Scritta in coppia con Ana.
Genere: Malinconico, Triste, Commedia, Romantico.
Pairing: Bill/Tom.
Rating: NC-17
AVVERTIMENTI: Incest, Language, Slash, AU, Angst.
- Bill non vuole ricordare. Tom non vuole ricordare.
Nessuno dei due sente il bisogno di farlo. Perché fa male, fa troppo male, fa male come uno spiacevole ago conficcato in un fianco.
...entrambi, probabilmente, hanno tanto bisogno di ricordare che se non lo faranno scoppierà loro la testa.
Se poi Jorg Kaulitz decide di "dar loro una mano" inconsapevolmente...
Note: Scrivere questa storia è stato in parte veramente facile XD e in parte veramente difficile. E' una storia comunque particolare, nel suo genere, per quanto io resti comunque convinta del fatto che la trama non sia poi così incredibilmente originale come si è detto. Certo, si vedono poche fic del genere sui gemelli, ma dire che sia originale in assoluto... ma comunque questi sono discorsi spiccioli che non valgono niente. Miles Away è una puccina. Credo che la sua forza stia soprattutto nel fatto di essere una storia narrata semplicemente. Direttamente. Senza troppi fronzoli. Quella era, e quella, io e Ana, abbiamo messo giù. Credo sia abbastanza normale sentirti trascinato dentro una storia quando ti sembra che il personaggio stia dialogando con te, parlandoti direttamente. E credo sia successo esattamente questo, fra Bill, Tom e i lettori di Miles Away.
C'è da dire che ho fatto davvero la preziosa, con questa storia XD Dal momento che ero incasinata su più fronti, avrei preferito cominciare a scriverla più avanti, all'incirca verso Novembre. E invece ad Agosto eravamo già lì al lavoro. E per Settembre era tutto finito (missing moment a parte XD). E' stata una cosa un po' strana, e quasi... mah, non so, forse dolorosa °_° E' che, per quanto iniziare i capitoli fosse difficile (perché appunto ero sempre presissima da altro), Ana riusciva sempre in qualche modo a scrivere delle scene che poi mi ispiravano un casino, e io le andavo dietro come una matta, e in ventiquattr'ore in genere i capitoli erano davvero praticamente finiti, rivisitazioni successive a parte °_° E' una cosa quasi inquietante.
Per i missing moment stiamo seguendo una linea un po' diversa. A parte che sono io a rompere le palle per scriverli X'D Riusciamo davvero a finirli in pochissimo perché li scriviamo praticamente insieme su MSN, e poi, essendo vaccate, non hanno bisogno dell'attenzione spasmodica al particolare che invece dedicavamo alla storia madre. Spero solo che al pubblico piacciano altrettanto ù.ù
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Miles Away
- Capitolo 3 -
*
- Ci hai messo una vita a rispondere!!! – sbraitò infuriato, quando sentì la voce di Andreas, impastata e annoiata, dire “pronto?” dall’altro capo della cornetta.
- Scusa Bill. – disse il biondo, sarcastico, - Stavo-
- Non mi interessa affatto quello che stavi facendo! – strillò il ragazzo, scattando a sedere sul letto e infilando le pantofole ai piedi, per poi prendere a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza. – La mia vita si sta trasformando in un disastro! È intollerabile che tu non sia qui a reggermi la mano!!!
- Bill… - sbuffò Andreas, - Non è proprio il caso che cominci a comportarti come una modella isterica, dai… dimmi qual è il problema…
- Il problema è che mio padre è un fottuto stronzo e sarò obbligato a passare l’intera settimana da solo con Tom!
Andreas ebbe un attimo d’esitazione.
- Tom…? – chiese incredulo.
- Esatto. – sibilò Bill, - Mio padre ha pensato che sarebbe stato tanto carino rivedersi e passare una serena estate tutti insieme! Non lo trovi meraviglioso? – ironizzò acido, - E poi però ha trovato opportuno prendere e partire per la Cina o chessò io, e dirmi candidamente “oh, ma non preoccupatevi, Saki vi rinchiuderà nella villa in Francia fino a quando non sarò tornato! Perciò è tutto a posto”!
- …non so perché, ma ho la vaga impressione che le parole non siano state esattamente queste. – commentò Andreas, scrollando le spalle in un gesto disinteressato che fortunatamente Bill non colse.
- Sia come sia, non è mica finita qui! Oh, no! Perché Saki in effetti ci ha rinchiusi nel castello degli orrori, che per inciso, come ricorderai, è nel bel mezzo del nulla e talmente invaso dagli spifferi che me li sento perfino nelle ossa, e poi ha pensato bene di confessare che in realtà le sue ferie erano già cominciate da dieci minuti, ed è praticamente fuggito a razzo come fosse stato in pericolo di vita!
- Ah-ha. – annuì Andreas, - Quindi adesso siete completamente soli e ve la dovrete cavare per una settimana, senza sbranarvi a vicenda, possibilmente. Capisco.
- E dobbiamo dividerci la stanza!
- Sì…
- E c’è il letto a soppalco!
- Ok, Bill…
- …e lui s’è preso quello di sopra!!!
Andreas rise di gusto, come se non avesse la minima percezione del disastro che si stava compiendo.
- Ad ogni modo, - disse distrattamente, - com’è che sta Tom? Passamelo, non lo sento da secoli!
- …Andreas.
- Sì?
- Si suppone che tu sia il mio migliore amico.
- Ma lo sono, sto solo dicendo-
- Se lo fossi, avresti capito almeno la parte del mio discorso in cui, anche se non te lo dicevo esplicitamente, ti facevo notare che rivedere Tom non rientrava nella top ten delle cose da fare prima della fine dell’estate!
- Ma Bill… - ridacchiò appena Andreas, - Tu mi chiami alle… - controllò l’orario, - all’una e mezzo del pomeriggio, vale a dire praticamente l’alba, dal momento che mi sono svegliato un’ora fa. Mi becchi proprio mentre mi sono appena accomodato sulla sdraio e sto flirtando con una morettina adorabile dall’altro lato della spiaggia, mi investi con la mole enorme dei tuoi presunti problemi e ti aspetti anche che ti risolva qualcosa? Sono alle Maldive!!!
- Questo è del tutto irrilevante!!! – rispose istericamente Bill, ormai oltre ogni grazia della ragione.
- Oh, insomma. – sbuffò Andreas, - Tutto questo non ha senso. E poi, mi vuoi una buona volta spiegare cosa diamine ti ha fatto il povero Tom, per farsi odiare così appassionatamente da te?!
- Non c’è neanche un briciolo di nessun “appassionatamente” fra noi! – strillò Bill. Poi abbassò le palpebre, socchiudendo gli occhi e inarcando le sopracciglia, - …A me non interessa un accidenti di lui. Per quanto mi riguarda, potrebbe anche sparire. E forse sarebbe meglio…
- Bill… Bill, avanti, stai drammatizzando… - cercò di consolarlo l’amico dall’altro lato del telefono, - Non sarà un disastro troppo enorme…
- No, Andreas, senti, è che tu-
- Sì, lo so, non so e non posso capire. Me l’hai già detto mille volte. Peccato che ti “dimentichi” sempre anche di informarmi del resto…
- …non mi va di parlarne.
- L’avevo intuito, Bill, altrimenti io non sarei qui a cercare di cavarti l’informazione di bocca invece di fare surf per mostrare quanto sono bello in giro, e tu non saresti così pieno di complessi e così convinto di stare per passare l’estate peggiore della tua vita…
- Tu non sei bello. E non sai andare in surf. E io non ho complessi. E questa sarà esattamente l’estate peggiore della mia vita. A meno che non si ripeta. In quel caso, volgerò la frase al plurale.
- Bill-
- Aspetta. – disse il moro, poggiando una mano sulla cornetta, dopo aver sentito qualcuno bussare sommessamente alla porta, - Sì?
- Bill… sono Tom… - rispose il gemello, dal corridoio.
Bill roteò gli occhi e sbuffò sonoramente.
- Andreas, devo lasciarti. La piaga mi chiama.
- Oh. Capisco. – rise l’altro, - Salutami la piaga e buona fortuna… ci sentiamo presto.
- Certo, certo… - mugugnò lui, interrompendo la chiamata e dirigendosi a passo sicuro verso la porta, per poi spalancarla. – Era ovvio che fossi tu, ci siamo solo noi due in casa. – puntualizzò, quando si trovò Tom davanti agli occhi, - “Sì” voleva dire “parla e sparisci”.
Tom aggrottò le sopracciglia, stringendo i pugni.
- Si può sapere perché devi essere sempre così acido? – borbottò cupamente, battendo un piede ritmicamente sul pavimento, - Dio! Sembri la mia tipa quando ha le sue cose!
Bill si pietrificò sulla soglia, stringendo ancora la maniglia della porta in mano.
Lui aveva…
- Ehm… - balbettò Tom, come realizzando d’improvviso cosa aveva detto, sfuggendo lo sguardo ancora sconvolto di Bill, - Volevo solo dirti che non c’è niente da mangiare in casa. Bisogna andare a fare la spesa.
- …la spesa. – mormorò Bill, scuotendo appena il capo come per tornare alla realtà, - Sì. Be’, cerchiamo di essere pratici, dovremo pur convivere per la prossima settimana… - sospirò, - Aspettami di sotto, arrivo subito.
Tom annuì e fece per voltarsi e tornare a piano terra, ma si interruppe prima di completare il movimento, tornando a guardare il fratello.
- Bill… con… la tipa, a… a Boston… non è una cosa seria…
- Cosa?! – scattò il moro, stringendo di più la presa sulla maniglia, - Cosa vuoi che mi interessi?! Se stai con qualcuno io non-
- Non sto con nessuno!
- Non mi importa!
Si fermarono, fissandosi negli occhi.
Bill respirava un po’ pesantemente.
Il primo a cedere, abbassando lo sguardo, fu Tom.
- D’accordo. – bisbigliò, grattandosi la fronte sotto la fascia, - Ti aspetto di sotto.
Bill neanche annuì. Lo guardò sparire giù per le scale, e poi sbatté la porta, passandosi una mano sugli occhi.
Si diresse lentamente verso la valigia ancora chiusa ai piedi del letto, e la aprì. Cercò di concentrarsi sui vestiti. Una maglietta pulita, un pantalone da abbinare, dove diavolo aveva messo le catene…?
Si passò nuovamente una mano sugli occhi.
Avrebbe anche dovuto rifare il trucco.
…la situazione stava già sfuggendogli di mano. Dopo neanche ventiquattr’ore.
E Andreas pensava che non sarebbe stato un disastro troppo enorme… lo sarebbe stato eccome.
*
*
Suo padre era un idiota.
Era questo che pensava Bill, mentre con Tom aspettava l’arrivo della corriera.
Una corriera che, per giunta, era pure in ritardo.
Perché suo padre era un idiota?
Perché lo era e basta.
Non solo non aveva avuto la decenza di avvertirlo che aveva invitato Tom per le vacanze, prima di mollarli da soli e spedirli nella villa in Francia, ma aveva fatto anche di peggio!
Sì, perché soltanto un idiota di proporzioni enormi poteva spedire i propri figli in vacanza, in un paesino sperduto (anzi, leggermente in periferia, rispetto al paesino) della Bretagna... per le vacanze estive.
Insomma, erano in Francia! La patria della Costa Azzurra!, di Saint Tropez!, di Nizza!... e loro erano stati spediti… in Bretagna.
Forse era la Normandia, non ne era tanto sicuro, probabilmente erano giusto al confine tra le due regioni.
Sta di fatto che sì, erano ad un passo dal mare... ma non da un mare qualsiasi, no. Dall’Oceano Atlantico. Che era freddo.
Mentre lui avrebbe voluto passare le vacanze estive al caldo.
Caldo e Bretagna erano due cose inconcepibili insieme.
E oltre al freddo c’era pure la pioggia. Pioveva ogni due giorni, quindi l’aria era piena d’umidità. E i suoi capelli non sopportavano l’umidità. Quindi nemmeno lui la sopportava.
Si stiracchiò, mettendosi in piedi: la corriera era finalmente arrivata.
Bill salì per primo, guardandosi intorno. Il veicolo era praticamente vuoto, eccezion fatta per l’autista e due vecchiette che avevano smesso di spettegolare non appena lui e suo fratello erano saliti.
- Bonjour garçons, comment je peux vous aider? – chiese il conducente.
Bill si girò verso l’uomo, quando sentì una presa sul braccio. Era Tom.
- Senti Bill, pagheresti anche per me? Non ho spiccioli.
Bill sbuffò. Perfetto, ora doveva pure mantenerlo. Si rivolse di nuovo all’autista.
- Bonjour monsieur, je voudrais deux billets pour la ville, s'il vous plait. – disse, in un francese a dir poco perfetto.
- Et voilà. Vous êtes étrangers?
- Oui, nous sommes arrivés ce matin de l’Allemagne. Nous devons aller faire les courses, pourrait nous dire où nous pouvons trouver quelque supermarché?
- Oui, oui. En centre, vous ne pouvez pas tromper, c’est l’unique magasin de la zone.
- Merci beacoup, monsieur. – sorrise Bill.
Era forse in uno dei suoi rari momenti di non-sono-incazzato-con-mezzo-mondo?
Tom guardava la conversazione tra i due come se stesse seguendo una partita di tennis.
- Pas des problems. C’est toujours beau voir une jeune couple des ces parties.
Il viso di Bill s’incupì all’improvviso.
- Nous sommes jemeaux! – esclamò Bill scandalizzato, andandosi a sedere in fondo all’autobus.
Il conducente lo seguì con lo sguardo, per poi voltarsi verso Tom.
- Je ne le savais pas, éxcuse moi. Cependant ta soeur est un peu nerveuse...
Tom lo guardò stralunato. Cosa stava dicendo?
- Je suis un garçon!!! – urlò il moro dal fondo dell’autobus, e Tom potè giurare che, in quel momento, i capelli di Bill sarebbero potuti stare dritti in testa anche senza l’aiuto di alcuna lacca.
Tom fece un sorriso imbarazzato al conducente, raggiungendo il fondo dell’autobus.
Ebbe però la buona idea di sedersi dall’altra parte del corridoio, ben lontano da Bill, che stava ancora fumando dalla rabbia.
L’autista doveva aver detto delle cose tremende.
*
*
- Allora, da dove iniziamo?- chiese Tom non appena furono entrati nel negozio.
Bill si avvicinò, spingendo un carrello formato mignon, e si guardò in giro.
Effettivamente tutto il “supermercato” era formato mignon.
- Umm, tu pensa alla verdura, ci troviamo tra cinque minuti davanti allo scaffale con le caramelle.-
- Caramelle?- chiese Tom, ma Bill se ne era già andato.
Scrollò le spalle e andò al reparto di frutta e verdura.
Non sarebbe stato difficile, avrebbe dovuto riempire i sacchetti, pigiare il bottone giusto sulla bilancia e basta.
Si bloccò.
Ok, aveva un problema.
Il “supermercato formato mignon” era leggermente del tipo “vecchio stampo”.
Ossia, al reparto frutta e verdura, oltre alla frutta e alla verdure, c’era anche il verduraio. Sorridente e pronto a servire i clienti.
Niente bilancia con bottoncini.
Niente self-service.
Avrebbe dovuto chiedere.
Tom si avvicinò, timoroso.
Ok Tom, tranquillo. Hai superato momenti peggiori.
- Bonjour. – lo salutò il verduraio con un sorriso a trentadue denti.
- Ehm... bonjour...- farfugliò il ragazzo.
Ovviamente, lui non conosceva il francese.
O meglio dire, conosceva due frasi in croce. Una l’aveva appena usata. E per quanto riguardava l’altra… be’, dubitava fortemente che Voulez-vous coucher avec moi, c’est soir? l’avrebbe aiutato.
Pensa Tom, pensa.
Il francese era una lingua romana.
E anche l’italiano lo era.
Lui aveva lavorato per un periodo in un ristorante italiano, magari provando a francesizzare una parola italiana, sarebbe riuscito a ricavare qualcosa.
Ok Tom, pensa. Quale parola italiana che indichi una verdura conosci?
- Ehm... pomme d’or?
Aveva provato a dire la parola pomodoro, togliendo apposta l’ultima lettera e usando la r moscia.
Il verduraio si girò e inizio a rovistare tra sacchetti e prodotti.
Aha! Ce l’aveva fatta!
Aveva ordinato da solo della verdura, senza l’aiuto di Bill!
Era così felice che, non appena l’uomo gli porse il sacchetto, lo prese senza controllare e andò alla ricerca del gemello.
Lo trovò davanti allo scaffale delle caramelle, appunto.
- Ecco qua. – disse poggiando il sacchetto nel carrello.
Bill guardò il sacchetto e poi guardò Tom. E poi di nuovo il sacchetto.
- Che c’è?- chiese Tom.
Bill alzò nuovamente lo sguardo su di lui.
- Non ti avevo detto di prendere della verdura?
- Sì...
- E a te queste sembrano delle verdure? – Bill alzò il sacchetto. Che conteneva delle mele.
- Tu non sai un accidenti di francese, vero? – chiese poi, senza sforzarsi di nascondere il ghigno che si stava formando sul suo viso.
- Mai studiato. – ammise Tom.
- Okay ho capito, - sbuffò, vagamente annoiato ma anche assurdamente soddisfatto, - ci penso io. Tu aspetta qua. – e se ne andò, lasciando Tom da solo col carrello.
Il ragazzo guardò dentro, per vedere cos’aveva preso il fratello.
Purè di patate instantaneo, zuppa di asparagi instantanea, zuppa di funghi instantanea, zuppa di pomodoro instantanea...
Chiaramente, Bill non sapeva cucinare.
Era il suo momento di sghignazzare. Girò il carrello rimettendo a posto tutte le scatole e poi andò a raggiungere Bill.
- Dove hai messo le scatole? – chiese lui, notando il carrello svuotato.
- Ho rimesso tutto a posto. – rispose Tom scrollando le spalle.
- E cosa hai intenzione di mangiare per questa settimana? Insalata verde e pomodori? – l’ironia di Bill era tornata alla ribalta.
- Se non ci sarà altro sì. Ma pensavo anche di prendere un po’ di cibo vero, da cucinare.
- Ma io non so cucinare... – gli fece notare Bill.
Tom sospirò, volgendo gli occhi al soffitto.
- Nemmeno io sono uno chef, ma me la cavo.
- Non pensarci nemmeno! Non ho intenzione di farmi avvelenare da te. – esclamò Bill, con un’espressione quasi scandalizzata.
Tom non potè credere alle sue orecchie. Si era dimenticato che l’infantilismo di suo fratello non aveva limiti!
- E io non ho intenzione di lasciarti mangiare schifezze in polvere per una settimana! – rimbeccò il biondo, senza neanche pensare a quanto stava effettivamente dicendo, senza smettere di guardare il gemello.
Bill spalancò gli occhi, fissandolo.
Si stava...? no, impossibile.
- Ehm... – Tom abbassò lo sguardo, - Dobbiamo prendere della carne, devi aiutarmi col francese. – disse cercando di sviare il discorso.
Bill parve ritornare in sè, - Certo. La carrne. Sì... andiamo. – scosse la testa per scacciare i pensieri e seguì suo fratello.
*
*
Tom appoggiò i tre sacchetti della spesa sulla panchina mezza scassata.
Erano finalmente usciti dal negozio e potevano tornare a casa.
Fare la spesa si era rivelata un’impresa ardua, Bill in fatto di cibo era più schizzinoso di una modella in fatto di trucchi. Non che Tom fosse un salutista, dopotutto il sacchetto che aveva portato Bill era pieno di patatine, lattine di Red Bull, caramelle gommose (suo gemello non era il solo ad adorarle) ed altri snack. Per non parlare della confezione da sei bottiglie da due litri di Coca Cola.
Però alla fine erano riusciti a fare una spesa tutto sommato decente.
Tom guardò suo fratello.
Stava seduto sullo schienale della panchina, i piedi sul sedile, il capo chino, con i capelli che gli ricadevano davanti al viso e sulle spalle. Stava armeggiando con qualcosa.
Dopo una seconda occhiata, Tom capì che stava litigando con l’accendino.
Mise una mano in tasca, alla ricerca di qualcosa. Tirò fuori il proprio accendino e lo porse a Bill.
- Prova con questo. -
Bill trattenne la sigaretta tra le labbra. Guardò prima il fratello e poi la mano tesa davanti a lui. Prese l’accendino senza dire una parola e chinò di nuovo il capo per accendere la sigaretta. Stupido vento di mare.
Sentì qualcosa toccargli i capelli. Alzò lo sguardo e, stupito, notò che Tom gli aveva preso delicatamente i capelli, scostandoli indietro, ben lontani dal viso.
- Rischi di bruciarteli...- fu l’unica cosa che disse Tom, guardando dall’altra parte.
Bill accese la sigaretta, inalando il fumo. Aveva bisogno di calmarsi, e in quel momento l’unica cosa che poteva aiutarlo era una buona dose di nicotina.
- Grazie. – disse a voce bassa.
Tom lo guardò, mentre la sua mano lasciava la capigliatura del fratello.
- Senti Bill... – iniziò grattandosi la fronte.
Bill lo guardò, incurvando il sopracciglio, facendogli intuire che lo stava ascoltando.
- Lo so che ci odiamo a vicenda, e posso anche capirti. Non è che io stia facendo i salti di gioia ad essere bloccato in un posto dietro il culo di Dio, ma non possiamo farci nulla. Visto che siamo costretti entrambi a stare qui, propongo una tregua di una settimana. Insomma, tu da solo probabilmente sai fare solo i corn-flakes, mentre io non saprei nemmeno chiedere dove si trova il bagno in francese… capisci? Abbiamo… “bisogno” l’uno dell’altro. – finse di ignorare la smorfia che fece Bill nel sentire quella parola, e poi proseguì, - Allora? Ci stai?
Guardò Bill, in attesa di una risposta, ma suo fratello rimaneva in silenzio, e si limitava a fissare il marciapiede con aria distratta.
Tom sbuffò di nuovo.
Suo fratello era semplicemente impossibile!
- Va bene, ho capito! – sbottò, girandosi e mollando un calcio ad un sasso, - Continuiamo ad odiarci e rendiamoci questa settimana un vero inferno! E non che non lo sia già!
- Tom... – lo chiamò debolmente Bill, senza sollevare lo sguardo.
- Che c’è? – sputò fuori lui, seccato.
- … “Où se trouve la toilette”.
- Eh? –
Mi sta prendendo per il culo per caso?, si chiese Tom.
- Dove si trova il bagno... – riprese Bill, sempre più intento a fissare la trama del marciapiede, - “où se trouve la toilette”...
Tom si chiese un’ultima volta se per caso suo fratello non stesse cercando di farlo impazzire.
…e poi capì e sorrise, avvicinandosi.
- Tregua? – chiese porgendogli la mano.
Bill guardò la mano tesa davanti a sé.
Sarebbe veramente riuscito a dimenticare, per una settimana, l’estate di due anni prima?
Sospirò.
Doveva almeno provarci.
- Tregua.- confermò, stringendo la mano.
Entrambi i ragazzi sentirono qualcosa in quel contatto.
Quel contatto che mancava da due anni.
Forse quest’estate non sarà così male, pensarono entrambi.
*
*
Time after time
and nothing has changed
time after time
and we're still the same
day after day
and nothing has changed
and now I feel
that I'm gonna break, cause I just cannot wait
to repeat yesterday…


Le traduzioni delle frasi in francese (per poco me le dimenticavo XD):
- Bonjour garçons, comment je peux vous aider?
Buongiorno ragazzi, come posso aiutarvi?
*
- Bonjour monsieur, je voudrais deux billets pour la ville, s'il vous plait.
Buongiorno signore, vorrei due biglietti per il paese, per favore.
*
- Et voilà. Vous êtes étrangers?
Ecco. Siete stranieri?
*
- Oui, nous sommes arrivés ce matin de l’Allemagne. Nous devons aller faire les courses, pourrait nous dire où nous pouvons trouver quelque supermarché?
Sì, siamo arrivati questa mattina dalla Germania. Dobbiamo andare a fare la spesa, ci può dire dove possiamo trovare qualche supermercato?
*
- Oui, oui. En centre, vous ne pouvez pas tromper, c’est l’unique magasin de la zone.
Sì, sì. In centro, non potete sbagliare, è l’unico negozio della zona.
*
- Merci beacoup, monsieur.
Grazie mille, signore.
*
- Pas des problems. C’est toujours beau voir une jeune couple des ces parties.
Non c’è problema. E’ sempre bello vedere una giovane coppia da queste parti.
*
- Nous sommes jemeaux!
Noi siamo gemelli!
*
- Je ne le savais pas, éxcuse moi. Cependant ta soeur est un peu nerveuse...
Non lo sapevo, scusatemi. Però tua sorella è un po’ nervosetta...
*
- Je suis un garçon!!!
Sono un ragazzo!!!

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