In coppia con Nainai
Genere: Generale.
Pairing: BrianxMatthew
Personaggi: Placebo, Muse, Gerard Way, Chester Bennington e un po' di PG originali °_°
Rating: R
AVVERTIMENTI: Slash.
- Una storia dolce. Una storia a frammenti. Passato e presente. Fotografie che raccontano i momenti di un tour e di una storia d'amore.
Quella di Brian e Matthew. Del loro inizio. Del loro desiderio di stare insieme.
E della distanza.
Note: Io non è che abbia moltissimo, da dire XD Questa storia mi ha tenuto tanta compagnia, sia mentre la scrivevo che poi mentre andavamo pubblicandola. Sono stata molto contenta che l’abbiate apprezzata, perché secondo me è una storia molto bella. Posso dirlo senza vergogna perché non è stata tutto merito mio XD Spero che anche questo finale vi sia piaciuto come il resto. E spero tanto anche di potervi fornire presto il seguito, ma vedremo bene con Nai XD
Baci e grazie di tutto :*
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They Have Trapped Me In A Bottle


Epilogue:


Ho fotografato di tutto. Qualsiasi cosa. Ogni stupidissimo centimetro del tour-bus che non rivedremo prima di altri due anni almeno – e spero che, nonostante gli inevitabili cambi che la produzione impone ai mezzi di locomozione, quando riprenderemo a viaggiare sia anche lo stesso, perché mi sembra di averlo vissuto più di tutti gli altri in tutto il resto della mia vita. Ogni angolo dell’ultima location. Ogni faccia. Ho fotografato Nadine con la fronte velata di sudore portare avanti e indietro un sacchetto ricolmo di bottiglie di birra – prima piene e ghiacciate, poi desolatamente calde e vuote – dal gazebo dei tecnici delle luci alla spazzatura affianco al bar e viceversa. Ho fotografato i Linkin Park al completo mentre prendevano il sole sulle sedie a sdraio nel bel mezzo del deserto, tutti in bermuda, uno accanto all’altro, sembrava la locandina di uno di quei film di Natale italiani appresso ai quali Matt impazzisce. Ho preteso che Steve mi fotografasse mentre giocavo a fare le smorfie a Levi, mandandolo su tutte le furie. Mi sentivo così esaltato da concedere perfino una fotografia a Stef e Gerard, con la promessa di mandarla ad entrambi via mail. Senza nemmeno una lamentela.
Poi, mentre prendevo in pieno la faccia di Alex nel bel mezzo di uno sbadiglio, lei s’è infuriata ed io sono scoppiato a ridere. E nella mia risata ho sentito una nota che non sentivo da anni. Il tempo s’è fermato ed ha preso a girare al contrario, e io mi sono ritrovato bambino – non più di sei o sette anni – inginocchiato sul prato davanti casa mia assieme a mio fratello, letteralmente circondato di cuccioli di dobermann. Mio padre ne aveva acquistati ben sette per farne dei provetti cani da guardia, ma quel giorno loro erano appena arrivati e non avevano ancora cominciato l’addestramento.
Ed io e Barry ridevamo come sciocchi – come i bambini che eravamo – rotolandoci nell’erba assieme ai cuccioli, spaventando le coccinelle e facendo saltare i grilli, incuranti delle macchie di terra umidiccia che si andavano allargando sui nostri abiti.
La risata di oggi è stata la stessa di allora. E quando, dopo avermi rimbrottato contro una serie infinita di rimproveri, Alex mi ha chiesto infastidita perché diavolo andassi fotografando qualsiasi cosa come fossi stato improvvisamente tramutato in giornalista da un maleficio incredibilmente crudele, in un primo momento, preso dall’euforia, non ho saputo come rispondere, ed ho continuato semplicemente a ridere.
Ma poi ci sono arrivato.
La verità è che il ricordo di quella giornata, trascorsa giocando coi cani, lo porto dentro di me e sulle mie spalle come un tesoro. E potrò raccontarlo a Matt, ma lui non ne avrà mai un’immagine, perché l’eco delle risate che ancora sento quando ci ripenso è tutto ciò che mi è rimasto, di quell’esperienza.
Non voglio che sia così, per questi ultimi mesi.
Non voglio che sia così, perché sento che sono stati ben più importanti di quel giorno.
Voglio condividerli con Matthew. Voglio che, in qualche modo, li veda anche lui. Voglio che diventi un pezzo fisico dei giorni che ho passato qui.
Scatto una foto alla strada mentre il bus comincia a muoversi verso l’aeroporto.
Questo è l’unico modo che ho per far sì che ciò che desidero diventi reale.

***

L’ha fatto davvero.
È la prima cosa che ho pensato scendendo giù dall’aereo e guardandomi intorno, sulla pista d’atterraggio. Matt è lì che mi aspetta, a una decina di metri dall’enorme agglomerato di edifici che compone l’aeroporto. È appena sceso dalla macchina, una gamba è ancora incastrata fra il sedile e i pedali, ma già si sbraccia per farsi notare, chiamandomi a gran voce. Non avrebbe bisogno di fare tutto questo casino, che era lì lo sapevo già. E non perché ignorare la camicia viola che indossa sarebbe impossibile, ma perché la sua presenza l’avevo fiutata, ancora prima di vederlo.
Chiaramente, siccome lui è Matthew Bellamy e siccome niente che sia fatto da Matthew Bellamy può risultare in alcun modo meno che plateale, non si è limitato a corrompere metà del personale perché lo lasciassero arrivare fin lì con la macchina, no. Lui ha corrotto anche l’altra metà per permettere che, assieme a lui, entrassero anche Vincent, mollemente appoggiato alla BMW a qualche metro da lui, e la moglie di Steve con sua figlia, che invece stazionano ansiose e saltellanti – soprattutto Emily, per dovere di cronaca – distanti da loro e un po’ più vicine all’aereo.
- Non ci posso credere… - esala Alex, sconvolta, mentre io, estasiato e senza parole, infilo una mano nello zaino, tiro fuori la macchina fotografica, la accendo e scatto. Lei sente il click e si volta a guardarmi. Boccheggia un po’, incredula, e poi ribadisce: - Non ci posso credere!
- Il tuo ragazzo è meraviglioso. – gorgoglia gioioso Steve, lanciandosi letteralmente di corsa sulla moglie ed afferrando al passaggio la figlia, che già zompettava felice verso di lui.
Vincent e Stef sollevano lo sguardo l’uno sull’altro e si lasciano andare ad un sorriso contemporaneo e vagamente imbarazzato. So che può sembrare assurdo che io lo dica, adesso, ma adoro osservarli in momenti simili. Sono due persone che hanno sempre il controllo della situazione e non si lasciano mai sfuggire niente di mano, ma quando si rivedono e ritrovano il contatto dei loro occhi riescono comunque a spandere nell’aria attorno a loro sensazioni talmente genuine ed umane da commuovere.
Più passa il tempo più la loro unione diventa perfetta.
E questo è cretino – non lo sembra e basta – ma vorrei che io e Matthew diventassimo proprio come loro.
Lancio un sospiro e sorrido, sollevando finalmente una mano in direzione di Matt, che comprende di essere stato notato e finalmente smette di gesticolare come un ossesso per utilizzare le proprie facoltà motorie in modo più intelligente – cioè cercando di districare la gamba ancora incastrata all’interno dell’abitacolo.
Scuoto il capo, ridacchiando sommessamente.
- Io torno con Stef e Vin. – mi informa Alex, condiscendente, prima ancora che io possa voltarmi e chiederle se le serve un passaggio, - Non preoccuparti.
Le sorrido con gratitudine e lancio un saluto distratto a tutti gli altri mentre prendo a muovermi verso lo sgorbio rachitico e mezzo scassato che Matt si ostina ancora a chiamare macchina, rifiutandosi di cambiarlo. Ce l’ha da quando lo conosco. Credo sia una Cinquecento originale. In ogni caso cade a pezzi, ma chiunque lo tocchi o si azzardi anche solo a suggerirne la sostituzione rischia la vita.
Ad un paio di metri da lui, inarco le sopracciglia e sbuffo.
- Ma cammina ancora? – mi lamento, indicando il trabiccolo, - Non dovrebbe essere vietato andare in autostrada con robe simili?
Matt scoppia a ridere e, senza nemmeno rispondermi, si avventa sulle mie labbra. Io mimo una protesta poco convinta e lascio subito perdere, stringendomi a lui ed afferrandolo con trasporto per il colletto della camicia.
- Non voglio più vedervi né sentirvi prima della prossima settimana! – minaccio ridendo il resto del mio gruppo, voltandomi velocemente a guardarli severamente, perché l’ammonimento risulti più credibile – per quanto l’effetto raggiunto sia ben lontano da quello desiderato.
Steve si stacca dalla figlia che lo riempie di baci e solleva un braccio verso di me, come a richiamarmi.
- Brian, aspetta, ti devo parlare! – sbotta agitato.
Io scuoto risolutamente il capo.
- Non c’è niente che non possa aspettare lunedì prossimo.
Rido, Matt ride con me e fa il giro della macchina per aprirmi lo sportello sul lato passeggero. Steve lascia ricadere il braccio e sorride teneramente, sbuffando un assenso poco convinto. Io gli lancio un bacio scherzoso, ridacchiando sotto i baffi. Matt, stufo di aspettare, mi afferra per la collottola e mi trascina dietro di sé. E, malgrado gli sfottò irripetibili che sento arrivare in un crescendo di risate da tutti i miei amici, stavolta non ho proprio alcuna voglia di protestare.
 


Nota di fine capitolo della Nai:

È finita! ç_ç
Sì, lo so che lo sapevo che sarebbe finita…(non fate caso alla forma ^^’) ma è finita T_T
E questa cosa un po’ mi uccide anche se era inevitabile ed è mitigata solo dal fatto che lo splendido epilogo – opera esclusiva della Liz – merita un premio per la dolcezza infinita e la bellezza meravigliosa che ha ç_ç
E loro sono così carini!!!! *_________*
…bene…posso tornare al mio sano emokidding ù_ù


Nota di fine capitolo della liz:

Io non è che abbia moltissimo, da dire XD Questa storia mi ha tenuto tanta compagnia, sia mentre la scrivevo che poi mentre andavamo pubblicandola. Sono stata molto contenta che l’abbiate apprezzata, perché secondo me è una storia molto bella. Posso dirlo senza vergogna perché non è stata tutto merito mio XD Spero che anche questo finale vi sia piaciuto come il resto. E spero tanto anche di potervi fornire presto il seguito, ma vedremo bene con Nai XD
Baci e grazie di tutto :*
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