rp: andreas

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico.
Pairing: Bill/Tom, Georg/OFC, Gustav/OFC, Andreas/OMC, Bill/OMC.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Slash, Incest, Het, What If?, OC, WIP.
- I protagonisti di questa storia non sono i Tokio Hotel, o forse sì. Non stiamo parlando del gruppo che conosciamo, o forse sì. Le relazioni che li legano non sono le solite, o forse sì. Forse sì, dopotutto. Perché i protagonisti di questa storia sono Timothy e Frank Duncan, Britney Kemp e Serge Monod. Che non sono i Tokio Hotel. Ma forse sì.
Note: WIP.
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PROLOGUE
ANYPLACE, ANYWHERE, ANYTIME

If we belong to each other
We belong anyplace, anywhere, anytime

Erano stati il gruppo tedesco più famoso di tutta l’Europa. Di tutti i tempi. Nel bene e nel male, erano stati uno dei gruppi più famosi dell’intero vecchio continente. Ed erano conosciuti perfino negli Stati Uniti. Avevano fan dalla Russia al Messico, dall’Australia alla Norvegia.
Erano i Tokio Hotel.

“Poco prima della conclusione di quella che doveva essere l’ultima data dello Schrei Tour del 2006, la sicurezza è riuscita miracolosamente a sventare un tentativo di rapimento ai danni di Tom Kaulitz, chitarrista dei Tokio Hotel, band pop-rock famosa a livello internazionale. Si è trattato del terzo attentato ai danni del gruppo in due mesi. Ricordiamo i precedenti episodi, a Nizza ai danni di Bill Kaulitz ed a Lione ai danni di Georg Listing, rispettivamente cantante e bassista all’interno della formazione tedesca.
«A questo punto, non possiamo più ignorare l’ipotesi per la quale ci sarebbe un piano specifico ed articolato, mirante alla distruzione fisica dei componenti di questo gruppo.», ha dichiarato oggi David Jost, manager della band, durante la conferenza stampa indetta questa mattina per spiegare quali sarebbero state le misure da prendere per cercare di risolvere la situazione, «Non siamo più in grado di proteggere questi ragazzi come meritano. È per questo motivo che dichiaro ufficialmente i Tokio Hotel sciolti. I componenti si ritireranno a vita privata. Speriamo in tal modo di preservare la loro sicurezza, che naturalmente viene prima di qualsiasi contratto».
Le reazioni non hanno tardato a farsi sentire. La Universal, casa discografica per la quale i Tokio Hotel lavorano, si è dichiarata contraria a quanto stabilito da Jost, ma disposta a trovare un accordo che soddisfi entrambe le parti. La reazione più violenta è stata sicuramente quella delle giovanissime fan della band, che già da qualche ora assediano gli edifici della casa discografica ad Amburgo, piangendo e mostrando il proprio affetto tramite cartelloni che implorano i ragazzi di ripensarci e non mollare.
Curiosamente, ma comprensibilmente, è proprio dai ragazzi che non si è ricevuto alcun commento. Nessuno dei componenti del gruppo ha ancora detto una parola a riguardo della drammatica situazione della quale è protagonista, e il silenzio stampa che David Jost ricorda continuamente ai giornalisti di aver imposto ai propri protetti sembra destinato a non sciogliersi tanto presto.
Continuate a seguirci per nuovi sviluppi della vicenda.”


Ma non era mai venuto fuori nessuno sviluppo. Il silenzio stampa si era protratto tanto a lungo da diventare per sempre. I giornali avevano parlato di loro ancora per un po’ di tempo, quasi un anno, in effetti, ma dagli articoli pieni di domande di giornalisti sempre più increduli di fronte alla verità dei fatti, non veniva fuori nessuna risposta.
La verità dei fatti era molto semplice: ogni membro dei Tokio Hotel sembrava essersi volatilizzato nel nulla. Gli sforzi che s’erano fatti per ritrovarne qualcuno s’erano dimostrati del tutto vani. Neanche i membri delle loro famiglie ne sapevano niente – e, se sapevano qualcosa, la nascondevano davvero bene.
Nessuna risposta. Perché non era rimasto nessuno.
Alla fine, dopo due anni trascorsi pigri e lenti sulla Germania e sul mondo intero, dei Tokio Hotel non restava che qualche poster su Bravo e un trafiletto su qualche rivista per teenager, di tanto in tanto. Qualcosa di troppo simile ad un memoriale per non terrorizzare a morte.
Ed era per questo che Tom Kaulitz aveva smesso di leggerli.
- Blitz. Sitz.
L’enorme pastore tedesco si accucciò ai piedi del giovane padrone, protendendo il collo per offrire il capo alle sue carezze distratte. Il ragazzo, magro, alto, avvolto in una pesante tuta in pile di un anonimo grigio scuro e scompostamente seduto sulle scale che, dalla cucina, portavano al giardino sul retro della villetta bifamiliare all’estrema periferia di Londra in cui viveva con “suo fratello”, guardava distratto l’orizzonte, cercando di scorgere il sole tramontare fra gli alberi e le colline della campagna poco distante.
- Dovresti smetterla di parlare in tedesco. – disse appunto quel fratello, raggiungendolo alle spalle e sedendosi al suo fianco, mentre Blitz scioglieva la posa plastica alla quale l’ordine di Tom l’aveva costretto, per corrergli incontro e tentare di rubargli a mezz’aria il panino che stava cercando di passargli.
- Georg. – borbottò Tom, afferrando il panino prima che il suo cane riuscisse ad addentarlo, e lasciandolo perciò con un palmo di naso ad aspettare gli avanzi, lingua penzoloni e sguardo vigile, - Non puoi dirmi di smetterla di parlare in tedesco parlando in tedesco.
- Mi chiamo Frank, Timothy. Ormai dovresti saperlo.
- Certamente, Georg. – annuì Tom, lanciando un pezzo d’hamburger al cane, che corse a ripescarlo dal cespuglio nel quale era finito e poi tornò indietro, accucciandosi nuovamente ai piedi del padrone per sbranare in tutta tranquillità la propria cena. – Comunque sia, non stavo parlando in tedesco. Lo sai che Blitz segue solo un certo tipo di ordini.
- Era ovvio che succedesse. L’hai addestrato in tedesco! Oppure vuoi darmi a bere che le sue orecchie fossero naturalmente predisposte per questo tipo di linguaggio?
- Be’, è un pastore tedesco, in fondo, non un pechinese.
- E se lo fosse stato lo avresti addestrato in cinese, Tom?
Il biondo sorrise, ingurgitando l’ultimo morso del panino e regalando al cane il resto della carne.
Si alzò in piedi, sistemando la tuta perché non cadesse lungo le gambe, ampia com’era, e stringendo il laccio elastico alla vita.
- Tim, Georg, non ti confondere. Stasera siamo a cena dai vicini.
Georg roteò gli occhi, allargando le braccia ai lati del corpo in un gesto rassegnato.
- Sei del tutto impossibile. – commentò infine, alzandosi in piedi a propria volta, - Sono passati due anni, Tom. Abbiamo cambiato cognome. Stato di famiglia. Nazionalità. Lingua. Vita. Non credi che sia arrivato il momento di passare avanti e cercare di dare un valore ai sacrifici che tutti abbiamo fatto, cominciando a vivere sul serio?
Tom sorrise appena, lasciando una carezza affettuosa sulla testa del cane, che subito scattò sulle quattro zampe al suo fianco.
- Dopo tutto questo tempo, Frank, mi rifiuto di credere tu non abbia ancora capito.
Georg sospirò infastidito. Tanto infastidito che il suo sospiro ricordò a Tom più un grugnito che altro.
- Cosa c’è da capire, Kaulitz?
- Blitz. – chiamò il ragazzo, battendo una mano sulla coscia ed osservando soddisfatto il cane avvicinarsi, in perfetta posa di condotta, - Fuss. – ordinò dunque, ed insieme all’animale prese a fare il giro del giardino, senza più degnare Georg di uno sguardo.
- Sai cosa, fratellino? – sibilò quindi lui, a corto di pazienza, - Vai a cagare. – concluse, voltandosi verso la casa e risalendo lentamente i gradini per tornare in cucina.
- Io non ho rinunciato, Georg.
La voce di Tom riecheggiò nel silenzio del tardo pomeriggio primaverile, e quando Georg si voltò a guardarlo lo vide di nuovo immobile a fissare l’orizzonte, il cane seduto sull’erba al suo fianco.
- Ho compiuto diciott’anni senza mio fratello. Senza la mia famiglia. E, di tutte le persone che consideravo amiche, mi sei rimasto solo tu. – si lasciò ricadere a terra, incrociando le gambe per lasciare che il cane potesse accucciarsi fra le sue cosce per una sana dose di coccole. – Ma io non ho affatto rinunciato a riavere tutto. La mia famiglia, il mio lavoro, la mia vita. Perché era quella, la mia vita, Georg. Non questa. – sollevò lo sguardo su di lui, e Georg vi lesse con rammarico la solita deprimente e fastidiosa dose di ostinazione e fiducia in se stesso. – Io non mi fermerò fino a quando non avrò ottenuto quello che voglio. L’unico modo che possa concepire, per non rendere vani i sacrifici che abbiamo fatto fino ad ora, è utilizzare questa opportunità di anonimato per trovare un modo per uscire da quest’incubo. E quando ci sarò riuscito, Georg, i Tokio Hotel torneranno. E stavolta saranno imbattibili.
Georg si passò una mano sugli occhi, sospirando pesantemente.
- Va bene, Tom. – concesse infine, risalendo di un altro gradino verso la protezione offerta dalla propria casa, - La cosa spaventosa è che ti credo sul serio. – Tom si lasciò andare ad una risatina che Georg si forzò ad ignorare, mentre Blitz gli si agitava fra le gambe alla ricerca di un altro po’ di cibo. – Ora, saresti così gentile da tornare al tuo alter-ego inglese e risparmiarmi l’ennesimo rimprovero della vecchia Marge per essere arrivati in ritardo a cena per la milionesima volta, Timmy?
Tom rise ancora, alzandosi in piedi con uno scatto che costrinse Blitz a saltare via ad un paio di metri da lui.
- D’accordo, d’accordo. – annuì, - Dammi il tempo di mettere addosso qualcosa che non puzzi di cane bagnato, e poi ci consegniamo alla sposa di Satana.
- Piantala di parlare così di Marge! – lo rimproverò lui, inorridendo ed osservandolo caracollare allegramente verso la porta dopo aver intimato al cane di restare seduto sul prato senza azzardarsi ad entrare in casa, - È sempre stata buona, con noi! E comunque dovresti smetterla di lasciare questa povera bestia al freddo e al gelo.
- Se permettessi a Blitz di entrare in casa, ci ritroveremmo in due ore in un posto molto simile all’inferno.
- Il che dimostra che sei un pessimo addestratore, Timmy. Pessimo davvero.
- Blitz! Beißt!

Scritta in coppia con Ana.
Genere: Romantico, Commedia, Erotico.
Pairing: Bill/Tom, Bill/Andreas/Tom.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Incest, Lemon, PWP, Slash, AU, Threesome.
- liz scrive: "questa storia nasce un po' anche per prenderci per i fondelli... e prendere per i fondelli pure miles away XD sappiamo che la amate, ma quella fic aveva un'enorme pecca: non era abbastanza zozza!"
ana scrive: "ed e' per questo che veramente la consigliamo a chi ha una mentalità abbastanza perversa"
liz scrive: "e la sconsigliamo anche a chiunque vorrà trovarle significati profondi: vi assicuriamo che non ce n'è"
ana scrive: "l’unica profondità della quale si parlerà sarà..."
liz scrive: "SMETTILA SUBITOOOOOOOH X’DDDDDD"
Note: A sei mesi dalla sua apertura, quello che doveva essere uno spin-off scemotto per festeggiare il Natale in compagnia di Miles Away è diventato prima un concentrato di porno prolungato e poi una puccioseria random con la quale riappacificarsi col fluff in attesa del seguito angst (Perfect Shade Of Dark Blue, che non vedrete su questo archivio perché opera unica di Ana). Per la verità - e qui mi discosto da quella che pare essere l'opinione comune - io mi associo a Tab nel dire che ho tanto apprezzato lo scrivere le parti pornografiche quando mi ha per certi versi infastidito indulgere nell'introspezione XD Voglio dire: la storia era nata, appunto, per essere un porno senza pretese. Come dicevamo nell'intro, un modo per prendere in giro Miles Away. Ha preso una piega più riflessiva, verso la fine, e non me ne pento del tutto, ma mi pare che si sia un po' snaturata, col proseguire. Che sia un po' invecchiata prematuramente. Insomma. MA non me ne pento mica è_é E comunque la threesome resta una delle scene di sesso migliori che abbia mai scritto <3
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MILES AWAY CHRISTMAS EDITION
Porn Is What We Aim For
- Capitolo 1 -

Si erano addormentati di nuovo. Cullati dal tepore dei loro corpi e avvolti in quello delle coperte, stavano riposando tranquillamente come non facevano da mesi.
Bill si svegliò per primo, destandosi da quel calore familiare e non poté fare a meno che appoggiarsi ai gomiti per fissare il gemello, che continuava a dormire beato, sdraiato sul fianco con una mano tesa in avanti, la quale fino a pochi momenti prima sfiorava quella dormiente del moro.
Si chinò sopra di lui, lasciando che i lunghi capelli nascondessero i loro visi, come i rami di un salice piangente. Scrutò attentamente il viso di Tom, cercando di capire se in quei due anni fosse cambiato. Invece era sempre lo stesso, naso uguale al suo, il neo sulla guancia destra, il piercing al labbro... soffiò leggermente, facendo sì che le palpebre del rasta si muovessero, indispettite dal lieve solletico. Le vide tremare ancora un po' e poi aprirsi, mostrando quelle iridi che aveva imparato a vedere ogni mattina, ma che solo dopo anni poteva ritrovare senza l'aiuto dello specchio.
- 'giorno... – mormorò Tom, continuando a sbattere le palpebre per togliere i fastidiosi residui di sonno.
Bill si limitò a sorridere per poi chinarsi a baciarlo.
- Buongiorno... – mormorò a sua volta dopo un breve istante.
Tom si mosse per far stiracchiare i muscoli della schiena, mentre Bill si aggiustava meglio, passando una gamba sopra il fratello per sedersi sulle sue ginocchia.
- Mi hai portato la colazione a letto? – chiese Tom, appoggiando le mani sulla schiena di Bill e accarezzandogliela dolcemente.
- No... – ammise l'altro, facendo una linguaccia.
Tom ghignò.
- Vorrà dire che mi accontenterò...- sussurrò semplicemente, muovendo una mano fino al collo di Bill e tirandolo gentilmente giù.
Il moro fece aderire i loro petti appoggiando le labbra su quelle di Tom, rimanendo piacevolmente sorpreso davanti al fatto che suo fratello gli aveva lasciato il via libera davanti alla conduzione del bacio. Solleticò la lingua del gemello col proprio piercing, felice nel sentire i mugugni di approvazione cui Tom si lasciava andare.
Scivolò in avanti, attaccando le labbra al collo del gemello, mentre sentiva le sue mani accarezzargli la schiena da sotto la maglietta e fermarsi sui fianchi.
- Tomi... – sussurrò mentre alzava leggermente la testa, esponendo il collo, che venne immediatamente attaccato dalle labbra del gemello. Sentì i polpastrelli freschi farsi strada oltre i pantaloni del pigiama e l'elastico dei boxer.
- Tom... – ripeté a voce leggermente più alta, cercando di alzarsi e staccarsi dal gemello, ma questo seguì le sue mosse e si mise seduto sul letto, mantenendo la presa salda che si stava pericolosamente abbassando verso il suo fondoschiena.
- Tom! – cercò di farlo sembrare un rimprovero, ma la sua voce smorzata tradiva il suo stato d'eccitazione, che non sfuggì al biondo, che lo attirò verso di sé facendo scontrare i loro bacini, mentre continuava a torturargli il collo.
- Tom Kaulitz! – esclamò quindi, a dir poco sconvolto, sentendo l'eccitazione del proprio gemello sfiorargli l'inguine.
E, finalmente, il biondo si decise a staccarsi dal collo di Bill, guardandolo negli occhi ancora spalancati dalla sorpresa.
E in quel momento sentirono la porta di sotto sbattere.
- Ragazzi! Ci siete? – la voce di Jörg Kaulitz riecheggiò per la villetta.
Bill e Tom la sentirono tanto forte che ebbero come l’impressione che quella sola voce potesse bastare per far tremare i vetri. E le pareti. Fino alle fondamenta.
- Dio mio… - esalò Bill, spaventato al punto da rimanere paralizzato addosso al gemello.
- Cazzo fottuto! – fu invece la più eloquente e pratica esclamazione di Tom, nel momento in cui afferrò Bill per i fianchi, lo rovesciò sul letto – completamente dimentico di tutta la delicatezza usata per “maneggiarlo” fino a pochi secondi prima – e scattò in piedi, impattando contro il pavimento congelato. – Cazzo, cazzo, cazzo fottuto!!! – rafforzò, quasi ballando sulle punte mentre andava alla ricerca di un paio di pantofole calde nelle quali affondare.
Non trovò niente del genere, perciò si accontentò di posare le piante dei piedi sui calzini che aveva abbandonato per terra la sera prima, mentre con gli occhi vagava su ogni superficie visibile della stanza alla ricerca dei propri vestiti.
In tutto questo, Bill era rimasto immobile sul letto, come tramortito.
- Tom, c’è papà… - disse trasognato, fissando il gemello che si affaccendava cercando di trovare qualcosa con cui coprirsi.
- Sì, questo era ovvio, Bill. Cazzo, io so di aver avuto dei vestiti… Bill, dove ho messo i miei vestiti?!
- C’è papà!!! – ripeté il moro, scattando seduto sul letto e portando le mani alle guance, sconvolto.
Tom smise di armeggiare con le lenzuola cercando di capire se per caso i suoi vestiti fossero scappati sotto il letto per eccessivo pudore, e lo guardò.
- Bill. – lo chiamò seriamente, - Io non ho imparato moltissime cose, nella mia vita. Però so con certezza che quando combini qualcosa che non vuoi i tuoi genitori scoprano, la mossa migliore è cercare di fare in modo che non se ne accorgano. Mi segui?
Bill annuì distrattamente, fissandolo come neanche lo vedesse, il labbro inferiore che tremava lievemente.
- Bene. – annuì Tom, fiducioso. – Quindi, adesso ti dirò esattamente cosa devi fare. Tu ti alzerai in piedi, prenderai i vestiti che hai lasciato qui sulla sedia, li indosserai, poi aiuterai me a trovare i miei vestiti perduti e scenderai di sotto. Saluterai papà, lo prenderai a parolacce perché ci ha mollati in Transilvania da soli come al solito, o qualunque cosa tu sia abituato a fare quando lo rivedi dopo qualche giorno, poi aspetterai che anche io scenda e… mi stai ascoltando?
- Assolutamente no. – rispose Bill, sinceramente, scuotendo il capo.
Tom sospirò rassegnato.
- Lo sospettavo. Senti, Bill, non puoi fare così, non ci ha ancora visti, e se non vogliamo che succeda-
- Ragazzi, siete qua dentro? Non ditemi che dormite ancora!
- Cristo santo!!! – e così dicendo, Tom afferrò il lenzuolo arrotolato ai piedi del letto e lo strattonò fino a srotolarlo tutto e coprire interamente Bill ancora disteso immobile sul materasso.
- Tom! – esclamò Jörg, aprendo la porta della camera e inorridendo di fronte allo spettacolo del proprio figlio maggiore in mutande nel mezzo della stanza, - Non dirmi che hai dormito così! C’è un freddo bestiale!
- Allora lo ammetti che è delirante chiederci di venire qui in pieno inverno!!! – si lamentò Tom, cogliendo appieno l’occasione di distrarre il proprio padre dalla sconvolgente verità per la quale non solo lui era in mutande, ma il suo letto sul soppalco era intonso come se nessuno l’avesse mai toccato mentre quello di Bill sembrava il risultato perfetto di un terremoto molto potente.
- Non dire assurdità. – borbottò l’uomo, infastidito da una simile mancanza di rispetto, - Basta solo comportarsi assennatamente, per non sentire freddo. Prendi Bill, per esempio. – disse, indicando il figlio minore con un cenno del capo, - Fa bene a dormire con la coperta tirata su fino al collo! Così non rischia malanni!
Bill annuì decisamente, mentre Tom lo fissava in cagnesco con l’aria di uno che gliel’avrebbe fatta pagare in seguito.
- Comunque sia… - riprese Jörg, agitando una mano come a voler scacciare via la discussione, - Datevi una mossa, vestitevi e scendete per la colazione. Ho una grande notizia da darvi!
Dopodichè abbandonò la stanza con un sorriso soddisfatto, trotterellando felice lungo il corridoio e giù per le scale. Bill e Tom rimasero immobili, ognuno nella propria posizione, a fissare il vuoto.
Poi, Tom si voltò a guardare il gemello in un gesto innaturalmente lento.
- “Bill fa bene a dormire con la coperta tirata su fino al collo”, eh…? – sibilò spettrale, assottigliando gli occhi per fissarlo malevolo.
- Eh, scusa! – si difese Bill, stringendosi nelle spalle, - Non potevo mica dirgli “oh, no, papà, hai frainteso! Non è che mi copro bene perché c’è freddo, è che sotto sono nudo come un verme e non è bello da vedersi”!
Tom sospirò e si lasciò ricadere seduto sul bordo del materasso.
- Be’. – precisò dopo pochi secondi, - Che non sia bello da vedersi non è del tutto esatto, ma…
- Cretino. – lo interruppe Bill, sbuffando, - Ti pare il momento di fare certi discorsi?
Tom tirò fuori la lingua in una pernacchia infantile ed enormemente offesa, prima di sollevarsi nuovamente in piedi.
- Adesso prepariamoci e scendiamo di sotto. – disse, strappando il lenzuolo dal corpo di Bill ed osservandolo divertito chiudersi a riccio mentre gli urlava qualche offesa a caso dopo aver strillato come una ragazzina isterica, - Avremo tempo per riprendere da dove ci eravamo interrotti in seguito. – concluse con un sorriso sornione, afferrando finalmente una maglietta pulita dall’armadio aperto e cominciando a vestirsi.
*
Non importava se li aveva lasciati in Transilvania da soli fino a quel momento.
Non importava se, poi, s’era presentato ben due giorni prima rispetto a quanto avesse detto, interrompendoli sul più bello mentre erano lì lì per darsi il buongiorno più piacevole che potesse esistere.
- Pensavo che una bella settimana di vacanza alle Maldive potesse farvi piacere!
In quel momento, Jörg Kaulitz era semplicemente l’essere umano più meraviglioso in tutto l’intero universo.
- Dici sul serio?! – quasi urlò Tom, spalancando gli occhi e le braccia e scattando in piedi, rovesciando alle proprie spalle la sedia sulla quale poco prima era seduto.
Bill roteò gli occhi, esasperato.
- Mai conosciuto tipo più confusionario… - borbottò a mezza voce, incrociando le braccia sul petto.
- Non sei contento, Bill? – chiese Jörg, incurvando lievissimamente le sopracciglia verso il basso, in una nota di dispiacere che era decisamente raro vedergli addosso.
Bill gli lanciò una breve occhiata, cercando di non mostrare quando la sua preoccupazione lo facesse felice, e sospirò vagamente, tenendolo sulla corda ancora per un po’.
- Be’, non mi dà particolarmente fastidio. – concesse infine, arricciando capriccioso le labbra, - In fondo, Andreas è di nuovo andato in vacanza lì. È un sacco che non passiamo un po’ di tempo tutti e tre insieme.
Finse di non notare l’occhiata sbilenca e decisamente poco compiaciuta che Tom gli scoccò dal metro che lo separava da lui, e sorrise lievemente. Suo padre gradì e gli allungò una paterna manata sulla spalla, ridendo come un bambino soddisfatto della risposta di mamma ai propri capricci.
Sì, be’. Non era certo strano che Bill avesse avuto un rapporto complicato col proprio genitore. A volte era perfino impossibile capire chi fra i due fosse più – o meno – maturo.
- Bene! Allora preparate i bagagli! – gioì appunto l’uomo, tirandosi in piedi dal divano e avanzando con aria vittoriosa verso la propria stanza al pianterreno.
- Eh? – si azzardò dunque a chiedere Tom mentre, senza staccare gli occhi dal padre, si chinava sul pavimento e cercava a tentoni di pescare la sedia per tirarla nuovamente sui propri piedi. – Perché i bagagli? Quando si parte?
Jörg si voltò appena per lanciargli un’occhiata incredula, inarcando le sopracciglia.
- Ma subito, ovviamente!
- Subito?! – strillarono in coro i gemelli, mentre entrambi scattavano di nuovo in piedi, Tom lasciando perdere la sedia che stava cercando e Bill rovesciando a sua volta la propria.
Jörg scoppiò a ridere, probabilmente divertito dalla loro sincronia – qualcosa alla quale non era più abituato da tempo.
- Be’, non subito-subito… - precisò gioviale, scrollando le spalle mentre allentava il nodo della cravatta, - Appena preparerete le vostre valigie!
- …cioè praticamente subito. – sospirò esausto Bill, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e incurvando pericolosamente la schiena. Dopodichè si diresse alla volta delle scale per salire in camera, raccattare le proprie cose e prepararsi a partire.
- Che reazione fredda! – si lamentò a quel punto Jörg, aggrottando le sopracciglia, - E io che sono tornato di corsa dalla mia riunione per darvi la bella notizia…
- Ma no, papà, siamo contenti… - si affrettò a rassicurarlo Tom, passando un braccio sulle spalle di Bill e dandogli qualche pacca affettuosa, - È che… - stavamo per scopare e sarebbe stato bello che riuscissimo a terminare, prima di ricevere questa “bella notizia”... - …così d’improvviso siamo preoccupati di dimenticare qualcosa!
Suo padre lo fissò come fosse stupido – e probabilmente anche lo pensò.
- Ragazzi, stiamo via una settimana! E non andiamo mica in una favela brasiliana! Andiamo alle Maldive, non so se mi spiego!
Dopodiché, borbottando qualcosa di incomprensibile, si chiuse in camera per preparare i bagagli.
- …preoccupati di dimenticarci qualcosa?! – sbraitò Bill, afferrando il fratello per un orecchio e tirando verso il basso.
- Ahi- Ahi!!! Bill!!! È come poco fa, non potevo mica dire la verità!!!
- Potevi stare zitto. – borbottò il moro lasciandolo andare e incrociando brevemente le braccia sul petto prima di scioglierle e cominciare a salire le scale, seguito a ruota dal fratello.
- Però che palle. – commentò il biondo quando furono in camera, appoggiandosi seccato alla porta, - Contavo che avremmo potuto stare un po’ di più da soli…
- Ma come? – ghignò Bill, aprendo ordinatamente la propria valigia sul letto e dirigendosi poi verso l’armadio, davanti al quale si fermò, soppesando le proprie scelte quanto ad abbigliamento da portare, - Non sei stato tu poco fa a causare quasi un terremoto solo muovendoti, tanto eri felice di partire?
- Be’, le Maldive sono le Maldive… - considerò saggiamente il ragazzo, annuendo, - Ma tu sei tu… - bisbigliò poi suadente, stringendolo da dietro e strofinando la punta del naso contro la pelle sensibile del suo collo.
- …Tom! – protestò irritato Bill, stringendo un paio di magliette fra le mani e cercando di divincolarsi dalla sua stretta.
Il ragazzo sospirò infastidito.
- Ma com’è che oggi, ogni volta che cerco di fare qualcosa di piacevole, cominci a chiamarmi per nome per fermarmi? – sbuffò annoiato, - Sarebbe meglio se usassi il mio nome per scopi più… validi…
- Piantala immediatamente. – sbottò Bill, tirandogli una manata sulla testa, - Hai sentito nostro padre, dobbiamo preparare i bagagli in fretta.
- Daaai… - insistette lui, avvicinandoglisi di più, fino ad aderire perfettamente contro la sua schiena, - Mica parte senza di noi… ci aspetta…
- Non possiamo… Tom!!! – cercò di protestare ancora Bill quando il fratello sbottonò la chiusura dei suoi jeans, intrufolandosi con una mano all’interno dei suoi boxer; ma fu una protesta del tutto vana, un po’ perché le mani di Tom erano già arrivate dove dovevano – e Bill non aveva davvero intenzione di fermarle – e un po’ perché Tom non lo lasciò parlare, attaccando le sue labbra con le proprie e forzandole con la lingua, esplorando lentamente l’interno della sua bocca quasi volesse assaporare la sua intera essenza.
- Mmmh… - mugugnò Bill, fingendo di lamentarsi, rigirandosi nell’abbraccio di suo fratello per fronteggiarlo faccia a faccia, - Ma si può sapere cosa cavolo stai cercando di fare…?
Tom mugolò di piacere, sorridendo lievemente mentre tornava ad impadronirsi del suo sesso già pulsante di eccitazione all’interno dei boxer, e nello stesso momento si strusciava contro di lui, cercando di trovare sollievo per la propria erezione, ugualmente dolorosa e ancora costretta dalla chiusura dei pantaloni – fortunatamente abbastanza larghi da non causare traumi.
- Sto riprendendo da dove avevamo interrotto, come promesso… - rispose semplicemente con un ghigno, tenendo gli occhi fissi nei suoi.
- Sei proprio impossibile… - mormorò il moro, provvedendo a liberare anche Tom da ogni costrizione e sfiorandolo a propria volta prima lentamente, quasi con curiosità, dall’esterno dei boxer, e poi introducendosi all’interno, godendo del calore della sua pelle, delle lievi spinte di Tom contro la sua mano in movimento attorno al suo pene, dei suoi sospiri eccitati che s’infrangevano contro le proprie labbra, ancora brucianti dei baci che s’erano scambiati…
- Sei tu che sei fottutamente sexy… - commentò Tom, stringendolo con più decisione alla base ed aumentando il ritmo dei propri movimenti attorno a lui, col risultato che anche Bill si mosse più celermente, spingendolo pericolosamente vicino all’orgasmo, - Dio, mi fai impazzire… - e si morse le labbra, spingendosi un’ultima volta verso di lui, mentre Bill lasciava scontrarsi i loro bacini ormai scoperti ed entrambi venivano l’uno addosso alla pelle accaldata e sudata dell’altro, ritardando un orgasmo simultaneo solo di qualche secondo.
Rimasero fronte contro fronte a cercare di riprendere fiato, dimentichi del mondo intero e concentrati soltanto sulla persona che avevano di fronte. La persona che amavano e che avrebbero voluto stringere in quel modo per sempre.
- Ragazzi! – strillò poi Jörg, salendo le scale come un bisonte imbizzarrito, - State ancora perdendo tempo?!
E Tom ebbe appena il tempo di strillare a propria volta un ennesimo “cazzo fottuto”, prima di buttare il proprio gemello sul letto, rovesciargli addosso il contenuto della sua valigia per coprirlo e nascondersi vergognosamente sotto le proprie lenzuola sul soppalco.
…a trovare una scusa decente per quello scenario imbecille avrebbe pensato poi.
Scritta in coppia con Ana.
Genere: Malinconico, Triste, Commedia, Romantico.
Pairing: Bill/Tom.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Incest, Language, Slash, AU, Angst.
- Bill non vuole ricordare. Tom non vuole ricordare.
Nessuno dei due sente il bisogno di farlo. Perché fa male, fa troppo male, fa male come uno spiacevole ago conficcato in un fianco.
...entrambi, probabilmente, hanno tanto bisogno di ricordare che se non lo faranno scoppierà loro la testa.
Se poi Jorg Kaulitz decide di "dar loro una mano" inconsapevolmente...
Note: Scrivere questa storia è stato in parte veramente facile XD e in parte veramente difficile. E' una storia comunque particolare, nel suo genere, per quanto io resti comunque convinta del fatto che la trama non sia poi così incredibilmente originale come si è detto. Certo, si vedono poche fic del genere sui gemelli, ma dire che sia originale in assoluto... ma comunque questi sono discorsi spiccioli che non valgono niente. Miles Away è una puccina. Credo che la sua forza stia soprattutto nel fatto di essere una storia narrata semplicemente. Direttamente. Senza troppi fronzoli. Quella era, e quella, io e Ana, abbiamo messo giù. Credo sia abbastanza normale sentirti trascinato dentro una storia quando ti sembra che il personaggio stia dialogando con te, parlandoti direttamente. E credo sia successo esattamente questo, fra Bill, Tom e i lettori di Miles Away.
C'è da dire che ho fatto davvero la preziosa, con questa storia XD Dal momento che ero incasinata su più fronti, avrei preferito cominciare a scriverla più avanti, all'incirca verso Novembre. E invece ad Agosto eravamo già lì al lavoro. E per Settembre era tutto finito (missing moment a parte XD). E' stata una cosa un po' strana, e quasi... mah, non so, forse dolorosa °_° E' che, per quanto iniziare i capitoli fosse difficile (perché appunto ero sempre presissima da altro), Ana riusciva sempre in qualche modo a scrivere delle scene che poi mi ispiravano un casino, e io le andavo dietro come una matta, e in ventiquattr'ore in genere i capitoli erano davvero praticamente finiti, rivisitazioni successive a parte °_° E' una cosa quasi inquietante.
Per i missing moment stiamo seguendo una linea un po' diversa. A parte che sono io a rompere le palle per scriverli X'D Riusciamo davvero a finirli in pochissimo perché li scriviamo praticamente insieme su MSN, e poi, essendo vaccate, non hanno bisogno dell'attenzione spasmodica al particolare che invece dedicavamo alla storia madre. Spero solo che al pubblico piacciano altrettanto ù.ù
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Miles Away
- Prologo -

Cerco di concentrarsi sulle nuvole.
Le nuvole avevano un aspetto rassicurante. Bianche, tondeggianti, morbide. Solo a guardarle ci si poteva sentire molto più calmi, più rilassati, quasi felici. Ecco, sì. Sì. Se puntava gli occhi su quella bianca, bianchissima, a forma di patata perfettamente ovale – o pallone da rugby? Non era mai stato un genio dello sport, nonostante il corso di karate che, da piccolo, aveva frequentato con…
…no, meglio non pensarci.
Il suo cervello era già abbastanza sovraccaricato dal pensiero di doverlo rivedere. Non era necessario aggiungere anche il pensiero di lui in quanto lui. Decisamente.
La nuvola, dicevamo.
La patata ovale.
Il pallone da rugby.
Chi per loro, insomma.
Certo che le nuvole erano creature affascinanti…
…cioè, non erano creature. Avrebbe dovuto trovare un termine migliore per definirle.
Mordicchiandosi l’interno della guancia, faticò a trovarne uno, perciò lasciò perdere. Erano comunque cose parecchio affascinanti. Davano tanto l’idea di essere degli enormi cuscini comodi sui quali adagiarti senza pensieri dopo una giornata sfiancante… e invece, se qualcuno avesse realmente provato a distendersi su una di quelle enormi masse d’aria, non solo avrebbe provato tanto di quel freddo che si sarebbe sentito ghiacciare fin nelle ossa, non solo avrebbe corso il rischio d’essere attraversato da parte a parte da una potentissima scarica elettrica, ma invece di ricevere l’abbraccio caldo e confortante dei cuscini di quelle gigantesche finte poltrone si sarebbe anche trovato a galleggiare precariamente nell’aria, in attesa di schiantarsi al suolo.
Le nuvole non avevano pietà.
Esattamente come i ricordi.
I ricordi erano dannatamente uguali alle nuvole. Così amichevoli e dolci quando li intravedevi da lontano affacciarsi fra le pieghe della mente e dei sogni ad occhi aperti… così duri e spiacevoli quando ti decidevi ad avvicinartici e guardarci dentro.
I ricordi, come quasi tutti i bauli antichi delle case delle nonne, possedevano sempre un doppio fondo. C’era quello che vedevi col primo colpo d’occhio, che era quasi sempre delicato e semplice e nostalgico e terribilmente piacevole. E poi c’era quello che sentivi quando allungavi la mano per afferrarlo in un pugno.
E quello era duro.
Spigoloso.
E doloroso.
Sempre, sempre, sempre.
Lasciarsi andare contro una nuvola e lasciarsi andare ai ricordi potevano essere entrambe attività mortali. Praticamente allo stesso livello. Anche se si trattava di morti diverse.
Il segnale che avvisava i gentili passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza si accese, e fu presto seguito dalla voce suadente e vagamente smorfiosa di un’hostess, che informava tutti che l’atterraggio si sarebbe svolto nel giro di una quindicina di minuti, come previsto e in perfetto orario.
Tom ubbidì al segnale e alla signorina, strinse la cintura in vita e si aggrappò distrattamente con le mani ai braccioli del proprio sedile.
Lanciò un altro sguardo alle nuvole e provò ad immaginare come sarebbe stato passarci dentro.


Quando, dopo un quarto d’ora, l’aereo uscì dall’area di turbolenza e si diresse punta in basso verso la pista d’atterraggio, Tom ebbe la sua risposta.
Passare in mezzo alle nuvole faceva schifo.
Esattamente come passare in mezzo ai ricordi.

Genere: Comico, Demenziale, Romantico.
Pairing: Bill/Tom.
Rating: R
AVVERTIMENTI: Slash, Crack, Incest.
- E se il twincest fosse una meravigliosa realtà? Be', non sarebbe poi tanto meravigliosa. Almeno a detta dei protagonisti.
Note: WIP.
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QUANDO L’AMORE BRUCIA I NEURONI
GUSTAV SCHÄFER SI RACCONTA

Lasciatevelo dire da uno che col twincest – quello vero – è costretto ad avere a che fare tutti i giorni che il buon Dio manda sulla terra: non c’è niente, niente di bello in due gemelli che scopano.
O, a voler essere totalmente sinceri, non c’è niente di bello in due gemelli che stanno insieme ma non scopano.

Quando, nell’innocenza dei miei tredici anni, ho deciso che i gemelli Kaulitz sarebbero stati la chiave per il coronamento del mio sogno più infantile e remoto, ho deciso anche che i loro insopportabili caratteracci valevano bene l’obiettivo finale, e che, perciò, potevo sopportarli, e farlo con gioia, se questo avesse significato la possibilità di suonare a livello internazionale.
Era evidente che mi stavo condannando a morte e ancora non lo sapevo.
- Tu non capisci.
Lascio roteare lo sguardo, sbuffando annoiato e fissando il paesaggio bianco di neve oltre la finestra della mia camera, con una sorta di tenerezza nostalgica. Nel senso che preferirei trovarmi sotto una bufera piuttosto che continuare questo discorso.
Voi fangirl decisamente non avete idea.
Io vi conosco.
Voi state lì, protette dalle quattro mura delle vostre stanzette tappezzate di poster e dall’anonimato tipico di internet, e vi limitate a buttare giù fantasie più o meno erotiche che avete perfino il coraggio di spacciare in giro con orgoglio, e le credete intriganti, sexy, tenere; e poi andate sui forum e argomentate seriamente che no, non credete che fra Bill e Tom ci sia veramente una storia, e che no, non vorreste mai che ci fosse sul serio, perché poverini non potrebbero mai essere felici, dal momento che la società fa schifo, l’umanità è composta da personaggi osceni che non comprendono l’importanza del Vero Amore, eccetera eccetera.
Lo ripeto. Voi non avete idea.
Avere a che fare coi gemelli era già difficile prima. Da quando poi hanno deciso di fare outing – seppure solo all’interno della ristrettissima cerchia di persone che, lo sapevano, non li avrebbero abbandonati neanche di fronte a confessioni ben peggiori – ormai qui non si vive più una vita normale: si vive in un delirio. Per di più, totalmente disorganizzato.
- Gustav! – si lamenta il Kaulitz maggiore, agitando i pugni in aria, - Mi stai ascoltando?!
- No. – rispondo sinceramente, lasciandomi andare di schiena sul letto, - Facevo considerazioni interiori sulla vita di merda che mi avete costretto a vivere da quando avete deciso di mettervi insieme, da cretini che non siete altro.
Se c’è una cosa, una sola, che mi solleva dalla depressione, è stuzzicare Tom su questo argomento. È così deliziosamente irritabile, quando si parla di Bill… si vede che si sente in colpa, dal momento che è stato lui ad irrompere in camera di suo fratello una mattina e fargli presente che ciò che provava per lui non era più considerabile “amore fraterno”.
E non sto esagerando, con le dinamiche.
Ma per questa storia dovreste chiedere a Georg, davvero. Non fosse una tragedia, sarebbe uno spasso.
- La prossima volta che m’innamoro di mio fratello, Schäfer, mi assicuro di scriverti prima una lettera di avviso. – borbotta infatti il nostro incazzosissimo Tomi, acido come sempre, mostrandomi il medio.
- Fortunatamente non hai altri fratelli. – rispondo io, gelido. – E guai a te se cominci a considerarmi tale. Ti assicuro che non lo sono, il nostro non sarebbe considerabile incesto.
- Non è che… - comincia a protestare lui. Poi, probabilmente, si rende conto del fatto che cercare di argomentare seriamente una difesa contro una presa per il culo è del tutto inutile, e si rassegna a provare a tirarmi uno scappellotto sulla fronte, che però io evito con grazia rimettendomi seduto. – Fanculo, stronzo! – si limita quindi a commentare, sfilandosi una scarpa e tirandomela addosso senza tanti complimenti.
Ora, io so che Tom non è completamente stupido. O meglio, so che non lo è affatto. Solo che si ostina a dimostrare la propria intelligenza solo in ambiti della propria esistenza del tutto imbecilli. Per dire, il Monopoli, che suo fratello ama tanto. Mai una volta che lo si riesca a battere! Un po’ anche perché David ha fiutato in lui una certa scaltrezza a livello manageriale, e lo sta allevando come un piccolo di alligatore perché segua le sue brillanti orme, ma sono propenso a credere che la maggior parte del merito vada comunque a Tom.
Quindi io so che la persona che ho davanti in questo momento non è idiota.
Solo che, davvero, in occasioni come questa mi riesce difficile crederlo.
- Vuoi piantarla di perderti dentro la tua testa e stare ad ascoltarmi? – si lamenta, sconvolto dalla facilità con cui mi distraggo pur di non starlo a sentire.
A questo punto mi arrendo e annuisco. Neanche io sono stupido.
- Avanti. – incito bonario, - Qual è il problema?
- Che non me lo scoperò mai, è ovvio. – confessa lui tranquillamente.
Se questo fosse un cartone animato, io come minimo finirei gambe all’aria mentre in lontananza una palla di fieno rotola fra i cactus.
Trovandomi invece palesemente catapultato in una kaulitzest neanche tanto originale, sono fregato.
- Tom, fai schifo. – borbotto, fissandolo basito, - È di questo che blateri da mezz’ora?
- Ovviamente no! – ammette lui, recuperando la scarpa dal mio letto e rinfilandosela, - Ma dal momento che non mi hai ascoltato sicuramente non lo sai! Sto parlando del Natale, cretino di un batterista che non sei altro.
- Mancano ancora tre dannatissime settimane al venticinque, Kaulitz! Cosa diavolo vuoi da me?!
Odio perdere la calma, ma Tom mi ci costringe ogni santissima volta, è indecente.
- C’è che, da cretino quale sono – argomenta con fare esagitato, - mi ritrovo al quattro con trenta euro e la drammatica certezza di scoprire le mie stesse tasche sempre più vuote giorno dopo giorno finché non avrò esaurito i liquidi! E non ho idea di cosa comprargli!
- …Tom, che c’entra questo col sesso?
Lui mi fissa come fossi scemo.
- Non capisci un cazzo di femmine, Gustav.
- Neanche tu, se non hai ancora realizzato che tuo fratello non lo è. – è la mia serafica risposta, mentre mi tiro indietro sul materasso per poggiarmi di schiena alla parete.
- Sai cosa intendevo! – sbotta lui, sfilando di nuovo la scarpa e lanciandomela addosso, abbastanza lentamente perché io possa sollevare una mano e bloccarla prima che vada a colpirmi in viso.
- Tom, cosa vuoi che ti dica? – protesto mugugnando e facendo roteare la scarpa, tenendola per i lacci, - Non posso farci niente se non hai un centesimo e neanche uno straccio d’idea per un regalo che ti renda scopabile agli occhi del tuo stesso fratello. – mi interrompo, e anche la scarpa smette di girare, afflosciandosi lungo il mio avambraccio. – Dimmi che non ho davvero detto qualcosa di simile…
Tom scuote il capo, serio ma vagamente compiaciuto.
- È bello che tu stia cominciando ad abituarti! – mi rassicura, mentre io medito di raggiungere il mio manager e chiedergli una rescissione di contratto immediata. – Comunque, - continua imperterrito, ignorando il palese disgusto che provo nei confronti suoi, per essere così drammaticamente idiota, e miei, per essere altrettanto drammaticamente scemo, - è anche affar tuo. Se non riesco a risolvere questo problema, sarò molto irritato. E se io sarò irritato, anche Bill lo sarà. E se lo saremo entrambi, anche David si irriterà.
- …questo elenco finirà prima di arrivare ai vertici del tuo albero genealogico o…?
- Schäfer, mi stai facendo incazzare!
- Ma scusa, Tom, vieni a rompere le palle per motivi del tutto discutibili, per usare un eufemismo, e dovrei pure prenderti sul serio?!
- Te lo do io un motivo per prendermi sul serio: voglio che mi accompagni a cercare un regalo carino per Bill.
Sapevo che stamattina avrei dovuto scendere dal lato destro del letto.
- …oggi?
- Ora. Subito.
- Ma…
- Per forza. O i miei soldi scompariranno e arriverò alla vigilia di Natale a mani vuote. E sarò costretto a sventrarti e offrire a Bill le tue viscere come dono.
Deglutisco rumorosamente, osservando ancora la bufera che imperversa all’esterno. Non so che prospettiva sia meglio, se essere assassinato dal mio chitarrista fra tre settimane o da una quantità abnorme di neve fra dieci minuti. La scelta è ardua.
- Va bene. – concedo infine.
Tanto so già che sarà una giornata di merda.
*
- È ovvio che non lo scoperò mai.
Gli sollevo addosso uno sguardo disgustato, e lui deve percepirlo, perché mi guarda a propria volta e bisbiglia un infastidito “che vuoi?!”, prima di tornare a rigirarsi fra le mani il peluche a forma di ratto che ha trovato in un cestone.
- Che voglio, chiede lui. – borbotto irritato, sfilandogli il topo di mano e gettandolo in un mucchio di pinguini, - Primo: non è che siccome noi siamo stati così dolci, meravigliosi e comprensivi da accettarvi senza farvi problemi, allora deve farlo anche il resto del mondo. Quindi abbassa la voce. E in secondo luogo, comunque, non è che siccome noi siamo stati così dolci, meravigliosi e comprensivi da accettarvi senza farvi problemi, allora io devo essere costretto ad ascoltarti parlare impunemente di sesso, o meglio, del sesso che non riesci a fare! Quindi piantala.
- Non capisco perché il sesso possa essere un argomento naturale per chiunque tranne che per me e Bill! – strilla lui a quel punto, completamente dimentico di essere in un centro commerciale, - Non ho mai dovuto aspettare tante settimane per una scopata, sono allibito!
Lo fisso, sconvolto.
- Tom, se fossi tuo fratello neanche io te lo darei. Sei un uomo veramente pessimo!
- Come osi?! – ricomincia a strillare l’idiota, recuperando il sorcio dal mucchio di pinguini e prendendo a sprimacciarlo senza delicatezza, - Io sto qui che mi ammazzo per cercare un regalo carino, e tu mi dai del pessimo! È questo posto, che è pessimo! – aggiunge, evidentemente insoddisfatto della quantità enorme di stronzate già dette, - Visto che il regalo migliore che si riesce a trovare è questa specie di topo di fogna imbottito!
Io sospiro e libero il topo dall’agonia cui è costretto, nascondendolo più a fondo nel mucchio dei pinguini, perché Tom non possa più ritrovarlo.
- Abbiamo visto anche delle cose carine, prima. – gli ricordo puntuale, scrollando le spalle.
- Sì, certo. Tipo cosa, secondo te? La paletta per la pasta con le canzoncine di Natale incorporate?! Dico, scherzi?! Se mi presento con una roba simile, altro che sesso: come minimo Bill me la ficca su per il culo. E poi fa partire Jingle Bells!
- Ma lo vedi che fai schifo?! – rabbrividisco io, allontanandomi da lui in un gesto repentino e sconvolto, per quanto del tutto giustificabile. – E comunque c’era anche altro!
- Se parli di quello stupido salvadanaio a forma di porcello al quale si allungava la coda man mano che lo riempivi di soldi, neanche ti dico come potrebbe usarlo Bill su di me se glielo regalassi.
- Te ne sono grato. – sbuffo demoralizzato. – Ma c’era anche quell’altro salvadanaio… quello a forma di piantina, che più lo riempivi più cresceva…
Tom rotea gli occhi e si allontana a grandi passi verso il reparto cosmetici.
- Mio fratello va dal parrucchiere tre volte a settimana e si trucca quanto la versione alta e magra di Christina Aguilera, cosa cazzo vuoi che se ne faccia di un posto dove conservare i soldi che non conserva?!
Be’, che dire. Ha ragione anche lui.
- Tom, si può sapere cosa stai andando a fare di là? – mi limito a chiedere, alquanto esasperato, seguendolo controvoglia, - Non mi risulta che Bill sia a corto di trucchi, sinceramente.
- Ma che ne so! – sbraita, totalmente rincretinito dagli odori e dai colori tipici di quel reparto, - Sto cercando di farmi venire un’idea, e per inciso, tu non sei affatto d’aiu-…!!!
Vedendolo fermarsi nel mezzo del nulla, con un’espressione idiota sulla faccia, tutto rigido sulle gambe come la pertica che è, quasi mi preoccupo.
- Tom, che diavolo hai? – cerco di capire, sollevandomi sulle punte per verificare che nei suoi occhi sia ancora presente la scintilla della vita. Se muore mentre è con me, poi vallo a sentire Jost.
- Gustav…! Guarda!!! – ansima lui, sconvolto, indicando uno scaffale mentre sul viso gli si apre un sorriso beota.
Io seguo la mano e raggiungo una papera. Sì. Proprio una papera. Quindici centimetri d’altezza, dieci di larghezza e un’altra quindicina abbondante di profondità di papera bianca e arancione in plastica.
- Che cavolo sarebbe quello?
- Come fai a non capirlo?! – mi riprende lui, afferrandomi per la collottola e spingendomi più vicino all’aggeggio, - È uno di quei cosi che asciugano lo smalto!!!
Mi avvicino ancora un po’ e, non capendo, prendo l’oggetto fra le mani, per esaminarlo più attentamente.
È una papera del tutto normale, a parte il fatto che, in effetti, l’apertura del becco è larga più o meno quanto lo sono le dita di una mano. Faccio la prova, infilandole nell’apposito spazio dall’indice al mignolo.
- Ehi, è vero! – ammetto, sbigottito.
Tom mi strappa l’affare di dosso – rischiando di portar via assieme a lui pure un buon numero di falangi – e, disinteressandosi completamente della tragedia alla quale avrebbe condannato i Tokio Hotel se mi avesse menomato, saltella compiaciuto verso le casse.
Io neanche mi lamento, tanto so che sarebbe inutile. Non ce la faccio proprio, però, a non lasciarmi sfuggire un versaccio disgustato mentre ascolto ciò che borbotta felice mentre si mette educatamente in fila.
- Se non me lo dà dopo questo, non me lo darà proprio mai più!

È questo che intendo quando dico che voi fangirl non capite. Non avete la più pallida idea di cosa significhi avere a che fare con due gemelli innamorati. Anche perché l’amore è pericoloso. Non si limita a bruciare tutti i neuroni presenti nel cervello di chi lo prova, no, contagia anche i cervelli di quelli che li circondano!
Costringendo tutti a un’incipiente e precoce demenza senile.
Che, sinceramente, mi sta più che bene se affligge il mio manager ultra-trentacinquenne.
Mi sta un po’ meno bene se affligge me, che di anni ne ho venti. E sono ancora tragicamente pieno di belle speranze, a dimostrazione che della vita, è ovvio, non ho ancora capito un accidenti.
*
Io e Tom rincasiamo nell’esatto momento in cui rincasano Georg e Bill. Dallo sguardo del mio povero bassista, e dal pacchetto incartato e infiocchettato che Bill sbatacchia in giro per la casa, comprendo che la sua giornata non dev’essere stata granché migliore della mia, perciò sospiro e gli schiocco un’amichevole pacca su una spalla, mentre lui mugugna disperato e corre verso il divano, sul quale si abbandona esausto mentre, dall’altro lato del loft, David rimprovera aspramente i gemelli per essere usciti con un tempo che “neanche i vichinghi sarebbero stati in grado di sopportare”.
Scuoto il capo e mi avvicino a Georg, sprofondando sul divano al suo fianco e accendendo la televisione. Su MTv becco Ready, Set, Go! e ritengo più opportuno spegnere nel momento esatto in cui Georg ricomincia a mugolare come se stessero cercando di ammazzarlo.
- Giornata stressante, eh? – chiedo partecipe, cercando di consolarlo con qualche altra affettuosa pacca.
- Non puoi neanche immaginare. – borbotta lui, riportando dietro l’orecchio una ciocca di quell’improponibile tenda che si ostina a chiamare frangia e che passa la propria intera giornata a cercare di accecarlo ficcandoglisi negli occhi quando meno se lo aspetta. Poi si ferma, tossicchia e aggiunge: - Il twincest fa schifo.
Io ridacchio. Sollevo lo sguardo e adocchio Bill e Tom che, nel mezzo del corridoio che separa le loro stanze, cercando di nascondersi i pacchi regalo a vicenda e finendoo con lo scontrarsi a metà dell’aria fra loro in bacetti fugaci e terribilmente teneri a fior di labbra. David li fissa da qualche metro di distanza, scioccato, e poi si rifugia in cucina borbottando qualcosa sull’indecenza, mentre Tom prende a trascinare Bill verso il bagno, tra le sue deboli quanto inutili proteste.
Scrollo le spalle.
Georg si lascia andare a tutto il repertorio di versetti disgustati che inscena quando è invidioso del fatto che i gemelli pomicino comunque più di lui.
- Che vuoi farci? – sbotto divertito, - Sono canon!