Genere: Drammatico/Romantico
Pairing: SanaXAkito, AyaXTsuyoshi
Rating: NC-17
AVVISI: AU, Incest.
- La storia di un amore che avrebbe fatto meglio a non esistere...
Commento dell'autrice: Orgoglio e soddisfazione. Mai queste due sensazioni erano state potenti nel mio cervello come lo sono state mentre scrivevo questa fic e mentre mi rendevo conto di quanto entrasse nel cuore della gente. Sarà stato per l'argomento spinoso (che mi sta a cuore, del quale non mi pento e non mi pentirò mai), sarà stato che, forse, anche io so scrivere benino, ma questa fanfiction resta secondo me la migliore delle mie opere. Più di "Back to home", più di "Ninety-eight", più di "La tua voce mi cambia", più di tutto il resto.
Pairing: SanaXAkito, AyaXTsuyoshi
Rating: NC-17
AVVISI: AU, Incest.
- La storia di un amore che avrebbe fatto meglio a non esistere...
Commento dell'autrice: Orgoglio e soddisfazione. Mai queste due sensazioni erano state potenti nel mio cervello come lo sono state mentre scrivevo questa fic e mentre mi rendevo conto di quanto entrasse nel cuore della gente. Sarà stato per l'argomento spinoso (che mi sta a cuore, del quale non mi pento e non mi pentirò mai), sarà stato che, forse, anche io so scrivere benino, ma questa fanfiction resta secondo me la migliore delle mie opere. Più di "Back to home", più di "Ninety-eight", più di "La tua voce mi cambia", più di tutto il resto.
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Brothers...?
13° capitolo
Parenti
Dall’autrice... Tredici... fine... ci risentiamo poi.
- Dobbiamo andare a scuola...
Si pentì di aver pronunciato quelle parole subito dopo averlo fatto. Sana riemerse dalla matassa di lenzuola del suo letto e lo guardò.
- Per forza...?
Quella voce...
- Si...
Akito cominciò ad alzarsi, liberandosi dalla stretta dolce delle braccia di lei, e mettendosi seduto sul letto. Lei lo seguì, piantandogli una mano sul petto e spingendolo di nuovo verso il materasso. Non dovette neanche spingere tanto forte, per farlo distendere di nuovo.
- Non voglio, Aki...
- Sana, niente capricci.
Stavolta parlò con meno convinzione.
- Aki...
Cominciò a puntellargli il petto di bacetti, risalendo lungo il collo ed il viso, fino a baciarlo sulla bocca. Il ragazzo chiuse gli occhi, in estasi.
Avevano fatto l’amore tutta la notte... tutta la notte... fino al mattino... fino a cinque minuti prima... poteva ancora sentirla ansimare, con gli occhi chiusi. Era esausto. Distrutto. Felice come mai in vita sua.
La strinse a sè con un braccio, invertendo le posizioni e portandosi sopra di lei. La guardò negli occhi a lungo, semplicemente respirandole vicino e sentendo il suo profumo. Ce l’aveva in testa. Voleva ricordarlo per sempre.
Continuarono a baciarsi a lungo, ma alla fine Akito decise che non potevano certo rimanere a letto tutto il giorno. Quindi si alzò, tirando su con un braccio anche Sana.
Cavolo, era così... leggera...
Spalancò gli occhi. Quattordici anni. SOLO quattordici anni, ed ormai sapeva sul sesso tutto quello che lui era riuscito ad insegnarle. Troppo... era... era ancora una ragazzina... perché ai suoi occhi appariva già come una donna?
- Aki, hai intenzione di tenermi così tutto il giorno? Non che mi dispiaccia, ma se hai detto che dobbiamo andare a scuola...
La lasciò andare in maniera quasi brusca, tanto che lei, stupita, rimase a guardarlo qualche secondo, prima di cominciare a raccogliere gli indumenti della divisa sparsi per la stanza.
Nonostante... nonostante tutto quello che era successo, lei si sentiva felice. Si sentiva FELICE. Tanto felice da credere di non esserlo mai veramente stata prima di quel momento. E... che diavolo ci faceva un calzino sotto il cuscino di Akito?
Le venne da ridere. Fratelli... la cosa aveva sempre più senso. Ogni momento di più che passavano insieme, l’una nella braccia dell’altro, dava senso a tutto quello che era successo. Tutta la sofferenza... le indecisioni... gli imbarazzi... la paura... il tempo passato in attesa e così perso... tutto, adesso, adesso che la fine era ad un passo, adesso che sarebbe bastato un errore minuscolo per distruggere un castello di vetro costruito con un materiale così forte, ma al contempo così fragile, quale è l’amore... adesso tutto aveva un senso. Come quando si fanno i cruciverba numerati dell’enigmistica. Continui a trovare lettere, che si riferiscono a numeri, che formano sillabe e gruppi, agglomerati senza senso.... e che alla fine formano un quadro perfetto, dove tutto è al suo posto, e si trova lì perché è lì che deve stare, perché quello è il suo posto ed è solo lì che ha significato.
Lei significava qualcosa perché aveva Akito. Lui era qualcosa solo perché aveva lei. Assieme simboleggiavano qualcos’altro, ma questo era solo perché stavano uniti.
Finchè morte non vi separi...
La morte. Solo la morte può separare due anime legate. Anche la lontananza non vale niente. Non vedersi... può solo alimentare la voglia di stare insieme. Solo la morte avrebbe potuto separarli, ma erano entrambi così giovani... chi pensa alla morte a sedici anni?
Ed infatti non fu la morte, che li separò. Anche perché, se è per questo, non vennero mai separati.
**
2°G, istituto privato Jimbo, sezione liceo.
- Buongiorno, signor Sengoku!
- Buongiorno signor Nushi! Come mai è venuto qui?
- Un ragazzo... Akito Hayama, deve seguirmi dal preside.
- Dal preside...? Hayama!
Il ragazzo si alzò in piedi, senza mostrare il minimo stupore. E questo solo perché se lo aspettava.
- Cosa hai combinato, Hayama?
Akito si voltò a guardarlo congelandolo.
- Fatti miei.
Nello sgomento generale uscì dalla classe, precedendo il bidello che camminava a tre metri di distanza da lui.
**
3°G, istituto privato Jimbo, sezione medie inferiori.
- Buon giorno signor Yukisaki!
- Buon giorno signor Nushi! Cosa la porta nella mia classe?
- U-Una ragazza...
L’uomo ebbe un brivido, sentendo chiaramente lo sguardo gelido di Akito sulla schiena.
- Sa-Sana Hayama... deve seguirmi dal preside...
Sana si alzò di scatto, visibilmente preoccupata. Nell’alzarsi, intravide il fratello alle spalle dell’uomo. E questo la terrorizzò.
**
Eccoli lì. L’uno accanto all’altra, seduti sulle scomode sedie di fronte alla scrivania del preside, un uomo austero che incuteva timore. Se non altro per la lunga barba nera come la pece e quello sguardo così profondo. Occhi talmente scuri che non si distingueva la pupilla. L’unico essere umano di cui Akito avrebbe potuto spaventarsi. Non in una situazione normale, intendiamoci. Insomma, se la tua stessa vita ti passa di sopra senza che tu te ne importi più di tanto, non è facile avere paura di qualcosa.
Però… in quella particolare situazione c’era da avere paura di quell’uomo.
- Sono venuto a sapere di un fatto molto spiacevole avvenuto a lei, signorina Hayama…
Entrambi abbassarono lo sguardo.
- Ora… a me non interessa sapere il perché di quel deplorevole gesto. Voglio solo sentirmi dire che ciò che c’è scritto sul quell’armadietto è un calunnia.
Akito alzò lo sguardo e parlò con tono di sfida.
- Conosce o no la differenza fra “pubblico” e “privato”?
Disse. La mano del preside sbatté così forte sulla scrivania che una matita fece un salto di un centimetro intero. Sana si sentì il cuore in gola. Pietrificata dallo spavento.
- Signor Hayama, abbiamo passato anni ed anni a punzecchiarci. Lei frequenta quest’ufficio così spesso che mi viene quasi voglia di considerarla un cliente affezionato. In tutti questi anni abbiamo avuto più di una discussione, lei non prendeva sul serio me ed io non prendevo sul serio lei. Ma...
Fissò Sana gelidamente.
- Non è davvero il caso di scherzare, ora. Riformulo la domanda. Voi due state insieme si o no?
Sana sembrò ritrovare coraggio solo il quel momento.
- Io non intendo…
Di nuovo quello sguardo. Si ammutolì.
- Mi sembrava di essere stato chiaro. Mi sembrava di avervi fatto capire che NON scherzo. Questo istituto ha un nome da difendere. Rispondete alla domanda…
Girò attorno alla cattedra andandosi a mettere proprio davanti ai due.
- Non è necessario che parliate. Insomma, fatemi capire la verità, anche solo con un gesto.
Akito strinse gli occhi. E poi mise in moto la mano. Così lentamente che rischiò di esasperarsi da solo. Nel momento stesso in cui lui la posò su quella di Sana, lei la strinse.
Ed il preside strinse i pugni, quasi tristemente.
- Ho capito. A calmare le acque ci penserò io, non mi sembra il caso di coinvolgervi oltre.
Si sedette di nuovo al suo posto. Akito e Sana si stavano per alzare, sempre mano nella mano, per andare via, quando lui li fermò perentoriamente.
- Non ho finito.
Ecco la parte peggiore.
- Mi dispiace. Ma penso che anche voi vi aspettaste una cosa del genere. Akito...
Lui alzò lo sguardo di scatto, stupito dal sentirsi chiamare per nome da un uomo che pochi minuti prima era poco più che un conoscente. Fu in quel momento che, presagendo ciò che lui stava per chiedergli, il terrore di Akito arrivò al picco massimo che mai più nella sua vita avrebbe superato.
- ... il numero dei tuoi parenti a Nagoya.
**
- Mh. Si capisco. Certo che mi ha lasciato sconvolto, cosa crede? No, effettivamente non li sentivo da un po’. Si, molto da un po’, si è messo in testa di farmi la paternale? Ho i miei impegni! E d’altronde hanno chiesto loro stessi di essere lasciati soli! Ma io certo non immaginavo che dietro potesse esserci una cosa simile. Ah, certo non hanno la mia approvazione! Se ci fossero stati i loro genitori altro che roba del genere... no, non ho alcuna intenzione di lasciarli lì. Anzi, penso che verremo personalmente a prelevarne uno dei due. Ancora non so, ma penso Sana. D’altronde, quell’Akito è perfettamente in grado di cavarsela da solo. Quando non sono affari suoi. Al più presto, ovviamente, per evitare lo scandalo! Arrivederci? Io spero che non dovremo più neanche sentirci, a dire la verità! Addio!
Mise giù la cornetta del telefono, con tanta forza da scheggiare l’apparecchio. Dopo essersi lasciato andare ad una decina di minuti di improperi, uscì fuori dallo studiolo, ritrovandosi davanti sua moglie.
- Rei, ma… cosa è successo? Perché tutte quelle urla? Con chi hai litigato?
- Asako, siediti. Non ci crederai mai.
**
Perché in un momento come quello non riuscivano a fare niente? Niente di costruttivo, niente di diverso. Nulla per provare a fermare l’imminente separazione. Avrebbero potuto chiamare Rei a Nagoya, parlare con lui, cercare di negoziare e fargli capire, in qualche modo… ed invece stavano lì seduti a guardare alla televisione un programma stupido. Neanche riuscivano a parlare della loro situazione.
Sana girò il viso quel tanto che bastava per guardare chi gli stava accanto. Akito…
Quanto era dolce, adesso il suo nome.
Si lasciò andare, appoggiando il capo sullo schienale morbido del divano e chiudendo gli occhi.
Se ne erano successe, di cose…
- Stai male?
Lui aveva spento la televisione, ed adesso la guardava. Lei sapeva che era preoccupato, ma a guardarlo semplicemente non si sarebbe proprio detto. Quel viso… non cambiava quasi mai. Ovvero, aveva uno standard di espressioni, due o tre al massimo, e le usava saltuariamente. Lo aveva visto sorridere una sola volta da quando lo conosceva.
Il che significa che probabilmente – a meno che nei primi due anni della sua vita lui non avesse fatto altro che sorridere – quella era stata l’unica volta che aveva fatto un’espressione del genere.
Si poteva dire fortunata?
Che razza di pensieri…
- No, tutto ok…
Balle. Tutte balle. Non stava bene, non stava bene per niente. Era triste… depressa… e già lui le mancava da morire… e non era ancora partito nessuno!
Pregò intensamente che lui si accorgesse che lei stava mentendo. Voleva parlargli. Voleva dirglielo! Tutto… tutto quello che provava per lui, ogni cosa, ogni sentimento… voleva davvero… ma non aveva il coraggio. Brutta codarda meschina.
- Non raccontare cazzate a me, Sana.
Nonostante l’offesa ebbe davvero voglia di abbracciarlo e baciarlo.
Chinò il capo, coprendo gli occhi involontariamente con la frangetta troppo lunga che a breve avrebbe dovuto tagliare, se non voleva diventare cieca.
- Io… avrei un mucchio di cose… davvero, Akito… così tante che non so da dove cominciare… DEVO davvero dirti tante, tantissime cose. Ma…
Cominciò a piangere.
- Mi sembra quasi di non averne più il tempo… di già… è già tutto finito…
Lui le prese la mano.
- C’è sempre tempo finché sono ancora qui. O finché lo sei tu. Ma questo non sarà per sempre. È così, purtroppo. Perciò…
Le sollevò il mento con la mano che aveva ancora libera, guardandola negli occhi da vicino. Per imprimersi nella sua memoria più di quanto già non fosse presente.
- … se hai da dirmi qualcosa fallo subito. Non vogliamo avere rimpianti.
Parlò al plurale. Perché la conosceva. Sapeva come si sentiva. Perché erano legati. Legati e simili.
La ragazza annuì, asciugando le lacrime.
- Se devo parlare… è sempre meglio cominciare con le scuse, vero? Mi dispiace, Akito, mi dispiace davvero per essermi comportata da idiota dopo che mi hai baciata, e mi dispiace per non avere capito nulla della tua sofferenza quando ancora non l’avevi fatto. Avresti potuto davvero dimenticarmi, con Fuka, ma non l’hai fatto. Nonostante tutto… hai continuato ad amarmi… per questo mi dispiace di essere così, Akito. Vorrei essere una donna migliore per essere degna di te.
Akito fece roteare gli occhi.
- Che mucchio di stupidaggini!
Sana lo fulminò con lo sguardo.
- Ma come ti permetti??? Mi sto scusando!!!
- Se ti amo già perché sei così, perché dovresti cambiare?
- Queste si che sono un mucchio di sciocchezze! Non puoi dirmi così solo adesso!!!
- E quando te l’avrei dovuto dire?
- Prima che mi mettessi a piangere! Ho fatto la figura dell’idiota!
- Come se fosse una novità…!
- Ma tu… ma mi stai prendendo sul serio o mi sfotti???
- Fa un po’ tu.
Si guardarono per un attimo interminabile. Poi cominciarono a ridere sommessamente. Dopo poco Sana scoppiò in una fragorosa risata. Anche Akito rideva, sempre con più contegno. Eccoli, loro. Erano così, loro due. I due fratelli depressi dell’ultimo periodo non erano loro. Quello era il ricordo che volevano portarsi per la vita.
- In ogni caso, Akito… ho anche un’altra cosa da dirti.
- Sentiamo, ma se è un’altra idiozia non voglio ascoltare!
La ragazza sorrise dolcemente.
- Questo è serio davvero.
Anche lui si fece serio.
- E’ vero che sono stata stupida. Dicevo di non provare nulla anche quando invece sentivo qualcosa. Non ti ho mai parlato… di quello che provavo. Voglio che tu conosca anche questo di me.
Gli si avvicinò a gattoni sul divano e gli prese la mano, portandosela sul petto.
- Sana, non è che…
- Ma no! Accidenti, sei proprio un adolescente…
- Bè… non è che lo neghi…
- Zitto dai. Senti.
Era vero. Poteva sentire il suo cuore. Batteva un ritmo incredibile. Veloce. Velocissimo. Si preoccupò.
- Ma… cosa…?
- Ce l’ho sempre. Questo batticuore così, intendo. Ogni volta che facciamo l’amore, quando mi baci, quando stiamo abbracciati, quando mi tocchi o sfiori accidentalmente, quando siamo vicini, anche solo quando mi guardi da lontano. Io lo sento sempre. Mi fa stare bene. Mi fa rendere conto di quanto intensamente io ti ami. E… malgrado tutto quello che la gente può pensare di noi due, io so che è giusto sentirsi così. Insomma, Akito…
Gli si appoggiò su una spalla, stringendogli dolcemente la mano e socchiudendo gli occhi.
- Insomma, come può essere sbagliato un sentimento così bello? Sto in perenne confusione, quando ci sei tu, mi batte il cuore da morire, ogni membra del mio corpo e tutte le mie viscere sono scosse da brividi talmente piacevoli che mi viene da sorridere. Questo è l’Amore! Ma nessuno sembra capirlo…
Lui rimase in silenzio guardandola. Ce l’aveva fatta. L’aveva raggiunta. Adesso sua sorella provava i suoi stessi sentimenti. Adesso si, non sarebbe mai finita.
- E’ così che va il mondo…
Concluse infine. Lei sorrise ironica.
- Ah, ho rinunciato a capire come va il mondo… non credo che “il mondo” sia pronto, per noi due…
- O forse siamo noi che non siamo pronti per il mondo…
- Questo fa qualche differenza tra noi due?
Ancora, lui la guardò negli occhi, scrutandole l’anima nel profondo.
- No…
**
E adesso? Adesso che avrebbe fatto?
La ragazza si guardò intorno, riflettendo sul fatto che di quella nuova casa non conosceva nulla. Stava in un posto in cui non voleva stare. E quella stanza le faceva DAVVERO schifo.
Si sedette alla scrivania e cercò nei cassetti. E qui fu attirata da dei fogli a quadretti e varie penne.
Le si illuminò lo sguardo.
Caro Aki, sono arrivata a Nagoya.
È un buco di città, non c’è nulla, non mi piace per niente! Ho una voglia matta di tornare a Tokyo da te. Ma si può dire che Rei ed Asako non mi diano tregua per un attimo. È già una settimana che sono qui e continuano a controllarmi. Penso sia per assicurarsi che io non scappi (ma per chi mi hanno presa?). Piombano in questa stupidissima camera minuscola con le pareti gialle (ma ti rendi conto? Gialle!) ogni ora… anche di notte! Ma come è possibile? Vivo in una casa di pazzi! Aki, vienimi a rapire!!!
Ho parlato ieri al telefono con Ayachan: certo che tu e Tsuyo siete stati proprio due idioti a non dirmi niente della sua gravidanza. Soprattutto da Tsuyo non me lo sarei mai aspettato!
Insomma, per come conoscevo quei due c’erano più possibilità che rimanessi incinta io che non che ci rimanesse Ayachan! Vedi quanto possono essere sbalorditive le persone innamorate?
A proposito, spero ti faccia piacere sapere che tutto questo tenermi segregata qui non mi ha fatto certo dimenticare quello che provo per te. Ho ancora il batticuore. Solo che adesso ce l’ho quando ti penso. Così loro neanche se ne accorgono.
Akito, ti amo. Ti amo follemente. Un giorno, te lo prometto, riuscirò a tornare a casa, riusciremo a rincontrarci. Perché io lo voglio. E quando tornerò a Tokyo ce ne andremo, da lì. Lasceremo tutto e ce ne andremo, con Aya e Tsuyoshi. Magari alle Hawaii, o in America, o in Europa. Mi piacerebbe andare a Madrid.
Succederà, Akito.
Sana
Si rigirò quella lettera scritta di getto fra le mani. Gliel’avrebbero lasciata spedire? Insomma, non le potevano proibire anche quello…!
Concluse che non le importava. In un modo o nell’altro, l’avrebbe spedita comunque.
**
Si rigirò quella lettera così breve fra le mani. Come era riuscita a convincerli a lasciargliela spedire?
- Hayama, cosa vuoi preparato per cena?
Da quando Aya e Tsuyoshi avevano litigato con i loro rispettivi genitori per via del bambino, vivevano a casa sua, che tanto era abbastanza grande per tutti.
Si sentiva… un po’ meglio.
E Sana… lei non lo aveva dimenticato.
Si, un giorno si sarebbero rivisti. Un giorno si sarebbero amati liberamente. Lontano da tutti. Solo loro due. Con quella lettera fra le mani ne aveva la certezza assoluta.
- Fa quello che vuoi, Sugita, va bene tutto!
Disse mentre saliva le scale.
- Ok!
Arrivò nella sua stanza ed accese la luce, sedendosi alla scrivania. Faceva già quasi buio.
Velocemente, aprì un cassetto e tirò fuori carta e penna.
Fine.
Dall’autrice… Signore e signori, sono orgogliosa di annunciarvi che… “Brothers…?” è conclusa!!! Spero che questo finale, alla fin fine, non vi abbia delusi troppo. Visto che siamo in vena di making of, parliamo un po’, vi va? Allora… il finale… mi è venuto più happy di quanto pensassi. Direi che questa è la giusta via di mezzo che andava bene per una fic del genere. Ovviamente non vi dirò qui quali erano le due alternative a questo finale, ma se siete proprio curiosi mandatemi una mail e ve le racconterò^_^. Se questo finale con la separazione vi sembra troppo triste, consolatevi perché la dark end era ancora peggiore -_-. A proposito, invece, dell’ultimo capitolo, all’inizio doveva andare in maniera leggermente diversa. Ovvero avevo deciso che avrei scritto anche dell’addio fra Sana ed Akito, ma alla fine (dopo aver scritto la scena sul divano), mi sono accorta che sarebbe stato molto meglio saltarla del tutto ed arrivare direttamente oltre, facendo una specie di epilogo… fondamentalmente questo è perché le scene di addio sono (assieme a quelle di dichiarazioni d’amore ed a quelle di sesso) le più a rischio di scadere nel banale. Non volevo certo questo. E poi pensavo che un finale “fuori dagli schemi” si addicesse di più a questa fic.
Vi ringrazio di tutto cuore per tutto il sostegno che mi avete dato, per le recensioni, per le mail, per tutto! Ringrazio Asuka per il reinserimento dei capitoli dall’introduzione al numero 11 sull’EFP, e ringrazio l’EFP per ospitarmi una volta di più^_^. Ringrazio Miho Obana per avere creato il mio shoujo preferito ed i meravigliosi personaggi che lo compongono.
Saluto la mia amica e suo fratello, sperando che il mio affetto allievi almeno in parte le loro sofferenze. In ogni caso ti starò sempre vicina.
Grazie ancora per essere arrivati fino alla fine, spero che questa fic vi mancherà almeno un po’^_^.
Io di sicuro non vi mancherò (soprattutto perché mi sto buttando di nuovo a scrivere un’altra fic^_______________^).
Grazie.