Fandom: Originali
Genere: Generale
Rating: NC-17 (riferito a tutta la raccolta nella sua complessità)
AVVISI: Angst, Boy's love, Chanslash, Girl's love, Incest, Lime, Violence.
- Una raccolta di racconti originali che hanno a che fare con la mia vita e con quella delle persone che conosco.
Commento dell'autrice: Questa è una cosa a cui tengo parecchio. E' come se fosse una sorta di diario romanzato. Tutto quanto è rigorosamente vero.
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Riaffiorano lentamente pensieri di un periodo davvero felice della mia vita.
È stato un bel periodo, penso, anche se non ricordo poi moltissimo. Mi ricordo che c’eravamo io e tu, e questa casa, ed i nostri genitori, ed i parenti che venivano la domenica e quando ci vedevano accanto commentavano sempre.
Commentavano sempre, ti dico. Anche con i nostri genitori davanti, loro commentavano sempre.
Mi ricordo che mamma serrava le labbra, e che invece papà si metteva ad urlare. Le domeniche finivano sempre, sempre male.

Dicevo, ricordo di questo periodo.
Non ricordo molto, te l’ho detto, perché devo andare indietro con la memoria DAVVERO per tanto tempo. Tanto tempo.
Mi ricordo che di pomeriggio giocavamo sempre. Giocavamo ad un sacco di cose, sempre.
Di mattina… non mi ricordo cosa si faceva di mattina. Probabilmente stavamo con la mamma. Si perché lei di pomeriggio lavorava, questo me lo ricordo. Di mattina stava a casa e di pomeriggio lavorava. Il papà invece lavorava tutto il giorno.

Strana figura era, la mamma. Si muoveva silenziosamente per la casa, non si sapeva mai quando o da dove sarebbe spuntata, perché non lasciava mai che gli altri si accorgessero della sua presenza. Noi due non ce ne siamo mai accorti, per esempio. E nemmeno il papà se ne accorgeva, quando tornava a casa la sera tardi.
Strana figura quella donna bionda sempre vestita di bianco. Usciva dalla sua stanza la mattina, si lavava, faceva le pulizie, riordinava, preparava da mangiare, poi andava a lavorare e tornava ad ora di cena, preparava di nuovo da mangiare, si lavava e si andava a coricare. E nessuno se ne accorgeva mai.

Mai che io mi accorgessi che era nei paraggi. Fino a quando, alla fine, non spuntava. Con quello sguardo tra l’inorridito e lo spaventato. Faceva paura anche a me.
- Cosa stai facendo a tua sorella?
Niente, mamma, stiamo solo giocando. Stiamo solo giocando.
- Lasciala andare subito!
E tu ti avvinghiavi stretta a me.
- Mamma, giocavamo!
Le dicevo con sguardo triste.
Noi giocavamo, e non avremmo mai interrotto quel gioco bellissimo. Ma mamma ci scopriva sempre. E ci scoprivano anche gli altri. Una volta ci aveva scoperti la zia. Che aveva reagito come la mamma. Una volta di aveva scoperti il papà.
Lui era stato diverso. Ci aveva guardati a lungo, molto a lungo ci aveva guardati giocare. Con una mano dentro i pantaloni, gli occhi chiusi ed il respiro pesante. Era rimasto in piedi a guardarci. Poi era uscito, era andato dalla mamma.
Non ho mai capito cosa le avesse fatto quella sera. Mamma a cena non lo guardò nemmeno in faccia.

E comunque ci piaceva tanto giocare. Eravamo due bambini allegri e felici. Però c’eravamo solo noi.
Nessun amichetto veniva a giocare a casa nostra, con noi. Nessun compagno di scuola, nessun cuginetto. Nessuno. Solo io e tu in quella casa grande dove sembrava sempre che non ci fosse nessuno.
Ed allora ci guardavamo un po’, sorridevamo e cominciavamo il nostro gioco preferito. E la mamma veniva ad interromperci.
- Ma non capite che è per questo che tutta la famiglia si vergogna di noi? Dovete smetterla, smetterla! Smettetela!

Fu quel pomeriggio, mi pare. Mamma ti prese di forza, ti staccò da me violentemente. Tu ti mettesti a piangere. Io mi alzai e provai a raggiungerti, ma inciampai nei pantaloni.
E poi non sentii altro che le tue urla di dolore e tanto rumore. Tantissimo rumore.
Poi la porta che sbatteva. E tu che ritornavi nella stanza grondante di sangue dalla bocca e da un sopracciglio, piena di lividi ovunque. Se non mi sbaglio ti dovemmo portare all’ospedale, la mattina successiva, perché avevi una gamba rotta.

Ma ti riprendesti in fretta.
Io stavo nella tua stanza tutti i pomeriggi, con te, e ti facevo giocare, visto che tu eri troppo debole per fare lo stesso con me. Tu ridevi, ed ogni tanto piangevi un po’. Ma era un pianto dolce… era carino. Papà veniva sempre a guardarci. E poi sorrideva. Era un sorriso strano, ma sorrideva. Poi tornava dalla mamma, e la sentivamo piangere. Ma poi lei si metteva a fare gli stessi versi che facevi tu quando giocavamo, quindi la smettevamo di preoccuparci.

Un giorno fui davvero triste.
Tornai a casa dalla spesa un po’ più tardi del solito, perché mi ero fermato a giocare con dei ragazzini. Era stato divertente, era la prima volta che giocavo con qualcun altro che non fossi tu, ed abbiamo fatto un gioco completamente diverso dal nostro.
Sono rincasato, avevo le chiavi. Mamma doveva non esserci, era al lavoro, sicuramente.
Entrai nella tua stanza, volevo farti un po’ di compagnia e giocare con te. Ma tu giocavi già con papà.
Ma non dovevi divertirti molto, perché piangevi forte e perdevi sangue. Quando giocavi con me non avevi mai perso sangue.
Mi hai guardato tristemente e mi hai sorriso, ma poi hai urlato più forte. Ed allora io sono andato in cucina, ho aperto il cassetto delle posate, ho preso le forbici appuntite e sono tornato nella stanza. Avevate finito di giocare, ma tu ancora piangevi forte. Mi scoppiavano le orecchie. E così, senza accorgermene, quando riaprii gli occhi c’erano tre buchi nella testa del papà. Era così… brutto. Ho avuto un po’ paura.
Ma tu ti sei avvicinata, mi hai abbracciato. Poi ti sei pulita e rivestita, e mi hai preso per mano. E mi hai portato fuori da casa. Ed abbiamo camminato a lungo per strada, fino a notte fonda.

Quando siamo tornati a casa mamma piangeva chinata sul corpo di papà, che non si era ancora risvegliato. Ero preoccupato per lui. Se non di svegliava l’indomani mattina come avrebbe fatto ad andare a lavorare?
Ci avvicinammo alla mamma, e tu le mettesti una mano sulla spalla. Lei neanche ti guardò.
- Siete figli del demonio. Fratelli di sangue.

Strano, eh? Poi non ricordo più niente.

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