Genere: Triste, Introspettivo, Romantico, Erotico.
Pairing: Alen/Marko.
Rating: R/NC-17
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon.
- "Capita sempre piuttosto all'improvviso."
Note: Scritta per il P0rn Fest @ fanfic_italia, su prompt RPF Calcio (Inter FC), Alen Stevanovic/Marko Arnautović, "Andrai via?". Con dedica speciale ad Ary perché sì, e perché questo pairing è tutto nostro solo nostro :*
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NO HAPPY ENDING


Quando Marko rientra in camera, sono le tre del mattino passate. Alen dovrebbe già stare dormendo, ma per pura curiosità ha deciso di aspettarlo sveglio, stanotte, giusto per capire che orario è capace di fare anche se sa perfettamente che il coprifuoco ideologico del mister scatta a mezzanotte e domattina alle sette dovranno essere in piedi e belli svegli per il primo allenamento. Questa cosa del coprifuoco ideologico gliel’hanno spiegata Vid e Joel, che col mister hanno avuto a che fare per un sacco di tempo fra ritiro estivo e allenamenti vari, e in pratica si basa tutta sul fatto che José Mourinho è profondamente convinto – peraltro anche a ragione – di non dovere niente a nessuno, tantomeno ad una manica di pischelli che non possono neanche pulirgli le scarpe, i quali, per inciso, sono gli unici a dovere qualcosa a lui quando il suo occhio misericordioso si posa su di loro e decide di portarne qualcuno in ritiro coi grandi. Fondamentalmente, Mourinho non impone orari per andare a dormire: si aspetta che tu capisca da solo quali sono, ed abbia anche abbastanza forza mentale da rispettarli. Il che, naturalmente, cozza per principio con Marko, che è uno che se non lo guidi in determinate direzioni passa la sua vita a sbandare, aiutato dal culo spropositato che si ritrova e che, a parte essere un ottimo passatempo quando si sta scopando, gli causa più guai che altro.
- Ancora sveglio? – chiede Marko con un sorrisino da ubriaco perso, vacillando un po’ sulle gambe mentre sfila la camicia già ampiamente sbottonata sul petto, - Il mister domani ti farà un cazziatone di quelli indimenticabili.
- Ma guarda. – sbuffa lui, richiudendo il portatile che teneva aperto sulle ginocchia per ingannare il tempo rispondendo a qualche mail dai compagni dall’Italia, in attesa del suo ritorno, - Potrei dirti esattamente la stessa cosa, solo che io almeno sono rimasto qui e non sono andato a distruggermi in giro per locali. Tu, invece…
Marko lo ferma con un gesto della mano, sbottonando velocemente i jeans e scalciandoli in un angolo del pavimento, per poi dirigersi verso il proprio letto, restando in mutande. 
- Io cosa? – chiede retorico, gettandosi sul materasso e tirando malamente via le coperte da sotto il corpo un po’ appiccicaticcio di sudore, - Che differenza vuoi che faccia a che ora mi sveglierò domani, o a che ora mi sono svegliato ieri? – si lascia andare ad un sorrisetto sarcastico, incrociando le braccia dietro la nuca e guardando il soffitto, - Non ha mai fatto alcuna differenza da quando sono arrivato a Milano. Non c’è mai stata nemmeno una possibilità di restare, per me.
- La società credeva in te. – gli fa notare Alen, stringendo i pugni attorno all’orlo del lenzuolo.
- La società crede in un solo Dio, Alen, ed è un dio portoghese. – sbotta Marko, riavviandosi i capelli lungo la tempia sudata in un gesto sbrigativo, prima di stringere i denti e smettere di parlare, cercando di impedire alle lacrime di rabbia, tristezza e frustrazione che gli pungono gli occhi di scivolare giù rotolando lungo le guance un po’ gonfie.
Alen si alza in piedi e poggia il netbook sul comodino, muovendosi a piedi nudi sulla moquette per raggiungere il suo letto dall’altro lato della stanza. La luce giallastra dell’abat-jour dà alla pelle di Marko un colorito quasi malsano, ed Alen non sarebbe dire se sia a causa del suo colore naturale o di Dio-solo-sa-cosa ha ingerito stanotte prima di rientrare.
- Andrai via? – chiede fra i denti, guardandolo dall’alto.
Marko ride di gusto, anche se la sua risata ha un suono aspro e appuntito – gli si intaglia addosso come una ferita, e poi brucia.
- Eccome se andrò via. Andrò via e probabilmente me ne dovrò tornare nella fottuta Svizzera perché da qui mi butteranno fuori a calci in culo. – ride ancora, scuotendo il capo, disilluso. – Chi pensi che lo vorrà uno che ha la fama di uscire e andare in discoteca ogni sera? Non sono esattamente Guti, non posso mica permettermelo. Tutto quello che l’Italia ricorderà di me sarà “ah, sì, lo stronzetto austriaco che non sapeva tenere il culo a casa neanche quando era costretto a muoversi con le stampelle”. Ma non lo saprà mai nessuno che io ci ho provato a lavorare bene, ad essere sempre puntuale, a non uscire di sera, e che quello stronzo se n’è sempre fottuto. Sempre. – si prende una pausa, chiudendo appena gli occhi e respirando profondamente, cercando di calmarsi. Il filo di voce che gli sfugge dalle labbra, pochi secondi dopo, è probabilmente tutto ciò che resta della sua rabbia. – Speravo-- no, pensavo di fare il salto di qualità. Ne ero sicuro, sai? L’Italia, cazzo. Sembrava tutto così grandioso.
Alen si morde un labbro e stringe i pugni lungo i fianchi per un secondo, prima di puntare un ginocchio sul materasso e salire sul letto al fianco di Marko, spingendolo con tutto il proprio corpo verso la parete per trovare spazio fra le lenzuola. Si china sulle sue labbra, posandovi le proprio e protestando in un ringhio sordo quando si sente rifiutare un bacio vero. Marko si scosta, visibilmente in imbarazzo.
- Sono ubriaco. – dice, la voce impastata, - Non voglio che sia così. Potrebbe essere l’ultima volta.
Che dica una cosa così romantica in questo momento non è di alcuna consolazione per Alen, che insiste, tornando ad attaccare le sue labbra e mordendole un po’ per costringerlo a schiuderle. Marko, finalmente, si rassegna, anche se non senza una protesta che si sfuma in un mugolio vagamente compiaciuto che vibra sulla punta della sua lingua.
Infila un ginocchio fra le sue gambe e Marko si sistema contro i cuscini, schiudendo le cosce per fargli posto e poggiando entrambe le mani ai lati del suo viso, trattenendolo come qualcosa di prezioso. Si allontana appena, respirando sulle sue labbra. Ad Alen viene da piangere.
- Tu come mi ricorderai? – gli chiede incerto, mentre Alen lo spoglia e lo stuzzica fra le natiche con due dita umide. I loro gesti sanno già di passato e nostalgia. – Quando penserai a me, - ansima, - fra dieci anni, cosa ricorderai?
Alen si morde un labbro, trattenendo un singhiozzo sul fondo della gola.
- La tua risata. – risponde, baciandolo piano sulla fronte, sulla punta del naso, all’angolo della bocca, - Il tuo accento idiota. – ride, e Marko ride con lui, strizzando forte le palpebre senza impedire a una lacrima di scivolare giù lungo la tempia, - Il tuo culo pesante e le tue lamentele continue per questo e per quell’altro. – lo bacia piano, la lingua che accarezza la sua quasi consolatoria, lenta, dolce. – Forse non ricorderò nessun tuo gol straordinario o non ti ricorderò trionfante in nerazzurro con il diciottesimo scudetto cucito addosso, - conclude accarezzandogli il viso, mentre Marko si apre con un gemito sotto e attorno a lui, stringendolo dentro il suo corpo nel più totale degli abbracci, - ma di te mi ricorderò di certo. E sarà un ricordo bellissimo.
Marko lo stringe a sé con una forza spaventosa, ed Alen affonda il viso nell’incavo del suo collo, baciandolo e mordendolo piano mentre con una mano scende ad accarezzarlo fra le cosce, seguendo il ritmo imposto dalle spinte irregolari del proprio e del suo bacino, che battono l’uno contro l’altro in schiocchi secchi amplificati dal sudore che appiccica le loro pelli, attaccandoli l’uno all’altro anche più di quanto non stiano già facendo le loro braccia, strette e annodate – quelle di Marko dietro il suo collo, le sue dietro la sua vita.
Si china a baciarlo ancora una volta, mentre lo sente inarcarsi violentemente sotto i suoi tocchi e venire fra le sue vita, e un paio di spinte dopo, quando Marko chiama il suo nome con una dolcezza che non ha mai sentito scivolare fra le sue labbra, viene anche lui, mordendogli una spalla e cercando di soffocare in questo modo un gemito di cui non riesce ad identificare la natura, perché in questo momento sta così bene da sentirsi male, e sta tanto male da perdersi nell’orgasmo al punto da non accorgersene neanche più.
Quando fa per alzarsi e tornarsene nel proprio letto, dopo qualche minuto, Marko si stringe con forza attorno a lui, come una trappola.
- Resta qui. – dice, cercando di modulare il tono della voce perché risulti cupo come un ordine. Invece è semplicemente triste come una richiesta, ed Alen, a rifiutare il suo assenso, non ci pensa nemmeno.
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