Genere: Introspettivo, Erotico.
Pairing: Makoto/Rin, Makoto/Haruka, Rin/Haruka, Rin/Haruka/Makoto.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Angst, What If?, Missing Moment.
- What If?/Missing Moment dell'episodio nove di Free! Eternal Summer. Rin entra in camera di Makoto ed Haruka per parlare con Haruka, ma trova solo Makoto. Nudo.
Note: In realtà ero partita con l'idea di scrivere porno ispirato a questa cosa. Poi però lo spirito dell'episodio nove ha preso possesso della mia anima, e lì ero perduta.
Pairing: Makoto/Rin, Makoto/Haruka, Rin/Haruka, Rin/Haruka/Makoto.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Angst, What If?, Missing Moment.
- What If?/Missing Moment dell'episodio nove di Free! Eternal Summer. Rin entra in camera di Makoto ed Haruka per parlare con Haruka, ma trova solo Makoto. Nudo.
Note: In realtà ero partita con l'idea di scrivere porno ispirato a questa cosa. Poi però lo spirito dell'episodio nove ha preso possesso della mia anima, e lì ero perduta.
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SPEAKING A DEAD LANGUAGE
Si guardano negli occhi per un paio di secondi infiniti durante i quali Rin smette di respirare, e Makoto lo fissa sgomento, talmente preso alla sprovvista da non riuscire neanche a pensare alla possibilità di coprirsi, anche se solo con le mani. Durano un’eternità, questi due secondi, e Rin se li sente pesare addosso come anni mentre osserva le guance di Makoto cambiare colore, arrossarsi prima lievemente, poi con sempre maggiore intensità finché non diventano dello stesso colore delle mele mature, due pomelli da cartone animato che si fanno ancora più rossi quando gli occhi di Rin, inesorabilmente, scivolano lungo il suo corpo, fermandosi all’altezza dell’inguine.
Oh mio Dio.
Non può vederlo, ma sa che lo sguardo di Makoto segue il suo. Se ne accorge senza possibilità di dubbio quando all’improvviso la voce di Makoto spezza il silenzio in uno strillo infantile.
- Rin! – dice, le mani che scattano a coprirsi, - La porta! Chiudi la porta!
Come se l’avessero appena svegliato, Rin ci mette un po’ a tornare presente a se stesso. Sbatte le palpebre con aria confusa, torna a guardare Makoto in viso e solo quando vede riflesso il panico nei suoi occhi verdi si volta di scatto, afferrando la maniglia della porta e spingendo finché non sente la serratura scattare.
Gli batte il cuore così forte che si sente mancare il respiro.
Continua a fissare la porta perché non vuole voltarsi indietro. Riesce a sentire Makoto armeggiare coi suoi vestiti, indossarli uno dopo l’altro, e pensa che sono suoni che dovrebbero calmarlo, ma per qualche motivo stanno avendo su di lui l’effetto opposto. Continua a pensare alla pelle di Makoto, leggermente abbronzata e ancora umida dopo la doccia, e ai vestiti che gli scivolano addosso, attaccandosi al suo corpo, impacciandogli i movimenti.
Gli si stringe lo stomaco in un nodo doloroso e digrigna i denti in un gesto involontario di cui non si accorge finché non cominciano a fargli male.
- Scusa. – biascica, la mano ancora stretta attorno alla maniglia, - Non sapevo—Intendo, non pensavo—
- Rin, avresti potuto bussare! – risponde Makoto con quel tono lamentoso che usa soltanto quando è molto imbarazzato o molto infastidito da qualcosa.
- Non mi aspettavo nemmeno di trovarla aperta, la porta! – si agita Rin, lasciando andare la maniglia e stringendo le mani lungo i fianchi, - Perché non l’avete chiusa a chiave?!
- Haru… - considera Makoto, pensoso, - Deve averla lasciata aperta quando è uscito.
Rin si volta a guardarlo. Lo trova già vestito – indossa una maglietta che Rin ha visto forse più volte addosso ad Haruka di quante non l’abbia vista addosso a lui. Un tempo il particolare l’avrebbe disturbato – non avrebbe saputo spiegarsene il motivo, ma l’avrebbe disturbato. Adesso è come una breve parentesi all’interno di un discorso più ampio. Ne prende nota come una cosa che già conosce. Può vedersi scrollare le spalle senza motivo, come gli servisse un movimento specifico per passare oltre.
- Dov’è andato? – domanda.
Makoto risponde con uno di quei sorrisi che lasciano sempre Rin interdetto fra la possibilità di prenderlo a schiaffi e quella di dargli un bacio. Makoto ha sempre avuto quest’effetto, su di lui. In un certo senso, lo capisce ancora meno di quanto capisca Haru. Però con Makoto è più facile avere a che fare, e in un certo senso a Rin piace di più.
- Forse aveva voglia di fare una corsa. – ipotizza Makoto. Non dice altro, anche se Rin sa che lo sta pensando. Sa che Makoto al novantanove virgola nove percento sa esattamente cos’ha Haru per la testa in questo momento, ma non ne parla, nemmeno con lui (soprattutto con lui), perché se lo facesse gli sembrerebbe di tradire la sua fiducia, di rivelare in qualche modo un segreto che Haruka non gli ha mai rivelato ma che comunque si aspetta che Makoto continui a custodire gelosamente a prescindere da tutto il resto.
C’è sempre stata tutta una lunghissima conversazione silenziosa, fra Haruka e Makoto. Hanno cominciato a parlare fra loro prima ancora di cominciare a parlare davvero, e dal momento che funzionava hanno continuato ad andare avanti così per anni. Continuano, anche adesso. E per quanto silenziose siano le loro voci, sovrastarne il suono all’interno delle loro teste è praticamente impossibile.
Tant’è che Rin, quando ci ha provato, ha dovuto mettersi a urlare.
- Non dovrebbe andare in giro così la sera prima di una gara. – borbotta, incrociando le braccia sul petto, - Domani sarà stanco. Seriamente, cos’ha al posto del cervello? Non capisce quanto sono importanti queste gare per il suo futuro?
Makoto risponde con un altro di quei sorrisi privati la cui traduzione a Rin sfugge del tutto. Sente i propri muscoli tendersi in uno scatto nervoso, e cerca di mantenere la calma.
- Penso che Haru lo sappia, - risponde Makoto, - E che a modo suo ci stia già pensando. Anche se non ne parla.
È così tipico di loro, pensa in un altro scatto di rabbia, sentendosi forzato a guardare altrove per smettere di fissare il sorriso perfetto di Makoto. Non hanno idea, né Haru né Makoto, di quanto sia difficile star loro dietro. Di quanto sia dura per Rin provare continuamente a cercare di dare voce a cose che nessuno dei due dice. È costretto a parlare per tre, se vuole avere una conversazione. È una cosa così sfiancante che pensa che forse dovrebbe lasciare perdere più volte di quante spesso non riesca a tollerare.
A volte vorrebbe discuterne con Sousuke. Cercare di spiegargli questa situazione. Dirgli, non lo vedono. Non li vedono, gli sforzi che faccio. Visto quanto sono stato lontano, sto provando, sto provando con tutte le mie forze a tornare vicino, ma mentre io non c’ero loro hanno sviluppato un linguaggio segreto, un linguaggio che parlano con gli occhi, e io non so parlare la loro stessa lingua, e il loro è un dialogo nel quale non posso inserirmi.
Sa già cosa gli direbbe Sousuke, però. Che dovrebbe concentrarsi su altro, sul suo futuro, non quello di Nanase e Tachibana, e poi volterebbe lo sguardo, chiudendo la conversazione. A Sousuke non piace parlare di Haruka e Makoto. A Sousuke non piace neanche sentirli nominare. Rin non ne capisce il motivo e quando ci pensa riesce solo a sospirare.
Le persone sono così complicate. Nessuno dice mai quello che pensa veramente, anche se sarebbe tutto molto più semplice se lo facessero. Sono tutti così gelosi dei loro sentimenti. Tutti così spaventati di esporre una parte vulnerabile. Non riescono a capire una cosa che Rin invece ha capito tanto tempo fa – non esiste una parte che non sia vulnerabile. Siamo tutti pelle sensibile e carne tenera, esposta al dolore come alla gioia ogni minuto, ogni secondo. Tutto può fare male, perfino le cose più piccole, perfino le cose più irrilevanti, e il silenzio complica solo tutto.
Rin ha deciso che il silenzio non gli appartiene più.
- Come si aspetta che io lo sappia se non ne parla? – dice a mezza voce, lo sguardo un po’ perso. Makoto se ne accorge, perché Makoto si accorge sempre di tutto. Sembra programmato per notarli, questi dettagli. Rin immagina che quando passi le tue giornate al fianco di una persona come Haruka per forza di cose la tua mente si modifica in sua funzione. Dal momento che Haruka non parla mai, impari a capirlo da quello che non dice.
Rin non ci sarebbe mai riuscito. Anche se fosse rimasto. Anche se fosse rimasto un milione di anni. Non avrebbe mai imparato.
- Volevi parlargli? – chiede Makoto dolcemente, alzando appena la voce per tirarlo fuori da quel momento il più delicatamente possibile. Ci riesce, perché Makoto riesce sempre a fare tutto quello che vuole.
- Sì. – risponde Rin, - Volevo chiedergli se ha già deciso cosa fare dopo. Ma vedo che come al solito continua a scappare.
Makoto sorride, sedendosi sulla sponda del letto. Ha un asciugamano attorno al collo, ed è già tutto umido perché non si è ancora asciugato i capelli. Anche il resto dei suoi vestiti, come Rin aveva immaginato, gli si è tutto appiccicato addosso perché, nella fretta di rivestirsi, non ha prima pensato ad asciugarsi. Sospira, pensando distintamente che è un bene che lui, Haruka e Makoto non si vedano tutti i giorni. Ogni volta che è con loro tutto quello che vuole fare è coprirli di domande e tenerli d’occhio per evitare che facciano qualcosa di stupido. Non gli piace comportarsi in questo modo, sa che non è questo il suo posto. E inoltre sa che ad Haruka e Makoto questo non serve. Ma è più forte di lui.
Prende uno sgabello e lo trascina vicino al letto, sedendosi di fronte a Makoto.
- E tu? – gli domanda.
Makoto gli solleva addosso un’occhiata smarrita, onestamente confusa dalla domanda. È abituato a sentirsi rivolgere domande riguardo ad Haruka, ma l’idea che qualcuno possa rivolgergli una domanda per sapere come sta lui, a cosa pensi lui, quali siano i suoi progetti, gli è del tutto estranea.
È una cosa disturbante.
Makoto ed Haruka sono un organismo unico all’interno del quale Haruka ha occupato tutti gli spazi e il ruolo di Makoto è quello di fare da collante per essere sicuro che il corpo non cada a pezzi, sfaldandosi per ogni minimo movimento. È un’entità che nasconde la sua volontà propria per concentrarsi sul tenere insieme quella di qualcun altro.
Rin detesta il solo pensiero. Si sente soffocare alla sola idea.
- Io? – domanda Makoto, piegando appena il capo.
- Sì, tu. – insiste lui, brusco, - Hai pensato a cosa farai dopo? Con i tuoi tempi, è possibile che almeno un paio di osservatori si interessino a te. Se uno di loro ti contattasse, cosa faresti?
Makoto lo guarda per qualche istante, gli occhi verdi che brillano di una luce speciale di cui Rin si sente il calore addosso, e poi, mentre Makoto balbetta un “io…” stentato, mentre cerca le parole per esprimersi, Rin improvvisamente ha un’epifania. O forse no, forse epifania non è il termine più corretto, perché non viene investito da nessuna consapevolezza, non diventa tutto a un tratte consapevole di un qualche misterioso segreto che prima gli sfuggiva. Non è un’epifania, è una premonizione.
Non voglio sentire. Adesso Makoto parlerà e mi dirà che vuole restare. O che vuole andare via. Che vorrà fare qualsiasi cosa Haru voglia fare, che andrà o resterà a seconda della decisione che Haru prenderà a proposito del proprio futuro.
E io non voglio sentire.
- Non dobbiamo parlarne per forza, se non vuoi. – si obbliga a dire, il cuore che gli martella nel petto. Si chiede se sia così che Haru si sente ogni volta che capisce che dovrebbero parlare di quello che succederà dopo il diploma e poi invece non lo fanno. Si chiede se il suo cuore batta così forte al pensiero di perdere Makoto, perdere l’idea di Makoto, per colpa di qualcosa di più grande che lui non riesce a capire.
Forse è per questo, si dice, che non parlano mai. Perché è vero che siamo pelle e carne esposta al dolore in ogni momento, ma ci sono ferite che non si rimarginano e da quelle l’istinto ci porta a proteggerci anche se è stupido, anche se è inutile.
Rin ci pensa in quell’istante per la prima volta.
Lui sa cosa vuole dalla propria vita. Non si vede qui, fra dieci anni. Non si vede fermo, fra dieci anni. Non si vede sereno e contento di una cosa piccola accettata per non rischiare di fare un salto troppo lungo e cadere nel vuoto, fra dieci anni.
Se guarda bene, con più attenzione, vede Haruka e Makoto al suo fianco in quel momento? Quando sarà lontano da tutto questo, quando la scuola sarà un ricordo distante come un sogno, quando avrà allungato le dita per afferrare quello che vuole, Haruka e Makoto saranno lì con lui? Saranno qui? Saranno… cosa? Ancora impegnati nella loro fitta conversazione a due fatta di sguardi e sorrisi appena accennati, di gesti senza eco, di abbracci impalpabili, di carezze ferme alle intenzioni? Mentre Rin si allontana, e si allontana, e non li sente, e non li vede, rassegnato a sentirli parlare una lingua che non comprende finché le loro voci non saranno che un bisbiglio, e poi più niente?
Makoto abbassa lo sguardo, le labbra piegate in un sorriso incerto.
- Grazie. – dice.
Rin annuisce, ma lo stomaco gli fa così male che ha quasi la nausea. Si alza in piedi e pensa di andare via. Lasciarsi tutto questo alle spalle. Può sentire la voce di Sousuke rimbombargli nelle orecchie. Pensa a te stesso, Rin, è il tuo futuro, è il tuo sogno, è più importante di quelli degli altri. E Rin sa che è vero. Sa che, se avesse lasciato Makoto libero di parlare, poco fa, se Makoto gli avesse detto “Haruka probabilmente resterà qui, ed io resterò con lui anche se qualche università dovesse notarmi”, il suo futuro non sarebbe cambiato di una virgola. Lui avrebbe continuato ad andare per la sua strada, rassegnandosi giorno dopo giorno all’idea di perderli.
E questo fa ancora più male.
- Io non vi capisco. – dice, abbassando lo sguardo, - Né te, né Haruka. Non vi capisco. Vorrei… ma non ci riesco. Ci provo, ma non ottengo nessun risultato. Eppure, - solleva lo sguardo addosso a Makoto, trovando i suoi occhi a fissarlo di rimando, - Non posso fare a meno di continuare a provarci. Continuo a insistere anche se a volte mi sembra di parlare con un muro. Forse dovrei smettere, ma insistere è l’unica cosa che so fare. È l’unica cosa a cui riesco a pensare per provare a raggiungervi, in qualche modo. – abbassa lo sguardo un’altra volta, sulla propria mano sollevata, il palmo rivolto verso l’alto. La chiude a pugno in un gesto secco. – Sono qui a pochi passi da voi, ma ogni tanto mi sembra di stare ancora dall’altra parte del mondo.
Makoto lo guarda, le sopracciglia inarcate in un’espressione triste. Rin sa che gli dispiace. Makoto può percepire come si sente, e ne soffre perché è lui a causargli quel dolore, anche se indirettamente e senza volerlo. Quando Rin glielo legge negli occhi, si pente subito di aver parlato. Ma dire le cose a Makoto è molto più semplice che dirle ad Haru. C’è un muro attorno ad Haru che Rin non riesce ad attraversare senza sfondarlo. Il muro di Makoto invece è una barriera più morbida. Ogni tanto, solo ogni tanto, Rin è capace di passarvi attraverso e andargli più vicino. Ed è facile lasciarsi andare, in quelle occasioni, perché in quello spazio minuscolo fra se stesso e il suo muro Makoto tiene tutto il calore del mondo. E c’è un angolino che non è ancora stato occupato da Haru, e Rin sa che quell’angolino è lì per lui, quando vuole provare a raggiungerlo. Ed anche se dopo un po’ sente sempre il bisogno di andare via, è grato a Makoto per quello spazio che gli riserva, per la gentilezza che gli fa nel tenerlo sgombro in sua attesa.
- Rin. – dice Makoto. Il suono della sua voce è dolce come quello di una mamma, e Rin arrossisce quando ci pensa, perché è una cosa stupida. – Io ti sento molto vicino.
Rin gli solleva addosso lo sguardo, le labbra dischiuse in un’espressione sorpresa. Lo trova sorridente e sereno come al solito, e arrossisce ancora. Dai capelli bagnati di Makoto scende una gocciolina d’acqua che percorre lenta e ostinata la linea della sua mascella e poi scivola lungo il mento. Rin la osserva per concentrarsi su qualcosa di diverso rispetto agli occhi di Makoto, ma sa già che non è una buona idea.
Gli si avvicina, coprendo la distanza che li separa in un passo incerto. Quando le sue ginocchia sfiorano quelle di Makoto, pensa “è fatta”, ma non sa che cosa. L’unica cosa che riesce a riconoscere è una sensazione che, prima di quel momento, aveva provato solo con Haru. La sensazione precisa di essere stato libero fino a pochi secondi prima, e di essere poi stato attaccato ad un gancio all’improvviso quando si è avvicinato. Ne ha sentito come lo schiocco metallico, ed ora sa che, anche se provasse ad allontanarsi, non ci riuscirebbe.
- …un po’ mi dai sui nervi. – borbotta, sollevando le mani ed appoggiandogliele sulle spalle.
Makoto ride, e non si tira indietro quando Rin solleva una gamba e gli si siede a cavalcioni in grembo, guardandolo più da vicino.
Non ha bisogno di chiedergli cosa sta facendo. Probabilmente perché già lo sa. Ed è un bene, perché Rin invece non ne ha idea. Sta seguendo un istinto di cui non è sicuro di potersi fidare, un istinto che sussurra “più vicino”, anche se vicino non è ancora abbastanza. Gli scivola addosso, stendendo le gambe sul materasso. Poi le richiude dietro la schiena di Makoto, stringendoselo addosso. Non fa nient’altro, anche se sa che dovrebbe. Dovrebbe prendersi le sue responsabilità ed essere lui a fare il primo passo, ma non lo fa, perché ne ha paura. Perché se si sporgesse a baciarlo e Makoto si tirasse indietro, Rin saprebbe che Haruka si è messo in mezzo, senza parlare, senza nemmeno essere lì, e non potrebbe sopportarlo.
È Makoto ad avvicinarsi per primo, invece. Sfiora le labbra di Rin con le proprie chiudendo gli occhi non come se non volesse vederlo, ma come se non avesse bisogno di farlo. Rin gli sente addosso il sapore di Haruka in un’eco indefinita di cui non riesce a spiegarsi la ragione finché non accetta che quel sapore è lì perché Haruka è lì. Haruka è sempre lì. Non è in mezzo, ma con loro. Anche quando non c’è, anche quando non parla. Per il solo fatto che loro possono sentirlo, lui è lì.
Makoto schiude le labbra e la sua lingua accarezza lenta quella di Rin, mentre Rin piega il capo, si stringe a lui e chiude le dita attorno al tessuto bagnato della sua maglietta, tirandola piano per invitarlo a toglierla. Makoto si allontana solo per afferrarla da dietro e sfilarla dalla testa, lasciandola ricadere sul letto accanto a loro. Rin lo guarda, guarda la sua pelle nuda e liscia, le linee dei muscoli in rilievo, le curve e gli spigoli del suo corpo, e si sente invadere da un’invidia bruciante di cui non riesce ad identificare l’obiettivo. Non sa se è geloso di Haruka perché sul corpo di Makoto ha impresso il proprio nome prima ancora che Rin arrivasse nelle loro vite, e non sa se è geloso di Makoto perché il suo corpo si è imposto sulla memoria fisica di Haruka dandogli un’idea a cui aggrapparsi prima che Rin potesse arrivare ad imporgliene una nuova. Forse è una combinazione di entrambe le cose. E forse questa è una battaglia che Rin non può vincere, per cui è molto più semplice smettere di pensare, lasciarsi andare al calore di Makoto, alla forma delle sue spalle sotto le dita quando Rin gli si preme addosso, muovendosi lento contro di lui.
Makoto non è infastidito. Non è arrabbiato, non è nemmeno confuso. Gli piega le labbra l’ombra di un sorriso che sembra aver capito tutto senza bisogno di alcuna spiegazione. Non c’è niente di strano, si dice Rin, arreso al rossore che gli colora le guance mentre lo guarda in faccia, che Haruka continui a tornare da lui. Haruka non è mai in grado di spiegarsi, e Makoto non ha mai bisogno di una spiegazione per capire. Rin spiega sempre troppo, e fa sempre troppe domande. Fra Makoto e se stesso, forse anche lui sceglierebbe Makoto.
Le labbra di Makoto gli scivolano lungo il collo in una carezza bagnata, e Rin geme, il corpo in fiamme, bruciante di voglia. Makoto gli stringe le braccia attorno ai fianchi, girandosi appena per aiutarlo a sedersi sul materasso. Poi sale anche lui sul letto, con le ginocchia, mentre Rin indietreggia finché le sue mani non incontrano i cuscini. Solo allora si ferma, e guarda Makoto aspettandosi da lui una risposta per tutte le domande che vorrebbe e non riesce a fare adesso.
Makoto si china su di lui e lo bacia ancora, abbassandosi i pantaloni lungo i fianchi, e Rin decide che è una risposta sufficiente.
Gli tremano le mani, quando lo vede nudo. Tutto a un tratto è quasi minaccioso, l’erezione tesa puntata contro di lui, più massiccia di quanto Rin non avesse mai pensato. Lo colpisce anche l’idea di essere completamente vestito mentre Makoto è completamente nudo. È un’idea che lo spaventa, vederlo così scoperto ed esposto nonostante tutto quello che è successo in passato. Per un istante si sente sopraffatto dal rispetto nei suoi confronti. È una sensazione talmente forte da dargli il capogiro, da annullare tutte le altre, perfino l’eccitazione. Makoto è una persona grandissima, e Rin non è sicuro che sarà mai pronto a dirgli addio.
Si sfila la maglietta in un gesto frettoloso. Gli resta incastrata attorno alla testa e Makoto ride senza prenderlo in giro, trovando l’unico modo di alleggerire la tensione senza farlo arrabbiare. Rin piega le labbra in un broncio carico di un disappunto di cui non sente minimamente il peso, che scompare subito quando Makoto lo bacia ancora.
Non si sente più minacciato, adesso. Si sente teso di curiosità e desiderio, e spinge i pantaloni lungo le gambe assieme alle mutande, restando nudo sotto di lui. Makoto si solleva sulle ginocchia senza guardarlo, senza mai smettere di baciarlo, e le sue mani lo accarezzano per tutto il corpo, bene aperte, vigili e attente. Rin si rende conto di averle volute sentire così fin dal principio. Non saprebbe identificare un momento preciso, però sa che è un momento lontano. Avere aspettato fino ad adesso gli sembra assurdo, non gli sembra nemmeno possibile.
Schiude le gambe, invitandolo ad avvicinarsi di più. Makoto lo fa senza chiedergli niente, neanche quello che vuole, forse semplicemente perché lo sa già. Si inumidisce le dita e lo accarezza fra le natiche, il suo è un tocco lieve che fa venire voglia a Rin di ringhiare “di più” ma che allo stesso tempo lo spinge quasi di prepotenza in una bolla di calma che gli rilassa i muscoli, che lo invita ad aspettare, a lasciarlo fare.
Rin chiude gli occhi, e anche se in questo momento gli sembra di volere tutto e subito, si affida alle mani di Makoto, e pensa ad Haruka. Pensa, è così che Makoto lo tocca? È così che lo fa sentire? Ed io sarei in grado di toccarlo così, di farlo sentire in questo modo?
Poi i pensieri gli scivolano fuori dalla testa in un gemito quando sente l’erezione di Makoto premere contro la sua apertura. Istintivamente affonda le dita nelle sue spalle e trattiene il respiro. La voce di Makoto lo raggiunge ovattata, come se lui fosse un sogno e Rin stesse per svegliarsi ma non volesse rassegnarsi a lasciarlo andare.
- Dimmelo, se ti faccio male.
Quando entra fa male, sì, ma Rin non glielo dice perché non vuole che si fermi. Si affida al silenzio anche se aveva deciso che non lo avrebbe più fatto, e prova a parlare a Makoto nella sua stessa lingua, la lingua delle espressioni appena accennate, dei tocchi fugaci, dei gemiti bassi e dei cenni confusi. Non è come avere improvvisamente imparato a parlarla. Piuttosto è come avere trovato un canale di comunicazione simile, non del tutto identico ma universale abbastanza per capirne le regole anche se non le si conosce. Attraverso quel linguaggio, Makoto impara a conoscere il corpo di Rin mentre Rin impara a spiegarglielo senza usare le parole.
È una connessione troppo intensa per durare, Rin lo sa e, istintivamente, pensa ancora ad Haruka, e a quel suo continuo ritrarsi, rinchiudersi nel silenzio anche con Makoto. Pensa che forse è per questo che lo fa. Perché Rin non è l’unica persona intensa nella sua vita. Anche Makoto lo è, pur se in un altro modo, un modo che Haruka riesce a tollerare più a lungo, ma dal quale ha comunque bisogno di una tregua di tanto in tanto. Makoto è abbastanza intelligente da concedergliela prima che Haruka senta la necessità di chiedergliela. Rin non ha mai imparato a farlo e non è sicuro che lo farebbe anche se sapesse come.
Makoto si allontana da lui quasi subito, dopo l’orgasmo. Scivola fuori dal suo corpo e si stende sulla schiena al suo fianco. Le loro spalle si sfiorano perché il letto non è abbastanza grande da consentire una distanza maggiore, ma non importa. Rin deve comunque trattenersi per non voltarsi e avvolgerglisi attorno come una coperta. È la prima cosa che gli viene in mente, il desiderio di abbracciarlo. Sono una di quelle persone, pensa con un sorriso, una di quelle che vogliono continuare a stringere anche quando non è più necessario.
- Ti senti meglio? – gli domanda Makoto. Onestamente, Rin non sa cosa rispondere.
- Non lo so. – dice, fissando il soffitto, - Sono confuso. Continuo a pensare ad Haru.
Makoto ride divertito, sfiorando il dorso della sua mano con le nocche.
- Già. – dice, - Anch’io.
Rin annuisce come se avesse capito qualcosa. In realtà non è così, si sente molto più confuso di prima. Ha molta più paura di quello che li aspetta di quanto non ne avesse prima di cominciare a parlare con Makoto. Forse sarebbe stato meglio che non ne parlassero affatto, pensa, ma l’idea gli mette addosso una tristezza enorme. Si volta a guardarlo, scruta il suo profilo nella luce giallastra della stanza, quel suo sorriso immobile, così sereno.
- Makoto, - chiede a bassa voce, - Non ti fa paura, il futuro?
Il sorriso di Makoto si allarga un po’, ma non si volta a guardarlo.
- Mi fanno paura un sacco di cose. – dice, - Però non ho paura di perdere te ed Haru, Rin. Questo no. E non dovresti neanche tu.
Rin lo guarda ancora un po’, senza sapere se dovrebbe sentirsi rassicurato o meno. Le parole di Makoto gli scaldano il cuore, ma non sa se questo sarà sufficiente. Sente ancora di voler parlare con Haru, la voglia non è passata. L’idea di dover aspettare un altro giorno per ottenere delle risposte lo schiaccia. Ma si sente ancora piacevolmente intorpidito, e per il momento decide di lasciare perdere, e lo comunica a Makoto con uno sbuffo che lo fa ridere.
Resterebbe lì sdraiato ancora per un po’, ora come ora, ma presto qualcuno bussa alla porta e Rin sa che deve trattarsi di Nagisa prima ancora di sentire la sua voce. Lui e Makoto scattano in piedi insieme, ridendo a metà fra l’imbarazzo e il divertimento. Per un istante o due Rin si sente il cuore leggerissimo. Pensa ad Haru, lo immagina correre sul lungomare, concentrato e serio come sempre. Per quell’istante, aspettare fino a domani non gli pesa più.