Genere: Romantico.
Pairing: Marko/Ricardo. Nominata una quantità di gente e la soon-to-be-born figlia di Ricky.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Fluff, Slash.
- "Ricardo amava dire di non avere un bambino, bensì due."
Note: Spiegarvi il canon di questi due sarebbe impossibile, perché è quel tipo di "canon" del tutto inesistente del quale però blateri con tanto piacere con gli amici, al punto che alla fine ti ci affezioni e puoi scriverci su storie come questa, che non ti spiegano niente e danno tante cose per scontate XD Nella fattispecie, ciò che si dà per scontato è il ragionamento di base per cui, di fronte al progressivo dimagrimento di Ricky appaiato al progressivo ingrassamento di Marko, il gruppo di pluripremiati scienziati della Fangirling University of Fandom composto da me stessa medesima, Def, Ary e Martha ha stabilito che palesemente i due stavano scopando. L'impressione è stata poi confermata dal vederli sempre parlocchiare assieme ridendo, dal vederli andare in giro con lo stesso cappello e da Ary e Def che li hanno visti coccolarsi durante un prepartita -- momento che io ho perso, ed ancora oggi piango per questo. E il resto l'hanno fatto le notizie sull'imminente paternità di Ricky ed il fatto che io adoro i giovani maschi adulti quando vengono messi a rapporto con minuscoli palletti di ciccia XD Sono pur sempre donna, prima che fangirl.
Comunque. E' tutta di Ary e non mi ricordo manco perché -- in compenso, so che nel blending del banner non si legge il titolo pare che Ricky sia due metri più alto di Marko e la cosa è lol perché Marko è un gigante e Ricky è alto un metro e un tappo, ma! chissenefrega. :D
Ah, la frase sull'avere due bambini e non uno è palesemente figlia del mio revival queerasfolkiano. Deal with me.
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IT SMELLS LIKE HEAVEN IN THIS PLACE


In compagnia, durante le bevute nel post-partita o nei giorni di libera uscita con le famiglie, specialmente al lunedì, dopo le fatiche della domenica e le emozioni delle vittorie, dei pareggi e delle (pur rare) sconfitte, Ricardo amava dire di non avere un bambino, bensì due. “Un maschietto e una femminuccia”, commentava con un ghigno divertito, allungandosi a cercare le labbra di Marko in un bacio lievissimo e infantile, quasi davvero paterno.
Marko non si sottraeva mai a quella richiesta – anche perché trovava difficile sottrarsi in genere a qualsiasi richiesta provenisse da Ricardo – ma i suoi bronci lunghissimi, dopo affermazioni simili, erano in grado di condizionare intere serate, soprattutto perché Mario, quando lo vedeva così improvvisamente triste, si sentiva quasi in dovere di mettere il broncio a propria volta, cosa che causava terrificanti reazioni a catena – Davide s’imbronciava per primo, seguito a pochi secondi di distanza da Marco, ed appresso a lui venivano giù i bronci di Deki, Christian, Douglas, Esteban, Thiago, Diego, Samuel, Goran e tutto il resto dell’universo creato, fino a quando l’unico essere rimasto dalla parte di Ricardo era José e Lucio prendeva in mano la situazione, sbuffando sonoramente e guardando tutti con quella sua tipica occhiata non ancora del tutto esasperata ma già pronta ad esplodere in un lampo omicida che non avrebbe lasciato scampo a nessuno.
In genere, dopo occhiate simili, l’ambiente si distendeva, perché Marko – spaventato da ciò che sarebbe potuto succedere – sospirava pesantemente e tornava ad appoggiarsi alla spalla di Ricardo con un sorriso più tranquillo, in seguito al quale si riaprivano i sorrisi di Mario, Davide, Marco, e tutto il resto della squadra in successione, finché al termine del giro Lucio alzava una mano e chiedeva un altro giro di birra per tutti, aprendo le porte all’ilarità dell’ubriachezza che li avrebbe sicuramente colti tutti nel giro di mezz’ora.
D’altronde, comunque, per quanto Marko potesse mal tollerare il fatto che Ricardo si ostinasse a trattarlo da bambino in qualsiasi situazione non comprendesse un letto e loro due nudi fra le lenzuola – ma anche in quelle situazioni, alle volte – non si poteva certo dare torto a Ricardo per questo paragone, dal momento che tutte le reazioni e i comportamenti di Marko non facevano che urlare infantilismo al mondo, ogni volta che lui si sentiva in diritto o in dovere di fare o dire qualcosa per dimostrare, invece, quanto fosse adulto.
Se José gli ordinava di andare a letto presto, lui restava fino alle due attaccato al pc a giocare a mahjong o sdraiato sul divano a guardare le repliche di Spongebob a ripetizione su Nickelodeon. Se gli si diceva di fare qualcosa, lui se ne prendeva la responsabilità e poi si distraeva con le farfalle dimenticandosela. Se qualcuno lo rimproverava, lui si offendeva e incrociava le braccia sul petto battendo un piedino petulante contro il pavimento perché “nessuno a parte Daniel aveva il diritto di rimproverarlo”. E se Ricardo gli dava del bambino, lui da bambino in effetti si comportava, mettendo il broncio e non parlandogli più – cosa che poteva presentare problemi non indifferenti, visto che già parlava poco anche quando era tranquillo.
In ogni caso, non esisteva nessun tipo di offesa che potesse impedire a Marko di trascorrere con Ricardo quanto più tempo possibile – a volte, portando entrambi all’esasperazione e costringendoli a litigare furiosamente, per poi decidere di non vedersi per qualche giorno e quindi tornare a darsi appuntamento dopo l’allenamento ventiquattro ore dopo. E le occasioni in cui preferiva stare con lui erano quelle in cui Diana gli lasciava Ariana per qualche ora al lunedì pomeriggio, motivo per cui arrivava perfino ad appostarsi sotto casa sua per delle ore per aspettare l’arrivo della donna e bussare alla sua porta solo una volta che lei fosse uscita, per potersi godere quanto più possibile quello spettacolo che era Ricardo quando entrava in conto sua figlia.
Diana, tutto sommato, aveva preso bene tutta la faccenda dell’omosessualità di Ricardo. Nel senso che, da donna assennata e matura, di fronte alla confessione del suo ragazzo e del futuro padre di sua figlia non aveva potuto che chinare il capo ed annuire, ben consapevole che se non erano riusciti a renderlo certo della sua eterosessualità anni e anni passati a scopare con lei e con un altro mezzo centinaio di donne fra Oporto, Milano e Londra, di certo non ci sarebbe riuscita mezz’ora di lacrime sul suo pancione prominente.
Aveva preso un po’ meno bene quell’altra faccenda dell’averla ripetutamente tradita con un ragazzino fisicamente appena maggiorenne e mentalmente molto indietro rispetto alla tabella di marcia, però, e per questo motivo, quando Diana era nei paraggi, per Marko l’appartamento di Ricardo era off-limits.
Appena lei risaliva in macchina ed andava via, però, non c’era più niente in grado di fermarlo, e nel giro di due secondi riusciva ad uscire dal proprio nascondiglio, ritrovare le chiavi perse da qualche parte fra la tracolla e le svariate tasche di giubbotto e jeans ed entrare in casa, per poi salire le scale e lasciar vagare intorno lo sguardo alla ricerca della sua figura familiare.
Anche quella volta, come al solito, Ricardo era davanti alla finestra chiusa, Ariana spalmata sul petto come un peluche, immobile, tondissima, minuscola, bianca e rossa a chiazze e i capelli sottilissimi scompigliati sulla testa a causa del cappellino di lana ora abbandonato sul tavolo ad un paio di metri da loro.
- Possibile che queste sono le uniche occasioni in cui riesci ad essere puntuale? – lo pizzicò Ricardo, concentrato sulla figlia, senza degnarlo di uno sguardo ma sorridendo divertito.
Marko sbuffò, scrollando le spalle ed avvicinandoglisi.
- Non cresce. – borbottò guardandola da pochi centimetri di distanza, fin quasi a sfiorare le guanciotte piene con la punta del naso.
- È ancora piccola. – rispose Ricardo, cullandola un po’.
- Sì, ma non cresce mai. – insistette lui, cercando nella testa le parole adatte per fargli capire che era strano vederla sempre così piccina e indifesa. – È bello che non cresce mai.
- È meno bello che tu non abbia ancora imparato ad usare il congiuntivo. – lo prese in giro Ricardo, voltandosi a baciarlo sul collo.
- Non cresce nemmeno lui. – borbottò Marko in risposta, imbronciandosi.
- Sì, be’, - rise lui, allontanandosi verso il lettino, - devo ancora trovarla una cosa di te che cresca. E risparmiati le battute sconce, di fronte ad Ariana.
- Uh? – rispose lui, senza afferrare il perché della richiesta ma seguendolo comunque fino al lettino ed osservandolo posare Ariana fra le coperte, prima di sistemarle attorno al suo corpicino tondo tutto rannicchiato.
- Cristo, è così bella. – commentò Ricardo, senza riuscire a trattenere uno scoppio di risa di pura gioia. Marko rise a sua volta, trascinato da quel suono, mentre accarezzava le nocche incavate nella manina minuscola schiusa a pugno ed osservava quelle dita piccolissime sciogliersi appena, per poi stringersi nuovamente attorno al suo indice con una forza insospettabile.
- Non ti somiglia. – disse, osservando i lineamenti arrotondati. Ricardo rise ancora, più flebilmente.
- Questa è una fortuna. – rispose, poggiandogli una mano sulla nuca ed accarezzandolo piano, - Almeno, non corro il rischio che vada rincorrendo minorenni a caso quando sarà in età da marito. – aggiunse con un sospiro.
Marko si voltò a guardarlo e lo guardò per qualche secondo con aria incerta, mordendosi il labbro inferiore.
- Se… - disse poi, a fatica, le sopracciglia aggrottate nello sforzo di trovare le parole perfette per dirgli esattamente ciò che voleva, - se lei quando sarà più grande vorrà innamorarsi di uno più piccolo, il fortunato sarà lui. – concluse, annuendo a se stesso come a volersi dare ragione da solo.
Ricardo lo guardò interdetto, l’espressione per qualche secondo sospesa fra gratitudine e incredulità. Poi sorrise, sollevandosi appena per baciarlo sulle labbra.
- La pappa – disse, intrecciando le dita con le sue e cominciando a trascinarlo in camera da letto, - è fra due ore. Gliela dai tu. E non accetto lamentele.
Marko annuì responsabilmente, e giurò a se stesso che questo no, non l’avrebbe dimenticato.
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