Scritta in coppia con Ana.
Genere: Malinconico, Triste, Commedia, Romantico.
Pairing: Bill/Tom.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Incest, Language, Slash, AU, Angst.
- Bill non vuole ricordare. Tom non vuole ricordare.
Nessuno dei due sente il bisogno di farlo. Perché fa male, fa troppo male, fa male come uno spiacevole ago conficcato in un fianco.
...entrambi, probabilmente, hanno tanto bisogno di ricordare che se non lo faranno scoppierà loro la testa.
Se poi Jorg Kaulitz decide di "dar loro una mano" inconsapevolmente...
Note: Scrivere questa storia è stato in parte veramente facile XD e in parte veramente difficile. E' una storia comunque particolare, nel suo genere, per quanto io resti comunque convinta del fatto che la trama non sia poi così incredibilmente originale come si è detto. Certo, si vedono poche fic del genere sui gemelli, ma dire che sia originale in assoluto... ma comunque questi sono discorsi spiccioli che non valgono niente. Miles Away è una puccina. Credo che la sua forza stia soprattutto nel fatto di essere una storia narrata semplicemente. Direttamente. Senza troppi fronzoli. Quella era, e quella, io e Ana, abbiamo messo giù. Credo sia abbastanza normale sentirti trascinato dentro una storia quando ti sembra che il personaggio stia dialogando con te, parlandoti direttamente. E credo sia successo esattamente questo, fra Bill, Tom e i lettori di Miles Away.
C'è da dire che ho fatto davvero la preziosa, con questa storia XD Dal momento che ero incasinata su più fronti, avrei preferito cominciare a scriverla più avanti, all'incirca verso Novembre. E invece ad Agosto eravamo già lì al lavoro. E per Settembre era tutto finito (missing moment a parte XD). E' stata una cosa un po' strana, e quasi... mah, non so, forse dolorosa °_° E' che, per quanto iniziare i capitoli fosse difficile (perché appunto ero sempre presissima da altro), Ana riusciva sempre in qualche modo a scrivere delle scene che poi mi ispiravano un casino, e io le andavo dietro come una matta, e in ventiquattr'ore in genere i capitoli erano davvero praticamente finiti, rivisitazioni successive a parte °_° E' una cosa quasi inquietante.
Per i missing moment stiamo seguendo una linea un po' diversa. A parte che sono io a rompere le palle per scriverli X'D Riusciamo davvero a finirli in pochissimo perché li scriviamo praticamente insieme su MSN, e poi, essendo vaccate, non hanno bisogno dell'attenzione spasmodica al particolare che invece dedicavamo alla storia madre. Spero solo che al pubblico piacciano altrettanto ù.ù
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Miles Away
- Prologo -

Cerco di concentrarsi sulle nuvole.
Le nuvole avevano un aspetto rassicurante. Bianche, tondeggianti, morbide. Solo a guardarle ci si poteva sentire molto più calmi, più rilassati, quasi felici. Ecco, sì. Sì. Se puntava gli occhi su quella bianca, bianchissima, a forma di patata perfettamente ovale – o pallone da rugby? Non era mai stato un genio dello sport, nonostante il corso di karate che, da piccolo, aveva frequentato con…
…no, meglio non pensarci.
Il suo cervello era già abbastanza sovraccaricato dal pensiero di doverlo rivedere. Non era necessario aggiungere anche il pensiero di lui in quanto lui. Decisamente.
La nuvola, dicevamo.
La patata ovale.
Il pallone da rugby.
Chi per loro, insomma.
Certo che le nuvole erano creature affascinanti…
…cioè, non erano creature. Avrebbe dovuto trovare un termine migliore per definirle.
Mordicchiandosi l’interno della guancia, faticò a trovarne uno, perciò lasciò perdere. Erano comunque cose parecchio affascinanti. Davano tanto l’idea di essere degli enormi cuscini comodi sui quali adagiarti senza pensieri dopo una giornata sfiancante… e invece, se qualcuno avesse realmente provato a distendersi su una di quelle enormi masse d’aria, non solo avrebbe provato tanto di quel freddo che si sarebbe sentito ghiacciare fin nelle ossa, non solo avrebbe corso il rischio d’essere attraversato da parte a parte da una potentissima scarica elettrica, ma invece di ricevere l’abbraccio caldo e confortante dei cuscini di quelle gigantesche finte poltrone si sarebbe anche trovato a galleggiare precariamente nell’aria, in attesa di schiantarsi al suolo.
Le nuvole non avevano pietà.
Esattamente come i ricordi.
I ricordi erano dannatamente uguali alle nuvole. Così amichevoli e dolci quando li intravedevi da lontano affacciarsi fra le pieghe della mente e dei sogni ad occhi aperti… così duri e spiacevoli quando ti decidevi ad avvicinartici e guardarci dentro.
I ricordi, come quasi tutti i bauli antichi delle case delle nonne, possedevano sempre un doppio fondo. C’era quello che vedevi col primo colpo d’occhio, che era quasi sempre delicato e semplice e nostalgico e terribilmente piacevole. E poi c’era quello che sentivi quando allungavi la mano per afferrarlo in un pugno.
E quello era duro.
Spigoloso.
E doloroso.
Sempre, sempre, sempre.
Lasciarsi andare contro una nuvola e lasciarsi andare ai ricordi potevano essere entrambe attività mortali. Praticamente allo stesso livello. Anche se si trattava di morti diverse.
Il segnale che avvisava i gentili passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza si accese, e fu presto seguito dalla voce suadente e vagamente smorfiosa di un’hostess, che informava tutti che l’atterraggio si sarebbe svolto nel giro di una quindicina di minuti, come previsto e in perfetto orario.
Tom ubbidì al segnale e alla signorina, strinse la cintura in vita e si aggrappò distrattamente con le mani ai braccioli del proprio sedile.
Lanciò un altro sguardo alle nuvole e provò ad immaginare come sarebbe stato passarci dentro.


Quando, dopo un quarto d’ora, l’aereo uscì dall’area di turbolenza e si diresse punta in basso verso la pista d’atterraggio, Tom ebbe la sua risposta.
Passare in mezzo alle nuvole faceva schifo.
Esattamente come passare in mezzo ai ricordi.

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