni – non per altro, mi piace il dieci! – realizzo che non devo venire a patti proprio con niente, perché diciamo che butto una palla in avanti più alla sperainDio che con un senso, il Fulvio mi urla dietro la qualsiasi ma! la palla miracolosamente raggiunge l’austriaco che mi scatta lì sulla faccia salutando il fuorigioco e mi insacca la palla in rete con una naturalezza che mi viene voglia di dargli un bacio, perché è stato bello da guardare, va’.
Due secondi dopo si volta e fa “grazie”, sorridendo come un bambino idiota. Che io mi ci sciolgo, perché sarà una delle quattro parole italiane che sa assieme a “ciao”, “cacca” e “pipì”. E l’ha usata per me. E io gli batto il cinque, va’. Se lo merita.