In coppia con Mukka
Genere: Azione/Drammatico
Pairing: RinXSesshomaru, KagomeXInuyasha
Rating: NC17
AVVISI: Angst, Chanslash, Prostituzione Minorile.
- Rosso. Colore del vizio e della perversione. Passione? Amore? Parole sconosciute, nell'ambiente in cui la storia si svolge. Rin ha sedici anni. Jaken è il suo sfruttatore. Sesshomaru è il capo della più importante cosca mafiosa di Tokyo. Inuyasha è suo fratello. Kagome la moglie di quest'ultimo. Queste vite si scontreranno, o solo sfioreranno accidentalmente, molte e molte volte, sullo sfondo del quartiere a luci rosse della città.
Commento dell'autrice: Parlando per me XD L'idea originale della storia era mia, ed è incredibile ed affascinante osservare quanto le abbia giovato la collaborazione con un'altra ficwriter. Nella mia testa era una storia molto più introspettiva, molto più cupa, molto più pallosa, in effetti XD Invece Mukka è stata in grado di darle quell'indirizzo yakuziano d'azione che ha nettamente risollevato il tono, facendone una bella action-fic ù_ù Sono molto soddisfatta è_é!
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Seeing Red
Capitolo Dodici
E’ Finita


La prese tra le braccia, impedendo con un piede che la portiera della macchina si richiudesse; la prese, si trattenne dallo stringerla affettuosamente a sé, per non turbare quello stato d’incoscienza così simile al sonno, e infine si volse verso villa.
Era notte, e le fronde degli alberi agitate dal vento sussurravano parole antiche, racconti epici che solo un orecchio nobile poteva comprendere; Sesshomaru fissò quell’angelico ed innocente volto, e fu certo che Rin sarebbe stata in grado di tradurli tutti, uno dopo l’altro. Poggiò le labbra a quella fronte accaldata dalla debolezza, donandole un delicato e rispettoso bacio.
Si avviò verso l’entrata, calpestando l’erba fradicia di rugiada, oltrepassando senza guardare la grande chiazza di sangue lasciata là proprio dalla sua protetta.
Si richiuse il portone alle spalle. Era a casa.

“L’acqua mi sembra calda!” Ne aveva testato la temperatura con un candido piede, immerso solo sino a metà; ad esso, non vista, si aggrappò una formica disgraziatamente caduta nelle acque della grande piscina, e quando Rin riportò l’arto a terra, fu salva. Se l’avessero notato, forse entrambi si sarebbero immedesimati in quell’insetto. Ma queste sono metafore da poeta.
Sesshomaru alzò il capo dal libro che stava leggendo, sorridendole dall’ombra dell’albero sotto il quale aveva trovato rifugio dall’impietoso sole. Sorrise al suo richiamo, perdendosi una volta di più nell’ammirarla.
Era un po’ più in carne, adesso, finalmente non più costretta a lunghe nottate passate all’aperto, a frugali pasti consumati in fretta; non più costretta ad odiare il proprio corpo.
Anzi, negli ultimi tempi s’era fatta più vanitosa, perdendo il suo tempo in negozi di abiti, spazzolandosi con attenzione quella cascata di seta corvina, riuscendo misteriosamente a mantenere quella sua aria da bambina innocente ora mista ad una nuova sensualità, che sapeva avvincerlo, sempre e comunque.
Sesshomaru le si avvicinò, sfiorandole la linea della spina dorsale, non badando alle cicatrici che il due pezzi turchese (amava i colori, e li indossava tutti, con gioia; tutti tranne il rosso) metteva trucemente in risalto: quei segni facevano parte del passato, e nessuno di loro due vi avrebbe mai dovuto pensare. Anche se a volte evitare di fissare quella cicatrice che deturpava il suo bel ventre gli era quasi impossibile; forse perché in parte era causa sua.
Erano passati quasi cinque mesi da quando, quella notte, era giunto nella villa di famiglia, dopo aver lasciato Inuyasha e consorte a casa loro; non avevano obiettato, quando l’avevano visto ripartire in compagnia di una Rin sempre più pallida, e stranamente si era sentito di capirli: volevano stare soli. Avevano rischiato troppe volte di perdersi, e ora volevano assolutamente stare soli, magari le mani intrecciate sull’ombelico di lei, intenti a rassicurare la loro nuova, piccola vita.
Sì, Sesshomaru si era sentito di capirli; ed era per questo che si era rifugiato in quell’oasi nel verde, in quella villa familiare che aveva sempre evitato, chiamando un dottore per sicurezza e poi passando l’intera nottata a letto, la testa della sua protetta beatamente poggiata sul suo petto, godendo del ritmo del suo respiro.
E quando, il mattino dopo, lei aveva riaperto gli occhi d’ebano, scrutando quel grande uomo che l’avvolgeva a sé, quando i loro sguardi s’erano incrociati per la prima volta dalla fine di tutto, non c’era stato bisogno di parole; solo un bacio.
Come ora; senza parlare, si era chinato sulle sue morbide labbra, come sempre non sapendo da che parte cominciare a carezzarla. Rin rise quando la bocca di lui le sfiorò giocosa il lobo dell’orecchio, e si abbandonò anima e corpo a Sesshomaru-san. Il Principe dei Demoni. Il suo uomo.
Ancora non aveva voluta farla sua; giocava a coccolarla, a volte ad eccitarla, ma mai aveva tentato qualcosa che andasse oltre la barriera dei suoi abiti: sarebbe stata lei a chiederlo, quando sarebbe stata pronta. E se non si fosse mai decisa, beh… pazienza. Meglio una mano stretta con amore che una fredda scopata, e questa era una delle tante lezioni che lui aveva imparato dalla vita. Con una mossa veloce, prendendolo alla sprovvista, lo spinse verso il bordo della piscina, facendogli perdere l’equilibrio; cadde con grandi spruzzi nell’acqua, e quando riemerse un movimento nell’acqua gli indicò che anche lei si era tuffata. Ridendo, iniziò a nuotare, seguendola.

- Vieni, siamo in ritardo! – Da quando non gli dava più del lei? Aveva continuato imperterrita per un lungo periodo, raggiungendo l’ossimoro di baciarlo a chiamandolo Signore (neanche si trattasse di un giochino erotico), ma ad un certo punto questo era sparito: cresceva il sentimento, si cancellavano le inibizioni. Più giorni passava con lui, più diventava sua.
Sistemò la macchina davanti al marciapiede, e lei quasi non volle attendere che fosse ferma del tutto, aprendo la portiera ed apprestandosi ad uscire; tra le mani, un grande pacco, un pacco azzurro con un trionfale fiocco del medesimo colore.
Non si disturbò neppure a chiedere di essere aspettato: appena accortosi di essere senza di lui, si era fermata, simile ad un fedele cane in attesa; la raggiunse, intrecciandole dita delle loro mani, e fianco a fianco si avviarono verso l’interno dell’ospedale.
Le corsie fremevano, pulsavano di movimento; sembrava che ognuno avesse qualcosa da fare, un posto dove correre, e solo quella coppia appariva come immersa in una bolla senza tempo, avviata senza indecisione alcuna verso il reparto maternità. S’incamminarono nel lungo corridoio, accorgendosi d’essere in concomitanza con l’ora della poppata: in ogni stanza, una donna ammirava la propria meravigliosa creatura attaccata al seno. Rin osservò incredula quei piccoli miracoli, chiedendosi se un giorno avrebbe avuto la forza e il coraggio di accogliere un feto in sé… ma forse prima bisognava trovare il coraggio di accogliere Sesshomaru, di cercare grazie a lui una distinzione tra amore e sesso.
Inuyasha li aspettava sulla porta; sorrise a Rin, rivolse il solito cenno del capo a Sesshomaru, che neppure si degnò di ricambiarlo. Ci sono cose che non cambiano mai… come quei due fratelli, disposti a morire l’uno per l’altro ma allergici anche ad una semplice stretta di mano.
Rin, ridendo sotto i baffi, li lasciò ai loro discorsi fatti di mezze parole ed eloquenti sguardi, entrando nella stanza di Kagome.
Era… un angelo. La luce solare filtrava dalla finestra, carezzando il suo volto, forse un po’ provato. In fondo, quel bel bambino che teneva tra le braccia era venuto al mondo solo la notte prima, ed era normale che lei fosse debole, con profonde occhiaie. Ma Rin ebbe la sensazione che in vita sua quella donna non fosse mai stata meglio.
- Kagome-san! – sussurrò, attenta a non svegliare il nuovo nato, il quale, beatamente attaccato ad un capezzolo, scivolava ora nell’incoscienza, ora nella veglia, continuando a succhiare il nettare materno.
Kagome usò la mano libera per concederle una breve carezza al volto, quindi spostò leggermente il pargolo, così che Rin potesse ammirarlo meglio; silenziosi come due ombre, Inuyasha e Sesshomaru entrarono, e persino il Principe dei Demoni si lasciò incantare da così tanta purezza.
Anche se…
- E’ biondo. Kagome non lo è, tu neppure. Non è che c’è qualcosa che non sai, fratello? -
- Ma Sesshomaru, cosa dici… - Kagome rise, eppure suo marito non la trovò una cosa così divertente.
- Ritira subito quel che hai detto!
- Vuoi che ritiri il fatto tangibile che sia biondo?
Dopo una decina di minuti, agli altoparlanti del reparto di maternità la tremante voce di un medico implorò alla calma i due uomini che minacciavano di uccidersi nei corridoio. Ma essi non vi prestarono ascolto.

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