Fandom: Originali
Genere: Generale
Rating: NC-17 (riferito a tutta la raccolta nella sua complessità)
AVVISI: Angst, Boy's love, Chanslash, Girl's love, Incest, Lime, Violence.
- Una raccolta di racconti originali che hanno a che fare con la mia vita e con quella delle persone che conosco.
Commento dell'autrice: Questa è una cosa a cui tengo parecchio. E' come se fosse una sorta di diario romanzato. Tutto quanto è rigorosamente vero.
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La stazione non era un luogo che le piacesse particolarmente, di solito. Tutto quel via vai di persone appariva ai suoi occhi talmente inutile, che molte volte si era dovuta franare con forza dalla voglia di urlare a tutti “Ma che ci fate qui? Passate il vostro tempo in maniera più costruttiva!”. D’altra parte, lei stessa non poteva fare a meno di fare altro, mentre aspettava seduta sulla scomoda panchina in ferro battuto. Perciò prese il libro che si era portata dietro e cominciò a leggere.
Lesse al massimo due pagine. Poi guardò l’orologio e fu la fine del mondo di carta, perché il dannato treno era in ritardo di almeno mezz’ora, e quella stupida macchina non poteva permetterselo. No. Non quando portava lui.
Sei liberissimo di ritardare ogni volta che vuoi, ma almeno lui potresti farlo arrivare in orario? Perché sono tre settimane che aspetto…
Pensava così, rivolta al treno in una specie di trance rabbiosa dalla quale non aveva voglia di uscire.
Poi, improvvisamente, dall’orizzonte ecco arrivare qualcosa. Non rimase neanche a sentire la voce dall’altoparlante che annunciava l’arrivo del veicolo, perché ormai non ne aveva più bisogno, perché ormai aveva imparato a sentire la presenza, a cogliere il momento del suo arrivo.
Sorrise, magari in maniera esagerata, e si mise ad aspettarlo con le braccia incrociate dietro la schiena.
**


Lui scese dal treno a rimase a guardarla per un po’, da lontano. Ovviamente lei si era accorta del suo arrivo, ma aspettava fosse lui a farsi avanti, e ne approfittava per osservarlo proprio come lui stava facendo.
Entrambi si stupirono tantissimo nel riconoscersi di una bellezza nuova che alla partenza, quando si erano salutati, non avevano notato.
Era la bellezza del loro rincontro, che li faceva splendere tanto.
Finalmente, si avvicinarono l’un l’altra, sorridendosi.
- Ciao!
- Ciao!
Il bacio durò poco ma fu intenso.
- Allora… dove si va?
Lei arrossì imbarazzata.
- Non sono riuscita a trovare nulla… dovremo accontentarci di nuovo di casa mia…
- E scommetto che i tuoi sono dentro…
La ragazza non rispose, facendosi passare un’ombra sugli occhi per un attimo. L’ombra svanì quando sentì le sue braccia circondarle le spalle.
- Fa nulla, dai, andiamo. Mi sei mancata da morire.
**

- Sei tornata?
- Si…
Rispose annoiata alla domanda della donna dal salotto.
- Venite a salutare, almeno.
La protesta di suo padre, fredda ed inutile, la fece arrabbiare da morire. Controvoglia, entrarono nella grande stanza e si misero davanti ai due adulti come se dovessero passare un esame.
- Buongiorno, signori. Spero che stiate bene.
- Stavamo meglio prima.
Commentò di nuovo suo padre, distogliendo lo sguardo con aria nauseata.
- Ah… ha-hem!
Sua madre tentò una timida protesta, che non sortì alcun risultato.
- Va bene, andatevene, sparite dalla mia vista. Non osate chiudervi a chiave in camera.
Velocemente, lei lo prese per mano e lo sottrasse a quel martirio. Mentre camminava a passo spedito per il corridoio lanciò maledizioni contro i suoi avi per aver creato genitori così.
- Stai tranquilla…
Disse lui rallentando il passo e baciandola di sfuggita su una tempia.
- E’ ok.
Lei sorrise. Ed era davvero rassicurata.
**

Si guardarono negli occhi a lungo, una volta sul suo letto. Si guardarono negli occhi indecisi fra il muoversi ed il restare immobili.
Ed erano, a dire la verità, un po’ spaventati.
- Non la sopporto, questa situazione…
Disse lei appoggiandosi al bianco muro con le spalle.
- Bè… è normale avere dei genitori in casa…
- Si, ma perché devono rimanerci proprio oggi? Di solito stanno sempre fuori, ed invece, guarda caso, arrivi tu e loro non hanno più impegni… e che cazzo, già ci vediamo poco… poi, una volta che riusciamo a stare insieme…
Lui la guardò, cercando di nascondere un sorriso triste e rammaricato, e le prese di nuovo la mano.
- Avanti, che possiamo stare insieme anche così…
- No, non possiamo. Non è giusto. Che io non… non possa neanche avvicinarmi a te per paura che sfondino quella porta maledetta…
Le lenzuola del letto erano così bianche da abbagliare. Sembrava volessero riflettere con forza la luce del sole irreale che entrava dalla finestra – le dava un fastidio assurdo agli occhi.
Un tale fastidio.
- Ehi, che fai, piangi?
Alzò lo sguardo, facendo sparire quella stupida goccia nascente prima del suo completo parto, e sorrise beffarda.
- IO NON PIANGO MAI!
Lo vide ridere, ed il suo cuore si riempì. Di cosa? Non lo sapeva. E non importava certo.
- Ehi…
- Si, che c’è…?
- Ma niente… volevo solo… ecco…
Si perse, chiudendo gli occhi, fra la sua spalla ed il suo collo, inalando il buon profumo che le arrivava dai suoi capelli.
La stava abbracciando. Senza nessun motivo apparente. Anzi, no, senza nessun motivo e basta. L’abbracciava fortissimo.
- Ah… asp-aspetta…!
- Non ti muovere.
Lui strinse più forte, baciandole il collo.
- Ahg… no, ti dico aspetta…
- No.
Il tono assolutamente tassativo della sua voce l’avrebbe irritata, in un altro momento. Era come se le stesse dando ordini. Solitamente, davvero, l’avrebbe odiato. Ma… in quel momento… in quel momento…
- Aspetta… dai…
- Adriana… no. Non aspetto.
Sorrise divertita e chiuse gli occhi.
Com’era possibile che adesso vedesse luci colorate danzarle davanti, nonostante avesse gli occhi chiusi?
Era la sua lingua, che scorreva su di lei, che la dava la possibilità di vedere colori tanto accessi, tanto forti, pur rimanendo apparentemente cieca?
- Dario…
- Sssh… ci manca solo che entrano adesso…
Piegò la testa da un lato, per accogliere meglio i baci.

Com’è caldo. Fa così caldo…

Sentì la maglietta scivolare lontano dal corpo, senza che fosse neanche lui a toglierla. Magari un qualche angelo che aveva preso a cuore il loro amore. Sperò con forza che quello stesso angelo tenesse chiusa la porta e lontani i genitori. Lo sperò davvero, che quell’angelo ci fosse, malgrado non avesse mai creduto alla loro esistenza.
- Ti amo…
Il fatto di sentirglielo sussurrare in quel modo, in quell’attimo, la fece impazzire.
- Ti amo…
Ed ogni parola saliva un po’ di più con le labbra.
- Ti amo…
Ed ogni secondo scopriva un altro lembo di pelle.
Sentì le sue mani scorrerle lungo le braccia martoriate, e se ne vergognò tantissimo.
- L’hai fatto di nuovo… di recente…
Lui guardò tristemente le lunghe e sottili strisce rosse, terribile contrasto con la pelle bianca di lei.
Le baciò ad una ad una. Ad una ad una ogni ferita, ogni taglio venne benedetto da quelle labbra un po’ umide.
Ogni ferita del suo braccio, ed ogni ferita del suo cuore.
- Non… farlo più… sei… troppo bella per questo…
Sospirò un po’ più forte.
- Dario…
- Sssh…
Un sussurro sensuale più degli altri.
Si chiese cosa volesse fare, ma solo per un secondo, perché ben presto si rispose che non aveva alcuna importanza.

Perfetto. Sono tua. È retorico, ma fa di me ciò che vuoi.

Sentì aumentare l’intensità ed il volume della sua stessa voce, più vicino lui si faceva, più centimetri del suo corpo baciava, più intenso poteva sentire il suo profumo.
E tutte queste sensazioni non facevano altro che aumentare in potenza, così la sua voce aumentava per risposta.
- Dario… Dario… Dario!
- Ssssh!
Sentì la sua mano sulla bocca, non la vide perché era ancora cieca agli occhi del mondo, perché non voleva perdere lo spettacolo scintillante, sentì la sua mano, la sentì a coprire le sue urla, per carità NON URLARE!
Vicini, vicinissimi.
Via la mano dalle labbra, la copertura venne sostituita dalla sua bocca affamata. E non si poteva neanche dire che le loro lingue si incontrassero e giocassero fra loro, perché in realtà erano ormai una cosa sola.
Tanto vicini da toccarsi nel profondo… tanto vicini da fondersi…

Può questa sensazione di appartenenza totale durare per sempre? Possiamo farla durare per sempre, amore mio?

E le sembrò che lui stesso, inconsciamente, muovendosi ancora frenetico sopra di lei, le rispondesse.

Si. Dico si. Voglio si.
**


Il sole, adesso, era un po’ meno abbagliante di prima, e le dava sicuramente un minor fastidio.
- Aaah… ringrazio Dio per pomeriggi come questi…
Guardò la sua espressione beata, come se avesse appena ricevuto chissà quale grazia angelica, e rise di gusto.
Decise di poggiare la testa sul suo petto, per ritrovare il contatto, e di appoggiarvi anche una mano, per prolungarlo.
- Adri…
- Eh?
La sua voce, e soprattutto il sentirlo pronunciare il suo nome attraverso il petto, la fece sentire… felice. Per la prima volta, forse, davvero felice.
- Hai capito quello che ti ho voluto dire, vero?
- Mh… forse no…
- Allora devo ripetertelo?
- Aiuterebbe, mi sa…
Sorrise dolcemente.
- Ti amo. Da morire.
- Ti amo anch’io…
Sorrisero entrambi sonnecchiando l’uno sull’altra e lasciando perdere l’uomo che dava pugni rabbiosi alla porta urlando e sbraitando.
Come non esistesse. Come non esistesse il mondo. Come non esistesse neanche il tempo. Come se fossero soltanto loro, loro e loro.

Dall'autrice... A riprova del fatto che siamo legate col filo...

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