In coppia con Nainai
Genere: Generale.
Pairing: BrianxMatthew
Personaggi: Placebo, Muse, Gerard Way, Chester Bennington e un po' di PG originali °_°
Rating: R
AVVERTIMENTI: Slash.
- Una storia dolce. Una storia a frammenti. Passato e presente. Fotografie che raccontano i momenti di un tour e di una storia d'amore.
Quella di Brian e Matthew. Del loro inizio. Del loro desiderio di stare insieme.
E della distanza.
Note: Io non è che abbia moltissimo, da dire XD Questa storia mi ha tenuto tanta compagnia, sia mentre la scrivevo che poi mentre andavamo pubblicandola. Sono stata molto contenta che l’abbiate apprezzata, perché secondo me è una storia molto bella. Posso dirlo senza vergogna perché non è stata tutto merito mio XD Spero che anche questo finale vi sia piaciuto come il resto. E spero tanto anche di potervi fornire presto il seguito, ma vedremo bene con Nai XD
Baci e grazie di tutto :*
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L’Easily come sempre ringrazia tutti i propri lettori, sostenitori, ammiratori, detrattori...no questi ultimi no... o sì? Ma sì, va! Se ne parli bene, se ne parli male, purché se ne parli! ù_ù *la frequentazione con zio Oscar e il porcello reale ti fa male… ndliz*

A parte tutto, ringraziamo con affetto speciale Whity, Stregatta, Isult ed Erisachan per aver usato il loro prezioso tempo per dirci che ci vogliono bene. Noi ricambiamo çç

They Have Trapped Me In A Bottle


Eight:

Ho la febbre alta. Mi è venuta stanotte, sono stato da schifo tutto il giorno ed abbiamo dovuto annullare la nostra esibizione di stasera.
Questo è il dato positivo in realtà.
Stefan non mi parla da ieri, ci siamo scambiati sì e no uno sguardo a cena prima di andare a dormire ieri sera e poi non si è nemmeno venuto ad informare se fossi vivo o morto. Ad essere precisi è scomparso da qualche parte stamattina prestissimo, prima ancora che io riuscissi ad emergere del tutto dalla specie di trance in cui mi aveva scaraventato la febbre, e non è tornato più.
Per cui, essendo praticamente impossibile anche solo pensare di esibirci con una simile situazione, le mie condizioni di salute sono da considerare un dato positivo. Visto che ci permettono, tra l’altro, di eludere la necessità di rispondere alle domande imbarazzanti di Alex circa “cosa diavolo abbia per la testa Stefan da ieri?!”. Io ho una faccia così pesta da riuscire a nascondere fin troppo facilmente quello che penso. E Steve è bravo a sminuire le cose, per cui regge bene agli assalti della nostra manager quando gli chiede se sappia cosa è successo al nostro bassista.
Fatto sta che stasera Stefan non è ancora rientrato; quando ho chiesto a Steve se sapesse dov’era, lui mi ha guardato e mi ha risposto seccamente “dai My Chemical Romance”, rimanendo poi in attesa di uno scoppio d’ira da parte mia. Io mi sono infilato nella mia cuccetta e mi sono nascosto sotto svariati strati di lana, perché ho un freddo dannato, non sono riuscito a mangiare nulla e sono così depresso che vorrei semplicemente sparire.
È a questo punto che squilla il cellulare.
Allungo una mano fuori del groviglio di coperte, cercando a tentoni al di sopra di queste finché non incontro la resistenza spigolosa del telefono. Lo apro già prima di portarmelo all’orecchio, tanto so chi può essere.
-Matt.- bofonchio incerto, tirando su con il naso.
-…
-Sì. Sto male.- confermo spiccio.
-…ah.
Rimaniamo in silenzio per un po’. Io respiro malissimo, si sente l’affanno e so che dall’altro lato del telefono Matthew si sta chiedendo perché non possa essere qui a stringermi forte, giusto per assicurarsi che sia vivo e che stia bene in tempi ragionevoli...
-Brian, cos’è successo?

O.k.
Lo so.
Non ha senso.
-…non è successo nulla…- mormoro sentendo il fiato mozzarmisi in gola completamente.
-Brian.- mi richiama lui. Respira a fondo, prende tempo e si concentra.- Non prendermi in giro.
-Hai parlato con Steve.- ipotizzo io, arrabbiandomi.
-No.
-Allora ti ha chiamato quello stronzo di Stefan!- sbotto, alzando istintivamente la voce.- No, perché se crede che mettendo in mezzo te…!
-Brian!- m’interrompe brusco Matt.- No.- ribadisce. Mi lascio cadere tra le coperte, prendendo fiato in respiri corti e difficoltosi.- Non ho parlato con nessuno, ma mi pare di capire di averci azzeccato. Che succede?- chiede ancora.
Dio! Come accidenti è riuscito a capire da… due frasi che ho detto che c’era qualcosa?! Come accidenti ci riesce?!
Mi porto una mano alla fronte. Scotto. Scosto i capelli sudati dal viso, trattenendoli indietro. Si sono appiccicati, mi danno noia, o forse è il semplice dover respirare ad irritarmi terribilmente.
-Brian.- mi sento chiamare ancora, stavolta con dolcezza.- Parliamone. Vedrai che ti farà bene.
-…ho litigato con Stefan.- ammetto.
-Perché?-mi chiede lui senza commentare.
Sospiro.
-Ieri, quando ho riattaccato con te, sono uscito a cercarlo. Ed invece di andare da lui, ho preso in disparte Gerard Way e gli ho fatto una scenata.- confesso senza risparmiarmi nulla.
Matthew non ribatte subito. Mi sembra quasi di poterlo vedere mentre riflette.
-Capisco.- borbotta alla fine.
Annuisco anche se lui non può vedermi, tiro un respiro profondo e vado avanti.
-Stef ci ha beccati mentre litigavamo, mi ha portato via praticamente di peso e mi ha detto che non devo più impicciarmi della sua vita.- concludo nello stesso modo secco e preciso.- Da quel momento non mi ha più parlato.
Matt sbuffa una risatina affatto divertita.
-L’hai fatta grossa, eh?- mi chiede ironicamente.
-Più di quello che pensi.- mi lascio scappare a mezza voce.- Ovviamente dicono tutti che sono solo un ragazzino viziato, la storia della sceneggiata a Way ha già fatto il giro del festival…
-E la voce?- mi chiede lui.
-Ho il raffreddore.- rispondo.
-Bravo.
-Grazie.
Restiamo in silenzio un’altra volta. Mi dà fastidio. Vorrei dirglielo. Ma prima che possa farlo, Matt riprende a parlare.
-Scusati con Stefan.- mi dice. Provo a protestare, a dirgli che non mi vuole nemmeno ascoltare… in realtà non mi vuole nemmeno vedere. Lui mi zittisce rapidamente.- E scusati anche con Gerard.- aggiunge.
-Cosa?!- strillo io in modo automatico.
-Brian.- mi rimprovera Matthew.- Mi hai capito benissimo.
-Ma ci sta davvero provando con Stef! Lo ha anche ammesso!- sbraito infastidito.
-E questo non è affar tuo.- mi fa notare lui senza scomporsi.- Ti sei reso ridicolo davanti a tutti, non hai più vent’anni. Eri ridicolo anche allora, ma adesso è veramente inconcepibile che tu ti possa comportare così con un collega durante un tour.- aggiunge spietatamente.- Scusati con Gerard, Brian.- ribadisce subito dopo.
-…Stefan non vuole più parlarmi.- torno a ripetere meccanicamente.
Il punto è tutto qui, Matt. Cavolo! Stef non vuole parlarmi! ...Dimmi qualcosa che mi faccia sentire un po’ meglio… per favore…
-Brian, Stefan ha ragione.- mi dice lui. Sospira profondamente.- Gli passerà.
Stavolta sono io a non riuscire a parlare. Ed a rimanere in silenzio così a lungo che alla fine lui sente il bisogno di chiamarmi ancora. Di nuovo in tono dolce, per farmi capire che non è arrabbiato anche se mi dice che sono uno stupido ad essermi comportato così.
-Bri.- sussurra.- Se devi dirlo, dillo e basta.- mi invita.
-…sono un coglione, Matt, se Stefan non mi perdonasse io non saprei cosa fare.- mormoro.
Matthew ridacchia.
-Hai solo la febbre e questo non aiuta il tuo umore.- mi dice.- E sappiamo entrambi che le arrabbiature di Stefan con te durano al più una giornata. Chiedigli scusa e smettila di tirare fuori questa cosa di Gerard e vedrai che sarà come se non fosse mai successo nulla.
-Mi ha detto che mi vuole fuori dalla sua vita.- ribatto.
Matthew ci pensa su un po’ troppo per i miei gusti.
-Lascia perdere.- taglio corto prima che mi rifili qualche fandonia per tenermi buono. Mi rigiro tra le coperte per potermi mettere seduto.- Ho fame, non ho mangiato praticamente niente, non seccarti ma ci sentiamo dopo.- taglio corto.
-Brian.- prova a richiamarmi lui.
E per un momento esito davvero, con il dito già sul tasto che chiude la comunicazione. Serro gli occhi e mando giù la saliva che mi blocca la gola.
-Davvero, Matt, sto bene. Ci sentiamo dopo.- lo liquido, chiudendo la telefonata.

***

Non mi stupisce di sognare Matthew. Di fatto, gli ho riattaccato il telefono in faccia. Di fatto, è perfettamente logico che io mi senta in colpa. Quindi, è perfettamente logico che il mio senso di colpa si traduca nel bisogno di averlo davanti e chiedergli scusa.
E siccome sono troppo orgoglioso per chiedere scusa a qualcuno davvero, mi limito a farlo in un sogno.
E so di stare sognando. Lo so anche se le percezioni fisiche che questo suscita sono così intense da farmi desiderare che non lo sia. O quanto meno da farmi desiderare di non svegliarmi mai più.
Perché l’assenza di Matthew sta diventando per me qualcosa di intollerabile. Si mescola alla stanchezza, alla frustrazione, agli eventi assolutamente sbagliati che la mia condotta infantile e stupidamente gelosa ha prodotto.
…Vorrei essere una persona migliore.
Vorrei essere altrove.
Vorrei che questo bacio che ci stiamo scambiando – che è dolce ed umido e sa di buono – fosse vero, e non solo l’illusione fittizia che la mia mente intorpidita mi trasmette per consolarmi.
Anche perché le illusioni hanno la tendenza a scomparire dalle mani. Ritrovarsi a stringere niente a volte fa male, meglio prenderne coscienza subito, così sbatto le palpebre e decido di svegliarmi.
Ci metto un po’ ad abituarmi nuovamente alla luce. Ed un altro po’ a mettere a fuoco i contorni delle cose. La febbre li rende sfuocati comunque, ed il fatto che io sia ancora a digiuno – perché a Matt ho mentito e non sarei mai davvero in grado di mettere un solo boccone sotto i denti in questo momento – non mi aiuta a scuotermi dallo stordimento. Quando ci riesco mi accorgo di non essere solo, e mi accorgo che la persona che è con me non ha nemmeno una ragione per esserci e mi fissa…imbarazzata?
-…Chester?- riconosco con voce impastata.
Lui arrossisce. Giuro, lo fa davvero. Me ne chiedo la ragione e, senza sapere perché, istintivamente sollevo le dita per portarle alle labbra, riabbasso la mano di scatto quando lo vedo tossicchiare a disagio.
-Come va?- mi chiede lui.
Vedo che ha ancora i vestiti di scena addosso. Deve essere venuto direttamente dal palco e deve anche essere tardi.
-Bene.- mento senza troppa convinzione.
-Alex ci ha detto che stavi male ed ho pensato di venire a salutarti. Ti sarai annoiato, tutta la sera da solo…
Già. Anche perché i miei compagni di band sembrano aver preso all’improvviso ad odiarmi. La mia manager mi odia ogni singola volta che faccio l’errore di ammalarmi. Ed il resto del festival al completo mi odia per principio, perché sono uno stronzo e lo dimostro appena posso.
Gli leggo tutto questo in faccia. Immagino che sia il motivo che genera il suo imbarazzo nello starmi di fronte. Sospiro, mi tiro a sedere e gli faccio cenno che può sedersi anche lui, così si sistema sulla cuccetta di Steve e mi guarda.
-Sei stato gentile.- ringrazio.
Per un po’ mi fissa in silenzio, poi tira un respiro profondo e me lo chiede.
-Brian. Senza che t’incazzi,- ci tiene a premettere. E lo fa in un modo così spontaneo che non riesco davvero ad incazzarmi, anche se immagino il seguito.- mi spiegheresti che è successo tra te e Gerard?
Penso che glielo spiegherei, senza nessun problema tra l’altro, ma dovrei saperlo io per primo. Ed il punto è che io non so cosa diavolo mi abbia spinto a prendere ad insulti Gerard Way. Se non ammettendo di essere effettivamente geloso di lui.
Questo aprirebbe la porta ad una serie infinita di domande che dovrei pormi su me stesso, prim’ancora che sul rapporto che ho con Stefan. Quello è abbastanza chiaro e, a differenza di quanto trova utile credere la gente intorno a me, non è una cosa che riguardi solo Stefan, quanto più il fatto che io abbia questa possessività spasmodica per tutti coloro che in qualche modo “mi appartengono”. Sono la gelosia fatta persona. E sono un tiranno.
Non ci metto nemmeno tanto ad ammetterlo con me stesso.
Ci metto molto di più a passare dall’ammetterlo al volerne prendere coscienza al punto da superare la mia irrazionale ed infantile gelosia. Quindi, non c’è davvero nulla di strano se io rifuggo ancora questa cosa e preferisco fingere di non sapere perché ho urlato in testa a Way.
E non posso certo rispondere tutto questo al viso di Chester, piantato nel mio, che aspetta pazientemente io dica qualcosa.
-Mi spiace di aver creato casini nel gruppo.- preciso quindi, prima di ogni altra cosa.- Immagino di essere molto stanco e di aver semplicemente reagito male.
Chester annuisce comprensivo. Ed io capisco che avrebbe accettato qualunque spiegazione io gli avessi fornita, semplicemente perché è venuto apposta per conoscere “la mia versione dei fatti”. È stato… carino… da parte sua. Peccato che a me non interessi spiegarmi con lui.
Tiro su le ginocchia e ci appoggio il mento, fissandolo da lì sopra, mentre lui pensa a qualcosa che non mi dice e che lo porta a distogliere lo sguardo da me per girarlo intorno.
-Senti, Brian… ma tu pensi davvero che Gerard e Stef…- ipotizza a mezza voce alla fine.
Rido.
-No!- esclamo subito dopo. E quando lui mi guarda interrogativo, mi rendo conto che è davvero così, non lo sto dicendo nell’ennesimo attacco di gelosia.- Senti, Chester, io conosco Stefan e posso dirti che è la persona più fedele dell’universo. Ed ha un ragazzo a casa che lo aspetta e che lui ama.- spiego pacatamente.- Gerard gli sta simpatico,- aggiungo stringendomi nelle spalle- ma Stef non ha interesse per lui. E penso glielo abbia anche detto.
-Mmmh.- concorda lui poco convinto.
Ricominciamo a stare in silenzio. È decisamente una cosa che mi mette a disagio. E che mette a disagio anche lui credo.
-Chester.- chiamo dopo un po’.
-Sì?
-Magari dovresti tornare dagli altri.- faccio notare.
-Mah. Non credo per loro faccia differenza.- borbotta lui, arrossendo di nuovo.- Ti do fastidio?- si premura di chiedermi subito dopo, piuttosto frettolosamente.- Magari volevi riposare!
-No.- ridacchio.- Ho dormito come un ghiro tutto il giorno, non sono nemmeno assonnato.- ammetto.- Pensavo solo di essere una compagnia noiosa.
-Che idea idiota!- sbotta lui contrariato. E poi si accorge di aver esagerato e torna immediatamente indietro.- Voglio dire che non sei affatto una persona noiosa! Anzi! Mi fa piacere farti compagnia…
-O.k.- sorrido.- Però troviamoci qualcosa da fare o diventerà una cosa strana.- aggiungo divertito.
Lui sorride con me ed annuisce.
-Non ti proporrò una partita a carte.- mi avvisa.- Le odio, e poi è una cosa talmente scontata che i gruppi musicali giochino a carte durante i tour…
-Nah, lascia perdere.- mi dico d’accordo, mentre mi allungo dalla cuccetta a prendere il mio portatile- Ti faccio sentire qualche canzone dei miei “cuccioli”.- propongo.
-Cuccioli?- ripete lui perplesso, sedendosi accanto a me mentre accendo il computer.
-Ahah- annuisco senza guardarlo. E poi mi spiego meglio.- Sono le band emergenti che scovo in giro per l’Inghilterra e gli Stati Uniti.
Lui sghignazza ed io lo fisso contrariato.
-Ehi!- lo riprendo offeso.
-Scusa…- mormora lui, continuando a sghignazzare comunque.
-Guarda che è quello che fate anche voi con questo festival itinerante!- gli ricordo.
-Sìsì, solo che sai… con il tuo personaggio non ci sta tanto bene che ti metta a fare da baby sitter…- mi fa notare.
-Non faccio da baby sitter!- protesto. E poi ci penso su e, mentre mi volto allo schermo per aprire la cartella che mi interessa, ammetto candidamente e con un mezzo sorriso- E poi lusinga la mia vanità farmi adorare da giovani talenti emergenti…
-Brian, sei terribile!- ride Chester.

***

Non ricordo chi di noi due fosse giù di morale, e quindi chi dei due avesse proposto di uscire a fare shopping. Ricordo solo che evidentemente qualcosa doveva essere successa, quella mattina. Qualcosa di abbastanza antipatico da costringere due uomini maggiorenni e normodotati – per quanto possa sembrare strano pensarlo – a vagare senza meta per le strade di Londra, appiccicando il naso alle vetrine dei negozi alla ricerca di qualcosa da acquistare.
Lo shopping è un’attività decisamente sottovalutata dal genere maschile. Il genere femminile in certe cose è così dannatamente avanti che ogni tanto mi rammarico di non essere nato donna. Sono contento di aver trovato un uomo che la pensi come me, in questo senso. Anche se in effetti è un po’ azzardato dire che Matt “la pensi” come me. Lui sa solo che spendere soldi per comprare cose inutili e idiote fa scorrere lunghi brividi piacevoli per tutto il suo corpo, quando è scazzato. E non è neanche una cosa che comprende a livello conscio, per quanto ne so – è solo che è scritto sulla sua pelle e quindi non può ignorarlo.
E quindi eravamo lì che saltellavamo da un negozio all’altro in Piccadilly Street, e ad un certo punto siamo usciti da questa boutique di cui non ricordo il nome, stracolmi di pacchi di ogni colore e con indosso un paio di pantaloni nuovi per ciascuno – che hanno tra l’altro una storia interessante, perché quel giorno eravamo usciti con due maglie molto simili e a Matt era molto piaciuta l’idea di andare in giro vestiti uguali, perciò mi aveva costretto a comprare due paia di jeans nuovi e identici che ci lasciammo addosso dopo averli pagati – e Matt sollevò lo sguardo e disse “Cavolo”.
Io mi fermai e lo guardai, e mi augurai che quella parola non volesse dire “Cavolo, il mio portafogli è vuoto e ora dovremo fermarci a prelevare al primo sportello utile, e mentre io lo farò tu dovrai reggere anche i miei quintali di vestiti nuovi, oppure potremo tornarcene tranquillamente a casa con la coda fra le gambe”.
Ma Matt non stava guardando desolato il proprio portafogli vuoto. Stava fissando ammaliato la strada.
- Che ti prende? – chiesi, avvicinandomi a lui e sospingendolo lievemente in avanti a causa dell’enorme volume di pacchi che ci separava.
- Guarda questa strada! – commentò lui, scrutando l’orizzonte, - È infinita!
Ridacchiai.
- Sembra sia la prima volta che la vedi…
- Di solito non me ne accorgo… - continuò lui, ancora preso dall’osservazione dell’ambiente circostante. – Ma poi guarda quante persone…
- Ossignore, Matt! – risi io, tirandogli una pacchettata sulla testa, - Siamo in Piccadilly Street! Torni sulla terra o che?
- Ma non ti sembrano allucinanti, queste cose? – insistette, indicando la punta della strada con un dito, fissandomi come se ciò che stava dicendo fosse ovvio e per me dovesse essere impossibile non capirlo.
- Quali cose? – chiesi io, incuriosito dalla possibilità che quello potesse diventare l’ennesimo discorso allucinante pre-canzone di Matthew Bellamy.
- Queste cose! – precisò vagamente lui, allargando le braccia con difficoltà e lasciando cadere sul marciapiede i pacchi che teneva in equilibrio sotto le ascelle.
- Non fare disastri… - lo ammonii io, chinandomi a raccogliere i pacchetti e trattenendoli fra le mani, dal momento che ne avevo meno di quanti non ne portasse lui, - Spiegati a parole, non coi gesti, visto che il buon signore ti ha dato una voce.
- Non parlare del buon signore, sei ateo!
- Non è questo il punto… - risi.
- Vero. – ammise lui, annuendo convinto, - Comunque guarda: filari di negozi neanche fossero alberi e milioni di formichine intente a… spendere!
- Che è quello che abbiamo fatto anche noi fino ad ora… - gli ricordai con un mezzo sorriso.
- Hai ragione! – si rese conto, sinceramente sconvolto e disgustato, lasciando andare per terra anche i pacchi che teneva fra le mani e osservandomi raccoglierli con un certo disappunto. – Lasciali lì!
- Li abbiamo pagati un sacco di soldi… - feci presente, cercando di infilare i suoi dentro i miei, dal momento che le mie dita non sembravano avere abbastanza spazio per ospitare tutte le maniglie.
- Motivo in più! Ci siamo prestati a un gioco del cazzo! – illustrò determinato, guardandosi intorno con aria ostile, - Non voglio far parte di tutta questa massa di gente che spende e spande senza la benché minima coscienza ed è felice con… così poco.
Lo guardai, e pensai che se c’era una cosa che non sarebbe mai potuta succedere era che lui si uniformasse al resto della massa. Non era proprio possibile. Shopping o no.
- Avevo visto una bella giacca, l’altro giorno, poco più avanti…
- Brian! – mi rimproverò, inorridendo, - Non penserai davvero che dopo ciò che ho detto-
- Era bella! – aggiunsi, - Velluto nero, lunga quasi fino al ginocchio, e aveva rifiniture rosse su tutti gli orli e sul bavero.
- Davvero, Brian. – sbottò lui, irritato, mettendo una mano sul fianco, - Se pensi che io sia d’animo così debole da cedere alle lusinghe di una stupida giacca alla moda, dopo che ti ho appena detto che non mi interessa uniformarmi alla massa dei modaioli, sei fuori strada.
Scrollai le spalle, finendo di organizzarmi per reggere correttamente tutti i sacchetti.
- A me piaceva. Vado a comprarla. – dichiarai serafico, facendo una breve mezza giravolta su me stesso ed incamminandomi deciso verso il negozio.
Lui rimase un attimo lì fermo. Era vagamente ridicolo, senza più nessun sacchetto in mano, immobile in mezzo al marciapiede con un’espressione allibita e decine di persone che gli sfrecciavano accanto quasi senza vederlo ma stando bene attente a non investirlo.
Feci solo sei o sette passi.
- Brian! – mi chiamò. Mi voltai a guardarlo e non dissi niente, - …se non costa troppo ne prendiamo due uguali. – si arrese, sospirando affranto e muovendosi verso di me con passo lento e strascicato.
Evitai di ridere sotto i baffi e mi limitai ad un sincero e sereno sorriso d’approvazione.
Lui lo apprezzò.

***

Squilla il cellulare. Di nuovo. Spero che sia Matthew, perché io non ho il coraggio di richiamarlo e chiedergli scusa, ma spero che lui mi richiami per permettermi di farlo. È una cosa idiota, lo so.
Quando alzo il telefono e riconosco il numero sul display, penso anzitutto che non è Matt. E questo mi da fastidio.
Poi apro la comunicazione e saluto il mio interlocutore.
-Ciao, Vin.- esordisco, prendendo mentalmente nota dell’evento/telefonata per poterlo segnare negli annali storici.
Ho un tono apatico, perché c’è una sola ragione al mondo per cui Vincent può chiamarmi ed è Stefan. E siccome Stefan oggi mi odia, allora Vincent non può avermi chiamato se non per parlare di questo dopo essersi sentito con lui.
Ed invece no.
-Mi ha chiamato Matthew.- mi risponde lui, senza neppure salutarmi.
A Vincent non piace utilizzare parole che può risparmiare, i saluti per lui sono impliciti in una conversazione telefonica. “Ti chiamo, quindi so che ci sei tu dall’altro lato del telefono, quindi è ovvio che ti ho chiamato anche per salutarti”.
Io i suoi ragionamenti faccio fatica a seguirli, a volte.
Continua, ignorando queste mie riflessioni.
-Mi ha detto che tu e Stefan avete litigato.
-Te lo avrà detto anche Stefan!- sbuffo io ironico.
-No. A lui non piace discutere certe cose per telefono. Ma l’ho sentito alterato.- mi concede brevemente.
Sbuffo ancora.
-Brian. Piantala.- mi rintuzza, stizzito come al solito dai miei comportamenti.- Non mi pare tu sia nella posizione di poter fare lo sbruffone. Hai torto marcio.
“Tanto per cambiare”, penso io annoiato.
-Andiamo, Brian. Lo sai tanto quanto me, quindi non farmi perdere tempo in chiacchiere inutili.- ci aggiunge, giusto per gradire.
Mi irrita da morire. Mi irrita sempre! Mi alzo di scatto, mettendomi a sedere tra le coperte mentre borbotto qualcosa in sottofondo, tanto per fargli capire che può anche fermarsi lì e non andare avanti.
Lui mi ignora ancora.
-Sappiamo entrambi che, per quanto Stefan possa essere tollerante, questo tuo atteggiamento geloso e possessivo è assolutamente fuori luogo. Ed è assurdo che tu non sia nemmeno in grado di controllare il tuo istinto e di evitarti figurepessime come quella che hai fatto stavolta.
-Non psicanalizzarmi!- ruggisco ferocemente.
-Non ti sto psicanalizzando! Si chiama “buon senso”, Brian Molko!- ritorce lui.
Sbuffo per l’ennesima volta dall’inizio della conversazione. E questa cosa mi da la misura di quanto io mi stia rendendo ridicolo anche con Vincent. E della necessità di piantarla finché sono in tempo, perché – tanto per cambiare, appunto – lui ha ragione.
Lo sento respirare a fondo, prendere tempo e raccogliere la pazienza come si fa quando si deve parlare con un bambino piccolo. Torna a farlo in tono studiatamente calmo e posato.
-Senti, Brian.- mi richiama. Aspetta per essere sicuro che io ricacci indietro il fastidio e mi metta nella disposizione d’animo di ascoltarlo davvero. Riprende da lì.- Stefan, per quanto possa essere arrabbiato, non riesce ad avercela con te troppo a lungo.- Odio la sola idea che possa aver espresso in forma analoga lo stesso concetto espresso da Matthew al riguardo.- Ma al di là di lui, resta il fatto che tu ti sia comportato in modo molto sciocco. Davvero tropposciocco, vista la tua età, visto che eri già stato più volte gentilmente rimbrottato sull’argomento e visto che non sei da solo in quel posto, ma devi convivere con altri tuoi colleghi. E sai meglio di me che tutti i luoghi “ristretti”…
-Generano già di per sé maldicenze.- sospiro completando al posto suo la frase.
-Esatto.- mi rabbonisce Vincent.- Quindi, andarsele a cercare assumendo un comportamento eccentricamente egocentrico e dispotico, non è il massimo.
-No.- convengo, rassegnato e sconfitto. Mi lascio ricadere con le spalle contro la parete della cuccetta ed aspetto il resto.
-Non te lo sto dicendo perché provo un perverso piacere nel farti la paternale, Brian.- ci tiene a specificare Vin. Ed io penso che se lui provasse un “perverso piacere” nel farmi di quei discorsi, io avrei almeno un motivo valido per dire a Stefan che il suo uomo mi odia.- Te lo sto dicendo perché voglio darti un consiglio sereno su questa cosa.
-Quale consiglio?- mugolo in tono così basso da fare fatica per primo a sentirmi.
Ma Vincent ormai è abituato a me. Quindi, non trova difficoltà alcuna nell’evitare questi trucchetti pietosi che adotto per autodifesa strenua. Interpreta benissimo e mi risponde anche.
Sbufferei di nuovo se non avessi dei seri problemi con la mia autostima nel farlo.
-Il mio consiglio è che tu chiarisca anzitutto con Stefan, che sta aspettando solo una scusa per perdonarti. Chiaramente.- esordisce, infatti, Vin.- E quindi vada a scusarti, pubblicamente, con Gerard Coso o come accidenti si chiama lui.
…dimenticavo che Vincent ed il mondo del rock sono due realtà che si svolgono su rette parallele.
-Brian?- mi chiama quando il silenzio si protrae troppo a lungo per continuare a permettermi di fuggire le mie responsabilità.
Interrompo le interessanti riflessioni che stavo conducendo sul perché diavolo Stefan abbia scelto proprio un accidenti di psicanalista come compagno. E per giunta abbia scelto il proprio psicanalista, come compagno. E riporto la mia attenzione su di lui.
-…ci sta provando con il tuo uomo.- dico con cattiveria palese.
Vincent ride. E quando lo fa io sono costretto a prendere atto di una delle innumerevoli ragioni che hanno indotto Stefan a sceglierlo come compagno.
-Brian, se avessi anche solo un minimo dubbio su Stefan, non potrei starci ancora assieme.- mi fa notare gentilmente. Ed io immagino il sorriso tranquillo che si disegna sul suo volto, dando un minimo di luce a quegli occhi azzurri e glaciali- Non è che fate esattamente… gli idraulici… o che so io. Passate più tempo lontani da casa, di quanto ne passiate a casa. Credi che Gerard, o come si chiama, sia il primo o l’ultimo che ci prova con Stefan?- mi domanda in tono morbido.
Sospiro.
-No.- ammetto a mezza voce.
-Bene. Allora fa come ti ho detto.
Vorrei mandarlo a quel paese. Giusto per ringraziarlo del consiglio. Ma non posso farlo, perché sento i passi di qualcuno, poi la tenda della zona notte viene scostata e mi ritrovo in faccia lo sguardo di Stefan, che ricambia il mio.
-Riattacca e digli che lo richiamo io dopo.- mi dice, sorridendo.
E se mi sorride significa che non mi sottoporrà al secondo round del suo sdegno, ma parlerà con me per chiarire questa cosa.
-Scusami, Vin, lo hai sentito.- riferisco al mio interlocutore.
Lo sento sghignazzare e rispondermi un “va bene” conciso, che precede il suo chiudere per primo la telefonata.
Stefan solleva le braccia ed io vedo che ha il cellulare in mano anche lui, le incrocia sul petto e mi guarda. Adesso sono io a ricambiare il suo sguardo.
Sospiro.
-…scusa…- butto lì, girando gli occhi intorno a me per non dover continuare a fissarlo.
-O.k.- risponde lui. Mi viene vicino e mi batte una pacca sulla gamba per farmi cenno di lasciargli posto accanto a me. Ubbidisco, permettendogli di accomodarsi nella cuccetta.- Come stai?- s’informa.
Io sorrido malignamente. La mia piccola vendetta devo prendermela comunque, penso.
-Potrei essere anche morto e tu non lo avresti nemmeno saputo!- esclamo arricciando il naso, offeso.
-Lo avrei saputo, invece.- ribatte lui tranquillamente.- Figurati se la notizia non avrebbe fatto il giro del Festival in meno di mezz’ora.
-Cretino!- ritorco tirandogli un pugno sul braccio.
Ride. Io mi rilasso e prendo a respirare normalmente.
Ho freddo per via della febbre e penso che stargli vicino mi aiuterà a riscaldarmi. Mi accoccolo contro di lui, sentendo il suo profumo. Stefan mi lascia fare, condiscendente come sempre ai miei capricci.
-Dove sei stato?- borbotto contrariato.
-Ho suonato con i MyChem.- mi risponde lui.
Per poco non mi strozzo nel mandare giù la saliva che ho in gola.
Gli giro addosso uno sguardo sgranato ed allibito, che lui sostiene senza scomporsi, aspettando solo che faccia un’altra scenata. Lo so che se la sta aspettando. E so che se gliela faccio davvero, le mie scuse di due minuti fa saranno state completamente vane.
-Ah.- dico quindi, registrando l’informazione.- …potevi dirmelo.- faccio notare lo stesso, in tono dimesso.
-Sì, avrei dovuto.- conviene lui, senza problemi. Scrolla le spalle e prosegue.- Non avevo voglia di parlarti, però.
-…e ora sì?- chiedo titubante, fissandolo di sottecchi
Lui ridacchia di nuovo.
-Mi ha chiamato Matt.- mi spiega.- Mi ha detto che non stavi troppo bene e che, magari, era meglio se parlavamo in fretta di questa cosa, perché l’avevi presa male.
Respiro. Matthew dovrebbe imparare a farsi i cavoli propri. Dovrebbe sul serio.
Ma quando guardo Stefan ed incrocio i suoi occhi, in attesa, mi dico che devo richiamarlo e ringraziarlo. E farlo anche in fretta, perché se lo merita proprio. Ci mancano solo gli stupidi problemi di uno stupido compagno dall’altra parte dell’Oceano, che pur essendo più vecchio di lui – e ritenendosi per questo più saggio, senza avere nemmeno un motivo per affermarlo – si comporta come un imbecille. Povero Matt, non lo invidio.
-Mi dispiace. Hai ragione tu.- confesso rivolto a Stefan.
-Sì, questo lo so.- sminuisce lui, scuotendo le spalle. Non è quello che vuole, ed io ne sono consapevole, ma questa storia mi è già costata molto e farla costare ancora di più non rientra nelle mie aspirazioni.- Brian, sappiamo entrambi che non intendevo affatto dirti che non ti voglio nella mia vita.- riprende Stefan pazientemente. Ed anche se sì, lo sapevamo tutti, sentirglielo dire mi fa bene e mi sembra di riuscire a respirare meglio.- Ma devi smetterla di appenderti a me e Steve, come se fossimo la tua unica ancora di salvezza. Sei perfettamente in grado di stare da solo e, comunque, nessuno ti sottrae nulla qui. Meno che meno Gerard Way.
-Sì, certo.- concordo stringendomi anch’io nelle spalle.
-Bene. Allora gli chiederai scusa.- pretende lui.
Annuisco. Mi costa fatica farlo. Mi costerà ancora di più mantenere questa promessa.
Stefan lo sa e mi sorride quando torno a guardarlo.
-Fa ancora male la gola?- mi chiede.
Sbuffo.
-Ho la febbre.- ritorco imbronciato.
-Sì, lo so. Così impari ad andartene in giro in magliettina quando tira un ventaccio terribile.- ridacchia lui.
-Tu lo fai sempre!- ghigno cattivo.
-Io sono io.- afferma lui serafico.- Vedi di rimetterti in piedi per domani, Brian. O vedremo Alex davvero, davvero arrabbiata.




Nota di fine capitolo della Nai, che fa osservare alla Liz che tanto lei scrive comunque per ultima, visto che pubblica lei!

Ci tengo a rassicurare Isult sul fatto che né io né Liz abbiano alcunché contro Gerard Way. Anzi! Personalmente ho una passione “quasi” inconfessata per Porcello, anche se non sono una fan dei My Chemical Romance.
Detto questo.
La storia si avvia alla sua conclusione, ormai mancano solo 5 capitoli e l’epilogo e noi non abbiamo nemmeno messo dito al suo seguito O.O mi chiedo se non sia il caso di cominciare a metterlo in agenda…
Frattanto, un bacio a tutte con taaaaaaaaanto amore! *_*


Nota di fine capitolo di liz, che fa osservare alla Nai che “non c’entra niente” ù_ù perché è una questione di manipolazione mentale.

Prima di tutto, per Isult: a me piace Teenagers è_é/ Questo è quanto. Secondo poi: non è vero che non abbiamo messo mano al seguito! Il prologo, in realtà, è già scritto è_é! Ma tanto, se continuiamo a pubblicare così lentamente (scusateciscusateciscusateci, siamo schifosamente imperdonabili e pigre ç________ç!!!), i cinque capitoli e l’epilogo restanti li vedrete fra un mucchio di tempo è_é Vi ringraziamo tanto per il supporto e l’affetto con cui ci seguite T.T Siamo così immeritevoli, e voi siete così amabili T.T Tanto amore ed a presto <3

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