Genere: Drammatico/Romantico
Pairing: SanaXAkito, AyaXTsuyoshi
Rating: NC-17
AVVISI: AU, Incest.
- La storia di un amore che avrebbe fatto meglio a non esistere...
Commento dell'autrice: Orgoglio e soddisfazione. Mai queste due sensazioni erano state potenti nel mio cervello come lo sono state mentre scrivevo questa fic e mentre mi rendevo conto di quanto entrasse nel cuore della gente. Sarà stato per l'argomento spinoso (che mi sta a cuore, del quale non mi pento e non mi pentirò mai), sarà stato che, forse, anche io so scrivere benino, ma questa fanfiction resta secondo me la migliore delle mie opere. Più di "Back to home", più di "Ninety-eight", più di "La tua voce mi cambia", più di tutto il resto.
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Brothers...?

4° capitolo
Non puoi stare tranquilla


Dall’autrice... Beh, finora i commenti che mi sono arrivati sono stati abbastanza positivi... volevo rispondere a Sirtao, dicendogli che la “classica situazione” lui ama lei e lei ama un altro ma poi si accorge di amare lui non è propria di questa fanfic... la verità è che Naozumi mi serviva solo per creare un argomento di discussione tra Sana ed Akito... comunque, buona lettura.
 
Entrò a casa con le chiavi. Le portava sempre, ma non le usava mai, preferiva bussare. Stavolta, però, entrò con le chiavi.
Passò davanti alla porta di suo fratello, cercando di non emettere un suono, e si nascose nella sua stanza. Tolse la divisa, mise una maglietta lunga e si sedette sul letto.
Da quando vivevano soli – praticamente da sempre – non si era mai trovata ad affrontare una situazione simile. I litigi non andavano oltre al “Hai preso il mio biscotto! Rivoglio il mio cuscino! Non stracciare i miei quaderni! Ridammi le mie bambole!” e cose di questo tipo. Ma stavolta era diverso. Il discorso con Aya le aveva messo la cosiddetta pulce nell’orecchio.
“Possibile” si chiedeva, “che Akito diventi uno di quei fratelli terribili che non fanno avvicinare nessuno alla loro sorella? Uno di quelli iper-protettivi?”. Aveva paura di questo. Si, perché sapeva cosa potesse diventare Akito quando infuriato. Oggi con Kamura... c’era mancato poco che finisse davvero male. Le era bastato guardarlo negli occhi per capire che si, era decisamente infuriato.
Ma lei aveva diritto ad una sua vita! Come poteva anche solo pensare di poter decidere con chi lei dovesse uscire?
“Tu sei mia...”
Rabbrividì leggermente ricordando lo sguardo con il quale aveva detto quelle parole. Gli occhi gelidi, fissi nei suoi. Come se quello che stava dicendo fosse... una cosa che si teneva dentro da tanto tempo. Come se quella mattina fosse esploso dopo una serie di anni passati a nascondere i suoi veri sentimenti.
Cosa poteva aspettarsi da lui?
Questa domanda interiore la lasciò sconvolta. Per la prima volta nella sua vita, si stava chiedendo se davvero potesse fidarsi del sangue del suo sangue.
**
Akito si rigirò nel letto, al buio. Non voleva accendere la luce. No. Si sarebbe guardato nello specchio, e sicuramente non voleva guardarsi. Si sentiva talmente ignobile da farsi schifo da solo. Si voltò a guardare il soffitto della sua stanza. Non riusciva a distinguere niente in quella massa informe e grigia, puntellata occasionalmente da macchioline nere dovute al fatto che i suoi occhi non si erano ancora del tutto abituati all’oscurità.
Ma cosa gli era preso? Cosa credeva di fare con una piazzata del genere?
Oltre che ad avere messo il suo nome e quelli di Sana e Kamura sulle bocche di tutti, aver fatto incazzare Tsuyoshi ed aver spaventato a morte sua sorella, non era riuscito a combinare.
Sperava forse... cosa cazzo sperava di concludere con una piazzata del genere davanti a tutta la scuola? Davanti a quello stronzo di Kamura che sicuramente sarà andato a spifferarlo a chiunque, già che le notizie su di loro in quella scuola circolavano più che bene!
E cosa si aspettava che facesse, poi, Sana? Aveva passato interi pomeriggi a tediarlo con chiacchiere inutili durante le quali il nome di quel mezzo americano spuntava ad intervalli regolari di ogni due parole! E lui che faceva? Quando sembrava che si stessero per mettere insieme, piombava lì e faceva cagare sotto il ragazzino con un atteggiamento da bulletto immotivato oltre che degradante!
Ma... non ci aveva visto più. Li aveva guardati insieme, lo sguardo estasiato di Sana in attesa di trovare le parole per dirgli che sarebbe diventata sua... e non aveva capito più niente.
“Sana non mi guarda mai in quel modo.”. Non lo guardava mai così. A lui riservava i suoi sguardi teneri, i suoi sguardi compassionevoli, i suoi sguardi irritati, i suoi sguardi giocosi, i suoi sguardi da presa in giro... ma mai che lo guardasse con occhi estasiati. Che cos’avrebbe dovuto fare, per guadagnarsi il suo amore?
AMORE, non quella cazzata che chiamano “amore fraterno” che tutto è tranne che amore! Non quella cazzata che si sgretola alla prima occasione, perché l’amore fraterno si sgretola, non è indistruttibile, come tutti gli altri “tipi” di amore.
Lui non voleva *quel tipo* di amore. L’amore che provava lui era completamente diverso.
Lui la voleva, la desiderava come si dovrebbe desiderare una fidanzata... non aveva mai provato interesse per nessuna ragazza, ma per lei... lei, sua sorella che gli dilaniava il cuore senza volerlo...
Akito si chiese se avesse provato amore per lei anche se non fossero stati legati da vincoli di parentela. Si, perché questa era una cosa importante.
“La amo perché lei è mia sorella e quindi sono psicologicamente malato io... oppure la amerei anche se mia sorella non fosse?”. Questa era una cosa fondamentale. Non era mai riuscito a rispondersi. Dopo qualche minuto che ci pensava era sempre scivolato nella conclusione “che importa, tanto siamo fratelli, quindi è inutile immaginare di non esserlo”. Tanto non ci avrebbe capito niente comunque.
I capelli gli davano fastidio agli occhi, doveva tagliare la frangetta.
Ma che cazzo di pensieri gli venivano in testa, in un momento come quello?
**
Erano le nove e mezza. Quasi le dieci meno un quarto, a dirla tutta. Aveva fame. Ecco, l’unico sentimento che riuscisse a distinguere distintamente fra dubbio, angoscia, paura, rabbia e varie altre cose era la fame.
Sana Hayama, quattordici anni, prima liceo. Non aveva idea di come si cucinasse. Non avrebbe saputo cucinarsi nemmeno un uovo alla coque. D’altronde... era sempre Akito che cucinava la cena... ed il pranzo... ed era Akito che stendeva, lavava, andava a fare la spesa, la aiutava a fare i compiti, le sistemava la stanza, puliva la casa, stirava... oddio, aveva un fratello che si comportava come una massaia.
Sorrise leggermente e si alzò dal letto, uscendo dalla stanza e dirigendosi verso quella del fratello. Bussò un paio di volte.
- Chi è?
Rispose lui da dentro. Probabilmente non l’aveva davvero sentita rientrare.
- Sono Sana..
Rispose lei un po’ titubante.
- Posso entrare?
Improvvisamente non aveva più tanta voglia di litigare con lui. Aveva questo effetto calmante, la sua presenza... anche solo la sua voce. Quando Sana lo sentiva si diffondeva in lei un calore, una calma rassicurante... non poteva resistere. Anche se fosse stata mortalmente infuriata, tutto le sarebbe passato. Tutto le era passato.
- Entra...
La sua voce adesso sembrava stanca. Quasi rassegnata. Sicuramente non tranquilla e distaccata come al solito.
Aprì la porta ed entrò, nel buio più assoluto. Cercò a tastoni l’interruttore della luce, ma lui la fermò perentoriamente.
- Non accenderla.
Potava distinguerla benissimo, adesso che gli occhi si erano abituati all’oscurità.
Cazzo, era splendida...
- Senti, Aki... avrei un po’ di fame, quindi...
Il ragazzo si sentì una rabbia dentro che poco aveva di umano e molto di diabolico.
- Come scusa? Cioè, dopo tutto quello che è successo oggi...
Lei abbassò gli occhi.
- Si, effettivamente non ti nascondo che una volta tornata a casa avevo una gran voglia di farti una ramanzina... ma sei comunque perdonato, Aki...
Ramanzina...? Perdonato??? Ma scherzava, quella bastarda?
- Io non ho alcun bisogno del tuo perdono.
- Ma come? Oggi mi hai combinato un casino e non vuoi essere perdonato? Cosa vuoi, allora?
Cosa voleva...? Non poteva mica dirglielo...
- Io...
- Che c’è, Akito? Non ti ho mai visto così... ultimamente... non sembri più tu...
Lei avanzò di qualche passo sedendosi sul letto, proprio accanto a lui.
- Se... hai qualche problema con me... devi dirmelo... io sono tua sorella, e ti voglio bene... sarò pronta a capirti ed aiutarti, farei qualunque cosa perché tu stessi bene...
Si voltò a guardarlo dolcemente.
- Credimi, Aki, sei la cosa più importante della mia vita. Ci apparteniamo, perché siamo fratelli. Non potrei vivere senza di te. Perciò... devi provare ad essere sincero...
Akito si sentì una merda. Una schifosissima merda. Mentre quella meraviglia formulava pensieri così puri lui non faceva altro che sognare di scoparsela la notte. Si sentì una merda e contemporaneamente si sentì al settimo cielo.
“Ci apparteniamo...”. Dimenticò presto il “perché siamo fratelli.”. Non gli importava certo cosa fossero. Strisciando fra le lenzuola ed il materasso le si avvicinò di più fissandola negli occhi.
- Devo essere sincero?
**
Non fu più sicura di volere che lui lo fosse davvero. Tutt’a un tratto le era salita alla gola questa paura... non capiva da dove venisse, né riusciva a spiegarsi dove fosse stata in tutto quel tempo – per riuscire ad emergere solo in quel momento, quando era più fuori luogo.
Se lo vedeva davanti, con quegli occhi così penetranti e profondi, e così vicino... accidenti, è normale che due fratelli siano così vicini?
Era agitata, il cuore aveva cominciato a batterle forte ed era diventata rossa.
Perché? Perché si sentiva così? Cosa aveva fatto per meritarsi una situazione del genere?
Lui continuò ad avvicinarsi. E Sana non riusciva a spostarsi. Occhi effetto calamita.
Akito non sembrava tanto sicuro dell’effetto calamita dei suoi occhi, tanto che, per non farla scappare, le afferrò saldamente le braccia con le mani. Ma lei non sarebbe riuscita ad andare via comunque.
Erano vicini, come quella mattina, sentiva il suo respiro sulle labbra, e questo le fece provare una sensazione che non aveva mai provato prima. Davvero mai. Sentì una specie di onda calda al basso ventre, che poi si ripercuoteva sul petto. Tesa. Si sentì tesa come mai.
Si estraniò dalla situazione che stava vivendo, e fu solo per questo motivo che, quando lui, dopo pochi secondi, la baciò in bocca come un amante appassionato, riuscì a chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare da quel bacio.
Il suo primo bacio. Glielo stava dando suo fratello. Suo fratello. Il suo sangue.
Aprì gli occhi di scatto ed altrettanto velocemente si allontanò da lui, alzandosi in piedi e contemporaneamente abbassandosi la maglietta fino a coprire il più possibile delle gambe.
Lui rimase seduto a fissarla per un po’. Poi sembrò capire cosa aveva fatto, e si alzò in piedi, infilandosi una maglietta ed uscendo dalla stanza di corsa. Lei sentì la porta di casa sbattere pochi secondi dopo. Se n’era andato.
Si toccò le labbra con la mano. Era rimasta un po’ della sua saliva. Fu più forte di lei, la leccò via con la lingua e chiuse gli occhi.
 
Dall’autrice... Ecco. Cosa dirvi? Vi avevo detto che era un capitolo importante. Comunque non crediate che la storia si incentri solo sui nostri due fratellini, ce n’è anche per gli amici... senza contare uno dei personaggi più importanti, che deve ancora entrare in scena (ed, aggiungo io, non lo farà tanto presto...). Insomma, tutto questo per dire che? Commentate, fatemi sapere cosa ne pensate, cosa vi fa sentire. Insomma, parlate liberamente. Feel free to say everything.

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