Pairing: BrianxMatt.
Rating: R
AVVISI: Boy's Love, OC, Incompleta.
- Quando, nella folla scalpitante che è il pubblico del concerto, Brian Molko intravede Matthew Bellamy, ha una "brillante" idea, le cui conseguenze saranno a dir poco devastanti per la sua vita, per quella di Matthew e per il gruppetto di fangirl slasher che assiste allo show e per le quali l'unico obiettivo degno di essere perseguito è quello di cercare di tramutare in realtà ciò che scrivono nelle loro fic...
Commento dell'autrice: Inserirò un commento quando avrò concluso la storia è_é
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
A LITTLE RESPECT
CAPITOLO 10
VENERDÌ – ALL’ARREMBAGGIO!
Ovvero, di come Brian attentò alla virtù di Matthew – per uscire dallo scontro ignominiosamente sconfitto.


Che quella sarebbe stata una giornata sfiancante e potenzialmente disastrosa, Matthew lo capì fin dal primo momento in cui aprì gli occhi. Brian aveva infatti molto saggiamente deciso di passare il resto della nottata arrotolato addosso a lui come un tralcio di edera attorno a un palo di legno – l’edera era un paragone perfetto, per lui!, constatò Matthew con soddisfazione, erano anche urticanti allo stesso modo! – e lui, altrettanto saggiamente, aveva deciso di fare finta di niente e sperare che, a un certo punto, semplicemente gli si staccasse di dosso e rotolasse via come certe lumache quando perdono l’appiglio appiccicoso della loro bava sulla superficie.
La bava di Brian, purtroppo, aveva retto. E quindi, ora che era del tutto sveglio e lucido, si ritrovava con un Brian Molko di troppo appiccicato al braccio.
C’erano tutti gli estremi per una catastrofe naturale. Brian, in fondo, era sia un estremo che, soprattutto, una catastrofe naturale.
- Mmmh! – mugugnò Brian, agitandosi lievemente prima di aprire a propria volta gli occhioni, - Matty, non hai idea di quanto sei comodo! La tua ragazza è proprio una donna fortunata!
- Mh. – grugnì Matt, scrollandoselo di dosso senza delicatezza – adesso che era sveglio poteva farlo senza, be’, sì, ecco, aver paura di disturbargli il sonno, ecco. – Quando ci siamo conosciuti non sembravi di questa opinione.
- Quando ci siamo conosciuti, non avevamo ancora dormito insieme. – argomentò seriamente Brian, mettendosi a sedere sul materasso, - Né ti avevo guardato sotto le mutande. Né tantomeno ti avevo ancora baciato.
- Ti diverti a torturarmi…? – esalò il cantante dei Muse, sollevandosi dal letto ed allontanandosi verso il bagno. Non gli era mai capitato di svegliarsi così stanco, neanche durante i tour più lunghi e faticosi. Quel dannato tizio era massacrante.
Brian ridacchiò, stringendosi nelle spalle.
- E comunque non ci siamo mica baciati. – precisò Matt, lanciando un’occhiata preoccupata alla videocamera incastonata nella spalliera del letto.
- Come no? – borbottò Brian, contrariato, - Prima in ospedale e poi in bagno!
- Quelli non possono essere definiti baci! – s’inalberò a quel punto l’inglese, - Sono… sfregamenti labiali!
- Eh. – annuì l’altro, inarcando le sopracciglia, - Baci, quindi.
- Nella maniera più assoluta, no!!! E poi, anche ieri, mi hai preso per il culo tutto il giorno, ma nemmeno un bacio! – continuò a lamentarsi Matt, ormai del tutto dimentico della telecamera per via delle ristrette capacità di memoria dei suoi neuroni.
- Oh… capisco. – sorrise Brian, provocante, alzandosi dal letto e raggiungendolo, lento e seducente come un gatto, - Allora è questo che ti turba… sei offeso perché ieri non abbiamo combinato niente.
E così dicendo si sporse verso di lui, protendendo le labbra e socchiudendo gli occhi con malizia, sbuffandogli sulla bocca una risatina divertita.
Fu in quel momento che Matthew Bellamy prese la prima decisione fondamentale della sua giornata. E cioè che, per quanto lo riguardava, Brian Molko avrebbe pure potuto organizzare uno spogliarello integrale sul tavolo della cucina: lui non avrebbe ceduto. Ne andava del suo onore di maschio, della sua storia con Gaia e della sua dignità in quanto essere umano.
Si scostò con decisione, lasciando il povero Brian ad afflosciarsi ingloriosamente contro lo stipite della porta.
- Matt…? – lo chiamò il frontman dei Placebo, sollevando lo sguardo su di lui dopo aver sputacchiato qua e là in giro per spazzare via dalle labbra il sapore della vernice del legno.
Matthew sorrise furbo, piantando le mani sui fianchi.
- Mi dispiace, Brian caro. – annunciò con determinazione, aggrottando le sopracciglia, - Da questo momento in poi, si chiude bottega.
*

Si chiude bottega.
Brian ricordava una sola infausta occasione in cui gli era capitato di sentire un’espressione simile: la bocca era quella di suo padre, così come lo sguardo arcigno e severo, indurito dagli anni; il motivo era l’ennesima richiesta di aumentare la paghetta. Giustificatissima ai suoi occhi – qualcuno doveva pur provvedere al suo maquillage, in fondo! – ma non altrettanto a quelli del suo austero genitore.
“Devo comprare quell’ombretto.”, aveva risposto al suo netto rifiuto, appendendo le mani ai fianchi e sporgendosi con aria volutamente provocatoria.
“Devi smetterla di comportarti da frocio.”, aveva replicato pacatamente suo padre, lasciandolo a marcire nell’insoddisfazione all’ingresso di casa, prima di trincerarsi nel proprio studio, dove sapeva lui non avrebbe mai messo piede.
Si chiude bottega, da quel momento in poi, non era più esistita, come espressione, nel suo vocabolario. Non l’aveva mai più sentita. Principalmente perché non aveva più chiesto niente di niente a suo padre ed era fuggito il prima possibile a migliaia di chilometri di distanza, ma anche perché era stata sua premura fare in modo che mai più nessuno potesse opporgli un rifiuto simile.
Così perentorio, così irreversibile.
Così univoco da essere del tutto irritante.
Fino a quel momento, Brian Molko non aveva mai ricevuto un no in risposta. E, se pure l’aveva ricevuto, aveva sempre ribaltato la sentenza in appello.
Non sarebbe certamente stato un Matthew Bellamy qualunque a rendere vani anni ed anni di tradizione.
- Matty! – cinguettò allegro, piombando sul divano accanto a lui e requisendo il telecomando, strappandoglielo direttamente dalle mani, - Matty, che fai?
- Cercavo consolazione in un mondo illusorio e privo della tua presenza. – rispose lui laconico, deviando lo sguardo sulla porta d’ingresso e lasciando la televisione a ciarlare da sola dell’ennesimo ribasso nei prezzi di vendita dell’intero set di trolley rosa cui faceva la corte da ormai cinque giorni.
- Per caso, hai voglia di scrivere una canzone? – chiese lui di rimando, con una smorfia supponente.
- …no. – rispose Matthew, guardandolo stupito, - Cosa diavolo te lo fa pensare?
Brian scosse il capo con decisione.
- Se non stai cercando le parole migliori per esprimere la fine del mondo in versi, piantala di parlare come un poeta decadente e dì le cose come stanno: stavi guardando la pubblicità.
- La pubblicità è consolatoria! – blaterò Matthew, gesticolando come un menestrello napoletano, - Non può capitare nulla di inaspettato! Sai esattamente come comincia e come finisce, niente variazioni, niente sorprese, niente di niente!
Brian incrociò le braccia sul petto, nella migliore imitazione di un bimbo capriccioso di massimo dieci anni.
- Mi annoio! Odio la televisione! – si lamentò, sbuffando sonoramente.
Matthew gli agitò un dito davanti alla faccia, così vicino che lui temette di perderci uno o due occhi.
- Con me non attacca, Molko! – sbraitò, fissandolo negli occhi con una rabbia perfino ansiosa, - Niente mossettine, niente pose e niente scherzi, ok? Mi sono stufato. Considerami in voto di castità.
Brian sorrise malizioso, strizzando felino gli occhi, brillanti del fascino della sfida.
- Corrompere un prete è sempre stata una delle mie fantasie preferite. – rivelò, sibilando come un serpente.
- Sei un porco. – si limitò a commentare Matthew, ostinandosi a guardare altrove, - Non ti voglio nemmeno ascoltare!
- Dovrai fare ben più che riempirmi di sterili proteste, per zittirmi. – lo canzonò, tornando a sporgersi verso di lui.
- Perché, esiste un modo? – sospirò Matt, lanciando al soffitto uno sguardo implorante e al contempo rassegnato.
Brian sorrise. Cattivo e pericoloso.
- Potresti tapparmi la bocca. Fisicamente, intendo.
*

Il mondo stava palesemente rovesciandosi. Il fatto che lui non lo percepisse come una sensazione fisica dipendeva esclusivamente dallo stare rinchiuso in una scatola bilocale da ormai quasi una settimana. Sottovuoto rispetto al resto del pianeta, non riusciva a percepire fisicamente il ribaltamento dell’universo, ma lo avvertiva a livello astrale. Oh, sì, lui e il cosmo erano sempre stati in contatto. In strettissimo contatto! Poteva dirlo con assoluta certezza: il mondo stava per finire.
Stava per finire, doveva stare per finire!, perché la sua pazienza e la sua forza d’animo andavano scemando di minuto in minuto, disgraziatamente.
- Con le mani, è ovvio. – rispose all’illazione di Brian, squadrandolo con malcelato disgusto – un disgusto che però, più che rivelare indignazione, mascherava paura.
- Uh… - uggiolò Brian, deluso, - Speravo in qualcosa di meglio. Le mani sono così… rudi
- Rudi, sì! – annuì Matthew, alzandosi di scatto e imboccando l’unica via di fuga gli fosse consentita: quella per la camera da letto. – Sono le uniche maniere che ti meriti!
- Be’, possono essere interessanti anche loro! – continuò a pigolare il cantante, alzandosi festosamente in piedi e seguendolo saltellando in camera, mentre lui organizzava un fortino fra le coperte. – Cosa fai?
- Mi difendo. – borbottò incerto Matthew, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi, - E quindi me ne vado a letto.
- Potrebbe non essere la scelta più indicata. – sghignazzò Brian, chinandosi su di lui mentre Matt, per riflesso condizionato, faceva un giro su se stesso e circumnavigava il letto, per raggiungerne l’altro versante.
- A dormire, Molko! – strillò l’inglese, afferrando un lenzuolo a caso e tirandolo addosso alla telecamera sulla testiera, per ogni evenienza. – Dio mio, perché non puoi lasciarmi in pace? Tu mi odi, io ti odio, abbiamo solo tre giorni ancora da sopportare in questa tortura! Proviamo a farlo in maniera civile?
Brian si picchiettò un dito sul mento, mentre lui sollevava finalmente le coperte, gettava indietro le pantofole e si sotterrava sotto almeno quattro metri di cotone.
La voce di Brian lo raggiunse poco dopo, ovattata ma sempre troppo penetrante, per i suoi gusti.
- Io in genere preferisco il sesso spinto. – considerò, mentre Matthew cominciava a rotolarsi fra le lenzuola, avvolgendosi come una fetta di pancetta attorno ad una noce di burro, - La civiltà mi irrita.
Matthew mugolò una protesta particolarmente sofferta, stringendo le ginocchia al petto e facendosi piccolo come una palla. Ormai, di lui, non restava che un cumulo di coperte arricciate e sgualcite.
Era del tutto indecente.
- Matthew… - cantilenò Brian, premurandosi di scandire bene ogni lettera senza rinunciare a strascicare le più sensuali al passaggio – oddio, non aveva mai considerato il proprio nome come qualcosa di effettivamente sexy, eppure… - e poi afferrò un lembo delle coperte fra le mani. Per un istante – quello in cui percepì le sue dita piccole ed affusolate chiudersi attorno al tessuto leggero – Matthew temette seriamente che solo toccandole avrebbe potuto dissolverle. Un po’ era come lo stesse facendo davvero, perché lui quelle dita riusciva quasi a sentirsele sulla pelle.
Dio, era totalmente indecente.
Le coperte non si dissolsero, ma successe qualcosa di altrettanto magico: ovvero, lui era assolutamente convinto di essersele girate attorno al corpo almeno tre o quattro volte. Non avrebbero dovuto bastargli due o tre spintarelle decise e neanche troppo invadenti, per srotolarlo del tutto. E distendersi al suo fianco.
- Non capisco cosa ti faccia pensare che io ti odi… - piagnucolò Brian, stringendoglisi contro come aveva fatto durante il sonno.
Matthew deglutì vistosamente.
- Mi stai torturando. – scollò a fatica, a mo’ di spiegazione.
- Non ti sto torturando. – negò risolutamente lui, avvicinandoglisi ancora di più. Incredibile: il modo in cui l’aveva conciato il giorno prima, per vendetta, avrebbe dovuto come minimo azzerare il suo desiderio sessuale. Invece niente! Era un disastro e lui sarebbe esploso e il mondo sarebbe finito! – Sei tu che la vedi nella prospettiva sbagliata.
- Non è una questione di prospettive! – articolò lui, mugolando come un bambino affranto, - Tu-tu-tu sei indecente! Continui a… a illudermi… cioè… a comportarti come se io dovessi… - si morse un labbro: un disastro di proporzioni cosmiche. - …come se io volessi, poi!!!
- E tu non vuoi? – chiese innocentemente Brian, inclinando il capo sul cuscino ed annullando definitivamente l’esigua distanza che ancora li separava, - Sicuro sicuro?
Matthew ebbe la chiara percezione che sarebbe morto in quel momento.
Niente disastri ecologici né tantomeno astrali: gli sarebbe preso un prosaicissimo infarto e sarebbe morto lì, senza dignità, a due passi da quell’uomo indecente che continuava a provarci con lui come una signorina sfacciata. Mentre la sua donna e un gruppo di ragazzine pazze lo fissavano impietose oltre l’obiettivo della telecamera!
Peggio di così, solo la trasmissione contemporanea a livello mondiale.
Purtroppo, il Dio in cui non credeva scelse proprio quel momento per dimostrargli la propria non-esistenza, impedendogli di salvarsi dal disonore con un decoroso infarto e lasciandolo in vita a subire quella situazione tremenda.
- Sicuro… sicuro. – articolò senza fiato, scuotendo il capo come a rafforzare le proprie idee. Il problema è che lo stava scuotendo nel modo sbagliato.
- Non negare, quando rifiuti qualcosa! – rise infatti Brian, accoccolandosi teneramente contro il suo petto, - I segnali contrastanti non piacciono a nessuno, costringono ad errori imperdonabili.
- Ma non sto lanciando nessun segnale contrastante, Brian! – ribatté lui, sull’orlo delle lacrime.
E poi Brian fece una cosa semplicemente orribile.
Gli posò una mano sul petto. La aprì bene, perché aderisse perfettamente, e poi la lasciò scivolare lenta e docile lungo il suo corpo. Era caldissima, così calda che riusciva a sentirla addosso oltre il tessuto. Sul petto, sul ventre, giù lungo l’anca.
Ed infine fra le gambe.
- Be’, questo è un segnale contrastante, Matthew. – gli soffiò lui, ad un centimetro dalle labbra.
E lui lo odiò. E se ne sentì disgustato. Non esattamente per ciò che aveva fatto, ma perché lui, di quell’erezione, non si era nemmeno accorto. O meglio, aveva fatto di tutto per non accorgersene. Per ricacciarla sul fondo della mente, dove non avrebbe potuto vederla neanche per sbaglio.
E invece Brian portava a galla cose che avrebbe fatto meglio a tenere sopite per il resto della sua vita.
Brian portava a galla tutto.
Portava a galla tutto e si avvicinava troppo velocemente, troppo sfacciatamente. E le sue labbra erano troppo, troppo invitanti. E lui sperava solo che baciandolo non facesse rumore, che rimanesse perfettamente silenzioso come fino a quel momento: perché in quell’istante nessuno poteva vederli, protetti com’erano dal tessuto scuro del lenzuolo col quale aveva coperto la telecamera, e se nessuno avesse potuto neanche sentirli allora, forse, magari, magari
- …però, se a te non va sul serio, non posso farci niente. – sghignazzò allegro Brian, scostandosi da lui con un gesto deciso e saltellando in piedi al colmo della gioia. – Vado a preparare il pranzo! – trillò poi, allontanandosi lesto verso la cucina.
Lasciandolo lì a stringersi lo stomaco fra le braccia.
Completamente devastato.
*

Nella stanza d’ospedale ormai diventata cabina di regia di quello che si apprestava a diventare probabilmente il reality show più seguito di ogni epoca, cinque fangirl adoranti, un – presunto – fanboy perplesso e due manager del tutto increduli fissavano lo schermo del computer sulle gambe di Terry con aria del tutto sconvolta.
Gaia deglutì, lasciandosi andare stremata sul materasso accanto alla ragazza, continuando a fissare il proprio prostratissimo uomo arrotolato sul letto in preda agli spasmi di desiderio.
- Ma non starà diventando una cosa pericolosa? – si chiese dubbiosa, puntellandosi il mento con un dito, - Guardatelo, soffre… - aggiunse, portando poi lo stesso dito ad indicare Matthew ancora agonizzante fra le coperte.
- Soffre perché è stupido! – strepitò Marianne, incrociando le braccia sul petto, - Senza offesa, Gaia, ma il tuo uomo è un imbecille! Brian ne ha fatto un peluche per tutta la notte e lui non s’è neanche azzardato a fargli, chessò, una carezzina!
- Voi dovete essere del tutto malate. – interloquì a quel punto Philip, sbuffando contrariato.
- Tu taci! – lo rimproverò aspramente Julianne, afferrandolo per un orecchio e cominciando a tirarlo verso il basso, - Noi saremo pure malate, ma eri tu quello che succhiava ghiaccioli in casa nostra, appena ieri!
- Quella era tutta un’altra situazione! – cercò di difendersi il ragazzo, senza però esplicitare ulteriormente il concetto, motivo per il quale Julie si ritenne del tutto in diritto di continuare a strattonarlo senza delicatezza verso il basso.
Ci avrebbe di sicuro rimesso un lobo, se all’improvviso un sibilo irritato di Alex non avesse fermato immediatamente l’azione.
- Che c’è? – chiese Tom, squadrando incerto la collega e scrutandone con attenzione i lineamenti tesi.
- Sento… che sta per succedere qualcosa! – rispose lei, sporgendosi interessata verso lo schermo del pc.
- Di nuovo premonizioni? – esalò l’uomo, annoiato, ma lei lo zittì con una manata sulla fronte.
- Che premonizioni?! – sbottò acida, - Matthew si sta muovendo.
Ed in effetti, a guardare attentamente cosa stesse succedendo al di là della telecamera, non sarebbe stato impossibile accorgersi delle strane manovre che stavano coinvolgendo il giovane uomo oltre il telo che ancora copriva l’obiettivo. Sembrava essersi seduto fra i cuscini, a gambe incrociate. E sembrava pure stesse guardando il suddetto obiettivo con aria inquisitoria, come dovesse decidersi sul da farsi.
Alla fine, tutti i presenti – e anche buona parte del resto del mondo – lo sentirono sospirare esausto e rimuovere la copertura.
Matthew Bellamy stava lì. Affranto. Disfatto. Evidentemente stanco. E fissava la telecamera come un povero martire condannato al supplizio eterno.
- Ehm. – esordì dopo poco, mentre tutti restavano in ascolto, fissandolo con aria sorpresa, - Io non so se voi mi sentite… o se mi state guardando. – annunciò, con lo stesso, identico tono col quale avrebbe potuto registrare un videomessaggio da mandare via satellite per lo spazio nel tentativo di intercettare qualche popolo extraterrestre in ascolto, - Probabilmente vi sarete già stancati da un pezzo di quello che succede in questa casa. Non mi stupirebbe, in fondo siamo piuttosto noiosi. – disse a bassa voce, lanciando un’occhiata veloce verso la cucina, dalla quale proveniva il chiacchiericcio cantilenante ed infinito di un Brian completamente immerso nella propria veste di allegra casalinga ai fornelli, - Lo so che è cominciata come un gioco. – sospirò poi, abbattendosi su sé stesso con un enorme sospiro stremato, - Ma ormai non c’è proprio più niente di divertente.
Di fronte allo schermo del computer, il mondo intero trattenne il fiato.
Le fangirl si mordicchiarono le labbra.
Gli occhi di Alex e Tom presero a brillare di una strana luce dall’intensità pericolosa.
Perfino Philip si ritrovò costretto ad abbandonare la propria collaudatissima maschera di infastidita diffidenza, per restare silenziosamente in ascolto del seguito.
- Gaia, tesoro. – riprese Matthew, e d’istinto la sua fidanzata arrossì e portò le mani a congiungersi sul petto, sporgendosi completamente verso lo schermo del computer, - Devo dirti una cosa importante. Io…
- Maaaatty!!! – cinguettò l’amabile vocina nasale di Brian, resa stridula dal palese eccesso di allegria che la venava, interrompendolo sul più bello, - È pronto a tavola! Vieni?
Matthew sembrò come tornare in sé d’improvviso. Fissò la telecamera con aria sconvolta, e boccheggiò silenziosamente per un lunghissimo attimo, prima di scuotere il capo, recuperare il lenzuolo e ricoprirla.
Tutto ciò che si sentì di lui, dopo quel momento, fu un affannoso “eccomi!”, ed un veloce rumore di passi in concitato allontanamento verso la cucina.
*

Doveva essere del tutto impazzito.
Doveva essere completamente, integralmente, totalmente cretino!, oltre che semplicemente pazzo.
Ma cosa s’era messo in testa di fare?! Cosa diavolo aveva intenzione di dire, sprofondato nel suo personalissimo confessionale di lenzuola e cuscini, di fronte ad una telecamera silenziosa quanto crudele, di fronte a Gaia, Cristo Santo!, perché non poteva mica dimenticarlo, che oltre quel vetro scuro dalla superficie riflettente si trovava la sua ragazza, cielo!
- Matty? – lo chiamò Brian, posandogli davanti un piatto di pasta al pesto dall’odore inquietante, - Che hai?
Lui sospirò, afferrando stancamente la forchetta per impalare un povero rigatone innocente.
- Vuoi piantarla di chiamarmi Matty? – borbottò piagnucoloso, - Nessuno mi ha mai chiamato così…
- Meglio! – sghignazzò lui, felice, - Mi piace avere l’esclusiva sulle cose!
Matthew lo guardò, continuando a giocare con la pasta nel piatto.
Era evidente che, per Brian, quella situazione fosse rimasta ciò che per lui aveva cessato di esistere da tempo: uno stupido gioco, un passatempo simpatico col quale ingannare la noia nell’attesa di recuperare la libertà.
Quand’è che per lui la questione aveva smesso di essere così semplice?
Quand’è che si era complicata?
…era mai stato veramente immune al suo sguardo? Era veramente esistito un momento, da quando l’aveva visto, in cui non avrebbe potuto dirsi totalmente stregato dalla sua voce, dal suo modo di fare, da quel modo infantile, giocoso, divertito, eppure terribilmente pesante che aveva di trattare con le persone?
Era mai esistito un momento in cui Brian Molko non gli fosse piaciuto ben più di quanto la sua condizione gli avrebbe permesso di ammettere?
- Sai cosa? – sussurrò, lasciando andare la forchetta riversa sul bordo del piatto ed alzandosi lentamente in piedi, - Non ho molta fame. Penso che andrò un po’ di là a stendermi.
Brian sorrise malizioso, strizzando gli occhi.
Non gliene importava un accidenti.
- Posso venire a farti un po’ di compagnia… - lo sentì suggerire mellifluo nella sua direzione.
Scosse il capo.
- Sul serio. – asserì cupo, - Posso chiederti, per favore, di lasciarmi un po’ da solo?
Forse fu la sua improvvisa quanto inusuale serietà, a convincere Brian della necessità di starsene un po’ sulle sue per qualche ora. Forse fu il sospetto di aver tirato un po’ troppo la corda.
In ogni caso era vero: lui era serio. E Brian aveva tirato troppo la corda. Troppissimo. Faceva quasi male.
Si rintanò in camera da letto, affondando fra le coperte e chiudendo istantaneamente gli occhi.
Lui, da quella casa, non sarebbe mai uscito vivo.
E cominciava pure ad intuirne l’effettivo perché.
*

Non aveva la minima idea di quante ore fossero passate, quando si risvegliò. Tutto ciò che sapeva era che gli sembrava di aver dormito per secoli e che c’era qualcuno che gli stava accarezzando la testa, e che, per quanto potesse piacergli l’idea di illudersi di trovarsi a casa a poltrire fra le braccia della sua fidanzata, era piuttosto certo che la mano piccola e morbida che gli arruffava i capelli in quel momento non appartenesse affatto a Gaia.
Aprì gli occhi con considerevole fatica, incontrando subito lo sguardo divertito di Brian.
- Guarda… - scollò lamentoso, liberandosi dalla sua mano con un gesto deciso del capo e rivoltandosi su un fianco, - Ho pure perso la voglia di lamentarmi. – mugolò, affondando il viso nel cuscino.
Brian ridacchiò allegramente, chinandosi su di lui.
- Mi sembri giù di morale. – gli sussurrò all’orecchio, riprendendo ad accarezzarlo dolcemente.
- “Giù di morale” è un pallido eufemismo, Molko. – continuò a lamentarsi lui, cercando di sfuggire a quei tocchi leggeri nascondendosi più in profondità fra le lenzuola.
- L’avevo intuito. – commentò Brian, sempre più a proprio agio, impedendogli di muoversi.
Non c’era più neanche qualcosa contro cui protestare, in realtà.
Le sue lamentele dovevano aver perso credibilità giorni e giorni prima…
- Senti. – lo richiamò Brian, scivolando con la mano dai suoi capelli alla sua guancia, pizzicandola lievemente per attirare la sua attenzione, - Ho una bella sorpresa per te.
- Mi risulta difficile crederlo. – borbottò lui, voltandosi comunque sulla schiena per tornare a guardarlo negli occhi. – Cos’è?
Brian s’illuminò e sorrise come un bambino, scattando in piedi.
- Vieni di là, così la vedi di persona! – cinguettò allegro, saltellando felice in soggiorno.
Matthew esplose in un lungo lamento pigro e indolenzito, dibattendosi fra le lenzuola come in un mare di fango ed arrancando lungo il breve corridoietto che separava le due stanze.
Fino a fermarsi davanti al divanetto.
Dove faceva bella mostra di sé il set completo delle valigie sulle quali aveva sbavato da quando era venuto a conoscenza della loro esistenza.
Basito, rimase ad osservare il tutto, ordinatamente in riga sul pavimento: la valigia grande, quella un po’ meno grande, il trolley grande, quello un po’ meno grande e ben tre dimensioni differenti di beauty case.
Il tutto così profondamente rosa da dare quasi la nausea.
- Brian… - esalò sconvolto, - Cosa… come…
- Te l’ho detto… - biascicò lui, evitando di guardarlo, - Mi sembravi giù. E sapevo che questi obbrobri ti piacevano, perciò ho fissato la telecamera che c’è nel vaso ed ho detto alle ragazze che se non me le avessero portate immediatamente qui sarei evaso dalla finestra, e loro si sono lasciate convincere. – concluse, stringendosi nelle spalle. – Ti piacciono?
Mi piacciono?
- Le amo…
Brian ridacchiò soddisfatto.
- E sei felice?
Sono felice?
Matthew annuì, abbozzando un sorriso incerto.
- Ed ora mi odi un po’ di meno?
Ti odio un po’ di meno…?
Ti…
Ti…

- …non devi veramente rispondere a questa domanda. – lo rassicurò, inclinando lievemente il capo e sorridendogli enigmatico ma, in qualche modo, conciliante.
Matthew deglutì pesantemente.
- Grazie. – rispose. Ma non era affatto chiaro a cosa si stesse riferendo.

*


Omake. Panic at the movie!

La situazione era familiare. Parecchio familiare.
Ed era tutto ciò che Matthew riuscisse a pensare mentre stava sprofondato sul divano al fianco di Brian, e sulla tv, davanti a loro, scorrevano lente le immagini del film horror in bianco e nero che avevano guardato appena il giorno prima.
Si voltò a guardare il proprio improvvisato coinquilino, fissandolo con curiosità.
- Ma non l’abbiamo già visto? – chiese con aria trasognata, un po’ incerto.
Brian scrollò le spalle e guardò altrove, vagamente imbronciato.
- Sarà una replica… - si rispose da sé, credendoci, per quanto sembrasse impensabile che qualcuno potesse davvero aver programmato una replica di quell’orribile film.
- …dobbiamo proprio guardare questo?
…ok.
La cosa stava diventando molto più che “familiare”.
- Brian, ma non l’hai già detto un’altra volta…? – tornò a chiedergli, con aria smarrita, mentre lui lo fissava con occhi ugualmente confusi.
- L’avrò detto in qualche altro momento della mia vita, ma sinceramente non ricordo di averlo detto a te.
Il che era strano. Perché lui invece lo ricordava benissimo. Così come ricordava quegli occhi da cucciolo bagnato e tutto il corollario di tenerezza ed attrazione che ne derivava.
Deglutì forzatamente, continuando a guardarlo.
- Non ti piacciono i film horror? – chiese, seguendo il copione da lui stesso tracciato – ne era sicuro – appena la sera prima.
Brian scosse il capo con aria impaurita.
- No… - rispose a bassa voce, scuotendo il capo e guardando altrove.
Proprio come il giorno prima.
Erano due, le possibilità: o lui era diventato un veggente – e quindi aveva previsto il giorno prima cosa sarebbe avvenuto l’indomani – o il mondo era finito davvero e qualcosa nella linea spazio-temporale dell’universo s’era interrotta, costringendolo a ripetere per sempre le sue ultime drammaticissime giornate di vita.
Pregò per la preveggenza e riprese a parlare.
- Se vuoi cambio… - suggerì, incuriosito dall’eventualità di scoprire di avere realmente dei poteri paranormali.
Brian si strinse nelle spalle, sorridendo di un sorriso piccolo e dolce.
- Non ti preoccupare. – lo rassicurò in un soffio, - Non c’è bisogno, puoi anche lasciare. – un lievissimo cambiamento nello sguardo. Una luce un po’ più forte. Un’ombra un po’ più spaventosa. – Io guarderò altro.
Nella sua predizione, a quel punto tutto esplodeva. Perché lui tornava a guardare il film e dopo un po’ Brian usava il francese, prima di umiliarlo per l’ennesima volta.
Sinceramente, non era un’eventualità fosse in grado di subire. Non di nuovo.
Se la Grande Volontà dell’Universo aveva deciso di dargli il Dono, in fondo, probabilmente si aspettava pure che lui lo usasse bene. Almeno per riguadagnare un po’ di quella dignità che aveva perduto fino ad allora.
Si sporse in avanti, arpionando Brian per le spalle ed inchiodandolo al divano.
…certo, probabilmente baciarlo furiosamente, godendo del suo mugolio sorpreso e del calore spaventoso delle sue labbra e della sua pelle contro la propria, non era il modo migliore per recuperare dignità.
Ma il suo corpo non sembrava essere molto d’accordo con questa visione dei fatti.
*

Si svegliò ansimando come non gli era mai capitato di fare. Nemmeno da bambino, con gli incubi più spaventosi.
Dal soggiorno, la rassicurante fosforescenza rosata delle sue nuove valige lo tranquillizzava considerevolmente sul periodo che stava vivendo – e gli diceva pure in maniera altrettanto inequivocabile che no, la scena del film horror non si sarebbe ripetuta ancora – ma, attaccato al suo braccio, Brian stava di nuovo arrotolato come una lumaca su un rametto, e la cosa non era affatto rassicurante, nel complesso.
Stavolta, il suo corpo sembrava essere decisamente d’accordo. C’era qualcosa di irrequieto, là sotto. Indovinarne la causa era pure troppo facile.
Si scostò da Brian, il quale, ancora profondamente addormentato, neanche se ne accorse, e si diresse celermente verso il bagno, dentro il quale si trincerò, con aria ansiosa. Si appoggiò al bordo del lavabo, cercando di trovare il coraggio per guardarsi nello specchio. E quando lo trovò, comunque, fu solo per qualche secondo.
Dio.
Aprì il rubinetto e si sciacquò il viso, sospirando pesantemente.
La sua vita stava andando a rotoli.
Il suo mondo sarebbe esploso.
Lui sarebbe morto.
Ma, prima della fine di quella settimana, lui si sarebbe assolutamente fatto Brian Molko.
back to poly

Vuoi commentare? »

your_ip_is_blacklisted_by sbl.spamhaus.org