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A WAVE WASHING OVER ME
Makoto lascia Haruka un paio di settimane dopo il ritorno di Rin dall’Australia. Si sente obbligato a farlo, in un certo senso, quando li trova avvinghiati l’uno all’altro contro il lavandino della cucina, in casa di Haruka.
Non può dire che trovarli in quelle condizioni lo stupisca, d’altronde ha sempre saputo che qualcosa del genere sarebbe successa, prima o poi. Ha sempre saputo che prima o poi Rin sarebbe tornato e questa non è che la naturale conseguenza del suo ritorno.
Haruka ha sempre girato attorno a Rin come un piccolo pianeta solitario attorno al suo sole. Makoto ci pensa e ci ripensa e non riesce a trovare un paragone più azzeccato di questo. La faccia del pianeta-Haruka sembrava illuminarsi di riflesso solo col sorriso del sole-Rin.
La luna-Makoto gravitava silenziosamente attorno al pianeta-Haruka, satellite in ombra, legato alla gravità di entrambi.
Diventare il ragazzo di Haruka è stata una fortuna insperata, un’occasione che Makoto non aveva mai creduto avrebbe potuto presentarsi alla sua porta. Certo, non c’è mai stato niente di
ufficiale tra loro – non c’è neanche adesso – ma nel corso degli ultimi anni il loro rapporto si è evoluto. E Makoto non ha fatto niente perché questo miracolo si verificasse, cosa che l’ha reso ancora più prezioso.
Semplicemente, nel corso della lunga eclissi che è passata dall’ultimo raggio di Rin al successivo, Haruka s’è andato avvicinando. Makoto non ha fatto niente per favorire il suo avvicinamento, troppo spaventato dalla possibilità che, muovendosi troppo, potesse allontanarlo, ma non ha neanche fatto niente per fermarlo, decidendo per la prima volta nella sua vita di correre il rischio, lanciarsi ad occhi chiusi contro la fortuna.
Si è concesso di sperare contro ogni prudenza alla quale il suo lungo rapporto con Haruka l’avesse abituato, insomma. Ha scommesso su se stesso contro il ricordo indelebile del sorriso enorme di un Rin irraggiungibile.
Apparentemente, almeno a giudicare dalla fame con la quale Haruka e Rin si mordono le labbra a vicenda, ha perso.
- Makoto. – dice Rin, riportandolo troppo velocemente sulla terra mentre si volta a guardarlo. Makoto non può fare a meno di notare che una delle sue mani resta appesa al fianco di Haruka, che non fa niente per scrollarsela di dosso. È una dichiarazione di possesso, ed una di appartenenza. È un gesto che dice, da solo, tutto quello che Makoto avrebbe preferito non dover sentire dire mai. – Non voglio vedere isterismi di nessun tipo. Stai calmo.
Le parole di Rin suonano alle orecchie di Makoto come le parole di un pazzo. Spalanca gli occhi e si volta a guardare Haruka. Haruka gli ricambia l’occhiata con la solita inespressività assoluta, ma d’altronde Makoto può contare sulle punte delle dita le volte in cui ha visto i suoi occhi accendersi di una qualche emozione, ed in nessuno di quei casi la sua persona era in alcun modo contemplata.
- Lascia che ti spieghi. – dice Rin, e Makoto trema. Sentirsi dire “non è come sembra” sarebbe troppo da sopportare perfino per lui.
- Mi sembra che sia già tutto molto chiaro. – risponde Makoto.
Rin aggrotta le sopracciglia e chiude la bocca, irritato dal dovergli dare ragione. Makoto sa cosa Rin vorrebbe dirgli, vorrebbe spiegargli che quello che c’è fra lui ed Haruka non deve necessariamente influenzare quello che condivide con Makoto, che sono due cose diverse, che possono coesistere, che forse
dovrebbero coesistere. Ma Makoto non ha alcun bisogno di sentirsi dire niente del genere, perché li conosce, e già lo sa.
Fra Haruka e Rin c’è qualcosa che risuona. Haruka è completamente sopraffatto da Rin, lui gli accende qualcosa dentro, è una scintilla che lo rende diverso, ed Haruka è innamorato della persona che diventa quando è con lui. I suoi occhi cambiano colore quando sono insieme, la sua pelle si riscalda quando si toccano, c’è una connessione chimica, un’eco molecolare, atomica, che li lega l’uno all’altro con filamenti invisibili. È sempre stato così, dalla prima volta che si sono visti.
Rin guarda Haruka e vede la sfida di una vita. Guarda il suo volto algido, la linea netta e rigida delle sue labbra, e non desidera altro che possederlo. Vincerlo, abbatterlo, disfarlo – ma non è lui che vuole distruggere, sono le sue difese. L’obiettivo eterno di Rin è spogliare Haruka di tutto, ridurlo al suo nucleo morbido e pulsante ed affondarci i denti. Prenderne un morso e trattenerlo per sé.
Il loro è un richiamo assoluto, istintivo, animalesco. Non ha niente a che vedere con i sentimenti che spingono Makoto verso entrambi. Non ha niente dell’adorazione assoluta che Makoto riserva ad Haruka, non ha niente del fascino oscuro e magnetico che Rin esercita su di lui.
Makoto sa che sono tutte cose che possono coesistere. La sua devozione per Haruka, la totale dipendenza di Haruka nei suoi confronti, la sua fascinazione nei confronti di Rin e la curiosità che Rin sente stuzzicata dentro di sé nei suoi confronti, e la fame primordiale che avvolge Rin ed Haruka in un bozzolo segreto che dipende solo da loro due. Tutto può trovare uno spazio, tutto può incastrarsi nella stessa situazione, possono dividere i tempi e gli spazi e possono farlo a lungo, ma c’è qualcos’altro, dietro, qualcosa che Rin non prende mai nemmeno in considerazione perché non ha la mentalità giusta per farlo.
D’altronde, Rin non è mai stato bravo a parlare d’amore. È sempre stato un campione a scherzarci su, è sempre stato fenomenale ad evitarlo, scansandolo come una brutta malattia, non è mai stato bravo a capirlo. La possibilità di essere innamorato di Haruka non l’ha mai neanche sfiorato, come d’altronde Makoto sospetta non abbia neanche mai sfiorato Haruka stesso.
Forse nessuno dei due ne sente il bisogno, ma la verità è che non si sono mai dati una possibilità di provarci. Non ne hanno avuto il tempo, il loro rapporto si è bruciato troppo in fretta, e ne sono rimaste solo ceneri ardenti che tornano a prendere fuoco ogni volta che si vedono.
Ma vivere questa cosa come l’abbiamo vissuta noi non è normale, pensa Makoto, abbassando lo sguardo di fronte a quello severo di Rin e a quello di ghiaccio di Haruka,
Una persona dovrebbe stare con un’altra persona, qualcuno che possa farlo stare bene, che possa amarlo completamente. Una persona come Haruka merita di stare con qualcuno che ama e che possa amarlo a sua volta. Forse quella persona è Rin.
- Io penso che sia meglio chiuderla qui. – dice in un filo di voce. Non alza lo sguardo perché non vuole vedere l’espressione di Haruka restare sempre uguale. Preferisce non guardare e concedersi l’illusione di immaginarlo piegare le labbra in una smorfia triste, anche se non fa niente per fermarlo.
Rin fa schioccare la lingua, irritato.
- Mi sembrava di aver detto “niente isterismi”. – dice.
Makoto gli offre un sorriso di scuse. Non sa neanche per cosa si sta scusando. Forse di esistere.
- Non ne sto facendo. – dice, - È solo meglio così.
- No, questo sei solo tu che fai l’attrice drammatica del cinema muto degli anni Venti. – ritorce Rin, acido, - Makoto il martire seriale, Makoto che si sacrifica, Makoto che se ne va perché “è meglio così, vi lascio a voi stessi”, bella roba.
- Cosa dovrei fare, restare qui mentre ti sbatti il mio ragazzo davanti a me? – insiste Makoto con lo stesso sorriso evanescente, gli occhi piantati sul pavimento, - Hai vinto, Rin. È quello che hai sempre voluto, vero? Hai vinto. Haruka è tuo.
- Sei un coglione. – ringhia Rin.
Il sorriso di Makoto si fa ancora più triste.
- Sì. – annuisce.
- Sì, ma non per i motivi che pensi tu! – insiste Rin, alzando la voce, - Sei sempre il solito, non sei cambiato affatto! Sei un codardo spaventato dalla sua stessa ombra, sei—
- Rin.
La voce di Haruka è bassa, un sussurro appena udibile, ma non appena la sente Rin chiude la bocca. Haruka gli appoggia una mano alla spalla e Rin ringhia un’ultima volta, ma si fa indietro, e lascia stare.
Makoto allora solleva lo sguardo, trova il volto di Haruka ed è sempre il solito, non è cambiato. Lo fissa, le labbra dischiuse, un fremito di speranza negli occhi.
Forse mi chiederà di restare, pensa,
Forse dirà a Rin di andarsene, e chiederà a me di restare.
- Vattene, allora. – dice invece Haruka.
Makoto pensa solo che avrebbe dovuto saperlo.
*Lo incontra per caso una settimana dopo, al centro commerciale. Rin sta leccando un ghiacciolo con l’aria di uno che può permettersi di fare un po’ quel cazzo che gli pare e, guardandolo, Makoto cerca di pensare ad un singolo avvenimento della sua recente settimana, e non ne ricorda nemmeno uno. Sa di essere andato a scuola, sa di aver saltato tutti gli allenamenti del club di nuoto, sa di essere tornato a casa e di aver fatto i compiti e badato ai suoi fratelli, sa tutte queste cose ma nessun avvenimento gli è rimasto attaccato alla memoria, e per qualche motivo si sente in difetto.
Rin è solo, e Makoto si stupisce di non trovarlo con Haruka. Non sa perché si stupisca, Rin non gli è mai sembrato il tipo da rimanere sempre appiccicato al suo ragazzo, e di sicuro Haruka non lo è – ci pensa e gli vengono in mente con una facilità dolorosa almeno un centinaio di occasioni in cui è stato lui a doverlo cercare per primo per passare un po’ di tempo con lui, anche quando stavano insieme –, ma in qualche modo è come se avesse sempre creduto che, una volta che quei due si fossero finalmente trovati, poi separarli, anche solo per qualche secondo al giorno, sarebbe stato impossibile. E lo turba vedere coi propri occhi che così non è.
Comunque, non ha nessuna voglia di fermarsi a parlare con lui, e cerca di passargli oltre, ma naturalmente, nel momento esatto in cui lui gli attraversa la strada, Rin tira un calcio alla sedia vuota che ha di fronte, mandandogliela praticamente a sbattere contro le ginocchia.
- Siediti. – dice.
Makoto deglutisce, quando i loro sguardi si incontrano.
- … forse è meglio se vado. – prova. Rin sbatte la mano contro il tavolo con tanta forza da far girare quasi tutti i clienti seduti ai loro tavolini tutto intorno.
- Makoto, se non la smetti giuro che ti prendo a pugni. – dice. – Ora piantala di fare la testa di cazzo, siediti e facciamo conversazione.
Makoto vorrebbe avere la forza di mandarlo a quel paese, e invece non riesce a fare altro che sospirare e sedersi, lo zaino fra le ginocchia, le mani abbandonate in grembo.
Rin continua a leccare il suo ghiacciolo. Makoto gli lancia un’occhiata e, come al solito, è sconvolto dalla naturalezza della sua sfacciataggine. Rin non è mai stato una persona particolarmente sincera e genuina, c’è sempre stato un che di artefatto in lui, ma Makoto ha sempre creduto fosse normale. Nessuno è naturalmente dotato di tanto fascino. Tanto, d’accordo, ma non quanto ne aveva Rin fin dall’infanzia. Da bambino Rin avrebbe potuto scatenare uragani con un sorriso. Ora fa lo stesso con uno sguardo.
Tuttavia, per quanto artefatto e a tratti forzato fosse il suo modo di fare, la sicurezza, la confidenza che Rin aveva nei riguardi del proprio corpo non era mai stata fasulla. Si vedeva quanto a proprio agio si sentisse all’interno della propria pelle, la indossava come un vestito di sartoria cucito su misura, un completo elegante abituato ad attirare gli sguardi della gente.
Makoto lo ha sempre invidiato per questo. Era stato un bambino troppo grosso, dall’ossatura troppo robusta. Troppo alto per la sua età, con le spalle troppo larghe per le magliette della sua taglia, le gambe troppo lunghe per i pantaloni della sua misura. Rin aveva sempre avuto il fisico
giusto, l’altezza
giusta. Lui ed Haruka sono sempre stati così simili. Di una bellezza assolutamente inavvicinabile, per lui.
Non è mai riuscito ad odiare Haruka, per questo. Ma Rin sì. A tratti, nel corso della sua infanzia – a tratti, anche adesso –, Makoto ha odiato Rin. Makoto lo odia ancora.
- Non mi chiedi niente? – domanda Rin. È così nervoso ed irritato che gli trema la voce. È sempre stato così emotivo. La sua qualità redentrice. E sa come usarla – ogni volta che Makoto pensa che lo prenderebbe volentieri a pugni in faccia, quel tremito nella voce di Rin, quella luce incerta nei suoi occhi, quel modo di piegare le labbra come in preda a un tormento segreto che non lo lascia mai in pace, è in grado di scatenargli dentro reazioni surreali, ed a quel punto vorrebbe solo abbracciarlo, premersi forte il suo viso contro il petto e dirgli “va bene, Rin, ho capito. È tutto a posto. Piangi, se devi, arrabbiati, se devi, prendimi a pugni, se vuoi. Sfogati”, e qualsiasi odio possa aver provato per lui fino ad un secondo prima svanisce in quell’improvviso, divampante desiderio di tenerlo stretto e farlo stare bene.
Rin è sempre stato un’anima inquieta. Makoto ha sempre avuto una predisposizione naturale per quelli come lui.
Vorrebbe sospirare e dire “cosa vuoi che ti chieda, Rin”. Invece sospira comunque e segue le regole del gioco.
- Come stai? – domanda. Rin ha detto di voler fare conversazione. Quindi faranno conversazione. Rin non accetta mai che le cose vadano differentemente da come le ha pianificate. Niente fa eccezione, nella sua vita. Se le cose non vanno come dice lui, lui prende e va via.
È un’opzione che, se non fosse così disperatamente innamorato di Haruka – al punto da sapere che, se Rin andasse via per causa sua, Haruka non riuscirebbe mai a perdonarlo –, Makoto prenderebbe volentieri in considerazione.
- Una merda, grazie. – risponde Rin. Lecca il bastoncino attorno al quale il ghiacciolo è andato scomparendo negli ultimi minuti, una lappata dopo l’altra, e poi lo getta nel cestino poco distante. – Tu?
Makoto lo conosce a sufficienza da sapere che non gliene frega assolutamente niente, di come sta lui, perciò non perde tempo a rispondere.
- Perché stai male? – domanda invece, lo sguardo basso, forzandosi addosso un sorriso dietro al quale si sente più sicuro.
- Non ti viene in mente nessuna possibile risposta? – domanda Rin, acido. Makoto scuote lentamente il capo, e Rin grugnisce, frustrato. – Allora te ne do una io. Lo sai in che condizioni è rimasto Haruka fin dal giorno in cui l’hai mollato?
Makoto stringe le dita attorno allo zaino.
- È felice? – domanda.
- No, testa di cazzo che non sei altro, no che non è felice. E sei ancora più idiota di quanto pensassi se lo credi davvero.
Makoto abbassa lo sguardo e non dice niente.
- Be’? – domanda Rin.
Makoto tace ancora.
- Makoto!
- Ma cosa vuoi che ti dica?! – esplode lui tutto insieme. L’ondata che gli riempie il petto è un miscuglio confuso di rabbia, frustrazione e tristezza. Cosa gliene frega, di come sta Haruka? Cosa gliene frega se si lascia morire annegato in una vasca da bagno? Cosa gliene frega se smette di mangiare e dormire, cosa? Deve pensare a se stesso! Al suo cuore, al vuoto disgustoso e appiccicaticcio che sente allargarsi nel petto, una pozza di catrame nerissimo dalla quale si sente inghiottito quando anche solo pensa all’eventualità di accettarne l’esistenza! Come può pensare ad Haruka? Come può pensare che sta male? Chi ci pensa a lui? C’è Rin, con Haruka! Per quanto Haruka possa stare male, c’è Rin con lui! Ma Rin non è con Makoto, no! Ovviamente no. Con Makoto c’è solo Makoto, e Makoto si detesta. – Lasciami in pace, Rin. – dice in un rantolo, stringendo i pugni al punto da farsi male da solo ficcandosi le unghie nei palmi, - Lasciami in pace e basta.
Rin non dice niente per un sacco di tempo. Resta così perfettamente silenzioso ed immobile che ad un certo punto Makoto è costretto a guardarlo per assicurarsi che sia ancora lì. C’è ancora. Lo guarda, è furioso. Quando parla, lo fa con un ringhio nella voce trattenuto a stento.
- Makoto. – dice, - Haruka non è nemmeno uscito di casa, negli ultimi giorni. E guardami, - aggiunge indicandosi, - Io ti sembro il tipo da poter stare dietro alle sue paranoie autistiche del cazzo? Quando lo vedo accucciato in quella vasca da bagno di merda, con l’occhio languido che strilla “Makoto, Makoto, dove sei? Perché non sei qui a salvarmi da me stesso?”, secondo te a me cosa viene voglia di fare? Mi viene voglia di prendergli la mano e aiutarlo ad uscire? No, cazzo. Mi viene voglia di affogarlo.
Makoto trema visibilmente, spalancando gli occhi. Lo fissa, le labbra dischiuse, gli occhi pieni di confusione.
- Sicuramente—
- Esagero? – domanda Rin, - No. – poi sospira, passandosi una mano fra i capelli in un gesto al cui magnetismo Makoto non si è mai abituato. Qualcosa nel modo in cui le sue dita si perdono in quella massa arruffata di capelli rossi, qualcosa nella sua espressione quando accade. C’è un erotismo sfacciato che si emana da ogni gesto di Rin, una specie di fiotto liquido e caldo che, a tratti, Makoto si sente addosso con una chiarezza disturbante. – Senti, Makoto, io non ho idea di cosa tu abbia pensato quando hai deciso di mollarlo, ma se pensi che lasciarci soli a noi stessi sia la soluzione ideale, o stai mentendo a te stesso, o non ci conosci affatto. Insomma, - sorride appena, quasi tristemente, - Io ed Haruka siamo due psicopatici, completamente inadatti alla vita. Con tutte le cazzate che ci riempiono il cervello si potrebbero foderare gli oceani. – Makoto lo ascolta, il respiro che si fa sempre più sottile con ogni parola che gli sente pronunciare. E poi Rin lo dice. – Abbiamo bisogno di te.
Rin lo dice, e nella testa di Makoto esplode l’universo. Gli si accende una luce abbagliante nel cervello, e quando capisce quanto cazzo si sente
felice gli sta già battendo il cuore talmente forte che sente gli occhi riempirsi di lacrime e il respiro farsi affannoso.
Rin si irrigidisce sulla sedia e la sua espressione cambia completamente, diventa simile ad un’espressione che Makoto ha già visto. Lo osserva stringere le mani attorno ai braccioli della sedia e sollevarsi appena dalla seduta, piantandogli addosso un’occhiata spaventata.
- Makoto, stai bene? – domanda. Makoto non riesce a parlare. Rin si alza del tutto in piedi e si precipita accanto a lui, gli appoggia la mano aperta sulla schiena e preme un po’, chinandosi su di lui. – Makoto! – quasi urla.
Makoto deglutisce e ricorda, prende un respiro profondo e si volta a guardarlo, sorridendogli.
- È tutto a posto. – dice, - Tranquillo.
Rin espira, sollevato, e raddrizza la schiena. Ma non gli toglie le mani di dosso.
- Meno male. – dice, - Credevo che ti stesse succedendo di nuovo.
Non ha bisogno di specificare che cosa, ed improvvisamente Makoto si sente invaso dai ricordi. Un Rin infinitamente più piccolo ma sempre curiosamente uguale a se stesso, nonostante i cambiamenti, lo guarda e piange. “Ho avuto paura,” gli dice. “Haruka sta bene,” gli risponde lui. “Non per lui,” insiste il piccolo Rin, “Per te.”
Makoto è sempre stato geloso della connessione fra Haruka e Rin. Ne era geloso perché sentiva che Haruka avrebbe dovuto appartenergli – lui gli era sempre stato accanto, no? Se lo meritava. Era suo, doveva essere suo – ed era geloso anche perché Rin sembrava così inafferrabile, così fuori dalla sua portata. Non sarebbe mai riuscito a toccardo, si diceva, forse Haruka un giorno l’avrebbe fatto, ma lui? Per lui Rin sarebbe sempre rimasto troppo distante, così pensava.
Però forse si sbagliava.
*Rin lo porta a casa di Haruka, ovviamente. C’è silenzio ovunque, ma entrambi sanno bene dove trovarlo, e quando entrano in bagno lo trovano sdraiato nella vasca, i capelli bagnati, gli occhi un po’ spenti, il delfino di plastica che galleggia mollemente nello spazio fra le sue ginocchia. Haruka si volta verso di loro e, quando vede Makoto, spalanca gli occhi. Li spalanca proprio, come un bambino sorpreso di fronte ad un regalo, e poi scatta in piedi, schizzando acqua dappertutto.
Makoto non l’ha mai visto tanto felice di vederlo. Non sta sorridendo, non dice niente, la sua espressione non è tanto diversa dal solito, ma Makoto riesce lo stesso a capire che è contento. Forse è il modo particolare in cui gli brillano gli occhi – forse è semplicemente il fatto che, appena realizza la sua presenza lì, appena ne è veramente cosciente, Haruka scavalca il bordo della vasca e, rischiando di spezzarsi l’osso del collo scivolando coi piedi sul pavimento bagnato, si lancia contro di lui.
Non cerca un abbraccio, cerca una collisione di corpi. Makoto gli si offre a braccia aperte, sente il suo petto schiantarsi quasi con violenza contro il proprio, sente l’acqua della sua pelle trasferirsi sui suoi vestiti, renderli pesanti e trasparenti, e gli sta bene.
Rin, al suo fianco, sorride, anche se è un sorriso storto.
- Sei geloso? – gli domanda in una risata sorpresa, - Ma mi hai portato tu qui.
- Questo non cambia niente. – ride Rin, passandosi una mano fra i capelli, e Makoto pensa che forse è giusto che certe dinamiche non cambino, per quanto stupide e infantili possano essere. Saranno tutti e tre per sempre gelosi l’uno dell’altro in modi sempre diversi. Ed è una cosa stupida, ed è una cosa buffa, ed è una cosa piacevole.
Makoto guarda in basso ed Haruka lo sta fissando, le sopracciglia aggrottate.
- Non farlo mai più. – gli dice. Asciutto e diretto, come sempre. Makoto annuisce e promette anche se non gli è stato chiesto di farlo. È una sua scelta, lui lavora meglio sotto il peso della responsabilità.
Haruka si solleva sulle punte per premergli un bacio urgente sulle labbra. Un po’ preso alla sprovvista, sulle prime Makoto non sa che fare, e resta lì, completamente immobile, mentre Haruka gli ficca le dita nelle spalle e lo attira a sé. Rin ride di gusto, gettando indietro il capo.
- Gli sei mancato più di quanto pensavi, pare. – lo prende in giro. Haruka si allontana da Makoto per lanciargli un’occhiata furiosa.
- Sta’ zitto. – dice, poi si volta a guardare Makoto, le sopracciglia aggrottate. – E tu, baciami. – ordina. Makoto non se lo fa ripetere due volte.
La questione del sesso, quando Makoto ed Haruka stavano insieme, era sempre stata molto naturale. Makoto aveva riflettuto spesso sull’argomento, quando ancora non stavano insieme, che poi è un altro modo per dire che aveva fantasticato di brutto, al punto da avere paura che, quando la cosa si sarebbe verificata –
se si sarebbe verificata affatto – sarebbe stata una delusione.
Era stato talmente idiota da crederci, ma ovviamente quando era successo aveva capito di essersi solo preso in giro per anni per cercare di non illudersi troppo. La prima volta con Haruka era stata
meravigliosa. Incredibile. Molto meglio di qualsiasi fantasia. L’aveva sentito ovunque, ovunque intorno a sé, ed era stato grandioso. Non aveva mai voluto altro, ed era stato grandioso.
Haruka, però, era sempre stato molto passivo, a riguardo. Gli piaceva, o almeno sembrava piacergli parecchio, ma aveva sempre lasciato che fosse Makoto a cercarlo per primo. Non sembrava mai veramente affamato di lui.
Ora Makoto schiude le labbra e cerca con la propria lingua quella di Haruka, e si stupisce di trovarla già in cerca della sua, invece che immobile e in attesa. Haruka gli stringe le braccia intorno al collo e si preme forte contro di lui, nervoso ed elettrico per la prima volta in assoluto da quando hanno cominciato a toccarsi, e Makoto sente sulle sue labbra un sapore diverso. Ed anche se non l’ha mai assaggiato, sa che è quello di Rin. E capisce che questo è quello che è cambiato, che adesso c’è Rin in mezzo. Che Haruka non avrebbe mai potuto baciarlo così, senza di lui. Il bisogno di Haruka è custodito nel segreto del tocco di Rin fin dalla prima volta che si sono visti. Fin dal primo istante in cui si sono guardati, Rin immerso in piscina, Haruka ritto a bordovasca. Haruka ha visto il sorriso di Rin e ha deciso che sarebbe stato lui il padrone delle sue voglie. Nessun altro. Così come Makoto è convinto di essere lui l’affidatario unico ed esclusivo del suo affetto incondizionato.
Quando sente le dita di Haruka insinuarsi bruscamente sotto la sua camicia dopo averla strattonata a lungo per tirargliela fuori dai pantaloni, il suo primo istinto è quello di perdercisi completamente. Haruka lo tocca come nuota, affamato e disperato ma anche con totale fiducia e abbandono. E Makoto ha voluto questo tocco così a lungo che, in un primo momento, la sola idea di fermarlo suona come una blasfemia alle sue orecchie.
Poi ricorda che Rin è lì, che non hanno ancora discusso questa strana situazione, che forse dovrebbero. E stringe i polsi di Haruka fra le dita, allontanandoselo di dosso.
- Aspetta, - dice contro le sue labbra, dal momento che Haruka non sembra affatto intenzionato a smettere di baciarlo, - Dobbiamo—
- Stare zitti e continuare. – dice Rin, inarcando un sopracciglio. Makoto gli solleva addosso lo sguardo e nota che si è spostato alle spalle di Haruka, troppo vicino per essere li per caso. Guarda in basso e nota le sue dita già intente a fargli scivolare il costume da bagno lungo le cosce, e deglutisce quando l’erezione di Haruka fa capolino oltre l’orlo, sobbalzando appena nel momento in cui il tessuto elastico la scopre.
- Ma… - Makoto annaspa, lanciando occhiate preoccupate ad entrambi. Sarà normale, questa cosa? Sarà giusta così?
Rin sospira e scuote il capo, annoiato.
- Makoto, sei sempre stato una palla al piede. – dice con aria rassegnata, - La situazione è semplice: - spiega, sollevando un braccio e stringendolo attorno alle spalle di Haruka, mentre appoggia il mento sulla curva del suo collo, - Lui è mio, e io non lo mollo. È anche tuo, però, e per quanto mi piacerebbe poter avere l’esclusiva, non può funzionare. Quindi, da ora in poi, ci si muove in tre. O così, o niente. Adeguati.
Makoto sbatte le palpebre un paio di volte, abbastanza allucinato dalla situazione da perdere di vista per qualche secondo anche la vicinanza così pressante di Haruka ed il calore della sua pelle nuda e bagnata contro la propria.
Ci pensa Haruka, come al solito, a riportare la sua attenzione su di sé. Gli stringe il mento fra le dita e lo costringe a voltarsi e piegare il collo per guardarlo, e gli parla solo quando è sicuro di avere i suoi occhi addosso.
- Quello che questo cretino sta cercando di dirti è che io vi voglio entrambi e non sono disposto ad accettare niente di meno. Adeguati a questo. – conclude, prima di tirarlo giù con forza, schiacciandoselo addosso e baciandolo voracemente, con la bocca aperta, la lingua bagnata che preme sulle sue labbra per forzarle ad aprirsi.
Non c’è altra legge che Makoto conosca che non sia quella di adeguarsi ad ogni voglia di Haruka, e perciò chiude gli occhi e decide di lasciarsi andare. Gli tornano in mente le parole di Rin quando li ha trovati a baciarsi in cucina – “niente isterismi, Makoto” – e si dice che è stato un idiota. Sarebbe stato tutto molto più semplice se si fosse fermato ad ascoltare. Non Rin, e per una volta neanche Haruka: solo se stesso.
Le mani di Rin scorrono veloci sul petto di Haruka, ne tracciano le linee sode e definite, e Makoto sente addosso le sue nocche ossute, e la sua pelle si ricopre di brividi. Haruka solleva il bacino e si struscia impaziente contro di lui, e Makoto ha appena il tempo di pensare che, però, le cose si sono fatte serie proprio in fretta, che subito il pensiero viene sostituito dalla consapevolezza di potercisi abituare altrettanto in fretta. Si allontana dalle labbra di Haruka solo per scivolargli lungo il collo, e sbatte la testa contro Rin, che, in risposta, gli tira uno scappellotto sulla nuca.
- Vai dall’altro lato. – borbotta, - Non lo vedi che qui è occupato?
Makoto non può fare a meno di ridere, e ride perfino più forte quando vede anche Haruka sorridere appena, gli occhi chiusi, totalmente abbandonato alle sue carezze e ai morsi affamati che Rin affonda nella sua spalla. Diligentemente, lascia un piccolo bacio sul segno dei denti di Rin – che Rin si premura di ricalcare immediatamente dopo che lui si allontana – e poi piega il capo, risalendo la linea del collo di Haruka in punta di lingua, fino a raggiungere il lobo. Lo prende fra le labbra, succhia, morde e lecca, Haruka si lascia sfuggire un gemito e poi decide che basta così.
Makoto sente le sue mani premere con decisione contro il petto – le ignora, loro risalgono lungo le sue spalle, si aggrappano e graffiano, ed allora Makoto apre gli occhi e sorride.
- Okay, - dice sorridendo, - Okay, ho capito.
Haruka sbuffa, scuote la testa per liberarsi gli occhi dalla frangetta bagnata e poi si volta. Makoto lo osserva allacciare le braccia dietro al collo di Rin e baciarlo quasi con violenza. Guardarli baciarsi è un po’ come guardarli nuotare l’uno contro l’altro. Usualmente, ad Haruka non interesserebbe minimamente una competizione in quel senso, ma per qualche motivo se è Rin ad essere coinvolto diventa imperativo mettercela tutta per prendere il controllo. Giocano a sopraffarsi a vicenda, ed in quella gara continua è talmente palese che si appartengono senza speranza che Makoto ne sarebbe quasi geloso (ancora), se non stringesse i fianchi di Haruka fra le mani, se non potesse affondare le dita negli spigoli netti del suo bacino, se non potesse stringere con forza le sue natiche e sentirle opporre resistenza, dure come fottuto marmo, contro i suoi palmi bene aperti.
È facile ritrovare il ritmo, lo stesso ritmo col quale facevano l’amore prima di lasciarsi. È facile anche se c’è Rin, il che gli fa pensare che forse Rin è sempre stato lì, in fondo, in qualche modo. Invisibile, stava nascosto dentro Haruka, nel suo sguardo lontano e distratto, ma c’era. E così è più facile accettarlo adesso, accettare che, mentre Makoto accarezza Haruka e poi forza la sua apertura con le dita, allargandole per farsi spazio dentro il suo corpo, Rin è lì, e lo tocca, e gli lascia scivolare le mani addosso con tanta forza da lasciargli la pelle arrossata, e gli morde le labbra fino a farle diventare gonfie e lucide e rosse come lamponi, e si struscia contro di lui, e poi avvolge le loro erezioni con le dita e le accarezza, masturbandosi con lui e contro di lui.
Sono bellissimi, e Makoto vuole diventare una parte di tutto questo. Lo vuole con un’intensità che lo spaventa. Si lecca una mano e si accarezza un paio di volte, poi punta la propria erezione contro Haruka con fissa in testa l’idea di trafiggerlo, chiude gli occhi e spinge. Affonda dentro di lui strappandogli dalle labbra un gemito roco che somiglia ad un lamento, e quasi si aspetta che Haruka cerchi di allontanarsi, di sfuggirgli, ma Haruka va incontro alle sue spinte, si schiaccia contro di lui, inarca la schiena per prenderlo più profondamente e gli si apre attorno con fiducia, solo per poi contrarre i muscoli attorno al suo cazzo con tanta forza da farlo sentire in trappola.
È così stretto che fa quasi male, è quasi troppo. Però è bellissimo, e mentre lo scopa con gli occhi chiusi come in un sogno, Makoto pensa davvero di essere stato un idiota. Pensa che forse, da qualche parte nello spazio e nel tempo, c’è una versione alternativa di sé che ha avuto meno paura, che ha detto subito sì, che è rimasta ad ascoltare fin dal primo istante, e che è stata molto più felice di lui. Pensa a tutto quello che avrebbe potuto avere fin dall’inizio – i gemiti di Haruka soffocati contro le labbra di Rin, la solidità delle braccia di Rin sotto le sue dita mentre gli richiude addosso le mani e lo usa per tenere Haruka più stretto, schiacciato fra i loro corpi – e sì, si sente proprio un idiota.
Poi Haruka viene, all’improvviso e con un gemito spezzato, uno schizzo bianco e trasparente contro gli addominali contratti di Rin. E Makoto non pensa più a niente, a parte spingere più forte. I gemiti di Haruka si fanno più profondi e più confusi, e proprio quando stanno per diventare imprecazioni il corpo di Makoto cede, e lui segue con i fianchi l’ondata di piacere che gli monta nel bassoventre e poi si abbatte su Haruka, sul pallore della sua spina dorsale, curva come una falce di luna, lasciando Makoto svuotato e senza forze.
Rin non è venuto. Makoto se ne accorge ma si sente troppo drenato per potersene davvero interessare. Haruka, però, non è della stessa opinione. Non aspetta neanche di riprendere fiato: Makoto lo osserva cadere sulle ginocchia in un movimento fluido, afferrare Rin per i fianchi e poi prenderlo in bocca senza la minima esitazione, con la voglia di uno che non ha aspettato altro per anni.
Le labbra di Haruka si chiudono con forza attorno all’erezione di Rin, Makoto lo sente succhiare e sa che il suono dovrebbe infastidirlo, solo che non lo fa. Piuttosto solleva gli occhi su Rin, sui lineamenti del suo volto adesso così rilassati, e poi guarda in basso, alla mano che ha poggiato sulla testa di Haruka, alle dita che ogni tanto si stringono attorno ai suoi capelli scuri, tirano un po’, poi premono per dettare alla sua testa il ritmo per muoversi avanti e indietro, abbastanza per affondare fino alla base dentro la sua bocca ma non per costringerlo a strozzarsi.
All’inizio, Haruka succhia con gli occhi chiusi, perfettamente soddisfatto anche solo dall’idea di quello che sta facendo. Poi schiude le palpebre, guarda in alto. Il suo sguardo incontra quello di Rin e non riesce più a mollarlo, e Makoto sente qualcosa di fisico e intenso passare fra loro, e trattiene il respiro.
Rin geme, chiude le dita attorno ai capelli di Haruka e se lo stacca di dosso appena in tempo per venirgli in faccia. Haruka chiude gli occhi e la bocca, ma non si sposta. Poi riapre gli occhi, sbuffa appena e si lecca le labbra, assaggiando l’orgasmo di Rin con curiosità e interesse, come se si fosse chiesto di cosa sapesse fin dalla prima volta che l’ha visto.
Haruka è sempre stato strano, fin da piccolo. Forse se lo chiedeva davvero, pensa Makoto. Ed è consapevole di perdersi in questi pensieri stupidi solo perché non vuole guardare in basso, perché sa di averlo di nuovo duro.
Sospira pesantemente, passandosi una mano fra i capelli e sperando che passi. Spera anche di non attirare troppo l’attenzione di Haruka e Rin, ma ovviamente, sentendolo sospirare, loro si voltano a guardarlo. Haruka solleva un sopracciglio con l’aria di uno che non vuole neanche sentirne parlare, mentre Rin getta indietro il capo, passandosi una mano fra i capelli per scostarseli dal viso, e ride di gusto, appoggiandosi al lavandino alle sue spalle.
- Makoto, sei assurdo. – commenta fra una risata e l’altra, - Haruka, ci pensi tu? Visto che sei un portento.
Haruka lo studia con un certo interesse, restando in silenzio per qualche secondo. Poi sbuffa.
- Troppa fatica. – conclude, aprendo la bocca al massimo ed indicandosela come a dimostrare che, per riuscire a soddisfarlo, gli servirebbe una mascella molto più snodata di quella che la natura gli ha dato in dono per supportare la sua scarsissima mobilità espressiva.
Rin scoppia a ridere un’altra volta, così convulsamente da doversi piegare in due. Haruka, infastidito dal chiasso, gli tira una botta dietro la testa.
- Non fare casino, sei sguaiato. – lo rimprovera. Poi si volta a guardare la vasca da bagno ancora piena. Si avvicina e immerge due dita nell’acqua. Trovandola ancora tiepida, sorride lievemente. – Ho bisogno di un bagno. – sentenzia. Non aspetta neanche un commento da parte loro prima di immergersi.
Rin ride ancora e batte una pacca amichevole sulle spalla di Makoto, che lo fissa allucinato, rendendosi conto – finalmente – di quello che è effettivamente successo nel corso dell’ultima mezz’ora.
- Vieni, dai. – dice Rin, guidandolo fuori dal bagno, - Tanto lo sai che ne avrà almeno per un’oretta. – Makoto annuisce vagamente, e il sorriso di Rin si allarga in un ghigno malizioso che gli lascia scoperti i denti. – E poi, noi due abbiamo un sacco di tempo perduto da recuperare.
A Makoto non sfugge affatto l’implicazione delle sue parole, specie quando intercetta il suo sguardo abbracciare quasi con soddisfazione la sua erezione ancora svettante.
Può abituarsi in fretta anche a quello.