Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste.
Personaggi: Misato, Shinji.
Pairing: ShinjixKaworu (ma pochissimo), ShinjixAsuka (ma davvero, pochissimo XD).
Rating: PG
AVVISI: Shounen-ai (LIEVISSIMO, PRATICAMENTE IMPALPABILE), What If?.
- Dopo aver ucciso il diciassettesimo angelo, Shinji rimuove totalmente dalla sua memoria qualsiasi avvenimento collegato alla comparsa, alla presenza e alla sparizione di Kaworu. Misato lo sa. E non sa se esserne felice o triste.
Commento dell'autrice: Voglio ritornare a scrivere oneshot di tre pagine ç______ç””” Non è possibile scrivere cose così lunghe con soggetti inconsistenti come quello che ho usato per questa storia ._.” Non sono normale!
Dunque, questa storia è nata in un lampo d’ispirazione leggendo uno dei temi della Fanfic100 writing community che, se non lo sapete, è la versione italiana di quella originale inglese e consiste nello scrivere cento fanfiction ispirate dai temi proposti e incentrati sullo/gli stesso/i soggetto/i di cui s’è fatto il claim. Io ho claimato il fandom di Neon Genesis Evangelion <3 Perché lo amo <3 E non ha senso che io abbia scritto così poco su una serie che amo tanto e sulla quale c’è tanto da dire al di là degli sviluppi romantici dei rapporti sentimentali >.<
In questa storia sono andata un po’ a spingere con l’immaginazione, lo ammetto XD E’ lievemente assurda, come ipotesi, anche se, voglio dire, dopo la puntata ventiquattro ci sono la venticinque e la ventisei (ma no :O!) che non è che diano tante indicazioni su *cosa* sia accaduto al di fuori della mente di Shinji XD Non fosse esistito il film (<3) non l’avrei vista come un’ipotesi così assurda, in fondo.
Oh, insomma.
Devo smetterla di blaterare XD
Misato probabilmente è OOC O_ò A me non pare, ma d’altronde se mi fosse parso mi sarei organizzata per evitare che lo fosse (…). Invece questo Shinji puccioso tutto occhioni e sguardi carucci non so, sinceramente, da dove sia uscito XD Anche perché io Shinji a stento lo tollero XD Però la sua apparenza è effettivamente kawaii ._. Quindi niente. Questo è quanto. Adesso la smetto di parlare. Tanto sto dicendo robe senza senso XD
Personaggi: Misato, Shinji.
Pairing: ShinjixKaworu (ma pochissimo), ShinjixAsuka (ma davvero, pochissimo XD).
Rating: PG
AVVISI: Shounen-ai (LIEVISSIMO, PRATICAMENTE IMPALPABILE), What If?.
- Dopo aver ucciso il diciassettesimo angelo, Shinji rimuove totalmente dalla sua memoria qualsiasi avvenimento collegato alla comparsa, alla presenza e alla sparizione di Kaworu. Misato lo sa. E non sa se esserne felice o triste.
Commento dell'autrice: Voglio ritornare a scrivere oneshot di tre pagine ç______ç””” Non è possibile scrivere cose così lunghe con soggetti inconsistenti come quello che ho usato per questa storia ._.” Non sono normale!
Dunque, questa storia è nata in un lampo d’ispirazione leggendo uno dei temi della Fanfic100 writing community che, se non lo sapete, è la versione italiana di quella originale inglese e consiste nello scrivere cento fanfiction ispirate dai temi proposti e incentrati sullo/gli stesso/i soggetto/i di cui s’è fatto il claim. Io ho claimato il fandom di Neon Genesis Evangelion <3 Perché lo amo <3 E non ha senso che io abbia scritto così poco su una serie che amo tanto e sulla quale c’è tanto da dire al di là degli sviluppi romantici dei rapporti sentimentali >.<
In questa storia sono andata un po’ a spingere con l’immaginazione, lo ammetto XD E’ lievemente assurda, come ipotesi, anche se, voglio dire, dopo la puntata ventiquattro ci sono la venticinque e la ventisei (ma no :O!) che non è che diano tante indicazioni su *cosa* sia accaduto al di fuori della mente di Shinji XD Non fosse esistito il film (<3) non l’avrei vista come un’ipotesi così assurda, in fondo.
Oh, insomma.
Devo smetterla di blaterare XD
Misato probabilmente è OOC O_ò A me non pare, ma d’altronde se mi fosse parso mi sarei organizzata per evitare che lo fosse (…). Invece questo Shinji puccioso tutto occhioni e sguardi carucci non so, sinceramente, da dove sia uscito XD Anche perché io Shinji a stento lo tollero XD Però la sua apparenza è effettivamente kawaii ._. Quindi niente. Questo è quanto. Adesso la smetto di parlare. Tanto sto dicendo robe senza senso XD
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AMNESIA
Prompt#76. Chi?
Mentirei se dicessi che sarei felice, se Shinji-kun recuperasse la memoria.
E mentirei anche se dicessi che mi dispiace che l’abbia persa.
Così come mentirei se dicessi che non avrei preferito che il diciassettesimo angelo fosse arrivato sotto forma di qualche altro essere dall’aspetto alieno e buffo o quantomeno strambo.
E mentirei ancora se dicessi che non avrei trovato più delicato se Kaworu-kun, piuttosto che diventare tanto amico di Shinji-kun, fosse riuscito a farsi odiare.
Si sarebbero risolti in partenza un sacco di problemi. Non ci sarebbe stato coinvolgimento affettivo. Shinji-kun non sarebbe stato costretto a uccidere un essere umano – anche se umano non era. Non sarebbe stato costretto a uccidere proprio lui.
Sarebbe stato davvero meglio se il diciassettesimo angelo fosse stato un gigante dai colori sgargianti e dall’apparente molliccia consistenza. Diamine, combatterlo avrebbe potuto rivelarsi perfino divertente. È già successo in passato. Nonostante tutta la tensione e l’angoscia e la responsabilità, progettare le strategie e preparare i ragazzi è stato spesso esilarante. Davvero.
Ma questo… questo è stato un colpo basso.
Questo è stato crudele.
E anche se capisco che probabilmente il modo in cui si sono risolte le cose è il migliore per tutti…
…e anche se mentire per me non è mai stato un problema…
…Shinji-kun apre gli occhi, ogni mattina, e mi si stringe il cuore.
Mi si stringe il cuore perché li vedo lucidi e spenti anche quando non lo sono.
E perché so che dietro quegli occhi manca qualcosa. Anche se lui non se ne rende conto.
Shinji-kun ha totalmente rimosso ogni avvenimento accaduto dalla prima all’ultima apparizione di Kaworu-kun. Non ricorda di averlo conosciuto, non ricorda di aver fatto amicizia con lui, non ricorda di aver dormito nella sua stessa camera, non ricorda di aver scoperto che era un angelo e, ovviamente, non ricorda di averlo ucciso.
Credo che in termini medici si chiami rimozione.
Credo sia una di quelle cose in grado di aiutare una mente fragile a non andare in frantumi quando si fa testimone di qualcosa di troppo terribile per poter essere normalmente ricordato.
E per quanto lo psicologo della clinica possa insistere nel cercare di convincermi che è un meccanismo di difesa utilizzato in maniera anomala e sbagliata, che dimostra che la mente di Shinji-kun è in una condizione di disagio e che sarebbe molto meglio per lui dedicarsi a una terapia per riuscire a recuperare questi ricordi perduti e accettarli senza per questo impazzire…
…io credo nell’utilità di questo sistema.
Io sono convinta che per Shinji-kun sia bene così.
Insomma, andiamo, un meccanismo del genere non può remare contro la sua sanità mentale! Non fa che difenderla! Non fa che proteggerla!
Ci sono cose… ci sono cose che anch’io avrei preferito rimuovere.
Shinji-kun è… fortunato.
E lo penso davvero.
Ma nonostante tutto questo…
…Dio, perfino credendo fermamente in tutto questo, anche io mi rendo conto che qualcosa non va.
Nei suoi sorrisi tristi e lontani… nella piega delle sue labbra, quando per un attimo, ogni tanto, il suo sguardo si oscura e cerca di ricordare senza riuscirci… nei suoi gesti lenti e ponderati… nei sospiri esasperati che si lascia sfuggire quando, annoiato dai tentativi senza riuscita, si getta sul divano e accende la tv per pensare ad altro.
Quelli sono i momenti in cui capisco che probabilmente la rimozione è la “scelta” migliore, oltre che la più conveniente, e magari l’unica possibile, ma…
…ma che non basta.
Come tutto, può servire solo a lenire appena il dolore.
Ad allontanarlo di qualche metro, per fingere di poterlo guardare con disprezzo da lontano.
Ma non lo cancella, né lo spazza via. Continui a sentire la mancanza di ciò che non hai, anche se non ricordi più quant’eri felice quando ce l’avevi.
Per Shinji-kun è così.
Io lo so.
Lo vedo.
È come se ci fosse un’enorme insegna luminosa sopra la sua testa.
C’è l’assenza, riflessa nei suoi occhi.
Anche se non sono occhi vuoti, non sono gli occhi di un pazzo e non sono gli occhi di un malinconico.
Solo gli occhi di un ragazzino che ha perso la parte migliore della sua adolescenza, e ancora neanche lo sa.
- Misato-san!
Sorrido, lievemente imbarazzata, mentre lo osservo scattare a sedere sul futon e tirare le coperte su fino al mento per coprirsi – e perché lo faccia credo lo sappia solo lui.
- Ben svegliato, Shinji-kun. – azzardo, agitando una mano in segno di saluto.
- Cosa ci fa qui…? – chiede lui, titubante, stringendosi nelle spalle.
È così piccino, soprattutto in questo momento…
Mi domando quando si deciderà a crescere come tutti gli adolescenti normali, una buona volta.
- E’ ubriaca, vero?
Ridacchio.
- Ma nooo! – be’, solo un po’, forse. Ma come scusa, vista l’assurdità di quello che sto facendo, potrebbe essermi utile. - Volevo solo fare un po’ di conversazione!
Il suo sguardo vaga agitato dal mio viso all’orologio a muro, per poi ritornare nuovamente su di me.
- …alle tre del mattino…?
Per tutta risposta, faccio per dargli una pacca sulla spalla, ma la mia manata arriva troppo forte, e lui cade di schiena, rotolando sul tatami.
- Ahi… - si lamenta, massaggiandosi il braccio e cercando di rimettersi seduto sul futon.
Non è solo piccino, è anche incredibilmente magro.
A guardarlo così sembra impossibile che un tipino tanto sottile possa governare un gigante come lo 01.
- Misato-san, avrei sonno…
- Sì, sì, - lo rassicuro, agitando una mano, - ci vorrà solo qualche minuto. Volevo chiederti… com’è che stai?
Shinji-kun spalanca gli occhioni, che brillano di curiosità e sospetto nel buio della stanza.
- Sto… bene… - azzarda sospettoso, guardandomi dal basso verso l’alto, - Perché me lo chiede?
- Pura curiosità! Assolutamente!
Dubbioso, arriccia le labbra.
- Misato-san…
Non ha bisogno di fare granché per farmi sentire scoperta.
Gli basta guardarmi così, con quel sopracciglio lievemente inarcato, come non credesse a una parola di quello che dico, per fare vacillare le mie difese.
- Cos’è che vuole dirmi?
Abbasso lo sguardo, alla ricerca delle parole giuste.
Con Shinji-kun c’è sempre questo pericolo, in agguato. Il pericolo di dire qualcosa di sbagliato, o di troppo pesante perché possa reggerlo… o, al contrario, di troppo leggero perché possa accorgersene.
- Tu non… non hai ricordato niente, vero, Shinji-kun?
Lui sbuffa, rilassando le spalle e piegando il capo.
- Ancora con questa storia, Misato-san? – si lamenta, annoiato, agguantando le coperte e facendo per distendersi nuovamente sul futon, - Ho già risposto mille volte a questa domanda. L’ho detto a lei, l’ho detto al vice-comandante Fuyutsuki, l’ho detto a mio padre, l’ho detto a tutti i dottori con cui mi avete fatto parlare, non faccio che ripeterlo da giorni! Può smetterla, per favore, di insistere su questo argomento?
Lo osservo rintanarsi velocemente fra le coperte, mentre continua a lamentarsi senza guardarmi mai negli occhi.
Questo ragazzino è… così spaventato.
Così solo…
Da quando Asuka è in quelle condizioni in ospedale non l’ho più visto sorridere serenamente neanche una volta.
E anche se lo psicologo non ha fatto altro che ripetermi di non dire una parola riguardo quello che è successo, adducendo come motivazione il fatto che “se Shinji-kun dovesse recuperare quei ricordi dovrebbe essere soltanto perché lui stesso lo vuole fortemente, senza che lei si azzardi a forzarlo in alcun modo”…
…io ci voglio provare, a dargli una storia migliore. Una storia cui guardare con nostalgica dolcezza, perché possa ricordare di quando sorrideva, di quando giocava come un bambino, di quando era felice.
E anche se per fare questo dovrò inventare qualcosa di totalmente nuovo, be’, l’ho già detto, mentire non è mai stato un problema per me.
- Sai, Shinji-kun, nel periodo che non ricordi hai conosciuto una persona.
Ancora, lui spalanca gli occhioni, puntandomeli addosso, luminosi come fari.
- Chi? – chiede immediatamente, senza esitazioni.
E io so che in questo momento si sta aggrappando a qualche strascico di ricordo che gli veleggia nella mente. Una qualche traccia di un qualcosa di vago che somiglia a un’immagine, o forse a un suono, e non è niente di tutto questo, niente più che un bruscolino di polvere fra un pensiero e l’altro.
Il semino di qualcosa che germoglia sottoterra.
Qualcosa cui basta un colpetto dal basso, per tornare in superficie.
- Un ragazzo. Kaworu Nagisa.
La luce nei suoi occhi trema per un istante, mentre incrocia le gambe e si accomoda sul futon, appoggiando il mento sulle mani giunte e i gomiti sulle ginocchia.
- Un tuo compagno di classe.
- …un nuovo compagno?
- Esatto.
- Trasferito?
- Proprio così.
Riflette un po’, piegando le labbra in una smorfia dubbiosa.
- Ma Misato-san, la città non era stata evacuata?
Ahi.
Forse sono un po’ troppo brilla per dirigere un teatrino così complesso.
E adesso come mi salvo…?
- Ehm… era stato individuato come un possibile nuovo children.
Un altro lampo negli occhi.
Il riflesso di una plug-suit nera…?
- Il fifth children.
- Sì.
Sospira e abbassa lo sguardo, digerendo l’informazione con difficoltà e scetticismo.
Non sto cercando di farti ingoiare un mattone, Shinji-kun! Vorresti provare ad essere un po’ più collaborativo?!
- Misato-san, - sbuffa, tornando a guardarmi con una smorfia seccata sul volto, - perché mi sta parlando di tutto questo?
Prendo un respiro profondissimo, sperando lui non si accorga della mia incertezza.
- Eravate molto amici. – spiego, fissandolo negli occhi.
Lui ha un attimo di esitazione, e stringe le labbra, mordendosi l’interno della guancia.
- Amici…? – chiede, incitandomi a continuare.
Io annuisco ma non aggiungo altro, anche perché non avrei nient’altro da aggiungere. Torturandomi nervosamente le dita, mi chiedo quale potrebbe essere la sua reazione, e nel frattempo lo guardo con attenzione, alla ricerca di un qualche segnale sul suo volto che possa svelare la presenza di un ricordo meno confuso nella sua testa.
Ma non ce n’è.
Nei grandi occhioni blu, solo nebbia.
- Va bene… - concede, incerto, con un lievissimo cenno del capo, - ma continuo a non capire… che fine ha fatto questo Kaworu Nagisa – per ricordare il nome non hai avuto bisogno di sentirlo ripetere nemmeno una volta, eh, Shinji-kun? – e perché… perché lei me ne ha voluto parlare… anche se ora non c’è più…?
Mi mordicchio un labbro, cercando le parole – o almeno una nuova menzogna che sia abbastanza convincente.
- Dal momento che non c’è più stato bisogno di lui, è stato rimandato a casa.
- Oh…
- E, Shinji-kun, te ne ho voluto parlare perché…
- …
- …perché… mi dà fastidio… che tu non sappia… che c’è stata una persona che ti ha veramente voluto bene. Che ti ha apprezzato per quello che eri, che sei, e che ha detto di tenere a te.
Mi guarda stupito, le labbra dischiuse e lievemente lucide, le sopracciglia inarcate come se qualcosa dentro di lui stesse lottando disperatamente per far emergere sul suo volto una traccia di tristezza mentre il suo cervello oscurato non ne capisce il motivo.
- Va… va bene, Misato-san. – ripete, sorridendo un po’ in imbarazzo, - Grazie.
Non so se stia ringraziando per educazione o perché davvero sente di dovermi qualcosa.
Non so se sono davvero riuscita a fare qualcosa per lui, in fondo.
Se non altro, sono felice di vedere che né le mie rivelazioni né le mie menzogne sembrano essere state in grado di ferirlo. Se non ci sono progressi positivi, è già qualcosa che non ce ne siano di negativi, per come la vedo io.
Mi alzo da terra, augurandogli la buona notte e osservandolo fissarmi da seduto fino a quando non sono uscita dalla stanza.
Oggi andiamo a trovare Asuka.
Non abbiamo dei giorni programmati per farlo. Non ci siamo detti “bene, da oggi una volta a settimana, ogni mercoledì, andremo a trovarla in ospedale”. Però ci andiamo abbastanza spesso. Forse anche più di una volta a settimana. Siamo piuttosto solerti, in questo senso.
Non che questo significhi qualcosa, per Asuka. Soprattutto nelle condizioni in cui è. Anche se personalmente ho qualche dubbio che significherebbe qualcosa, anche se fosse cosciente.
Non è per cattiveria nei suoi confronti, è che spesso ho avuto l’impressione, mentre vivevo con lei, che per Asuka sarebbe stato molto meglio non avere intorno né me né Shinji-kun. O almeno, non so se per lei sarebbe effettivamente stato meglio, ma sicuramente ne avrebbe avuto l’impressione. Si sarebbe sentita meno asfissiata, più libera, più… indipendente, forse.
Oddio, non lo so.
Certe volte mi chiedo che razza di demonio debba avermi consigliato per convincermi a prendere in casa non uno ma ben due adolescenti. È così chiaro e lampante che non ne capisco niente che mi stupisco che Ritsuko non mi abbia creduta ubriaca, quando l’ho detto, e non mi abbia trascinata per i capelli in una qualche cella di sicurezza nella quale rinchiudermi in attesa che mi fosse passata la sbornia.
…comunque Shinji-kun sembra tenere a queste visite, e quindi, che Asuka voglia o meno, è lì che andiamo – più spesso che in qualsiasi altro posto.
Non so se sarei così costante, se non ci fossero gli occhioni di Shinji-kun a ricordarmi costantemente “E’ l’ora di andare”, guardandomi come se mi stesse rimproverando di non averci già pensato io per conto mio.
Questo dovrebbe farmi riflettere, immagino.
Non sulla mia validità come tutrice, figurarsi, non faccio che pensare di essere una pessima tutrice.
No, ma su quanto Shinji-kun sia diventato importante per scandire passo dopo passo i momenti della mia vita. Sono i suoi ritmi che danno senso ai miei. Mangio perché mi rendo conto che lui ha fame, dormo perché lui sta dormendo e quindi non è in giro e non posso tenergli gli occhi addosso, lavoro perché so che lui è a scuola e si sta tenendo impegnato, e mi sembrerebbe di tradire i suoi sforzi se non mi tenessi impegnata anch’io.
È così.
E questo è strano.
Anche se mi sembra normale. E anche se non me ne importa poi molto.
- Misato-san, dobbiamo girare adesso. – mi informa atono Shinji-kun, indicando con un ditino appena sollevato l’uscita dell’autostrada ad appena un paio di metri da noi.
- Ah! Hai ragione! – grido allarmata, desiderando sprofondare in un buco nero per l’imbarazzo e sterzando vigorosamente a destra.
- E’ piuttosto distratta…
- Ho tanti pensieri per la testa… - mi giustifico, ridacchiando stentatamente mentre in lontananza comincio a scorgere l’austera sagoma della maestosa clinica privata in cui è ricoverata Asuka.
È un edificio davvero magnifico. Asuka sarebbe molto contenta di essere stata messa in un posto simile, piuttosto che in uno squallido ospedale pubblico.
…anche se, immagino, sarebbe stata molto più contenta di non aver avuto bisogno di alcun trattamento. O di non essere affatto in coma.
Shinji-kun si catapulta giù dall’auto prima ancora che abbia spento il motore, e si dirige a passi svelti verso l’entrata, rispondendo al saluto allegro delle infermiere che lo incontrano lungo il tragitto, e che ormai conoscono entrambi più che bene.
Mi prendo il mio tempo prima di corrergli dietro, e perdo qualche secondo a osservare il lussureggiante giardino che circonda la clinica. È pieno di pazienti in libera uscita che si concedono un’oretta d’aria, accompagnati o controllati a vista dal vigile occhio delle infermiere, disseminate strategicamente per tutto il perimetro del luogo.
A Shinji-kun piace stare un po’ da solo con Asuka.
Posso solo immaginare perché, ma non credo di andare tanto lontano dalla verità, quando credo sia perché Asuka in questo momento è la persona più importante in assoluto per lui.
Sospirando malinconicamente e ripetendomi in testa “ah, l’amore, ah, l’adolescenza” come fossi una vecchietta, mi seggo sull’erba sotto un albero, appoggiandomi al tronco, godendo del venticello fresco che fa frusciare le foglie e dell’ombra che mi regala la folta chioma, riparandomi dal sole.
È davvero un bel posto, questo.
Viene quasi voglia di fingersi malati per restarci.
- Misato-san?
Apro di scatto gli occhi, guardandomi intorno, allarmata.
Un momento fa ero in macchina, e stavo guidando in circolo su uno spiazzo di terra arida e gialliccia. Adesso sono circondata di verde come in una riserva naturale e ho in bocca il sapore amaro del sonno, e sulle palpebre tutta la sua pesantezza.
Si vede che un momento fa stavo sognando e adesso no.
- Shinji-kun. – lo chiamo, per fargli capire che è tutto a posto, stropicciandomi gli occhi con una mano.
Lui si siede accanto a me, con un sorriso sereno e indulgente sulle labbra.
- Certe volte ho l’impressione che sia io a doverle fare da tutore, Misato-san.
- Ehi, ehi, adesso non esageriamo! – ridacchio, contenta di vederlo allegro, - Mi dispiace di non essere venuta a visitare Asuka.
- Questo dovrebbe dirlo a lei, non a me…
Mi guardo intorno. Il sole sta percorrendo la via del tramonto già da un pezzo, e presto andrà a nascondersi dietro le colline rosate in lontananza.
- Sarà per la prossima volta. – sospiro abbattuta, incurvandomi su me stessa, - Ormai è tardi. Shinji-kun, perché non sei venuto a chiamarmi prima?
Sorride imbarazzato, socchiudendo gli occhi.
- Avevo tante cose da dirle. Ho perso tempo.
- Continui a parlarle? – sbuffo intenerita, abbandonandomi nuovamente contro la corteccia dell’albero.
Shinji-kun annuisce, sicuro e deciso.
- E cosa le dici?
- …le ho parlato di Kaworu Nagisa-kun.
Spalanco gli occhi, allarmata, voltandomi a guardarlo.
- Hai ricordato…?
Lui si stringe nelle spalle come dovesse scusarsi di un’imperdonabile mancanza.
- No. Le ho raccontato quello che mi ha detto lei ieri. E… altri miei pensieri.
- Del tipo?
- Misato-san, - ridacchia, - come fa a venirle tanto naturale essere così indiscreta?
Arrossisco, guardando altrove e incrociando le braccia sul petto.
- Sono la tua tutrice, - mi difendo, - è naturale che voglia sapere cosa pensi.
Lui sorride dolce ancora una volta, prima di spostare lo sguardo su un ciuffetto d’erba, col quale prende a giocare nervosamente con le dita.
- Le ho detto che sono stato felice di sapere di Nagisa-kun. – risponde, e io sento il mio cuore scoppiare di gioia.
- Davvero? – chiedo, titubante, cercando di afferrare il suo sguardo col mio ma senza riuscirci.
- Sì. – risponde lui, stringendo l’ebra tra le dita, - Grazie, Misato-san.
- Credevo… credevo di averti solo confuso le idee ancora di più.
- Be’, l’ha fatto. - ride, - Però mi ha fatto anche piacere. Sa, Misato-san, per tutte queste ultime settimane mi sono sempre ripetuto che se avevo dimenticato delle cose forse era stato perché era l’unica cosa che potessi fare. “Se non ci fossero stati dei problemi con quei ricordi, non li avrei dimenticati”, mi dicevo.
- …
- Però dopo quello che mi ha detto ieri ho capito che non è per forza così. In fondo, nel cervello non ci sono soltanto questi meccanismi psicologici di cui si parla tanto, ci sono anche… voglio dire, dei processi biologici, no? Tipo quando sbatti la testa e dimentichi le cose. Credo che mi sia successo questo, no? Magari mentre combattevo l’ultimo angelo ho preso un colpo e ho dimenticato certe cose. Può succedere. Vero?
Risolleva solo adesso lo sguardo su di me, e si accorge, col mio stesso stupore, delle lacrime pesantissime che mi rigano le guance.
- Misato-san! – grida, spaventato, - Che succede? Perché piange?
Piango perché ti ho mentito, Shinji-kun.
E perché sono felice per te.
E triste per Kaworu-kun, anche. Un po’. Solo un po’.
Ricordo che, dopo averlo ucciso, mi dicesti che credevi fosse lui l’unico ad avere diritto di vivere. E so che se lo dicesti fu solo perché gli volevi bene. Perché lo trovavi una persona straordinaria. Perché lui aveva trovato te una persona straordinaria, e questo ti aveva fatto felice.
E io sono felice di averti ridato almeno un briciolo di quel ricordo.
Ma sono anche triste, triste da morire, perché ti mancheranno sempre le cose più belle. Non è lo stesso, avere una reminiscenza fisica dell’affetto di qualcuno, la sensazione calda e rassicurante di una carezza o di uno sguardo tenero, non è lo stesso che saperlo per sentito dire.
Se mai l’affetto di Kaworu-kun ti ha toccato davvero, tu non lo saprai mai. Se una carezza c’è stata, è perduta per sempre. Come tutti gli sguardi, e i riflessi dei sorrisi.
Trovo ancora saggio che la tua mente abbia scelto di dimenticare.
Ma lo trovo anche terribile.
- Lasciamo perdere. – sorrido, asciugando velocemente le lacrime e alzandomi in piedi, - Sono contenta per te, Shinji-kun. Torniamo a casa? È già tardi…
Annuisce, guardandomi senza capire e alzandosi a sua volta, camminandomi a fianco mentre mi dirigo spedita verso la macchina.
Uscendo dal parcheggio e imboccando il viale che ci riporterà all’autostrada, dalla finestra aperta della sala d’ascolto della clinica, a pian terreno, fuoriescono delle note. La melodia ci viene incontro, scavalcando i finestrini semiaperti e intrufolandosi nelle nostre orecchie.
L’Inno alla Gioia solletica i miei sensi, e mi riempie di vibrazioni positive.
Lancio uno sguardo veloce a Shinji-kun.
La musica solletica anche i suoi sensi.
Ma lui non sembra felice.
Fissa la strada, dritto davanti a sé, le labbra strette e i lineamenti tesi. I pugni chiusi stringono isterici i pantaloni all’altezza delle ginocchia. E le palpebre sfidano il fastidio, opponendosi all’istinto di chiudersi per evitare di lasciare andare le lacrime che trattengono a fatica.
Deglutisco, tornando a guardare la strada, un po’ perché ho paura di sbandare, un po’ perché non posso reggere questa scena.
- Misato-san. – dice lui, con la voce tremante, dopo qualche secondo, - Grazie lo stesso.
Io chiudo gli occhi, solo per un attimo.
È un peccato che le mie menzogne non siano durate un po’ più a lungo.