Genere: Generale
Rating: NC-17 (riferito a tutta la raccolta nella sua complessità)
AVVISI: Angst, Boy's love, Chanslash, Girl's love, Incest, Lime, Violence.
- Una raccolta di racconti originali che hanno a che fare con la mia vita e con quella delle persone che conosco.
Commento dell'autrice: Questa è una cosa a cui tengo parecchio. E' come se fosse una sorta di diario romanzato. Tutto quanto è rigorosamente vero.
Rating: NC-17 (riferito a tutta la raccolta nella sua complessità)
AVVISI: Angst, Boy's love, Chanslash, Girl's love, Incest, Lime, Violence.
- Una raccolta di racconti originali che hanno a che fare con la mia vita e con quella delle persone che conosco.
Commento dell'autrice: Questa è una cosa a cui tengo parecchio. E' come se fosse una sorta di diario romanzato. Tutto quanto è rigorosamente vero.
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Si, lo so che a vedermi così potrebbe anche sembrare che io abbia dimenticato tutto… che non ci pensi più, o che lo faccia solo con malcelato odio. E siccome so che spesso è successo, in passato, prima che tu tornassi qui, vorrei anche chiederti scusa.
Adesso che ti guardò con più tenerezza si capisce meglio, vero? Lo capisci di più.
Che non odio. Ho odiato, tantissimo, davvero, ammettilo, anche un po’ per colpa tua, ma adesso non odio più. Credo che questo sia in parte dovuto al fatto che il mio cuore in questo periodo è tutto occupato a provare altri tipi di sentimenti, ma non dubito della mia crescita e maturazione psicologica.
Lo ricordo, davvero.
Quel giorno d’estate a Pavia, in quel giardino bellissimo, così soleggiato. Tu ed i tuoi amici, ed io come attirata dalla vostra presenza che aveva un che d’angelico e non esagero. Ricordo quando mi sono avvicinata e m’avete accolto nella cerchia come se fosse una cosa normale mettersi a parlare con la prima bimbetta sconosciuta che vi si attaccava.
E ricordo quel giorno di settembre, qui a Palermo c’era ancora un tempo estivo, e tu scendevi già con il giubbotto. Quando c’incontrammo per caso lungo la strada, ed io ero sconvolta e felice come mai prima.
Ricordo le telefonate, i lunghi discorsi durante i quali facevo di tutto per nasconderti che mi piacevi da morire, mentre cercavamo di mettere una pezza al burrascoso rapporto dei tuoi due migliori amici che andava deteriorandosi. Ricordo quel commento, “sei brava a far riappacificare le persone! Un vero Cupido!”, e ricordo i miei pensieri, perché se riuscivo con tutti non riuscivo semplicemente a mettermi con te?
E poi ricordo quel momento meraviglioso, il nostro primo bacio… primo di una lunga serie, nascosti in casa tua o a passeggio dove non potessimo incontrare nessuno che ci conoscesse.
Ricordo le litigate. Le mie mancanze di fiducia, le speranze che mi forzavo a non avere, quando mi costringevo a pensare che non avessimo futuro perché sapevo che non ci sarebbe stato, malgrado io lo volessi, e così tanto… e ricordo anche che, malgrado il crollo dei miei sogni, tu trovavi sempre un modo per rassicurarmi, per convincermi che sarebbe andata avanti lo stesso, ed asciugavi le mie lacrime, probabilmente inghiottendo le tue, ed anche se non me ne accorgevo ora so di essertene grata.
Ricordo quel Natale lontani, e ricordo il Capodanno successivo. L’uscita segreta, mentendo a mia madre, ricordo che piovve, che andammo a prendere una cioccolata calda in un bar e poi ci ritirammo a casa tua, e che fu lì chr passammo la notte, e che fra tremori, baci, indecisioni ed ansie quella fu la nostra prima volta insieme… la mia prima volta in assoluto. Ricordo che non me ne pentii né subito dopo né quando te ne andasti.
Ricordo il giorno del mio compleanno, che già mi preparavo a passare sola. Ricordo che i tuoi genitori da mesi non facevano altro che ripeterti che volevano tu li andassi a trovare, e che tu partisti, ed io non dissi quanto questo mi facesse sentire abbandonata. Ma ricordo anche che tornasti il giorno prima, una sorpresa, dicesti, ti piaceva farmele, ed anche se io le odiavo, le odio tutt’ora, se eri tu, bè, gioivo senza problemi.
Ricordo le tue visite in casa mia, quando non c’era nessuno, e ti feci conoscere ad Arianna. Ricordo che passai tutto il tempo, mentre voi parlavate, a chiedermi che opinione lei avesse avuto di te, e ritenevo importante che tu facessi una buona impressione ad una persona alla quale tenevo da morire.
Ricordo anche le visite in segreto, quando mio fratello usciva la sera e lasciavo mia madre al computer con le cuffie ed una canzone dei Red Hot Chili Peppers sparata nelle orecchie a volume altissimo, mentre ti facevo entrare in casa e sgattaiolare in camera mia, facendo tutto in fretta, semplicemente perché non sarei potuta resistere alla tua mancanza neanche per un altro minuto, e dopo mezz’ora eri già fuori, probabilmente triste ma almeno appagato.
Ricordo l’arrivo di Roberta. Quella pancia. Ricordo d’aver pensato chiaramente che sarebbe finito tutto ancor prima che il bambino nascesse.
Ricordo che la prima volta fosti tu a lasciarmi. Nella piazzetta davanti al Don Bosco, la scuola, non la chiesa. Che mi dicesti che dovevi prenderti le tue responsabilità, assolutamente. Che il pomeriggio stesso avevo corso di recupero di matematica, a scuola, e che mi gettai disperata fra le braccia della mia migliore amica che a consolarmi, almeno, ci provò, anche se con scarso successo.
Ricordo la visita a casa tua la settimana dopo, quanto mi fossi mancato, quanto la tua assenza mi distruggesse. Ed il tuo volto triste, e l’abbraccio, e la decisione di riprovarci, di continuare a sperare nonostante tutto.
Ricordo poi la nascita di Luigi, i litigi con sua madre, i torti che dovetti sopportare, ricordo la tua gioia quando mi dicesti che eri diventato padre. Che facesti di tutto, per non farmelo vedere, ma ti brillavano gli occhi, ed in fondo io ero davvero contenta di vederti così.
Ricordo quando andammo a registrarlo all’anagrafe, e tu volevi assolutamente che fossi registrata io come sua madre, ma ovviamente non fu possibile. Ricordo l’espressione semi-sconvolta dell’impiegato, il lampo di determinazione infantile nei tuoi occhi, l’imbarazzo e le risate, ed il viso furente di Roberta.
E poi, le complicazioni. L’arrivo dei genitori di quella dannata, la sua vendetta. Come tentarono in tutti i modi di strapparti Luigi dalle braccia. Come tu soffrissi. Come io cercassi di consolarti ignorando quello che sarebbe successo.
Ricordo l’ultima volta che facemmo l’amore, ed io ero in lacrime, perché loro minacciavano di andarsene e portare via il bambino, ed io avevo paura nonostante tu mi rassicurassi, dicendo che saresti rimasto al mio fianco.
Ricordo la telefonata improvvisa, che ti salutai con voce allegra, che tu mi dicesti che saresti andato via e non avrei avuto neanche il tempo di rivederti.
Dopodiché, è storia senza te.
Che feci di tutto per provare a dimenticarti. Che non ci riuscivo. Che sfogavo tristezza e rabbia su me stessa. Che c’era chi mi sosteneva e consolava, chi sapeva tutto e parlava per il mio bene.
Ricordo le tue telefonate, le lacrime che ho versato, le bugie che ti ho detto. Come quando mi facesti dire che ti amavo ancora.
Poi finirono anche gli squilli del telefono, e sentii parlare di te nuovamente solo un mese fa. Venivi in vacanza qui, a dicembre. Le mie esitazioni, il mio non sapere che fare. Vederti? O no? Poi la presa di coscienza ed il bisogno di affrontare, una volta per tutte, il tuo bel visino. Per me stessa e per te.
Come vedi, ricordo tutto.
E adesso posso dirti che ti ringrazio. Per ogni momento bello, ma anche per quelli orribili. Per non avere distrutto tutto ed avermi lasciato godere perfino gli ultimi istanti, nonostante tu già sapessi sarebbe finita. Sono cose che ho capito solo adesso.
Adesso che amo qualcun altro e che tu torni, per quanto? Un mese? O cos’hai in quella testa?
Sai, in una delle tue telefonate postume alla tua partenza, mi parlasti dell’amore non corrisposto, ed io piansi con te. Mentre tu pensavi a me, io rivolgevo amore ad un’altra persona, e quasi mi convincesti a lasciar perdere, quel giorno, a scegliere la via più breve e smettere di amare invano. Ma tu stesso mi facesti capire, invece, che la speranza non va perduta. Che bisogna avere fiducia. Che le cose si sistemeranno.
Tu soffri ancora per me, ma sei sereno. Te lo si legge in viso. E ne sono contenta.
Ed è così che voglio che sia anche per me. Posso amare, ma non peserò su chi amo. Ed il messaggio che porterò avanti sarà di fiducia nel domani. In sé stessi, nelle proprie relazioni.
E devo proprio dirlo, Carlo. Ti ringrazio per aver reso la mia vita diversa. Per la tua presenza, e per la tua assenza. Per te, e per quello che hai significato. Per avermi insegnato ad amare davvero, ad amare da adulta. E per avermi dato poi la possibilità di andare avanti. Con forza, con orgoglio, con gioia.
Con tanti ricordi che non cancellerò mai, che si conserveranno in me, come ogni momento passato insieme, finché vivrò.
Dall’autrice… Bè, questa è proprio una mia creatura, a tutti gli effetti. Non ho mai messo il mio cuore su carta come in questo momento. E mi rendo conto che probabilmente non è uno scritto affascinante, che lo stile non è il massimo, che gli argomenti sono un po’ banali, ma è un grazie che devo ad una persona che decisamente lo merita.
Adesso che ti guardò con più tenerezza si capisce meglio, vero? Lo capisci di più.
Che non odio. Ho odiato, tantissimo, davvero, ammettilo, anche un po’ per colpa tua, ma adesso non odio più. Credo che questo sia in parte dovuto al fatto che il mio cuore in questo periodo è tutto occupato a provare altri tipi di sentimenti, ma non dubito della mia crescita e maturazione psicologica.
Lo ricordo, davvero.
Quel giorno d’estate a Pavia, in quel giardino bellissimo, così soleggiato. Tu ed i tuoi amici, ed io come attirata dalla vostra presenza che aveva un che d’angelico e non esagero. Ricordo quando mi sono avvicinata e m’avete accolto nella cerchia come se fosse una cosa normale mettersi a parlare con la prima bimbetta sconosciuta che vi si attaccava.
E ricordo quel giorno di settembre, qui a Palermo c’era ancora un tempo estivo, e tu scendevi già con il giubbotto. Quando c’incontrammo per caso lungo la strada, ed io ero sconvolta e felice come mai prima.
Ricordo le telefonate, i lunghi discorsi durante i quali facevo di tutto per nasconderti che mi piacevi da morire, mentre cercavamo di mettere una pezza al burrascoso rapporto dei tuoi due migliori amici che andava deteriorandosi. Ricordo quel commento, “sei brava a far riappacificare le persone! Un vero Cupido!”, e ricordo i miei pensieri, perché se riuscivo con tutti non riuscivo semplicemente a mettermi con te?
E poi ricordo quel momento meraviglioso, il nostro primo bacio… primo di una lunga serie, nascosti in casa tua o a passeggio dove non potessimo incontrare nessuno che ci conoscesse.
Ricordo le litigate. Le mie mancanze di fiducia, le speranze che mi forzavo a non avere, quando mi costringevo a pensare che non avessimo futuro perché sapevo che non ci sarebbe stato, malgrado io lo volessi, e così tanto… e ricordo anche che, malgrado il crollo dei miei sogni, tu trovavi sempre un modo per rassicurarmi, per convincermi che sarebbe andata avanti lo stesso, ed asciugavi le mie lacrime, probabilmente inghiottendo le tue, ed anche se non me ne accorgevo ora so di essertene grata.
Ricordo quel Natale lontani, e ricordo il Capodanno successivo. L’uscita segreta, mentendo a mia madre, ricordo che piovve, che andammo a prendere una cioccolata calda in un bar e poi ci ritirammo a casa tua, e che fu lì chr passammo la notte, e che fra tremori, baci, indecisioni ed ansie quella fu la nostra prima volta insieme… la mia prima volta in assoluto. Ricordo che non me ne pentii né subito dopo né quando te ne andasti.
Ricordo il giorno del mio compleanno, che già mi preparavo a passare sola. Ricordo che i tuoi genitori da mesi non facevano altro che ripeterti che volevano tu li andassi a trovare, e che tu partisti, ed io non dissi quanto questo mi facesse sentire abbandonata. Ma ricordo anche che tornasti il giorno prima, una sorpresa, dicesti, ti piaceva farmele, ed anche se io le odiavo, le odio tutt’ora, se eri tu, bè, gioivo senza problemi.
Ricordo le tue visite in casa mia, quando non c’era nessuno, e ti feci conoscere ad Arianna. Ricordo che passai tutto il tempo, mentre voi parlavate, a chiedermi che opinione lei avesse avuto di te, e ritenevo importante che tu facessi una buona impressione ad una persona alla quale tenevo da morire.
Ricordo anche le visite in segreto, quando mio fratello usciva la sera e lasciavo mia madre al computer con le cuffie ed una canzone dei Red Hot Chili Peppers sparata nelle orecchie a volume altissimo, mentre ti facevo entrare in casa e sgattaiolare in camera mia, facendo tutto in fretta, semplicemente perché non sarei potuta resistere alla tua mancanza neanche per un altro minuto, e dopo mezz’ora eri già fuori, probabilmente triste ma almeno appagato.
Ricordo l’arrivo di Roberta. Quella pancia. Ricordo d’aver pensato chiaramente che sarebbe finito tutto ancor prima che il bambino nascesse.
Ricordo che la prima volta fosti tu a lasciarmi. Nella piazzetta davanti al Don Bosco, la scuola, non la chiesa. Che mi dicesti che dovevi prenderti le tue responsabilità, assolutamente. Che il pomeriggio stesso avevo corso di recupero di matematica, a scuola, e che mi gettai disperata fra le braccia della mia migliore amica che a consolarmi, almeno, ci provò, anche se con scarso successo.
Ricordo la visita a casa tua la settimana dopo, quanto mi fossi mancato, quanto la tua assenza mi distruggesse. Ed il tuo volto triste, e l’abbraccio, e la decisione di riprovarci, di continuare a sperare nonostante tutto.
Ricordo poi la nascita di Luigi, i litigi con sua madre, i torti che dovetti sopportare, ricordo la tua gioia quando mi dicesti che eri diventato padre. Che facesti di tutto, per non farmelo vedere, ma ti brillavano gli occhi, ed in fondo io ero davvero contenta di vederti così.
Ricordo quando andammo a registrarlo all’anagrafe, e tu volevi assolutamente che fossi registrata io come sua madre, ma ovviamente non fu possibile. Ricordo l’espressione semi-sconvolta dell’impiegato, il lampo di determinazione infantile nei tuoi occhi, l’imbarazzo e le risate, ed il viso furente di Roberta.
E poi, le complicazioni. L’arrivo dei genitori di quella dannata, la sua vendetta. Come tentarono in tutti i modi di strapparti Luigi dalle braccia. Come tu soffrissi. Come io cercassi di consolarti ignorando quello che sarebbe successo.
Ricordo l’ultima volta che facemmo l’amore, ed io ero in lacrime, perché loro minacciavano di andarsene e portare via il bambino, ed io avevo paura nonostante tu mi rassicurassi, dicendo che saresti rimasto al mio fianco.
Ricordo la telefonata improvvisa, che ti salutai con voce allegra, che tu mi dicesti che saresti andato via e non avrei avuto neanche il tempo di rivederti.
Dopodiché, è storia senza te.
Che feci di tutto per provare a dimenticarti. Che non ci riuscivo. Che sfogavo tristezza e rabbia su me stessa. Che c’era chi mi sosteneva e consolava, chi sapeva tutto e parlava per il mio bene.
Ricordo le tue telefonate, le lacrime che ho versato, le bugie che ti ho detto. Come quando mi facesti dire che ti amavo ancora.
Poi finirono anche gli squilli del telefono, e sentii parlare di te nuovamente solo un mese fa. Venivi in vacanza qui, a dicembre. Le mie esitazioni, il mio non sapere che fare. Vederti? O no? Poi la presa di coscienza ed il bisogno di affrontare, una volta per tutte, il tuo bel visino. Per me stessa e per te.
Come vedi, ricordo tutto.
E adesso posso dirti che ti ringrazio. Per ogni momento bello, ma anche per quelli orribili. Per non avere distrutto tutto ed avermi lasciato godere perfino gli ultimi istanti, nonostante tu già sapessi sarebbe finita. Sono cose che ho capito solo adesso.
Adesso che amo qualcun altro e che tu torni, per quanto? Un mese? O cos’hai in quella testa?
Sai, in una delle tue telefonate postume alla tua partenza, mi parlasti dell’amore non corrisposto, ed io piansi con te. Mentre tu pensavi a me, io rivolgevo amore ad un’altra persona, e quasi mi convincesti a lasciar perdere, quel giorno, a scegliere la via più breve e smettere di amare invano. Ma tu stesso mi facesti capire, invece, che la speranza non va perduta. Che bisogna avere fiducia. Che le cose si sistemeranno.
Tu soffri ancora per me, ma sei sereno. Te lo si legge in viso. E ne sono contenta.
Ed è così che voglio che sia anche per me. Posso amare, ma non peserò su chi amo. Ed il messaggio che porterò avanti sarà di fiducia nel domani. In sé stessi, nelle proprie relazioni.
E devo proprio dirlo, Carlo. Ti ringrazio per aver reso la mia vita diversa. Per la tua presenza, e per la tua assenza. Per te, e per quello che hai significato. Per avermi insegnato ad amare davvero, ad amare da adulta. E per avermi dato poi la possibilità di andare avanti. Con forza, con orgoglio, con gioia.
Con tanti ricordi che non cancellerò mai, che si conserveranno in me, come ogni momento passato insieme, finché vivrò.
Dall’autrice… Bè, questa è proprio una mia creatura, a tutti gli effetti. Non ho mai messo il mio cuore su carta come in questo momento. E mi rendo conto che probabilmente non è uno scritto affascinante, che lo stile non è il massimo, che gli argomenti sono un po’ banali, ma è un grazie che devo ad una persona che decisamente lo merita.