Genere: Introspettivo, (lievemente) Romantico.
Pairing: Giorgio/Maicol.
Rating: PG-13 (per scrupolo)
AVVERTIMENTI: Slash.
- Subito dopo la fine dell'ultima puntata.
Note: Questa fic ha ricevuto attestati d'amore insperati (sì, è già stata postata altrove e no, non intendo dire dove, è stato un momento di irripetibile follia), ma a mio parere la cosa più bella che ha è il titolo, che è rubato da Twenty Years dei Placebo u.u No, va be', non voglio che Fae mi odi: in realtà sono affezionata a questa cosina, perché insomma, nonostante non vedessi l'ora di vederla finire, questa edizione del GF (l'unica che io abbia seguito con una qualche costanza, peraltro XD) mi rimarrà per sempre nel cuore, perché ci ho riso tanto con persone splendide, e con quelle stesse persone ho cominciato a fangirlare anche per questo fandom, e so che nonostante il programma sia finito, ecco, il fangirling sopravvivrà. Ed è una cosa bellissima.
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That's The End, That's The Start Of It


Il fatto che sia tutto buio un po’ lo spaventa. Quegli ambienti li conosce a memoria – d’altronde, ci ha passato centotrentraquattro giorni della sua esistenza, un numero talmente lungo che a pronunciarlo gli s’inceppa la lingua – ma adesso che è vuoto e tutte le luci sono spente, le telecamere hanno smesso di funzionare e non c’è più la voce del GF che li chiama periodicamente in confessionale, sembra un posto del tutto estraneo. È come se avesse smesso di conoscerlo nel momento esatto in cui ha varcato la porta rossa ed è tornato alla realtà – ma c’è una cosa che non dimentica, ed è quella che lo conduce attraverso le stanze, fino al giardino. Il suono delle lacrime di Maicol.
Maicol ha un sacco di modi diversi di piangere, e lui li conosce tutti. Quando è arrabbiato, urla, perché vuole essere sentito. Se sei la causa della sua rabbia, poi, carica ogni lacrima e ogni singhiozzo di una tale quantità di dolore da costringerti al senso di colpa anche se hai un cuore di pietra, e lui lo sa, perché il suo cuore tutt’altro che duro dal peso di quelle lacrime è stato schiacciato tante volte.
Quando invece la sua tristezza è figlia di un tormento inconfessabile, le lacrime scendono giù quasi in silenzio, e tutto quello che riesci a sentire sono i suoi sospiri e i singhiozzi che cerca di costringere a tacere mentre tenta di riprendere fiato tra un’apnea e l’altra.
C’è questo tipo di dolore, ora. Giorgio sente un singhiozzo appena accennato, poi silenzio, poi la piccola esplosione di un altro singhiozzo abortito sul nascere, e quando schiude la porta a vetri che dà sul giardino, anche se è buio, istintivamente sa che Maicol è ancora lì, accucciato per terra davanti al megaschermo che, nella notte, pare la sagoma spaventosa di qualche idolo pagano.
Freesbee. – lo chiama piano, e i singhiozzi di Maicol si interrompono per una lunga scia di secondi, al punto che Giorgio si chiede se si stia ricordando di respirare, prima di riprendere, più sommessamente di prima. – Ma che fai? Piangi? – chiede avvicinandoglisi e tendendogli una mano. Maicol non la vede, o comunque la ignora. – Oh. Dai, che sono venuto a prenderti.
- Per andare dove? – chiede Maicol in un pigolio spezzato, e Giorgio ride.
- Ma come dove? Fuori! – risponde, - Mi hanno detto che sei rimasto chiuso in albergo per tutta la settimana, praticamente sei passato da una prigione a un’altra. Non hai voglia di uscire? Oh, di fuori c’è un casino allucinante.
Maicol sorride – Giorgio sente lo sbuffo ironico che si disperde nell’aria attorno a lui – ma non si muove.
- Sinceramente? – chiede invece, - No. Non ho nessuna voglia di uscire. Pensi che se lo chiedessi al GF mi permetterebbero di diventare il custode, come diceva Bonolis prima?
- No che non te lo permetterebbero, Maicol. – ride Giorgio, tendendogli nuovamente la mano e ritrovandola ancora una volta ignorata, decidendosi pertanto a piegare le gambe ed accucciarsi di fronte a lui. – Non te lo permetterebbero, perché di fuori ci sono un casino di cose da fare. Bisognerà girare un sacco di programmi, e— e sai cosa? Se anche non dovessero esserci programmi da girare, tu e Giulia dovete decisamente approfondire questa cosa del tango, perché vi è venuta davvero bene.
- Ma come? – ride anche Maicol, tirandogli una spallata abbastanza forte da fargli perdere l’equilibrio, così che Giorgio si ritrova il secondo dopo seduto sull’erba umidiccia del giardino, le mani ben piantate per terra e gli occhi ben piantati sul sorriso sottilissimo di Maicol. – Non eri geloso?
- Posso mettere da parte la gelosia, se guardarvi ballare il tango insieme è il prezzo che devo pagare per avervi entrambi nella mia vita. – risponde senza perdere di vista i suoi occhi.
Maicol, però, evita il suo sguardo, e dopo un’esitazione di pochi secondi quasi salta in piedi, rientrando in casa. Giorgio lo segue quasi subito, è convinto di potersi dirigere tranquillamente verso l’uscita e per un secondo si complimenta con se stesso, perché non pensava che convincere Maicol sarebbe stato così semplice. È proprio in quel momento, comunque, che capisce che non ha ancora risolto un bel niente, perché Maicol, invece di dirigersi verso la porta rossa, ha preso la via del salotto, e costeggia il lungo tavolo da pranzo lasciando scivolare le punte delle dita sui profili degli schienali di tutte le sedie, lo sguardo perso nel vuoto. Muovendosi, non fa nemmeno rumore, come fosse un fantasma.
- Uscire… - comincia, mordendosi un labbro, - sarà difficile. La settimana scorsa dovevo farlo.
- Ma anche adesso devi. – gli fa notare Giorgio, seguendolo mentre Maicol passa accanto alla piscina, guardando l’acqua immobile e la sedia galleggiante a ridosso di una delle pareti. – La casa fra poco sarà chiusa, e noi dovremo uscire.
- Adesso è diverso. – dice Maicol in un soffio. Continua a non guardarlo, fissa dritto davanti a sé, ed ormai sono in salotto, i divani a due passi, e Giorgio sa che la prossima cosa che Maicol farà sarà lasciarsi cadere fra i cuscini e sospirare esausto. Ecco perché non si stupisce, quando Maicol lo fa davvero, e anzi si siede al suo fianco, voltandosi per poterlo guardare senza dover girare il collo. – Adesso il gioco è finito. – continua Maicol, - Non c’è nessuno che mi guarda, nessuno cui devo rendere conto delle mie azioni. Se voglio, posso restare qua, e le uniche persone alle quali dovrò rendere conto saranno i vigili del fuoco quando verranno a scardinare la porta per tirarmi fuori di qui con la forza. – ridacchia, - È meno pesante che dover spiegare perché non sono voluto uscire a tutta Italia.
- Ma l’hai già spiegato. – dice Giorgio, strisciando sul divano per avvicinarglisi, - Hai detto che ti fa paura quello che potrai trovare fuori, dover fronteggiare i tuoi familiari e tutto il resto.
Maicol sbuffa un’altra mezza risatina, scuotendo lentamente il capo.
- No, quella paura è scomparsa nel momento in cui mio padre mi ha abbracciato in camera da letto. – confessa, - Non credevo che sarebbe potuto succedere, ma è bastato che lui mi dicesse che non l’ho deluso e che è fiero di me, e tutto il resto, tutte le paure, tutte le incertezze, tutto il resto si è volatilizzato. – si prende una pausa, inspirando ed espirando profondamente, prima di voltarsi a guardarlo. – Una sola cosa non si è volatilizzata. – dice a bassa voce, - La paura che avevo per te.
Giorgio inarca un sopracciglio, perplesso.
- Per me? – chiede, - Maicol, se ora ricominci con quella storia della mia amicizia fasulla, giuro che m’incazzo.
- No. – ride piano Maicol, accoccolandosi contro la sua spalla mentre Giorgio, quasi automaticamente, lo stringe a sé con un braccio ed appoggia il mento sulla sua testa. – No, non è quello. – sospira profondamente, quel petto stretto e magro che si ritrova si gonfia e poi si sgonfia all’improvviso, e Giorgio lo sente abbandonarsi completamente su di lui, arreso. – Io non sono stato completamente sincero, in questi ultimi mesi. – dice, e Giorgio si tende come una corda di violino accanto a lui, al punto che Maicol non può fare a meno di notarlo, e ride, per cercare di stemperare la tensione. – Adesso non fare così. – lo rimbrotta, - In fondo, l’hai sempre saputo.
- …sentirselo dire è diverso. – risponde lui, deglutendo a fatica.
- Okay. – ride un’altra volta Maicol, - Allora non te lo dirò. D’altronde, ho promesso che non l’avrei mai fatto, neanche—
- Sotto tortura, sì. – conclude Giorgio per lui, con un mezzo sorriso, prima di allungarsi a sfiorargli la fronte con le labbra. – Maicol. – lo chiama quindi, - Visto che stiamo parlando di non-detti… - ma Maicol lo interrompe scostandosi abbastanza da sollevare un braccio e coprirgli la bocca con la mano, fissandolo con due occhi azzurri, umidi ed enormi che implorano pietà.
- Non dirlo nemmeno tu. – lo prega, scuotendo il capo, - Giorgio, la mia paura è… - comincia a fatica, - è che noi una storia non potremo mai averla. Questo io lo so. E non ho mai pensato di chiederti altro— a ben pensare non ho mai pensato neanche di volere altro, proprio perché sapevo che non avrei mai potuto ottenerlo. Ma… - continua con un mezzo sorriso, - la nostra non-storia, quella non può levarcela nessuno.
Giorgio ci mette un secondo, prima di capire cosa Maicol sta cercando di dirgli. Quando lo capisce, comunque, sorride contro le sue dita, poi stringe la sua mano fra le proprie e posa un bacio leggerissimo su ogni polpastrello, prima di lasciarlo andare. Maicol ride, un po’ per il solletico, un po’ perché è tutto molto ridicolo, un po’ perché è tutto troppo romantico, e poi si alza dal divano, guardandosi intorno un’ultima volta prima di sospirare.
- D’accordo. – stabilisce quindi, le mani sui fianchi e un’espressione fiera e orgogliosa dipinta sul viso, - Andiamo.
Giorgio sorride e si alza in piedi, seguendolo fra le stanze e fino alla porta rossa, e man mano che attraversa ogni ambiente e sfiora ogni parete e il profilo di ogni mobile, gli sembra di essere riuscito a riappropriarsi almeno un po’ di quel luogo che, fino a pochi minuti prima, gli era sembrato così ostile ed estraneo.
- Ho bisogno di un po’ di coraggio. – dice, quando Maicol apre la porta e guarda di fuori.
- Tu? – ritorce Maicol, ironico, - Ma come?
- Così. – risponde Giorgio, ed allunga una mano ad intrecciare le dita con le sue. Maicol non si sottrae al contatto e per un secondo Giorgio ha l’impressione che, quando varcheranno quella soglia, la stretta della sua mano diventerà impalpabile come l’aria.
Ma resta lì per tutta la lunghezza del corridoio, ed è ancora lì quando escono per strada. Perciò, Giorgio è ragionevolmente certo di poterci contare per tutto il resto della sua vita.
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