In coppia con Mukka
Genere: Azione/Drammatico
Pairing: RinXSesshomaru, KagomeXInuyasha
Rating: NC17
AVVISI: Angst, Chanslash, Prostituzione Minorile.
- Rosso. Colore del vizio e della perversione. Passione? Amore? Parole sconosciute, nell'ambiente in cui la storia si svolge. Rin ha sedici anni. Jaken è il suo sfruttatore. Sesshomaru è il capo della più importante cosca mafiosa di Tokyo. Inuyasha è suo fratello. Kagome la moglie di quest'ultimo. Queste vite si scontreranno, o solo sfioreranno accidentalmente, molte e molte volte, sullo sfondo del quartiere a luci rosse della città.
Commento dell'autrice: Parlando per me XD L'idea originale della storia era mia, ed è incredibile ed affascinante osservare quanto le abbia giovato la collaborazione con un'altra ficwriter. Nella mia testa era una storia molto più introspettiva, molto più cupa, molto più pallosa, in effetti XD Invece Mukka è stata in grado di darle quell'indirizzo yakuziano d'azione che ha nettamente risollevato il tono, facendone una bella action-fic ù_ù Sono molto soddisfatta è_é!
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Seeing Red
Capitolo sette
La sfera


Era una grande villa, su tre piani, per nulla discreta. Mentre i due si avvicinavano alla porta d’ingresso, Rin si ritrovò a pensare “Ah! Ecco dove l’aveva nascosta, la villona!”. Poteva scorgere un immenso bosco, poco distante. Si chiese se anche quello appartenesse a Sesshomaru-san, ma non ebbe il coraggio di dirlo. E questo perché il Principe, più si avvicinava all’edificio più sembrava teso. Oh, cambiamenti percepibili solo osservandolo continuamente come faceva lei da quando l’aveva incontrato, un sopracciglio sollevato di un millimetro, una vena del braccio che sporgeva leggermente, testimone di una mano fortemente chiusa a pugno, dettagli simili. Dall’espressione accigliata, Rin riuscì ad intuire lo scombussolamento dell’uomo, e ne sorrise lievemente. Lo chiamavano Principe dei Demoni, ma era così umano…
Nonostante capisse perfettamente la situazione in cui si trovavano, non capiva però il motivo di quel viaggio. Perché proprio in quel posto? Cosa aveva intenzione di fare Sesshomaru-san lì?
- Sesshomaru-san…
- Qui c’è la tomba di mio padre. – disse lui in fretta, per tagliare corto, avendo intuito la domanda negli occhi della ragazzina, mentre entrava in casa.
- Capisco… - chiuse lei ricominciando a seguirlo in silenzio.
Passarono attraverso tutto il pianterreno della villa, riccamente arredata, e Sesshomaru-san la guidò silente oltre una porticina sul retro, su un piccolo cimitero.
Rin si dimostrò parecchio stupita di trovare un cimitero in un luogo simile, e mostrò la sua perplessità ricoprendo l’uomo che l’accompagnava di domande. Lui rispose pacatamente, puntando gli occhi su una croce in pietra conficcata nel terreno.
- Mio padre decise di essere sepolto qui. – disse indicando un discreto mausoleo poco distante, - Per il suo cadavere sarebbe stato pericoloso trovarsi in un comune cimitero.
Le dinamiche mafiose le erano completamente sconosciute. Non capiva perché una tomba pubblica potesse essere poco sicura, ma si sforzò di provare. La sua attenzione venne invece attratta dalle due piccole croci affiancate, una della quali era stata oggetto di un attento sguardo da parte di Sesshomaru-san.
- E queste…?
- …solo una delle due è vera. Quella – disse con un cenno alla croce davanti alla quale si trovava Rin, - è della madre di Inuyasha. Questa, invece, - sguardo a quella che lui aveva di fronte, - è della mia.
- Ma… Sesshomaru-san, non ha detto che di sua madre…
- Sì. Non ne abbiamo più avuto notizie. D’altronde, faceva parte anche lei della yakuza. Se non sappiamo dov’è, o è morta o non vuole farsi trovare. E se non vuole farsi trovare, è come morta.
Rin non avrebbe saputo immaginare uno sguardo più gelido, negli occhi di qualcuno che parlava della propria madre. La cosa le strinse il cuore.
**

Si diresse, a passi veloci e decisi, verso il mausoleo entro cui si trovava la bara di suo padre.
Aprì la pesante porta che era sempre stata senza lucchetto, ed entrò nel piccolo edificio. Regnava l’oscurità, accompagnata da un terribile olezzo di chiuso, fortemente acuito dall’umidità.
Sesshomaru spalancò la porta, in modo che la luce del sole entrasse a diradare l’ombra, permettendogli di vedere. Rin era, come sempre, al suo fianco.
La bara si trovava al sicuro oltre il muro sul fondo della stanza. Sopra la chiusura, una foto ed un vaso vuoto da chissà quanto tempo.
Neanche gli si avvicinò. Si fermò un paio di metri prima, cominciando ad esaminare la parete a sinistra dell’entrata.
Rin lo vide solo, ad un certo punto, sogghignare.
- Lo sapevo. Avevo ragione.
Una delle ampie mattonelle quadrate che ricoprivano il muro si rivelò essere solo mollemente appoggiata ad esso. Sesshomaru non ebbe difficoltà a sollevarla e gettarla per terra senza delicatezza. La mattonella andò in frantumi, qualche metro oltre la ragazzina.
Da sotto, venne fuori qualcosa che somigliava incredibilmente ad un… pannello di controllo…?
Vide Sesshomaru-san sogghignare di nuovo, debolmente illuminato dalla luce del sole che non entrava esattamente come una marea. Tutto quel sogghignare la spaventò.
- Cos’è questo, Sesshomaru-san?
- E’ una cassaforte. Esattamente come pensavo che fosse. Qui dentro dev’esserci… - si interruppe, pensando a quante volte già l’avesse detto vedendo poi delusa ogni speranza di trovare davvero la sfera.
Esaminò per bene il pannello, individuando immediatamente i due riquadri per il riconoscimento delle impronte digitali. Neanche provò ad aprirla da solo. Volente o nolente, aveva bisogno di suo fratello.
**

Un’ora dopo, lui ed Inuyasha erano l’uno di fronte all’altro, e parlavano.
- Dunque l’hai trovata.
- Sì.
- Nella tomba.
- Esatto.
- Tsk… non c’era da aspettarsi altro, dal vecchio. Dobbiamo andarla a prendere?
- Ovviamente.
- Tutta questa ovvietà, io non lo vedo… finché le nostre mani saranno attaccate al nostro corpo, non c’è pericolo.
Sesshomaru non replicò. Fissò il fratello dritto negli occhi per molto secondi. Infine, Inuyasha si sollevò in piedi e mosse qualche passo verso la porta. Incerto su cosa questo potesse significare, Sesshomaru rimase seduto, ma subito suo fratello si voltò verso di lui, apostrofandolo seccato.
- Ho capito, ok. Andiamo.
**

- Io vengo con voi!
- Tu rimani, Kagome.
- Non se ne parla neanche per sogno.
- Appunto. È troppo pericoloso.
- Però Rin-chan… anche per lei è pericoloso!
- Lei non è incinta e può disporre della sua vita come meglio crede.
Come a ribadire una volta in più quest’affermazione di autodeterminazione, Rin si strinse a Sesshomaru, dichiarando a gran voce, più che se avesse gridato, che sarebbe andata con lui fino in capo al mondo, se fosse stato necessario.
Kagome abbassò lo sguardo, visibilmente infastidita, ma non era mai stata tipo da capricci, per cui non chiese al marito di rimanere con lei, non espresse le paure che sentiva per la sua incolumità ed alla fine acconsentì a rimanere a casa.
Si fidava di Inuyasha, sapeva che non si sarebbe lasciato sopraffare facilmente, e che in ogni caso Sesshomaru sarebbe stato con lui – e per quanto il Principe potesse essere freddo, non si sarebbe mai lasciato uccidere il fratello sotto agli occhi, men che meno da un sottoposto di Naraku – ma…
…insomma, stava per diventare madre. E le sarebbe piaciuto che suo figlio avesse ancora un padre, quando fosse nato.
**

Kagura mise in moto pochi secondi dopo che la discreta automobile di Sesshomaru fu partita.
- Non perderla. – le suggerì freddamente Kanna da dietro, e lei accelerò, come sempre rabbrividendo del tono della ragazzina.
Quella mattina era stato tutto terrificante. Di buon’ora, Naraku l’aveva fatta chiamare, e dal fuoco nei suoi occhi Kagura aveva subito intuito che era furioso.
- Sì, che c’è? – aveva chiesto, poco desiderosa di irritarlo.
- La dannata sfera non era lì.
Spalancò gli occhi.
- Oh.
- Risparmiati lo stupore. Mettiti in moto immediatamente, e trova quel bastardo. – si riferiva a Sesshomaru, - Sono sicuro che lui sa dov’è. E niente scherzi, Kagura. Kanna, - disse volgendo uno sguardo freddo alla ragazzina immobile e silenziosa seduta per terra poco distante da lui, - va con lei.
E così, lei e Kanna erano uscite. Di Sesshomaru nessuna traccia. In nessuno dei luoghi che era solito frequentare.
- Appostiamoci fuori dal negozio di suo fratello. – aveva suggerito Kanna.
- Che? Ha un fratello? – aveva chiesto Kagura, stupita dalla rivelazione. Non sapeva niente di costui.
Kanna aveva annuito.
- Ha un’armeria a Kanagawa.
Kagura si era messa a ridere.
- Armeria? Appropriato!
E così, s’erano messe lì davanti in attesa. E, come da copione, dopo meno di due ore Sesshomaru era arrivato, portandosi dietro una mocciosa dai lunghi capelli neri.
Erano usciti, lui, la ragazzina ed uno che, a giudicare dalla somiglianza col capo degli Youkai, doveva essere il fratello.
Kagura e Kanna, sulla moto, li seguirono fino alla grande villa. Non riuscirono ad entrare, perché Sesshomaru si assicurò di aver chiuso bene la porta, e sfondarla non sarebbe certo stata la mossa più intelligente.
**

- Saranno secoli che non vengo qui…
Lo sguardo di Inuyasha si posò malinconico sulla tomba di sua madre, ma ne fuggì subito dopo, come spaventato dall’eventualità di piangere, cosa che, in un momento delicato come quello, non era certo consigliata.
Rin, intuendo che i due volessero essere lasciati liberi di agire soli, si diresse, sotto lo sguardo vigile ma falsamente distratto del Principe, verso la radura antistante il bosco, per cogliere fiori da mettere nei vasi delle tombe, da troppo tempo vuoti. Quando tornò, ebbe appena il tempo di decorare le croci delle due donne, che subito Sesshomaru uscì dal mausoleo, seguito a ruota da suo fratello Inuyasha, recando in mano il gioiello.
**

Da quel momento in poi sarebbe stato tutto ancora più complicato. Sì, la sfera era nelle sue mani, e questo lo rassicurava leggermente, ma possederla, averla così vicina significava almeno il doppio degli attacchi diretti alla sua persona.
Normalmente non si sarebbe preoccupato.
Ma adesso c’era qualcosa di diverso.
Qualcosa che fino ad allora s’era sforzato di ignorare, come se questo potesse far sparire ciò che stava cominciando a provare. Certe sensazioni che perduravano, non lo lasciavano in pace. Come quei suoi capelli corvini a fluttuare nel vento, o la flessuosa curva della schiena, la vita sottile e le snelle gambe. Come quei sorridenti occhi di cioccolata che sempre lo seguivano, pesandogli addosso, ma… per quanto detestasse ammetterlo… che dolcezza, quel peso, che piacere… la sua gratitudine, la fede incondizionata.
E lui? Lui con cosa ricambiava? Mettendo a repentaglio anche la sua vita? Cos’era, quel sentimento?
Rin lo affiancò, sorridendo e guardando fisso davanti a sé, verso la porta d’uscita della casa.
Nel momento in cui lei gli fu accanto, Sesshomaru ebbe un presentimento, che lo fece esitare quel tanto che bastava perché Inuyasha, probabilmente con lo stesso presentimento ma deciso ad adottare tutto un altro piano d’azione, lo superasse di corsa, precedendoli all’esterno.
Prima ancora che si potesse capire qualsiasi cosa, Inuyasha era contro il muro dell’edificio, con un coltello piantato nella spalla: s’era abbassato appena in tempo per non prenderlo nel mezzo del petto.
Kagura stava lì, ad una decina di metri, e Kanna la seguiva ad uno o due metri di distanza.
Sesshomaru spinse con un braccio Rin dentro casa, prima che le due potessero vederla. Un gesto impulsivo, che sul momento neanche si rese conto di aver compiuto. Poi, uscì, piantandosi a sguardo duro davanti alle due.
- Cosa cazzo ci fate qui?
- Il solito, Sesshomaru. – rispose Kagura, - Solo che stavolta, oltre ad ucciderti, prenderemo anche quell’oggettino lucente che tanto fa dannare tutti quanti.
Lui si lasciò andare ad un ghigno semplicemente demoniaco.
- Potete provarci, se volete.
- Se-Sesshomaru… - mormorò Inuyasha cercando di alzarsi. Il fratello non lo degnò di uno sguardo.
- Stai fermo dove sei. Mi saresti solo d’impiccio.
Inuyasha osservò la ferita, era profonda, dolorosa e copiosamente sanguinante, e metteva il braccio completamente fuori uso. Decise di seguire il consiglio del fratello, e rimase seduto per terra.
Kagura, frattanto, con un sorrisetto di sfida stampato sul volto, avanzava verso Sesshomaru, tenendo un coltello per mano.
- Staresti meglio in un circo, piuttosto che nella mafia, Kagura. Il lancio dei coltelli ti frutterebbe molto di più.
- Taci! – urlò Kagura con una smorfia infastidita, - Sono io che ti tengo in pugno, adesso!
- E da quando?
Kagura neanche lo vide, tanto fu veloce ad estrarre la pistola dal fodero attaccato alla cintura ed a spararle alla spalla destra. Uno dei coltelli che teneva in mano cadde a terra con un tonfo sordo, attutito dall’erba.
- Stronzo!
Con la mano ancora funzionante, fulminea Kagura lanciò l’altro coltello. Sesshomaru pensava che il dolore del proiettile conficcato nella spalla l’avrebbe fatta desistere e fuggire via, ma si sbagliava. Evidentemente aveva sottovalutato l’assassina.
Il coltello l’avrebbe raggiunto al costato, era ormai solo una questione di secondi. Sarebbe sopravvissuto, lo sapeva, ma doveva prepararsi ad affrontare il dolore. Ed invece non sentì nulla.
E questo perché, al grido di “Sesshomaru-san!”, qualcuno era uscito di corsa dal portone della villa e s’era frapposto fra lui e l’arma.
Rin giaceva a terra, in una pozza di sangue, con un coltello piantato nello stomaco.

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