In coppia con Mukka
Genere: Azione/Drammatico
Pairing: RinXSesshomaru, KagomeXInuyasha
Rating: NC17
AVVISI: Angst, Chanslash, Prostituzione Minorile.
- Rosso. Colore del vizio e della perversione. Passione? Amore? Parole sconosciute, nell'ambiente in cui la storia si svolge. Rin ha sedici anni. Jaken è il suo sfruttatore. Sesshomaru è il capo della più importante cosca mafiosa di Tokyo. Inuyasha è suo fratello. Kagome la moglie di quest'ultimo. Queste vite si scontreranno, o solo sfioreranno accidentalmente, molte e molte volte, sullo sfondo del quartiere a luci rosse della città.
Commento dell'autrice: Parlando per me XD L'idea originale della storia era mia, ed è incredibile ed affascinante osservare quanto le abbia giovato la collaborazione con un'altra ficwriter. Nella mia testa era una storia molto più introspettiva, molto più cupa, molto più pallosa, in effetti XD Invece Mukka è stata in grado di darle quell'indirizzo yakuziano d'azione che ha nettamente risollevato il tono, facendone una bella action-fic ù_ù Sono molto soddisfatta è_é!
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Seeing Red
Capitolo Undici
Resa dei conti


La strada era tranquilla, completamente deserta. Il sole era tramontato già da un pezzo. Appoggiata al muro di un palazzo, Kagura guardava di fronte, l’entrata chiusa dell’armeria del fratello di Sesshomaru.
- Tu che dici, Kanna? A quest’ora Naraku sarà già nei casini? – disse, con un sorrisetto ironico, alla silenziosa ragazzina al suo fianco. Lei abbassò lievemente lo sguardo, concentrandosi sulle lancette dell’orologio.
- Cos’è che ha detto? Al suono del cercapersone la mocciosa deve morire?
Kanna annuì, fissando a sua volta il portone del negozio.
- Non sarebbe saggio entrare dalla porta principale.
Kagura rise.
- Hai poca fantasia, mia cara Kanna. – disse con un ghigno eccitato, - I ninja, da che mondo è mondo, entrano dalle finestre!
**

Rin sonnecchiava sul letto, ancora decisamente dolorante e preoccupata per la prolungata assenza del suo Sesshomaru-san. Malgrado fosse così agitata, la stanchezza era talmente schiacciante che non riusciva a fare niente altro che non fosse aprire e chiudere lentamente le palpebre, lasciandosi andare di tanto in tanto ad un silenzioso sbadiglio.
Kagome stava seduta sulla sedia al fianco del letto, con un settimanale di parole crociate mezze irrisolte sulle ginocchia. Agitava nervosamente una gamba, battendo a ritmo regolare il piede per terra, producendo un sordo rumorino che sembrava dover scandire gli attimi della loro permanenza con le mani in mano, più precisamente di un orologio, tanto che avrebbero potuto dirlo: siamo qui da due milioni trecentosettantasettemila ottocentonovantadue battiti…
Anche Inuyasha, appoggiato sullo stipite della porta con le braccia conserte, batteva un piede per terra, ma le suole di gomma delle sue scarpe da tennis non producevano alcun rumore. Sporgente da una tasca, ed in bella vista, il calcio della sua pistola personale, quella che, se sei un venditore d’armi figlio di uno dei più grandi yakuza che la storia di Tokyo ricordi, devi sempre portarti dietro.
Eccezion fatta per il tacco di Kagome, la stanza era talmente silenziosa da sembrare irreale. Ma evidentemente erano tutti tesi, incerti su cosa sarebbe potuto accadere un minuto dopo.
Ed in effetti fu questione di un attimo, di un battito di ciglia, quando Kagura entrò dalla finestra sfondandola con due calci e gettandosi direttamente sul letto dove Rin era sdraiata, puntandole al collo uno stiletto di metallo dopo averla afferrata per i capelli. Kanna fu altrettanto veloce ad entrare al suo seguito e puntare la pistola alla testa di Kagome, sebbene rimanendo a qualche metro di distanza da lei, per poter spostare il bersaglio più facilmente, se ce ne fosse stato bisogno.
Anche Inuyasha fu veloce ad estrarre la sua arma. Non abbastanza, comunque. E poi… per istinto avrebbe puntato alla ragazzina che minacciava Kagome, ma non poteva certo dimenticarsi di Rin.
- Maledizione!
- Oh, il fratello! Ci rivediamo! Guarita la ferita alla spalla?
- Perfettamente, grazie mille… che diavolo ci fate qui?
Kagura fece spallucce.
- Come al solito, nulla di personale: eseguiamo degli ordini.
- Che… che vuol dire? – chiese Kagome con voce tremante, rigida sulla sedia.
- Bè… se Sesshomaru dovesse comportarsi male con Naraku, dovremmo…
Fissò un eloquente sguardo su Rin, senza neanche concludere la frase.
La ragazzina, che sembrò realizzare la gravità della situazione solo in quell’esatto momento, spalancò gli occhi, velocemente pieni di lacrime, e subito li richiuse di scatto, facendo risuonare la stanza di un urlo acuto ed agghiacciante, che frastornò tutti.
- T-Taci, mocciosa… - intimò Kagura sfiorandole la gola con lo stiletto.
- Perché lo fai? – urlò Inuyasha, già esasperato dalla situazione.
- Non sono affari tuoi. – rispose la donna, secca.
- Aspetta. Non fare follie.
Lei rise forte.
- Non farò un bel niente fintanto che Naraku non mi da il segnale!
Inuyasha strinse la presa attorno alla pistola e rifletté. Evidentemente, l’arma puntata su Kagome era un avvertimento per lui, fin troppo chiaro: niente passi falsi. E lui non intendeva farne. Era tranquillo, per l’incolumità di sua moglie e del bambino.
Al momento, doveva puntare su Kagura.
Lo fece.
- Ah-ha… ti sei deciso, finalmente. Scelta poco saggia, comunque. Non perché Kanna sia più pericolosa di me, ma perché io lavoro, per così dire, più da vicino. Il tempo che il tuo proiettile impiegherebbe a raggiungermi mi darebbe modo di tagliare la gola di questa mocciosetta e spostarmi perfino dalla traiettoria. Sprecheresti munizioni.
Un ghigno comparve sul volto del giovane uomo.
- Tu non preoccupartene. Tanto, non possiamo fare altro che aspettare.
Kagome fissò suo marito e quasi non lo riconobbe. Quell’espressione, quel sorriso con i denti in bella mostra, quasi fossero zanne… aveva un che di animalesco, di… demoniaco…
Lo realizzò in quel momento. Inuyasha era sicuramente meno “portato” alla criminalità di quanto non lo fosse il fratello, ma indubbiamente, come si dice, buon sangue non mente.
E, nella situazione contingente, ne fu contenta.
Era bravo, con le pistole. Insomma, aveva passato quasi quindici anni della sua vita a venderle (con tutto ciò che questo aveva comportato), e per quanto quella donna facesse la spaccona, oh sì, Inuyasha in un balzo avrebbe potuto puntarle la pistola alla tempia da distanza zero.
Non doveva preoccuparsi per la loro incolumità, ne era sicura. Ma la situazione sarebbe rimasta in stallo se anche lei non avesse fatto qualcosa per sbloccarla.
- Sono certa che se tu avessi la sicurezza che Naraku morisse stanotte non ti comporteresti così. – disse con voce calma.
Inuyasha le gettò uno sguardo allarmato, interrogandola con gli occhi sulle sue intenzioni, ma lei lo ignorò volutamente.
- Che stai dicendo, tu?
- Intendo… non ha senso stare qui a minacciarci. Naraku a quest’ora potrebbe essere già morto.
Kagura ghignò irritata.
- Balle.
- Ma tu hai una minima idea di chi sia Sesshomaru? Tu sei stata fortunata ad essere uscita viva dallo scontro con lui.
Effettivamente, se l’era vista brutta. Possibile che…
- D’altra parte, - continuò Kagome, - è anche possibile che sia ancora vivo.
- Appunto. – Kagura cercò di riprendere il controllo psicologico della situazione. – Se Sesshomaru si fosse avvicinato anche di un centimetro in più del dovuto, lui ci avrebbe già avvertite.
- Ah-ha. Capisco. Ma vedi, anche in questo caso stare qui è un’imprudenza, da parte vostra.
- Guarda, mi stai seccando davvero. – disse l’assassina avvicinando ulteriormente la lama al collo di Rin, la quale sollevò il mento e trattenne il respiro, mordendosi il labbro inferiore mentre gli occhi le si riempivano di lacrime di terrore.
- Aspetta! Ascoltami soltanto! – forse si stava spingendo troppo oltre, ma doveva provare. – Pensaci. Sesshomaru uccide Naraku, voi uccidete Rin e magari anche noi. Avreste Sesshomaru alle calcagna per tutto il resto della vostra vita! E per cosa? Per aver ubbidito ad un ordine in cui magari neanche credevate!
In realtà l’idea non le piaceva più di tanto… ma no, ma no, cosa diavolo le veniva in testa…
- Tu non sai niente di me, magari io invece credo nell’operato di Naraku!
Adesso, era questione di fortuna. Doveva solo fare un tentativo.
- Io invece sono convintissima che tu preferiresti di gran lunga essere altrove, il più lontano possibile da qui.
Kagura tremò, spalancando gli occhi.
- Ma… che stai dicendo?
Bingo.
- Sappiamo molte cose, noi. Non sei tu che desideri vivere libera come il vento?
Allora sapevano tutto. Mica sprovveduti, i dannati parenti di quel dannato uomo.
- Sai, c’è una nave per gli Stati Uniti, domattina presto. Potremmo perfino procurarti il biglietto, vero Inu?
Lui si affrettò ad annuire con sicurezza.
- E che ci vuole? – disse per rafforzare il concetto.
Era un’occasione. Da non perdere. Forse aveva trovato l’unico uomo in grado di uccidere Naraku, non poteva in alcun modo lasciarsi sfuggire tutto di mano.
- Ma dovreste assicurarmi senza ombra di dubbio che Naraku sarà morto entro sera.
- Non preoccuparti. – disse Rin. Era da un bel po’ che non parlava, e la voce le uscì cupa e gelida, spaventosa. – Sesshomaru-san non lo lascerà mai scappare.
L’assassina si fermò a riflettere per qualche secondo. Poi, ritirò lo stiletto. Neanche uno sguardo a Kanna, uscì da dov’era entrata.
- Tornerò stasera.
Rin tirò un enorme sospiro di sollievo, abbandonandosi distesa sul letto.
Kagome, ancora sotto minaccia, si voltò lentamente, guardando negli occhi la ragazzina.
- E tu?
Lei non rispose. Per la prima volta in vita sua, si sentiva incerta. Quello che aveva sentito le aveva provocato sentimenti parecchio contrastanti, e la situazione adesso era a suo completo svantaggio. Quell’uomo, il fratello di Sesshomaru, l’avrebbe sicuramente uccisa se avesse sbagliato ad agire. E quella donna, invece, che intenzioni aveva?
Kanna la guardò, e la vide sorridere dolcemente.
- Come ti chiami?
Non rispose. Era tutto troppo strano.
- Avrai più o meno la stessa età di Rin-chan… da quanto sei un’assassina?
Di nuovo, si mantenne silenziosa. Era… sì, spaventata. Ebbe un tremito, e la donna si alzò, avvicinandosi a lei.
- Dai, abbassa quest’arma. Te l’ho detto, è tutto finito, in ogni caso. Sarai libera entro sera, potresti partire anche tu con… ma dove vai?
In preda allo stesso sentimento confuso che le aveva fatto tendere incerta la pistola, raggiunse la finestra, senza mai voltarsi, e ne uscì.
Kagome rimase a guardare l’apertura per qualche secondo. Poi, esausta, si lasciò andare seduta per terra, mentre suo marito lasciava la presa sull’arma e le correva incontro, cercando di sorreggerla.
- Kagome! È tutto a posto?
Lei sospirò.
- Sì, sì… è stata una faticaccia, accidenti…
- Portatemi…
I due sollevarono lo sguardo sulla voce sofferente che sembrava essere uscita direttamente da una tomba. Era Rin, che, con estremo sforzo, s’era alzata dal letto ed ora si reggeva incerta sulle gambe, puntando una mano sul materasso per non cadere e stringendo l’altra sullo stomaco dolorante.
- Portatemi da Sesshomaru-san, vi prego… dobbiamo…
- E’ vero. – la interruppe Inuyasha per evitarle ulteriori sforzi, - Dobbiamo avvertirlo immediatamente. Kagome, ce la fai?
La donna sospirò.
- Qui… forse è pericoloso stare qui, vero?
Suo marito annuì.
- E’ per questo che preferirei venissi con me. Posso proteggerti meglio, se mi stai accanto.
Lei annuì, mentre l’uomo si avvicinava a Rin, prendendola in braccio.
**

Quel cazzo di sorrisetto strafottente dalla faccia, in un modo o nell’altro gliel’avrebbe tolto. Se ne sarebbe pentito, eccome, se se ne sarebbe pentito. L’avrebbe aperto in due, e poi l’avrebbe esposto sulla pubblica piazza.
In preda a sentimenti omicidi di questo tipo, si trovava il Principe dei Demoni. Di fronte ad un omuncolo presuntuoso che aveva deciso d’intralciarlo in ogni modo e di rendergli la vita un dannato inferno, e che adesso ridacchiava pretendendo da lui collaborazione. Ed in virtù di cosa, poi? Soltanto perché teneva in ostaggio una qualunque mocciosa, una stupida ragazzina, si credeva in diritto di poter provare a rigirarselo fra le dita come meglio credeva?
Ma sì, che facesse quel che voleva. Poteva premere tutti i bottoni del mondo, per quel che gl’importava. Che desse l’ordine, che dicesse di ucciderla. Una seccatura in meno! Sicuramente lui non gli avrebbe dato la sfera.



Gli girava la testa. Si sentiva sull’orlo di un crollo.
Rin, Rin…
Era solo colpa sua. Tutto ciò che le era successo era stato colpa della sua avventatezza, della sua mancanza di scrupolo, del suo orgoglio, del suo non fermarsi a riflettere. Non c’era solo la sua vita, in gioco. C’era la vita di quella ragazzina che lo seguiva, e dalla quale, a quanto pareva, lui non riusciva a staccarsi se non dopo aver subito un duro colpo interiore, una serie interminabile di minuti di puro travaglio.
In nessun modo, a nessun costo avrebbe permesso che a Rin fosse fatto del male. Fanculo la sfera. Fanculo il suo orgoglio, fanculo anche la cosca, non gli interessava.
Eppure…
Eppure, quella sfera era stata lo scopo della sua vita per tanti, tanti anni… quella cosca, altrettanto… l’unica cosa che, di suo padre, fosse capace di portare avanti, l’unica cosa che ancora potesse fargli dire, ecco, mio padre non è morto, vive ancora, in un modo o nell’altro…
Cosa, cosa diamine doveva fare?
- Sei confuso, Sesshomaru? Ti darò una dritta. Dammi la sfera ed andrà tutto a posto. Non ti perseguiterò neanche, prometto che vi lascerò tutti in pace. Avanti, adesso, - tese il braccio, aprendo per bene la mano, - dammela.
- Se-Sesshomaru-san, no!
**

Arrivare fin lì era stato di una semplicità estrema. Sesshomaru aveva fatto piazza pulita di qualsiasi anima che avrebbe potuto attaccarli eseguendo l’ordine di difendere il palazzo.
Rin, per quanto sofferente e prossima allo svenimento sicuro, non aveva voluto saperne di fermarsi. Aveva preteso di essere accompagnata fino a lì ad ogni costo, e sarebbe andata da sola, se fosse stato necessario.
Adesso tutto era chiaro. I suoi sentimenti, i suoi brividi, l’ansia, l’attrazione… era amore. Un amore che non pensava sarebbe mai riuscita a provare davvero, ma che evidentemente era là, s’era infiltrato tra le pieghe del suo cuore, sempre fiducioso, per quanto stanco, ed adesso splendeva caldo ed abbagliante, lasciandola stordita. Ma, oh, così felice
Tutte le sue fibre, ogni parte del suo corpo, le sembrava che tutto di sé chiamasse “Sesshomaru-san!”, e non voleva fare nient’altro per tutto il resto della sua vita, semplicemente ascoltarsi chiamarlo, ed aspettare un suo sguardo di risposta. Per quanto freddo, per quanto rude, era così avvolgente, così speciale, come l’abbracciasse tutta.
Fu con un sorriso, che gli gridò di fermarsi, e l’osservò voltarsi di scatto con l’espressione di un bambino stupito.
**

Semplicemente non era possibile.
Non era minacciata? Non era sotto tiro?
E soprattutto, non era ancora ferita dall’ultima volta che gli aveva salvato la vita?
Quella era Rin! Rin!
E, Dio, era così felice di vederla che le sarebbe corso incontro abbracciandola, fosse stato un altro momento.
La vide sorridere, e poi accasciarsi stremata tra le braccia di Kagome, proprio dietro di lei. Gettò uno sguardo muto su Inuyasha, che annuì, rispondendo subito.
- Tutto a posto, fratello. Abbiamo convinto la killer ad andarsene, Rin è salva. Fai quello che devi. – concluse con un sorrisino sadico spostando l’attenzione su Naraku.
Cosa che fece anche Sesshomaru. Sorrisino compreso.
- Non ridi più, Naraku? – chiese atono ma chiaramente divertito, la luce nei suoi occhi lo confermava, osservando la maschera di terrore dipinta sul volto del suo rivale.
- Ma… come… Kagura, stupida incompetente…
- O forse semplicemente assennata. – disse Inuyasha sbuffando. – Le abbiamo fatto un’offerta che non ha potuto rifiutare.
Naraku si lasciò andare ad un sorrisino ironico.
- Quanto l’avete pagata?
- Neanche un centesimo. Ma… - e nuovamente tornò a sorridere nel modo in cui Kagome aveva imparato, in quei pochi minuti, a riconoscere come la parte mafiosa di lui, - le abbiamo assicurato la tua morte entro sera.
- Tsk. Questo lo credete voi. Kanna!
E Kanna c’era, ma rimase dov’era. Dietro una colonna della stanza fastosamente arredata che era lo studio di colui che per anni, da sempre, era stato il suo capo. Fu un impulso irrefrenabile a trattenerla. Pura curiosità di vedere come sarebbe andata a finire, forse… o forse no. Forse semplice voglia di libertà. La stessa che aveva mosso Kagura, ma più discreta.
Sesshomaru si avvicinò a Naraku, puntando la pistola. Dovette mettere da parte i proposito di squartarlo, scuoiarlo ed appenderlo, non sarebbe stato un bello spettacolo per Rin.
- No! Non è possibile! – disse il boss indietreggiando.
Furono le sue ultime parole.
**

Quando la stanza fu completamente vuota, uscì da dietro la colonna, fermandosi di fronte al cadavere freddo e pallido del suo tutore, del suo maestro, del suo boss, di quel suo strano padre.
Non le aveva mai mostrato un briciolo di tenerezza. In compenso, l’aveva cresciuta così com’era. Fredda, forte, spietata.
Ed era per questo motivo che Kanna non riusciva a piangere. La confusione mentale, l’incertezza per il futuro, e tutto quel sangue rosso e sporco – non ne aveva mai versato una goccia, lei – senza contare quell’orribile cadavere con i lineamenti del viso sconvolti dalla paura – aveva sempre evitato di guardare quelli delle sue vittime, una volta terminato il lavoro – le davano una gran voglia di versare lacrime. Non ne aveva mai avuta, da quando poteva ricordare.
Ed adesso che lo desiderava, non poteva. Perché era congelata.
Mosse un passo indietro, senza staccare gli occhi dal viso di Naraku.
Poi si voltò, dandogli la schiena. D’ora in poi avrebbe trovato un motivo per piangere.
Si sarebbe sciolta, in un modo o nell’altro.

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