Pairing: BrianxMatt.
Rating: R
AVVISI: Boy's Love, OC, Incompleta.
- Quando, nella folla scalpitante che è il pubblico del concerto, Brian Molko intravede Matthew Bellamy, ha una "brillante" idea, le cui conseguenze saranno a dir poco devastanti per la sua vita, per quella di Matthew e per il gruppetto di fangirl slasher che assiste allo show e per le quali l'unico obiettivo degno di essere perseguito è quello di cercare di tramutare in realtà ciò che scrivono nelle loro fic...
Commento dell'autrice: Inserirò un commento quando avrò concluso la storia è_é
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A Little Respect
CAPITOLO 4
PROPOSTA


A Brian gli ospedali piacevano. Non perché fosse un animo cupo, non perché gli piacesse il loro odore asettico e sterilizzato, non perché provasse chissà quale perversa attrazione per i malati; semplicemente perché gli faceva piacere sapere che c’era sempre qualcuno che si prendeva cura di chi soffriva. La trovava una cosa estremamente rassicurante. Camminare per i corridoi e sbirciare attraverso le porte aperte delle camere, e intravedere un’infermiera biancovestita china su un lettino, intenta a risistemare coperte e cuscini o aiutare col cibo, lo faceva star meglio, lo faceva sentire protetto.
Pensare che ci sarebbe comunque stato qualcuno a curarlo era un modo come un altro per permettersi senza troppi problemi tutte le porcherie che tanto adorava.
Era un pensiero ingenuo, ma va be’, non aveva mai preteso di essere un cervello particolarmente complicato.
Invece, e per motivi facilmente immaginabili, a Matt gli ospedali non piacevano granché. Lo inquietavano incredibilmente.
Per di più, sapere che in quel posto, da qualche parte, c’era una ragazza reduce da un quasi-infarto causato nientemeno che da una sua esibizione, non lo metteva esattamente a suo agio.
Per questo, quando Brian si fermò e, senza neanche guardarlo, con un cenno del capo, gli disse “Bellamy, credo sia qui”, per poco lui non fece un salto in alto dallo spavento.
Brian se ne accorse.
- Be’…? Che diavolo hai?
- Sono agitato, mi pare ovvio! – rispose lui, furente, stringendo i pugni.
Brian sbuffò.
- Vuoi entrare?
No che non voleva entrare. Se avesse potuto scegliere, avrebbe scelto di essere ovunque piuttosto che lì. Avrebbe scelto di fare qualsiasi cosa piuttosto che vedere quella ragazza.
Ma non poteva scegliere. Era chiaro che se si fosse tirato indietro proprio all’ultimo momento, gli occhi azzurri di Brian l’avrebbero disapprovato per sempre. E la disapprovazione di qualcuno, che fosse Brian o meno, era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
E comunque, anche se non l’avesse disapprovato Brian, ci avrebbe pensato lui stesso a farlo per entrambi.
Sospirò.
- Sì… - disse in un soffio, abbassando lo sguardo mentre Brian apriva la porta.
L’interno della stanza era meno triste di quanto non si sarebbe mai aspettato.
Aveva gettato uno sguardo alle altre stanze, mentre si avvicinava a quella, ma gli erano sembrate tutte uguali, tutte bianche e illuminate e pulite allo stesso modo, non c’era nulla che le distinguesse le une dalle altre.
Quella stanza, invece, sembrava colorata.
E non avrebbe saputo dire se fosse per la coperta patchwork in pile che riscaldava la degente distesa sul lettino, o per i vestiti degli amici che la circondavano.
Sì, quelle ragazze erano decisamente vestite “da concerto”. Da ogni maglia faceva capolino una faccia di Brian, che fosse sorridente o in posa plastica da dark-boy non era importante, l’importante era che fosse in nero o in rosso o in blu, e attorno a lui gli altri membri dei Placebo, espressioni indefinite, sguardi profondi, qualche lyric spiattellato qua e là e le date dei tour dietro la schiena.
Incerto, rimase sulla soglia della porta mentre Brian si faceva avanti e, con un sorriso stentato, si scusava dell’intrusione.
La ragazza distesa sul letto piantò gli occhioni azzurri addosso a loro, spalancandoli al punto che lui ebbe paura potessero spezzarsi, e così fecero anche le tre ragazze che la circondavano, pietrificandosi nelle loro posizioni come se non avessero mai visto uno spettacolo più allucinante.
Nell’osservare le loro labbra dischiuse e tremolanti, Matt fece mente locale.
Effettivamente, Brian Molko e Matthew Bellamy che si presentavano in ospedale per porgere le loro scuse, dovevano rappresentare proprio uno spettacolo allucinante.
- Scusate… - ripeté Brian, - noi volevamo solo scusarci per quanto successo durante l’esibizione. Prima di andare in scena non abbiamo pensato a quanto potesse essere pericoloso, ci siamo lasciati un po’ andare.
Era davvero Brian Molko che stava parlando? Quello stesso Brian Molko che aveva ripetuto milioni di volte di fronte ai giornalisti di mezzo mondo con tono strafottente frasi odiose tipo “I Muse non fanno che copiarci” e “Non hanno nessuna idea originale da offrire”?
Quell’esserino educato che dava tanto l’idea di voler arrossire e inchinarsi profondamente per scusarsi fin quando non fosse stato perdonato, quell’esserino era ancora Brian Molko?
Brian sfoderò il più affascinante dei suoi sorrisi, avvicinandosi alla ragazza distesa e chinandosi su di lei.
- Ci dispiace che tu ti sia sentita male. Spero almeno sia stato un malore dovuto a un intenso piacere.
E forse fu qualcosa nel modo in cui disse “piacere”. Forse fu qualcosa nel modo in cui fece scivolare fra la lingua e i denti la esse di “intenso”. Forse fu solo il suo sorriso, o la lucentezza delle sue labbra, o quello sguardo incredibile, quell’azzurro criminale, forse fu il suo modo di chinarsi, forse quello di camminare, forse fu solo quell’aura magnetica che lo circondava, ma la ragazza nel lettino arrossì e sorrise rintontita, mormorando “Certo…” con voce sognante, stringendosi nelle spalle come se volesse scomparire consumata dall’imbarazzo.
Matt non riuscì a spiccicare una parola. Sentì chiaramente che qualcosa, qualsiasi altra cosa lui avesse deciso di aggiungere alla semplice presenza e alle parole di Brian sarebbe stata del tutto superflua, inefficace e fastidiosa. Perciò tacque, ancora immobile sulla striscia di marmo che divideva il corridoio dalla stanza; era lì dentro, con tutti gli altri, eppure si sentiva talmente lontano da quel gruppetto di persone… forse era sempre l’aura di Brian, che lo respingeva, chissà?
Perché doveva sentirsi così manipolato dalla presenza di quell’uomo?
- Bene. – sorrise Brian raddrizzandosi e tornando a guardarlo, - Pare che le cose qui siano risolte.
Matt lo guardò di sbieco.
Era ancora lo stesso Brian. Così presuntuoso. Come poteva pensare che le cose fossero risolte semplicemente così?
Ma le ragazze non ebbero il tempo né la prontezza di spirito di replicare, e in due secondi Matt si ritrovò fuori dalla stanza, a camminare per il corridoio, con una mano di Brian che lo spingeva in mezzo alle scapole, incitandolo a camminare più svelto.
*

- Voi potete davvero credere a quello che è successo oggi? – mormorò Marianne, ancora rintontita, fissando il vuoto sulla parete di fronte a lei.
- Io vorrei arrendermi al fatto che è tutto un sogno, ma… c’è questa sensazione pseudo-reale che non mi lascia in pace…
- Beata te, Julie, - rimbeccò Amanda, - Io vorrei arrendermi al fatto che tutto ciò sia reale e sono confusa dalle sensazioni oniriche che sto provando…
Julianne si voltò a guardarla, inorridita.
- Oniriche? Che razza di termine è da usare così ad alta voce? Non puoi smetterla di essere emo almeno per una volta in vita tua?
- Io non sono emo! – protestò animatamente lei.
- Lo è solo il modo in cui ti esprimi, dunque…
- Ah, vai a-
- Ragazze! – le interruppe Mary, con disappunto, - Teresa non si è ancora ripresa…
Teresa sorrise debolmente, ancora rintontita dalla ormai ex-vicinanza di Brian.
- Io sto bene… - disse, incantata, - Non c’è nient’altro che voglia chiedere alla vita… posso ritenermi soddisfatta anche così…
- Già. – sorrise Julianne, ritrovando serenità, - E avete visto? Erano insieme! Non è che si sono, come dire, “avvicinati”?
- L’amore che nasce dai momenti drammatici! Galeotta fu l’esibizione! Dobbiamo scriverci su una fanfiction! – disse tragicamente Amanda portando il dorso della mano alla fronte a mo’ di svenimento.
- Comunque, ragazze, se volete il mio parere… - disse Marianne accomodandosi tranquillamente ai piedi della branda di Teresa, - Siete state davvero poco furbe a lasciarli andare via così. Insomma, non so se vi rendete conto, ma loro sono in debito nei vostri confronti. Avreste potuto chiedere loro di fare qualsiasi cosa.
Qualsiasi cosa…
Un lampo attraversò la mente di Julianne, che portò una mano alla fronte, alzando l’altra come a dire alle altre di aspettare un secondo.
- Oooh… - disse, con tono di voce crescente, sollevando un dito, - Ooooh, sto pensando a qualcosa…
- E’ un miracolo. – mormorò Amanda fra i denti, incrociando le braccia.
- Taci. – la minacciò Julianne, guardandola in cagnesco con la coda dell’occhio, - Ho un’idea.
- Mh? Di che tipo? – chiese curiosa Teresa mentre Julianne risollevava il viso, sorridendo trionfante.
- Lo vedrete.
*

Erano già nei pressi dell’ascensore quando si sentirono chiamare per nome da una voce sconosciuta in pericoloso e velocissimo avvicinamento.
Matt si voltò appena in tempo per osservare una ragazza di media statura dai lunghi capelli castani raccolti in una coda alta dietro la testa fermarsi a pochi metri da lui e Brian e piegarsi in avanti, le mani sulle ginocchia, ansimante, in attesa di riprendere fiato.
- Che cosa è successo? – chiese immediatamente Brian, riconoscendo in lei una delle ragazze che si trovavano nella stanza in cui erano appena stati.
La ragazza si risollevò, riportando il respiro alla normalità e sorridendo amabilmente mentre si riavviava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Abbiamo una proposta per voi. – disse, candida, mettendo una mano sul fianco e divaricando leggermente le gambe.
Fu in quel momento che Matt pensò chiaramente Questa qui è una che si impone, qualsiasi sia la sua proposta semplicemente non abbiamo scampo.
Mi ricorda Brian
, e il pensiero lo fece inorridire.
Ma provò comunque a contrastarla.
- Mi dispiace, ma dato quello che è successo per oggi ne ho abbastanza di proposte.
- Oh! – disse la ragazza, incrociando le mani sul petto come volesse scimmiottare un’eroina da Harmony, - Questo è davvero un peccato! Cosa dirò alla povera Teresa, lì tutta sola nel suo letto, reduce da un quasi-infarto per causa vostra…?
Matt fece un passo indietro, terrorizzato, ma Brian cercò di rassicurarlo mettendogli una mano sulla spalla – demente, così non mi aiuti – e fissando la ragazza col più gelido e strafottente dei suoi sguardi.
- Ragazzina, ci stai minacciando?
La ragazza sorrise angelica, chiudendo gli occhi.
- Non esattamente, Brian.
- Ci stai ricattando?
- Ecco, sì, questo è il termine più esatto! – disse, gioiosa, battendo un pugno sul palmo della mano aperta, come avesse avuto un’intuizione geniale.
- Ragazzina-
- Mi chiamo Julianne. – lo interruppe, sempre sorridendo.
- …Julianne… - concesse Brian, la voce lievemente tremula per l’irritazione, - sono venuto fin qui per scusarmi, e perché la cosa risultasse più completa e definitiva ho portato con me anche Bellamy, ma come mi sembra di aver già detto anche alla mia manager non sono affatto pentito di quello che ho fatto.
- Oh, neanche noi siamo pentite del fatto che voi l’abbiate fatto. – ridacchiò Julianne agitando una mano, - Credo che neanche Teresa sia pentita di essere svenuta, avrà probabilmente avuto un orgasmo multiplo prima di cadere a terra! Il che deve averla resa molto felice, dal momento che quell’incapace del suo ragazzo non è in grado di fornire neanche il minimo indispensabile per-
- RAGAZZINA! Cosa diavolo vuoi?!
Il sorriso di Julianne si fece intrigante, e sfidò apertamente i due uomini al suo cospetto.
- Se avrete la gentilezza di seguirmi in camera di Teresa, vi spiegherò la mia proposta nei minimi dettagli.
*

A Teresa venne quasi un secondo infarto, quando Brian e Matthew le apparvero davanti agli occhi, imbarazzati ed agitati, in attesa di sentire cosa Julianne avesse da dire loro.
La ragazza agì da perfetto Cicerone, presentando loro le sue amiche, lasciando che si stringessero impacciati le mani, aspettando che l’atmosfera diventasse meno tesa e più amichevole e poi attirando la loro attenzione con un lieve battito di mani.
- Se avrete la bontà di ascoltarci…
- Taglia corto, ragazzina. – disse Brian con fare infastidito mentre Matt gli tirava una manica della maglietta, nel vano tentativo di renderlo meno insofferente.
- Dunque, non è così semplice da spiegare. Ma se vorrete seguirmi con attenzione capirete tutto perfettamente.
Detto ciò, la ragazza si avvicinò al letto di Teresa e afferrò con cautela una valigetta posata per terra, issandola sul comodino poco distante e tirandone fuori un pc portatile.
- Sapete cos’è una fanfiction? – chiese distrattamente, avviando il computer.
Gli sguardi vacui dei due uomini le diedero la risposta che cercava.
- Una fanfiction in poche parole è un racconto scritto dai fan che ha per protagonisti dei personaggi non creati da loro.
- Intendi… una specie di storia inventata su personaggi reali…? – azzardò Matthew, confuso.
- Be’, non necessariamente reali. – spiegò Julianne aprendo una finestra di explorer, - Solo, dei personaggi che non appartengono all’autore del racconto. Protagonisti di fumetti, libri, film… e anche persone reali, perché no.
- Quindi stai dicendo che ci sono delle persone che magari scrivono dei racconti con me come protagonista? – chiese incredulo Brian, spalancando gli occhi.
- Per la precisione, noi siamo quelle persone. – intervenne Amanda con un sorriso sognante, - Noi scriviamo fanfiction con te come protagonista, Brian.
- E c’è di più! – continuò Marianne, entusiasta della piega che stava prendendo la cosa, pur senza avere idea di cosa stesse architettando Julianne, - Nelle storie che preferiamo, i protagonisti siete voi due! Tu e Matt… insieme!
I due uomini la guardarono come fosse pazza.
- In che senso? – indagò Matthew, sconvolto, sentendo la forza nelle gambe venire meno.
- Be’, nel senso… Matthew, come posso essere più esplicita…?
Amanda la guardò, incredula.
- Come puoi essere tu più esplicita…? Ma se prima del concerto hai descritto un paio di situazioni al limite dell’osceno senza battere ciglio…?
- Oh! – arrossì Marianne, portando le mani alle guance, - Ma dirlo davanti a loro è diverso!
- Scusate… - intervenne Brian massaggiandosi le tempie, - non capisco una parola di quello che dite. Dannati inglesi, parlate tutti troppo velocemente.
- Non preoccuparti, Brian. – disse finalmente Julianne, invitandolo ad avvicinarsi al portatile, sullo schermo del quale, nel frattempo, era apparsa una pagina dallo sfondo bianco letteralmente ricoperta di minuti caratteri neri, - Quando avrete letto questo, sarà tutto più chiaro.
Matthew e Brian si avvicinarono, concentrandosi intensamente sulla pagina web e provando a leggere velocemente quanto vi era scritto.
- Non capisco… - disse Matthew dopo poche righe, - Qui ci sono semplicemente io che mi faccio la doccia e…
Improvvisamente, si fermò, arrossendo violentemente ed allontanandosi dallo schermo come se quello avesse tentato di morderlo.
- Cosa… diavolo…? – borbottò, spaventato, guardandosi intorno, - Questo… l’ha scritto qualcuna di voi…?
Marianne alzò una mano, imbarazzata, guardando il pavimento.
- TU?! Questo l’hai scritto tu?! Ma quanti anni avrai, quindici…?
- Ho diciassette anni! – rispose Marianne, offesa, stringendo i pugni.
Brian ridacchiava, ancora accanto al pc.
- Tu che ci trovi di tanto divertente? – chiese Matthew, irritato, strappandogli il computer da davanti agli occhi per continuare a leggere.
- Niente, ho visto il seguito, è spassoso.
Matthew fece scorrere gli occhi ancora per qualche secondo, per decidere di chiudere lo schermo appena individuò le parole “Brian”, “penetrare”, “Matthew” e “piacere” nella stessa frase.
- Tutto questo è inammissibile! – esplose, sbattendo una mano sul comodino, - Dovrei… dovrei denunciarvi per diffamazione!
- Bellamy, non hai letto con attenzione… - sbuffò Brian, chiudendo gli occhi, - All’inizio della storia c’è scritto chiaro e tondo che quanto scritto non pretende di rispecchiare la realtà e che non è utilizzato a scopo di lucro…
- Ma la diffamazione…
- Ma loro non stanno dicendo che tu sei gay e te la fai con me. Stanno dicendo che nelle loro fantasie questa scena è sexy. E se devo dire la verità… - continuò Brian con un affascinante sorriso, rivolgendosi a Marianne, - la ragazzina è parecchio brava a rendere l’idea.
- Cioè, - protestò Matthew, mentre la ragazza si scioglieva dall’imbarazzo, - tu mi stai dicendo che ti è addirittura piaciuta?!
- Non che l’idea di condividere un qualche atto sessuale con te mi faccia impazzire, Bellamy, - sospirò l’uomo, incrociando le braccia sul petto, - ma presa così com’è è parecchio bellina. Perché non provi a rileggerla sollevando il prosciutto che ti copre gli occhi?
- Io… non ho nessun prosciutto sugli occhi! – si lamentò Matthew, ma ciononostante si sedette sulla sponda del letto di Teresa, accomodandosi il computer sulle ginocchia e provando a rileggere.
- Però, ragazze, - riprese Brian, mettendo una mano su un fianco, - mi sfugge ancora cos’è che ci vorreste proporre. Volete scrivere una fanfiction su di noi? Be’, non mi sembra che ci abbiate chiesto il permesso, in passato. Dunque?
Già, dunque?
Tutti si voltarono a guardare Julianne, che rimaneva ancora appoggiata al comodino e fissava la sua attenta platea con occhi furbi.
- Vedi, Brian, il più grande sogno di ogni fangirl è vedere, come dire, realizzate le cose che scrive.
- …mh.
- E quindi, questo è quello che vi propongo per farvi perdonare: abbiamo un piccolo appartamentino nelle vicinanze; noi troveremo un posto dove stare, mentre Teresa sta qui in osservazione per la prossima settimana. Voi due, invece… voi due vi trasferirete nell’appartamentino e rimarrete lì. A convivere. Fino a quando non saremo noi a dirvi che potrete uscire.
Fu in quel momento che Matthew capì che se avesse ascoltato anche una sola idiozia in più il suo cervello sarebbe esploso. Perciò si alzò in piedi, premurandosi di richiudere il pc e poggiarlo con cautela sul materasso, per evitare che cadesse, e dopo aver preso abbastanza fiato rovesciò addosso alle povere fangirl una tale quantità di “non se ne parla proprio” ad un tono di voce talmente alto che non solo le ragazze si sentirono confuse e rintronate, ma un’infermiera fece capolino dalla porta invitandoli a mantenere la calma, visto che si trovavano in un ospedale, dopotutto.
- A-Avanti Matt… - mormorò Julianne, ancora stordita, come a volersi scusare, - non pretendiamo mica che vi mettiate a fare porcate così, da un giorno all’altro…
- Sì, però lo sperate in prospettiva! Ammettilo, se hai il coraggio!
La ragazza si prese un attimo per riflettere.
- Ebbene, - sospirò, - sì. Mentirei se ti dicessi che non ci spero. Ma sono convinta che sarà divertente comunque, quindi potresti…
- Divertente?! – gridò, quasi tremando per la rabbia, - Senti, adesso lascia che ti spieghi una cosa: io e questo tizio qui, vedi, ci odiamo. Non ci possiamo soffrire. E sinceramente non sento alcun bisogno di cambiare questa condizione nella mia vita affettiva, quindi arrivederci e grazie.
Fece per voltarsi e andare via, ma qualcuno lo arpionò per un braccio e lo convinse a voltarsi, e in meno di due secondi si ritrovò le labbra di Brian appiccicate alle sue in un bacio decisamente asciutto e innocente, ma quanto, quanto sconvolgente…?
Attonito, non riuscì neanche a separarsi da lui di sua iniziativa. Dovette aspettare che fosse Brian a ritrarsi e voltarsi verso le ragazze – che nel frattempo erano letteralmente andate in visibilio – per chiedere loro se questo potesse bastare, se così si sentissero soddisfatte.
- Tu… come hai osato…? – mormorò, cercando di farsi sentire, per quanto il tono della sua voce si fosse notevolmente abbassato in seguito all’esperienza traumatica che aveva vissuto.
- Sta’ un po’ zitto, Bellamy. L’ho fatto per entrambi. – borbottò Brian, aspettando la risposta delle ragazze.
Quelle si piegarono a parlottare fra loro, e per qualche secondo Matt riuscì perfino a illudersi che magari avrebbero detto sì e li avrebbero rimandati a casa sorridendo, ma poi Julianne si risollevò e, con lo stesso sorriso angelico col quale Matt aveva immaginato gli avrebbe detto “va’ pure”, sibilò “neanche per sogno. Accettate?”.
E avrebbe potuto protestare. L’avrebbe sicuramente fatto, se Brian avesse, non so, dato un qualsiasi segno di ribellione. Ma Brian non fece niente. Si limitò ad incurvare le spalle e sospirare esasperato, mentre portava una mano alla fronte e, passandosela lentamente fra i capelli, mormorava “e sia… ma solo per una settimana”.
Cos’avrebbe dovuto fare, lui? Cos’avrebbe potuto fare?
Dio, se esisti, dammi la forza, si limitò a pensare, socchiudendo gli occhi e aspettando di varcare la porta di quella che sarebbe stata la peggiore prigione possibile e immaginabile, e per ben una settimana.

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