webcomic: calmasis

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo.
Pairing: Calliope/Calmasis.
Rating: PG-13.
AVVERTIMENTI: Het, Incest, Lime (lieve), Angst, What If?, Language, Spoiler Act6.
- Calliope riesce a ricreare il suo ecosistema perfetto in una dream bubble: un mondo che rispecchia in tutto e per tutto quello che doveva essere il suo pianeta prima che la sua stella cominciasse a morire, un mondo in cui lei non è più un cherubino, ma un troll, un mondo in cui, soprattutto, non divide più il corpo con suo fratello.
Lui, però, è ben deciso a rovinarle anche questo.
Note: Diciamo che poteva venirmi meglio XD Ero presa benissimo all'idea di scriverla, ma per una serie di motivi ho fatto un sacco di fatica, e quando si perde la spinta iniziale, soprattutto per scrivere le shottine introspettive "frutto del momento", come questa, è sempre un po' un casino. Ma! alla fine ce l'ho fatta, e sono contenta di avercela fatta, perché la fic partecipa al MARcatino @ maridichallenge, sui prompt: ribrezzo, quest'immagine, I know I have a heart because I feel it breaking (dal Mago di Oz) e I’m dishonest, and a dishonest man you can always trust to be dishonest (da Pirati dei Caraibi). *puff pant*
Inoltre, la storia partecipa anche alla challenge indetta dalla 500themes_ita, ispirandosi al prompt #8 (Realtà mozzafiato).
PS necessario: Ho stabilito arbitrariamente che il fratello di Calliope si chiama Calmasis, perché quella vacca di Hussie ha deciso di andarsene in hiatus prima di dirci il suo vero nome XD Sembra che questo sia comunque il nome che la maggior parte del fandom pensa che prenderà, e il fandom raramente si sbaglia a riguardo, per cui probabilmente sarà quello, ma ho dovuto specificarlo, ovviamente XD
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HERE WITH ME

Lo scrosciare dell’acqua contro le rocce ai piedi della cascata produce un suono allegro e tintinnante, e Calliope sorride nell’avvicinarsi curiosamente alla sponda del fiume, inginocchiandosi sulla riva e sporgendosi appena per osservare il proprio riflesso sulla superficie tremula e dai riflessi cangianti dell’acqua. Fatica a stento a trattenere l’entusiasmo quando il suo sguardo si posa sul colore completamente diverso della sua pelle, dove al verde scuro e duro che la copriva prima si è sostituito il grigio tenue ed elegante della pelle dei troll.
Anche i suoi occhi sono cambiati, osserva con soddisfazione evidente. Le sue iridi di un verde brillante sono scomparse per lasciar posto alla pupilla nera e piccola tipica dei troll, e dalle labbra appena dischiuse in un sorriso estatico Calliope può vedere che anche i suoi denti sono diversi: i canini sporgenti e ricurvi non si vedono più da nessuna parte, ed al loro posto ci sono adesso due file ordinate di piccoli denti bianchi e appuntiti, che si incastrano perfettamente, come quelli di un qualche pericoloso predatore marino.
Trasportata dalla gioia, Calliope scatta in piedi, saltellando un paio di volta sulla riva mentre dalle sue labbra sfuggono gridolini di puro piacere.
- Ce l’ho fatta! – cinguetta emozionata, - Ci sono riuscita!
Attorno a lei, la foresta si apre rigogliosa e vergine come un fiore in boccio. È esattamente come immagina che sia stato il mondo prima che la sua stella cominciasse a morire. Si vedono solo alberi, una distesa di verde che si prolunga a perdita d’occhio. I tronchi sono alti e forti, il legno nodoso, di un bel marrone scuro, le cortecce sono sane ed emanano un profumo acre e intenso, che solletica il naso di Calliope in maniera incredibilmente piacevole. Le viene da ridere mentre lo arriccia, pensando che solo fino a pochi istanti prima di addormentarsi non ce l’aveva nemmeno, un naso da arricciare.
Muove un paio di passi incerti lontano dalle sponde del fiume, avvicinandosi ad un cespuglio basso dall’aria incredibilmente rigogliosa, carico di splendidi frutti rossi di minuscole dimensioni. Si inginocchia lì accanto, riempiendosi gli occhi del verde smeraldino intenso delle foglie, del marrone scuro e sano dei rami e del colore vivo dei frutti, ne sente il profumo insinuarsi nel naso e poi scendere a solleticarle la punta della lingua, ed ha voglia di assaggiarne uno. Allunga una mano – si sorprende nell’osservare la delicatezza della forma delle sue mani, ed è quasi ipnotizzata dalle curve dolci con le quali terminano le sue dita, un tempo abituate ad essere ruvide e aguzze come artigli – e prende un paio di bacche, e le spine, disseminate ovunque sui rami, le provocano dolore quando si conficcano nei suoi polpastrelli e le graffiano la pelle sulle nocche. Calliope ritira la mano, i frutti dal palmo rotolano quasi a terra, ma lei chiude le dita, impedendo loro di cadere. Fissa il graffio di un rosso vivo, incandescente, che si allunga sul suo indice dalla punta alla base, percepisce il bruciore della pelle aperta attorno alla ferita, e invece di rattristarsene se ne rallegra, ridacchiando divertita. Non pensava che le bolle potessero offrire sensazioni così vivide.
Assaggia i frutti. Sono incredibilmente dolci. Il loro sapore sulla lingua è così piacevole che Calliope si lascia attraversare tutto il corpo da un brivido caldo ed incredibilmente sensuale, in seguito al quale si sente costretta a rimettersi in piedi e riscuotersi appena, scuotendo le spalle e il capo. I capelli corti le solleticano la nuca e le tempie, e lei ride ancora, tornando a grandi passi verso la cascata.
L’acqua è fresca, piacevole al tatto. Calliope si china sulla superficie assaggiandola in punta di lingua. È così dolce, potrebbe berne a litri. Ha voglia di fare il bagno. Non ha idea di cosa si provi ad immergersi fino a poter guardare il sole solo attraverso le increspature che riempiono di rughe la superficie dell’acqua. Vuole provarci.
Si alza in piedi, sfilandosi la giacca di dosso, ma la voce di suo fratello la interrompe.
- Oh, per piacere. – dice Calmasis in un ringhio irritato e vagamente ironico, - È già abbastanza disgustoso dovermi ritrovare in una situazione simile contro la mia fottuta volontà, ma doverti anche guardare mentre ti spogli e giochi alla ninfa della foresta sarebbe troppo.
Calliope si volta a guardarlo, finendo di sfilarsi la giacca e poi ripiegandosela ordinatamente su un braccio. Per un paio di secondi, la presenza di suo fratello è in grado di gettarle un’ombra sul viso, nonostante l’enorme felicità che prova. Dura poco, però, ed in pochi istanti sulle sue labbra torna a disegnarsi un sorriso soddisfatto, perfino presuntuoso.
- Ciao, Cal. – lo saluta, - Come stai?
- Sono disgustato. – risponde lui, lanciandole un’occhiata fra l’accusatorio e il critico, scrutandola con malcelato interesse dalla testa ai piedi, - Questo posto è vomitevole. Tu sei vomitevole. Scommetto che sei diventata insopportabilmente soffice. Cazzo, il solo pensiero di metterti le mani addosso mi dà il voltastomaco.
Calliope aggrotta le sopracciglia, ora visibilmente infastidita.
- Ed io che stavo per dirti che sei diventato molto carino, invece. – borbotta. Le labbra di Calmasis si schiudono in un ghigno irriverente, mentre si allontana con un colpo di reni dall’albero al quale è stato appoggiato con le braccia conserte fino ad ora, e muove qualche passo al di fuori della boscaglia ombrosa. La luce del sole rende ancora più chiaro il grigio della sua pelle, e nell’osservarlo più da vicino Calliope non può impedirsi di arrossire, seppure controvoglia, perché è vero, è diventato decisamente più carino. È alto, snello, e i vestiti neri che indossa lo rendono ancora più slanciato. I capelli lunghi e neri, arruffati sulla fronte e sulle tempie, sono specchio esatto dei suoi, chiari al punto da sembrare biancastri, e i suoi occhi rossi brillano di una luce tetra che le rimescola le viscere.
Istintivamente, fa un passo indietro, stando attenta a non finire in acqua.
- Davvero? – le domanda Calmasis, avvicinandosi ancora, - Tu no. Chi pensi che possa trovarti attraente, adesso? Era il tuo sogno, se non sbaglio, diventare uno stupido troll. Bene, ora lo sei. E posso assicurarti che sei disgustosa, non ti toccherei neanche con un bastone per tenerti lontana.
Calliope abbassa lo sguardo, rossa di rabbia e vergogna.
- Perché mi parli così? – domanda in un pigolio incerto, stringendosi nelle spalle mentre serra le dita attorno al tessuto morbido della giacca, il cui orlo ormai quasi striscia per terra.
- Chissà, - ride lui, cattivo, - forse mi diverto e basta. – poi si guarda intorno, le mani sui fianchi, osservando ogni dettaglio con estrema perizia, - Ti sei data parecchio da fare, mh? – comincia sarcastico, avvicinandosi ad un cespuglio e chinandosi appena per osservarne i frutti, - Sei patetica. Scommetto che ci tenevi proprio che fossero buoni.
Calliope stringe i pugni, ferita dalle sue parole.
- Non è patetico. – mormora, tenendo gli occhi bassi.
- Sì, lo è. – ride cattivo Calmasis, rimettendosi dritto e voltandosi a guardarla con aria di sfida, - Scommetto che ci tenevi proprio che tutto fosse esattamente come volevi tu. Quella pelle liscia e morbida, di quel colore tenue, - la prende in giro, avvicinandosi di un passo, - quei capelli sottili e chiari, quel sorriso da bambolina. Davvero non ti rendi conto di quanto sia patetico tutto questo? E quanto sia stupida tu a sognare cose che non avrai mai? – si avvicina ancora di un passo, adesso i suoi occhi sono severi, brillano di una luce inquietante che fa risaltare il loro colore, e che dà i brividi a Calliope. – Nella realtà, quando ti svegli, sei sempre tu, con la tua solita faccia. E dentro di te ci sono sempre ancora anch’io. – dice a bassa voce, sollevando una mano verso di lei.
Calliope si tira indietro, sottraendosi al suo tocco. Stringe la giacca al petto, rossa in viso, ormai quasi sul punto di scivolare lungo l’argine fangoso del fiume e finire in acqua.
- Non toccarmi! – strilla, le lacrime agli occhi, - Stai lontano da me!
- Oh, andiamo. – sogghigna Calmasis, tenendo la mano a mezz’aria, - Non ti faccio mica niente.
Calliope lo fissa con rabbia, mordendosi nervosamente l’interno di una guancia.
- Prometti.
- Oh, andiamo. – borbotta Calmasis, roteando gli occhi, ma lei insiste.
- Prometti!
Calmasis la fissa senza un briciolo di simpatia per qualche secondo, e poi sorride, le punte dei denti aguzzi che s’intravedono appena fra le labbra dischiuse.
- Prometto. – concede in un sibilo. Calliope si rilassa, ed è un grave errore.
Calmasis scatta a stringerle il braccio fra le dita, stringe forte abbastanza da fare male, e poi si sporge in avanti, sbilanciandola. Calliope cade all’indietro, urtando il fondo ricoperto di pietre del letto del fiume. Si lascia sfuggire un lamento improvviso mentre Calmasis le cade addosso e si schiaccia a lei con tutto il proprio peso, intrappolandola fra se stesso e il suolo.
- Sei sempre stata un’idiota. – le sibila cattivo, ghignando soddisfatto.
- Avevi promesso! – annaspa lei, cercando di dibattersi per scrollarselo di dosso, - Avevi promesso!
Calmasis si concede una risata soddisfatta, afferrandole anche l’altro braccio per impedirle di muoversi ancora ed avvicinandosi fino a sfiorare il suo profilo col proprio.
- Non importa. – dice piano, scandendo bene le parole, lasciandole scivolare un ginocchio fra le gambe per costringerla a tenerle dischiuse, - Quello che importa è che tu credevi che questo piccolo paradiso terrestre potesse essere sufficiente ad allontanarti da me per sempre. Ma ti sbagliavi. – il suo sorriso si fa ancora più cattivo, quasi truce, mentre sentendola paralizzarsi dalla paura e dallo sconforto sotto le sue dita si decide a lasciarle andare un braccio, consapevole che a questo punto non scapperà più, lasciandole scivolare la mano libera sul corpo, sopra i vestiti, e poi insinuandosi sotto di essi, per sfiorarle la pelle accaldata e bagnata, - Non potrai mai liberarti di me, sorellina. – conclude minaccioso, stringendosi con forza a lei.
Calliope chiude gli occhi, gettando indietro il capo in uno spasmo di dolore e poi cercando di richiudersi a riccio per impedirgli di prenderla, ma non è sufficiente – non lo è mai. Lo sente insinuarsi sottopelle, scivolarle dentro ed occupare ogni singolo spazio vuoto dentro di lei, e quando gli spazi vuoti finiscono lo sente rosicchiarla dall’interno, farsi spazio come può, finché i loro confini non si fondono, e sono nuovamente una cosa sola.
Trattiene il respiro finché non sente il dolore cominciare a diminuire gradualmente, e solo allora riprende a respirare, dapprima affannosamente, poi sempre più regolarmente, fino a calmarsi. Adesso, la presenza di suo fratello dentro il suo corpo non è che un pulsare lontano e contemporaneamente incredibilmente vicino, come il battito di un cuore che non le appartiene ma che sente comunque come proprio.
Schiude gli occhi, cercando di guardare il cielo, ma la foresta è fitta, anche lì sulla riva del fiume, e riesce a vederne solo qualche spicchio sfuggito ai rami degli alberi, intrecciati tra loro in maniera così complicata da ricordare un ricamo fatto a mano. Sorride stancamente nel pensare che, dopotutto, è ciò che sono. È stata lei a ricamarli, ad intrecciarli ad uno ad uno per far sì che rispondessero esattamente ai suoi desideri. Ma i suoi desideri non possono allontanarsi troppo da quelli di suo fratello, ed oggi ne ha avuto la prova.
Inspira profondamente, cercando di rilassarsi mentre si solleva a sedere. L’acqua fresca del fiume le scivola addosso e poi la scavalca, continuando la propria corsa a fondovalle, ignara di lei, del suo dolore e del peso che porta con sé. È ancora dolorante quando, qualche istante dopo, si solleva in ginocchio e poi in piedi, e si trascina lontano dal fiume, fra i cespugli, su un letto di foglie sopra il quale si lascia ricadere, esausta, chiudendo gli occhi e sperando, per la prima volta in tutta la sua vita, di non doverli riaprire più.