In coppia con Mukka
Genere: Azione/Drammatico
Pairing: RinXSesshomaru, KagomeXInuyasha
Rating: NC17
AVVISI: Angst, Chanslash, Prostituzione Minorile.
- Rosso. Colore del vizio e della perversione. Passione? Amore? Parole sconosciute, nell'ambiente in cui la storia si svolge. Rin ha sedici anni. Jaken è il suo sfruttatore. Sesshomaru è il capo della più importante cosca mafiosa di Tokyo. Inuyasha è suo fratello. Kagome la moglie di quest'ultimo. Queste vite si scontreranno, o solo sfioreranno accidentalmente, molte e molte volte, sullo sfondo del quartiere a luci rosse della città.
Commento dell'autrice: Parlando per me XD L'idea originale della storia era mia, ed è incredibile ed affascinante osservare quanto le abbia giovato la collaborazione con un'altra ficwriter. Nella mia testa era una storia molto più introspettiva, molto più cupa, molto più pallosa, in effetti XD Invece Mukka è stata in grado di darle quell'indirizzo yakuziano d'azione che ha nettamente risollevato il tono, facendone una bella action-fic ù_ù Sono molto soddisfatta è_é!
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Seeing Red
Capitolo Otto
Ferita e Ricoverata


Nella sua forse non troppo lunga, ma certamente sanguinaria vita, molte volte Kagura aveva visto la freddezza: la freddezza negli occhi dei suoi avversari, la loro totale mancanza di sentimenti, sostituita dalla semplice e pura voglia di uccidere.
Era un sentimento comune, dettato dal puro istinto, ed era quando questo sguardo si rialzava per incontrare il suo, solitamente sardonico, che capiva che il vero divertimento stava per cominciare. Sesshomaru aveva stretto quasi con disperata incredulità il corpicino di quella mocciosa che si era precipitata davanti a lui, facendosi colpire al posto suo; quasi senza badare alle sue due avversarie, l’aveva osservata, portata al petto, stretta a sé.
- Stupida… - aveva inspirato più a fondo che poteva quel dolce profumo, la sua giovane e fresca fragranza, ora inquinata dall’odore del sangue: sangue versato per lui.
Infine con rispetto l’aveva poggiata a terra, seconda (vittima?) ferita della lunga giornata, scrutata attentamente da Inuyasha; si era rialzato, aveva sollevato lo sguardo su di Kagura.
E fu allora che la killer vide la freddezza; e ne vide una talmente profonda, talmente impenetrabile, da provocarle un alieno brivido lungo il corpo. Portò una mano verso la ferita che quel bastardo le aveva provocato, incapace di reagire: il troppo sangue perduto già le annebbiava i sensi, e a fatica distinse l’immagine di lui che, senza proferire parola, lentamente alzava la pistola alla sua altezza, facendo scattare il cane.
Lo sparo esplose, boato che si espandé per tutta la verde campagna, penetrando nelle finestre di quella villa chiusa da troppi anni; Kagura chiuse gli occhi, eppure già l’istinto le diceva che quel rumore non proveniva dalla giusta direzione.
E infatti nessun dolore, nessun cor d’angeli per lei; solo, il suono di un oggetto metallico che cadeva, e l’imprecazione rabbiosa dell’uomo. Si decise a guardare, per ritrovarsi dietro a Kanna: come al solito, la sua espressione non diceva nulla, ma la sua piccola ed elegante arma puntata contro il Sesshomaru, e la pistola di quest’ultimo a terra, qualche metro dietro di lui, le fece facilmente intuire cosa fosse successo: lo aveva fermato giusto in tempo.
- Vai alla moto, Kagura: a lui ci penso io.
Non se lo fece ripetere due volte, stringendo i pugni per non perdere i sensi, e trascinandosi a fatica verso il suo destriero meccanico, il suo fidato mezzo di trasporto. Chi cazzo era quella mocciosa, per mettersi tra Sesshomaru e un coltello? Se non fosse intervenuta, adesso il suo lavoro sarebbe già stato finito, e lei non avrebbe dovuto strisciare come un verme in cerca di salvezza.
- Fossi in te, la seguirei.
Kanna sembrò sorpresa di quell’imprevisto, sorpresa dal fratellino del boss che, a fatica, aveva estratto la sua pistola, puntandogliela contro. Lo aveva fatto con attenzione, badando a evitare movimenti bruschi che l’avrebbero insospettita: e adesso i giochi di forze erano cambiati, lei che minacciava l’alto e fiero bosso, lui che non avrebbe esitato a spararle.
Lentamente, senza smettere di minacciare Sesshomaru, la fanciulla prese ad indietreggiare, sino a raggiungere una Kagura praticamente sdraiata sul manubrio della moto, incapace anche di metterla in moto.
- Levati.- sbottò, quasi con stizza (difficilmente raggiungeva appieno un sentimento, era sempre quasi arrabbiata, quasi sorpresa, quasi triste…), quindi si mise al posto di comando, diede un leggero colpo di piede, e la moto ruggì.
I due fratelli le osservarono allontanarsi, Inuyasha che finalmente poté lasciar cadere a terra la pistola, il cui peso gravava troppo sulla ferita, e Sesshomaru che non accennava a reagire, ancora freddamente concentrato sulla sua preda che si dileguava nel verde.
Questo perché non aveva il coraggio, non aveva La forza di fare ciò che era più logico, e che fece immediatamente Inuyasha, arrancando verso la giovane Rin e premendo una mano sporca di sangue sul suo esile petto, dolcemente formoso.
- E’ ancora viva, Sesshomaru. Se ti sbrighi a portarci da Kagome, dovrebbe far…
Ma non aveva neppure fatto in tempo a terminare quella frase, che già quella fresca creatura su cui era chinato era stata sollevate da due tremanti braccia, di solito così forti ma in quel momento così attente.
Sesshomaru contemplò solo per un attimo Rin, apparentemente badando a come tenerla per non compromettere la ferita, quindi si suoi occhi si avevano incontrati quelli del medesimo colore di suo fratello, con una muta domanda: ce la fai da solo?
Non era neppure il caso di rispondere. Certo che ce la faceva. Si rialzò traballante, seguendolo verso l’auto. Attese mentre lui la sistemava, sdraiandola sui sedili posteriori, quindi, con un ultimo, titanico sforzo, si sedette accanto al posto di guida, e fu allora che perse del tutto la cognizione del tempo e dello spazio, scivolando in un profondo e non del tutto sano sonno.
Per Sesshomaru fu un viaggio allucinante, lanciato a tutta velocità per quelle strade di campagna, le pupille che non potevano fare a meno di saettare verso lo specchietto retrovisore, e controllare regolarmente un qualche movimento che indicasse la presenza della vita in lei.
***

Fu risvegliato dalla consorte, dal suo parlare concitato.
- Inuyasha? Inuyasha! – sentì le sue gentili mani, quelle mani che tante volte l’avevano carezzato con amore e passione, le sentiva spogliarlo, senza neppure farlo scendere dalla macchina; era lì, chinata sulla portiera aperta, che con furia gli slacciava la camicia, per osservare quanto fosse grave la ferita.
- Va tutto bene, Kagome… - anche se gli costò fatica, le poggiò una mano sul volto, attirandola come prima cosa a sé, verso le sue labbra. Questa volta ci era andato troppo, troppo vicino per non voler immediatamente pretendere un bacio, una dolce ricompensa da lei. Sentì le sue salate lacrime correre sull’unione delle loro bocche, e sorrise per tutto l’amore, forse non meritato, che quella donna era disposta a dargli per, il resto della vita. – Io sto bene… ma Rin…
- Ho detto a Sesshomaru di portarla dentro. Vieni, ti do una mano.
Scese cautamente dall’auto, parcheggiata proprio sotto al loro negozio, senza appoggiare troppo del suo peso sulla consorte… in fondo, dentro di lei già stava trasportando un’altra creatura…
- Non so se quella ragazzina se la caverà. – mormorò, mentre con la coda dell’occhio dava un ultima occhiata alla loro vettura, e non poteva fare a meno di notare il sangue che aveva inzuppato abbondantemente i sedili posteriori.
E anche Sesshomaru aveva il suo stesso dubbio, mentre in gran fetta la portava verso lo stanzino dove lui stesso, solo un paio di giorni prima, era stato curato; la sua ferita andava già per la guarigione, ed ecco che di nuovo quella branda sarebbe stata costretta a vederne un’altra: e questa era interamente colpa sua.
Perché aveva permesso a Rin di seguirlo? Era solo un peso, un impiccio, aveva messo a repentaglio la sua giovane vita… per cosa? In quel momento, tutto sembrava inutile, e stupido, da quella lotta tra bande per il potere, a quella dannata gemma, e che avrà avuto poi di così speciale!
Fissò quella stanza, quella stanza dove avevano condiviso una non molto invitante cena, quindi si avvicinò alla branda, ve l’appoggiò sopra.
Dormiva, o almeno così sperava, la respirazione ridotta a brevi sforzi che presto non avrebbe più potuto mantenere; gli occhi non erano beatamente rilassati, come quando l’aveva vista dormire, ma quasi strizzati, specchio della sua lotta per la vita.
Si chinò su di lei, senza riuscire a controllare ciò che lo muoveva; sfiorò le sue labbra appena divaricate con un frettoloso bacio, quindi si voltò, per andarsene.
Non disse nulla quando incrociò fratello e nuora nel corridoio; lo sguardo di lei gli fece capire che stava correndo dalla sua protetta, e tanto gli bastò; non aveva tempo da perdere.
Da preda si era trasformato in cacciatore.

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