In coppia con Nainai
Genere: Generale.
Pairing: BrianxMatthew
Personaggi: Placebo, Muse, Gerard Way, Chester Bennington e un po' di PG originali °_°
Rating: R
AVVERTIMENTI: Slash.
- Una storia dolce. Una storia a frammenti. Passato e presente. Fotografie che raccontano i momenti di un tour e di una storia d'amore.
Quella di Brian e Matthew. Del loro inizio. Del loro desiderio di stare insieme.
E della distanza.
Note: Io non è che abbia moltissimo, da dire XD Questa storia mi ha tenuto tanta compagnia, sia mentre la scrivevo che poi mentre andavamo pubblicandola. Sono stata molto contenta che l’abbiate apprezzata, perché secondo me è una storia molto bella. Posso dirlo senza vergogna perché non è stata tutto merito mio XD Spero che anche questo finale vi sia piaciuto come il resto. E spero tanto anche di potervi fornire presto il seguito, ma vedremo bene con Nai XD
Baci e grazie di tutto :*
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Prima che me ne dimentichi e venga giustamente bacchettata da Lizzie…
L’Easily ringrazia i propri appassionati lettori, in particolare manda un bacione affettuoso a Stregatta, Erisachan, Isult e Whity.

They have trapped me in a bottle


Nine:


Il mattino ha l’oro in bocca.
Tranne il mio. Il mio sa di veleno.
Ieri sera, dopo che Stef è andato via per telefonare a Vincent, ho chiamato Matthew. Mi sono scusato e poi l’ho ringraziato. Lui ha riso ed ha detto che non avevo nessun motivo per ringraziarlo. Poi mi ha chiesto se fosse tutto a posto.
Ed io ho ricominciato a lamentarmi.
Matt ci ha messo tutto il proprio impegno nell’opera di persuasione, ma lo ammetto: questa cosa di dovermi scusare con Gerard Way non mi va né su né giù. Per un po’ ho anche pensato di continuare a fingermi ammalato per prendere tempo, ma la faccia di Alex stamattina, quando è venuta ad informarsi di come mi sentissi, è stata sufficiente a farmi recedere da ogni proposito di accennare un solo starnuto o un colpo di tosse.
Stavo palesemente rischiando la vita. E per un raffreddore – o per un darkettino del cavolo, che insidia i bassisti altrui – non ne vale la pena.
Così mi sono alzato, rassicurandola sul fatto che stessi bene, mi sono vestito, scansandola mentre mi agitava contro un termometro quale arma impropria, e sono sceso dal tour bus, dopo aver ingollato a stento un paio di sorsi di caffè bollente. Stefan ha sorriso e si è alzato dietro di me, Steve ha scosso la testa ed ha seguito entrambi. È carino da parte loro fare da sostegno morale nel momento della mia umiliazione pubblica.
Chiaramente Gerard è rintanato nel proprio bus. Sono le nove e mezza del mattino, presumo che, se anche è sveglio, si stia beatamente rotolando tra le coperte, godendosi i rimasugli di sogni che ha ancora appiccicati alla faccia.
Il solo pensiero che sia bastata l’idea di dovermi scusare con lui a far, invece, balzare me giù dalla cuccetta ad un orario assolutamente indecoroso, mi da i nervi! Per questo mi fermo davanti alla porta aperta del loro bus. Per questo aspetto di prendere fiato e di calmarmi. Per questo guardo Stefan, che mi sorride ancora, per ripetermi mentalmente il motivo per cui sto facendo tutto questo.
Volete ridere? Orario indecoroso o meno, intorno a questo dannato pullman c’è già una cazzo di folla di curiosi!
Salgo i due scalini che mi separano dall’interno e mi affaccio al cucinino.
-Gerard.- chiamo brusco, senza degnare di uno sguardo nessuno dei ragazzetti che pesco all’interno.
In realtà colgo solo, indistintamente, la presenza di “qualcuno”, ma non mi soffermo troppo a chiedermi di chi si tratti, perché li trovo abbastanza stereotipati da avere difficoltà a distinguerli e ricordarmene i nomi. Fatto sta che alla fine, stante il prolungarsi del silenzio, sono costretto ad appuntare l’attenzione sui due che mi fronteggiano, colazioni alla mano e sguardo assente.
Di Gerard nemmeno l’ombra.
Sbuffo.
-Dov’è il vostro cantante?- m’informo spiccio.
I due si guardano. Poi tornano a guardare me. E mica chiudono quelle boccacce spalancate in espressioni di stupore attonito! Indicano la tendina della zona notte, io giro lo sguardo seguendo le loro dita, ma poi inarco un sopracciglio e torno a fissarli.
-Mica posso andare a chiamarmelo da solo.- faccio notare colloquiale.
Uno dei due scatta come se lo avessi minacciato. Mi supera d’un balzo, riuscendo non so come ad evitare di urtarmi nonostante gli spazi ridotti, e s’infila di corsa dietro la tenda. Sento una mezza protesta, un vociare confuso, un’esclamazione strozzata molto simile ad un’imprecazione, e poi la tenda viene scostata di nuovo e Gerard appare in tutta la propria incazzata “magnificenza”. Dardeggiando su di me.
…Dio…se esisti dimostramelo ed inceneriscilo.
-Tu. Cosa. Ci fai. Qui.- m’interroga, sillabando la richiesta per essere sicuro che mi arrivi chiara.
“Respira, Brian.”
Mi guardo intorno. Non c’è spazio e non c’è aria. E non c’è Stefan a vedere come questa specie di moccioso rotolante mi stia apostrofando con così poca grazia.
-Ti spiace se usciamo?- domando, facendo finta di non aver colto il suo tono.
Non aspetto che mi risponda, ma mi volto e rifaccio i due gradini a ritroso, inseguito da un “Brian!” che vorrebbe mettermi in soggezione ma che mi da semplicemente un fastidio abominevole. Piombo sul piazzale e faccio qualche passo per discostarmi dalla porta e dargli modo di catapultarsi fuori, dietro di me, e raggiungermi in mezzo alla folla di cui sopra.
-Mi dispiace molto per averti trattato a quel modo.- dico tutto d’un fiato a quel punto, non dandogli neppure il tempo di accorgersi di quello che sta succedendo.
Ed infatti lui ci mette qualche minuto a capire. Mi osserva un attimo, mentre io me ne sto di fronte a lui imperturbabile. Gli ho sciorinato le mie scuse come se gli stessi gettando caramelle, con disinteresse evidente. Ed anche se non era quello che volevo – assumere un tono incolore – l’ho fatto, per cui immagino già da solo che come scuse non valgano troppo. Tanto più che continuo a ricambiare il suo sguardo stupito e perplesso in modo così sfacciato che, se potessi sdoppiarmi e parlarmi da solo, mi prenderei a ceffoni.
-…sai che cazzo me ne faccio delle tue scuse?- mi risponde lui, infatti. La sua voce si alza progressivamnte, da quel sussurro strozzato diventa pian piano un grido trattenuto a stento. Io non mi muovo e non batto ciglio. Lui continua- Tu sei la peggiore checca isterica con cui abbia mai avuto a che fare.- afferma.- Sei un arrogante, saccente, presuntuoso figlio di papà, che crede di poter venire qui a prendermi per il culo davanti a tutti e così fare la figura di quello “figo”…!
-Ti ho solo chiesto scusa.- lo interrompo laconico.
-No, tu mi stai insultando ancora!- corregge lui ferocemente.- Chi cazzo ti credi di essere, Molko?! Pensi che ci sia un motivo per il quale tu devi essere considerato migliore di chiunque altro?!
-Senti, Way,- sbuffo io senza lasciarmi tirare in mezzo al litigio.- non so cosa cavolo vuoi dire, io sono semplicemente venuto a dirti che mi dispiace di essere stato scortese con te l’altro giorno. Se questo non ti basta, è un problema tuo.- aggiungo spiccio.
Sento qualcuno premermi sulla spalla. Mi volto ed incrocio lo sguardo di Stefan, lo fisso interrogativo, ma lui mi fa cenno di andare via, così scrollo il capo e mi volto di nuovo.
-Se c’è altro, sai dove trovarmi.- liquido il mio interlocutore.
Seguo Stefan, osservandolo infastidito mentre accenna un saluto a Gerard prima che suo fratello venga a riprenderselo di peso per trascinarlo all’interno del bus. Quando arriviamo al nostro, mi ci infilo risolutamente e mi lascio cadere a sedere sul divanetto, voltandomi ai miei due compagni di band in attesa della ramanzina. Incrocio le braccia e li fisso corrucciato. Steve è perplesso, non sa come prendermi. Stefan ride, si appoggia al ripiano del tavolino e mi guarda, incrociando anche lui le braccia sul petto e fronteggiando il mio astio con la calma consueta.
-Sei l’unica persona che conosco che riesca a rendersi irritante anche quando si scusa.- mi dice Stef.
Sbotto.
-Cazzo! Lo hai sentito! Non faceva altro che ripetere che io lo stavo insultando!- strillo.- Ma se mi stavo solo scusando!- ringhio furioso.- Cosa voleva che facessi?! Che scoppiassi a piangere e gli chiedessi in ginocchio di perdonarmi?! Se pensa che mi sentirò in colpa per avergli detto di non rompere i coglioni al mio bassista…!
-Brian.- mi ferma Stefan pacatamente.- Va bene così.- concede continuando a sorridere.- Adesso ci penso io.- mi dice poi.

***

So di non avere un carattere facile.
E so che dire “non facile” è voler usare un eufemismo ed essere molto carini nei miei confronti.
Ho sempre avuto questo carattere del cavolo. Già da bambino ero uno di quei ragazzini isterici, introversi, fastidiosi, che passano il proprio tempo ad osservare il mondo in silenzio – rendendo le madri fiere dei commenti su “quanto è tranquillo il piccolo Brian” – e poi, alla prima, scattano come molle riversando tutto l’odio covato nei propri pensieri sul malcapitato di turno. Adesso ho solo cambiato bersagli. Ed autorità per strillargli contro.
Il mio staff mi teme. Dicono che sono irritabile e lunatico come una donna. Ed hanno ragione.
In generale, dicono anche che, quando sono “in vena”, sono adorabile. Nadine ad esempio mi ama palesemente. Ricambiata, peraltro. Anche Alex riesce generalmente a tenermi testa a sufficienza per potermi volere sinceramente bene. Con i tecnici il rapporto è più ambiguo, oscilla con il mio umore, appunto. Loro lo accettano, ormai sono rodati e sanno come prendermi anche quando do di matto perché la mia testa è altrove ed io sono ossessionato dai pensieri.
Quelli con cui ho difficoltà enormi restano i tipi della produzione. Mi irrita sentirmi dire cosa devo fare, mi ricorda il rapporto con mio padre e sono quasi sempre insofferente alle riunioni ufficiali. Devo prepararmi per giorni prima di andarci. Devo essere spiritualmente e psicologicamente pronto a vedere le loro facce e sentire le loro ragioni.
Io non sono un idealista. Sono, anzi, la cosa più lontana da un idealista che sia mai esistita. La disillusione ed io andiamo a braccetto da quando avevo quindici anni. Forse da prima. Le mie presunte rivoluzioni non sono state combattute in nome di un bene superiore, ma in nome del mio bene, quello di Brian Molko e delle ragioni del suo “voler fare il cazzo che gli pareva”. Sono rivoluzioni riuscite proprio per questo, secondo me. Gli ideali sono una delle cause principali del fallimento di qualcosa, non sono mai realizzabili, inevitabilmente s’infrangono contro la realtà e mandano a puttane gli sforzi fatti per arrivare all’obiettivo.
Per cui, non ho alcun problema a capire le motivazioni di base sulle quali si fonda il lavoro dei produttori. Fare soldi. E mi stanno bene, perché coincidono con le mie. Magari non del tutto, perché io, oltre a voler fare soldi, amo crogiolarmi in tutto quello che la notorietà ed il successo comportano come “accessorio”, e non rinuncerei a tutto questo per nulla al mondo. Però il punto è che loro, per fare soldi, mi dicono come devo comportarmi. E questo mi irrita.
E quando mi irrita troppo, scatto. E quando scatto, mando al diavolo tutti ed esco sbattendo la porta o, peggio, resto seduto e comincio a rompere i coglioni come mi riesce tanto bene fare. Tirata di battute crudelmente gratuite, sorrisetti malevoli e supponenti, interruzioni random e fuori luogo ai discorsi altrui, contraddizione per principio di tutto quello che mi viene presentato. “Troppo idiota”, “troppo intelligente”, “troppo qualcosa, fate voi cosa”…
In entrambi i casi, i poveretti che stanno sotto mi fissano a disagio e tentano inutilmente di muovermi a pietà, o di muovere a pietà qualcun altro dei presenti perché li salvino da me. Stefan scuote la testa, Steve si lascia andare sul tavolo ed Alex mi fissa, sospira, borbotta e mi caccia fuori a pedate “per parlarmi un secondo, Brian!”.
Il modo migliore per prendermi è arrivare da me e dirmi “Sig. Molko, avremmo un’idea su come potrebbe essere la promozione del prossimo album, vorremmo discuterne con lei i dettagli per poterla mettere a punto insieme”.
O ancora meglio, “Sig. Molko, fidandoci del suo parere, gradiremmo conoscere quali siano le sue idee per la promozione del prossimo album, eventualmente ne discuteremmo volentieri con lei”.
Tutto questo a tavola, davanti ad un bicchiere di vino d’annata e sorridendomi compitamente.
Sono davvero in pochi i produttori abbastanza furbi da capire tutto questo.

***

In definitiva, quel pomeriggio era andato tutto a puttane. E noi avevamo mollato gli uffici della Virgin, per rintanarci agli Studi, con me più incazzato che mai e Stefan e Steve più scazzati che mai. Nessuno sembrava intenzionato ad occuparsi del mio umore, ma tutti sembravano considerare un dovere di Alex cavarsela da sé e trovare un modo per tenermi buono.
Risultato? Quando Matthew arrivò, le mie urla contro uno dei tecnici addetti alla sala di registrazione stavano già facendo il secondo giro di eco per tutto il palazzo. Alex mi aveva mandato al diavolo meno di cinque minuti prima ed era scesa di un piano per raggiungere le macchinette del caffè e tentare di ignorare il casino che stavo combinando, così si incrociarono agli ascensori e si guardarono per un istante. Matt con una domanda silenziosa negli occhi ed Alex con una risposta ancora più silenziosa nei propri. Sospirò, entrò nell’ascensore con lui e premette il pulsante per tornare su ed accompagnarlo da me.
-Brian, che accidenti succede qui?- esordì Matthew spalancando la porta della sala prove ed infilandocisi risolutamente dentro.
-Succede che sono degli incompetenti!- ruggii io aggredendolo.
Matthew girò lo sguardo attorno a sé. Steve sedeva sconsolato alla batteria, rovesciato in parte sui piatti, ricambiò la sua occhiata solo per sollevare le sopracciglia in un’ammissione tacita d’impotenza. Stefan non fece neppure questo, seduto a terra in un angolo allungò le gambe davanti a sé e si accese una sigaretta, disinteressandosi del tutto dei divieti in tal senso affissi un po’ ovunque.
-Ti sembra normale che uno debba lavorare con degli imbecilli che non sanno nemmeno fare il minimo indispensabile?!- proseguii io, ignorando quello scambio di sguardi e proseguendo con la stessa ferocia. Mi liberai della tracolla della chitarra, sbattendola malamente a terra mentre tornavo a grandi passi verso l’uscita, ed ordinai perentorio.- Vieni! Vieni a sentire lo schifo che hanno fatto!
Matt mi seguì, tornando con me nella stanzetta di registrazione, dove due individui, di cui non conoscevo nemmeno il nome – né m’interessava saperlo – ma che da circa un’ora stavano subendo senza battere ciglio la mia sfuriata, ci fissarono con aria annoiata, ruotando leggermente sulle poltroncine che li ospitavano.
-Che succede?- ripeté Matt, senza darmi il tempo di riprendere ad urlare ed imprecare.
-Il Sig. Molko non è soddisfatto del nostro lavoro.- informò atono uno dei due, arricciando il naso con evidente fastidio.
-E ne ho motivo!- sbottai io.- Fategli sentire quella roba che avete registrato!- pretesi, incrociando le braccia sul petto ed aspettando, mentre l’altro – quello che non aveva parlato – sospirava pesantemente ed armeggiava con la consolle per far partire il pezzo.
Matt lo ascoltò in silenzio, ricambiando lo sguardo che io gli rivolgevo e che consideravo già di per sé eloquente - insieme con l’ascolto - di quanto tutta quella storia fosse un complotto contro di me, per farmi impazzire del tutto. Lui non parve condividere questa opinione, comunque. Così, quando finì la musica, interrompendosi bruscamente, io non gli lasciai il tempo di fare domande che potessero far peggiorare il mio umore e lo prevenni.
-E’ qualcosa di indicibile! Un’ora qui dentro ed ancora non sono riusciti a regolare gli effetti degli strumenti!- sbraitai.- Cosa diavolo li paghiamo a fare?! E’ ovvio che non sono in grado di fare il proprio lavoro!- ribadii.
Matthew guardò i due tecnici, cogliendo le loro smorfie infastidite alle mie spalle. Io non li guardai, ma delle smorfie sapevo lo stesso, perché ne avevo colte a centinaia in situazioni analoghe sulle facce delle persone più disparate. Respirò. Scrollò le spalle per togliersi dalla posizione rigida che aveva assunto, innervosito dal mio comportamento, e si tolse il cappotto.
-O.k., il basso si sente poco, in effetti.- esordì lasciando l’indumento su una terza poltroncina in un angolo. Se l’allungò vicino con un piede e sedette, servendosi poi delle rotelle per arrivare fino alla consolle.- Ora vi do una mano anch’io e vediamo di sistemarla.- propose collaborativo, intanto.
I due tipi lo fissarono scettici. Io esitai quel tanto che bastava perché cominciassi ad accettare l’idea e Matt mi guardò serafico, in attesa della mia decisione, già accanto alla consolle.
-…o.k….- borbottai tornando indietro.

***

Posto che Matt riesce nel meraviglioso intento di calmarmi quando do di matto, Alex non può che amarlo in modo appassionato e sincero.
Quando quel pomeriggio ci raggiunse nuovamente nella sala prove, trovandoci intenti a discutere con Matthew delle possibili modifiche del pezzo e con i tecnici dei possibili effetti da applicare alla strumentazione, pensò che il mio ragazzo avesse delle doti paranormali, che lo rendevano molto simile ad un supereroe da fumetto americano. E quel giorno, Matthew si conquistò un posto nel suo cuore indipendente da quello che aveva già assunto all’indomani dell’inizio della nostra relazione ed a seguito dell’incidenza mediatica che questo aveva avuto.
-…e quindi, se lo cambi a questo modo…- E qui Matt infilò un arpeggio di pochi secondi che trovai semplicemente delizioso. Così come trovai delizioso che stesse suonando la mia chitarra, sebbene fosse un pensiero “da mocciosa” che mi urtava non poco. Ma non riuscivo proprio a smettere di pensarci e…- Bri?
Mi riscossi, tornando a concentrarmi su di lui.
-Sì, scusa.- mormorai.
-A me piace.- annunciò Stefan, che evidentemente aveva seguito molto più di me.
-Anche a me.- concordò Steve, annuendo con convinzione.
Spostai lo sguardo dall’uno all’altro.
-Vi piace?- ripetei. Loro scrollarono le spalle ed io guardai Matt.- Fammi rivedere come si fa.- concessi, per accorgermi del suo sorriso soddisfatto.
Alex ridacchiò, distraendoci tutti e quattro.
-Attento a non trasformarmeli in una cover band dei Muse, Matt.- lo redarguì divertita.
-Nah, ma non c’entra nulla con quello che suoniamo noi.- si schernì lui imbarazzato.
-Sì, è vero. È molto “nel nostro stile”.- convenne Stefan.
E Steve rise.
-Talmente nel nostro stile, Bellamy, che c’è da chiedersi da quanto ci ascolti!- esclamò prendendolo in giro.
E Matthew arrossì e balbettò qualcosa, mentre si sfilava la jaguar per restituirmela.
-Piantala, Steve.- lo rimproverai distrattamente, fingendo di lasciar cadere lì il commento.- Riprendiamo, così vediamo di registrare questa roba stasera, se riusciamo.
-Uh, sarebbe il massimo!- affermò Alex speranzosa.- Andiamo, Matthew, ti offro un caffè.- invitò poi, uscendo per prima.
Scoccai un bacio a fior di labbra a Matt quando si voltò a salutarmi, e poi mi tirai dritto ed infilai la tracolla.
-Sparisci.- ribadii indicandogli con un cenno del capo la porta ed Alex.
-Ci becchiamo dopo?- mi chiese.
-Cena fuori.- risposi io spiccio.- Ora levati dai piedi che devo lavorare.

***

Lo abbiamo fatto con le sue variazioni, quel pezzo. È una demo per l’album nuovo. Non so come verrà alla fine, ma so che piace a tutti e tre.
Mica male, visto che è anche il lavoro di un fan.
Quando scendo dal palco la sera, mi sento bene. Stefan ha chiarito con Gerard, ma ovviamente lui mi odia ancora. Non che questo mi interessi, s’intende. Il punto è che Stefan ha chiarito con me ed ora tra noi tre le cose sono esattamente come prima. Con la nostra intesa perfetta, con quel comprendersi solo con un cenno, con il nostro essere un trio. Mi piace. Mi piace respirare sul palco tutto questo.
Per cui, quando scendo da là sopra la sera, penso che è stata un’esibizione fantastica. E non importa che lo sia stata o meno, lo è stata per me.
Trovo Alex che ride con qualcuno al mio cellulare. Quando mi vede, mi fa un cenno con la mano per farmi avvicinare, ed io vado verso di lei.
-…sì, è qui. Te lo passo.- dice veloce al proprio interlocutore.
Mi passa il telefono con un “è Matt” lasciato cadere, ed io lo prendo e sorrido contro l’apparecchio.
-Ciao!- sbuffo subito.
-Ciao.- risponde lui.- Calcolati bene i tempi per beccarti mentre uscivate?- mi domanda divertito.
-Sei terribile!- ridacchio io.
-Alex mi ha detto che siete stati fantastici.
Mi piace che lo pensi. Il mio sorriso si accentua.
-Il solito.- sminuisco, scrollando le spalle.
-Bri, devo cercarmi i filmati in internet?- s’informa lui, ridendo.
-Piantala, scemo!- sbotto facendogli eco.- O.k., siamo stati fantastici.- ammetto con una più sincera immodestia.
Stefan e Steve mi passano accanto, Stef mi batte sulla spalla per richiamare la mia attenzione e fa cenno verso il palco.
-Ah, dobbiamo uscire per i ringraziamenti…- dico affrettatamente.- Ti mollo di nuovo con Alex.- gli annunciò un istante prima di allungare il cellulare alla mia manager.
Esco sul palco. La folla chiama i nostri nomi.
Penso che dovrei esserci abituato. Che non dovrebbe fare più effetto. Stefan concede inchini ed abbracci come sempre, io rido divertito da tutte le moine con cui ricambia il loro affetto. Lascio andare un bacio generale e saluto.
Qualcuno dalle prime file lancia un gattino sul palco. Un pupazzetto di peluche marroncino, tigrato, che rotola proprio davanti a me.
Di solito non lo faccio.
Di solito ignoro queste cose. Le trovo infantili e mi sentirei terribilmente stupido a darvi seguito.
Ma lo raccolgo, ringraziando con un cenno, ed esco dietro Steve.
Stefan mi ha aspettato. Mi fissa sorpreso anche se non gli rispondo, poi mi passa un braccio intorno alle spalle e mi accompagna fuori.
C’è Alex dietro le quinte che mi tende di nuovo il telefono.




Nota finale di liz & Nai (una volta tanto, unica!):

Questo non perché, come potreste giustamente supporre avendo in mente un’idea di Nai serena ed equilibrata, lei sia stanca o assente o che altro, no. Solo perché è una dannata pigrona e, figuratevi, quando le ho detto di scrivere una nota, mi ha detto “va be’, falla tu, dì a tutti che li amo e blabla. Salutameli”. Che pigrona u.u Che ingrata u.u Che essere inqualificabile u.u
Come avrete intuito, sono la liz *_*! E mai come oggi le mie note sono inappropriate, perché di questo capitolo non ho scritto una benemerita sillaba *____* Ma questo mi porta anche a dire con estrema gioia e senza peccare d’immodestia che è bellissimo ed io lo amo, ovviamente <3
E, come diceva Nai poco fa, in realtà questa storia è una dichiarazione d’amore nei confronti di Matt. Sincera e spassionata <3 *commuoviamoci* *lolla*
Grazie ancora a tutte per i complimenti, siete splendide <3 A presto *_*

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