Pairing: BrianxMatt.
Rating: R
AVVISI: Boy's Love, OC, Incompleta.
- Quando, nella folla scalpitante che è il pubblico del concerto, Brian Molko intravede Matthew Bellamy, ha una "brillante" idea, le cui conseguenze saranno a dir poco devastanti per la sua vita, per quella di Matthew e per il gruppetto di fangirl slasher che assiste allo show e per le quali l'unico obiettivo degno di essere perseguito è quello di cercare di tramutare in realtà ciò che scrivono nelle loro fic...
Commento dell'autrice: Inserirò un commento quando avrò concluso la storia è_é
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A Little Respect
CAPITOLO 3
DA INFARTO


- Insomma, adesso non resta che scegliere la canzone, no? – disse Stefan, impaziente, cercando di accelerare i tempi.
- Per la verità avevo già qualcosa in mente. – annunciò Brian con un sorriso trionfante, - Pensavo a una canzone anni ottanta.
- C-Cosa?! – esclamò Matt, incredulo, - Ascolti perfino quella roba lì?
- Il mio gusto musicale è ampio ed eterogeneo, e sicuramente molto più colto del tuo, Bellamy.
- Come osi?!
- Discuteremo più approfonditamente quest’argomento, dopo, - concluse l’uomo, agitando una mano, - adesso concentriamoci sulla canzone. È famosa, dovreste conoscerla tutti: “A little respect”, degli Erasure.
- …santo cielo, mi viene da vomitare… - si lamentò Matt, - Questa canzone è talmente stupida che ne hanno fatto una cover i Weathus, quella sottospecie di gruppetto teen-pop che è durato meno di un anno…
- Oh, bene, vedo che a tuo modo sei informato anche tu. A quanto pare, ti informi solo per parlar male degli altri. – sorrise Brian, senza badare alle sue rimostranze, mentre lui urlava infastidito “Anche tu fai così!!!”, - Stef, Steve, per voi va bene?
- Be’, - rispose Steve, scrollando le spalle, - non che sia difficile, come canzone.
- E poi è carina, almeno, a me piace. – concluse Stefan, riprendendo in mano il basso.
- Allora, deciso? – domandò Brian, guardandosi intorno.
Matt sospirò.
Aveva poco da ribellarsi.
*

- Questa pausa sta durando un po’ troppo per i miei gusti. – si lamentò Julianne, braccia conserte, sbattendo nervosamente un piede per terra, - Insomma, quando intendono venire fuori?!
- C-Calmati, Julie… - provò a frenarla Teresa, - Stanno sicuramente per tornare sul palco, sta’ tranquilla…
- Se me lo dici tu, non posso che darti retta… - sorrise Julianne, galante, facendo arrossire l’amica.
Fu in quel momento che successe qualcosa di strano.
Il palco, fino a quel momento ancora totalmente illuminato, divenne improvvisamente buio. Tutti i riflettori si spensero insieme, con un rumore secco che si ripeté nell’aria diventata silenziosa del forum.
- Ma che diavolo…? – bisbigliò Julianne, confusa, mentre cercava di spingersi sulle punte per osservare meglio cosa stesse accadendo.
- Qualcosa si muove, là sopra… - affermò Marianne sicura, con aria seria.
Le luci si riaccesero.
Brian Molko era sul palco, in piedi, dietro al microfono. Stringeva la chitarra fra le mani e guardava il suo pubblico con un’espressione furba sul viso.
- Scusate per l’attesa, - disse gioviale, nella luce abbagliante del riflettore puntato su di lui, - ma mi farò perdonare. Ho una bella sorpresa, per tutti voi!
Tutto il palco venne nuovamente illuminato a giorno, e gli spettatori, storditi, per un attimo non riuscirono a capire cosa ci fosse di diverso nella formazione dei Placebo.
Fu un ragazzo proprio accanto a Julianne ad accorgersene per primo. Puntò il dito sul palco, spalancò gli occhi.
- Ah… - articolò, sconvolto, incapace di dire altro.
Matthew Bellamy era lì. Era sul palco. Proprio accanto a Brian. Un sorriso imbarazzato sul volto, il microfono nella destra e la mancina sollevata in segno di saluto.
- Come state, ragazzi? Contenti? – chiese, riacquistando sicurezza di sé, mentre muoveva qualche passo in giro sul palco.
Quando la folla esultò, tremò il pavimento.
*

- Non posso crederci, non posso crederci, non posso crederci!!!
- Oddio, Teresa, guardali, guardali, sono insieme sul palco!!!
- Sto svenendo, ragazze, sto per morire!
- Oddio, oddio, oddio…
Quando Matthew constatò che la folla sembrava essersi abituata alla sua presenza, già infastidito dal non aver ancora cominciato l’esibizione, fece segno a Brian di cominciare a cantare. Lui non se lo fece ripetere due volte: mise subito mano alla chitarra strimpellando allegro il riff iniziale della canzone.
- ODDIOSANTISSIMO, Amanda, hai capito che canzone è?! – grido Julianne, deliziata, quando riconobbe le prime note di “A little respect”.
Amanda, attonita, riusciva solo a fissare il palco con aria assente, le labbra tremanti e gli occhi spalancati.
- Non ci posso credere… - mormorò, riuscendo per un attimo a riacquistare facoltà di parola, per poi ripiombare inesorabilmente nella catatonia.
Le fangirl osservarono Brian e Matt cantare tutta la canzone, una strofa per uno, mentre Brian giocava con sé stesso e con l’altro uomo, in un teatrino di abbracci impacciati e adorabili strizzatine d’occhio, che le mandarono letteralmente in visibilio, mentre Matt non sapeva più che pesci prendere, investito dall’esuberanza del suo partner improvvisato e dall’entusiasmo del pubblico.
E fra un giochino e l’altro, la canzone finì, e tutto il forum fu un unico urlo per molti, molti secondi.
- Ragazze… - mormorò Mary, ancora sconvolta, stropicciandosi gli occhi come volesse uscire da un sogno, - Vi rendete conto che non solo hanno cantato insieme, ma hanno anche cantato la canzone che è il titolo della vostra fic…?
Ancora sconvolte, Julianne e Amanda annuirono, mentre già un sorriso si faceva strada fra le loro labbra.
- Terry, non sei felice anche tu…? – chiese Julianne, voltandosi verso l’amica, pronta ad abbracciarla.
Ma non la trovò.
Teresa era per terra, svenuta.
- TERESA! – gridò terrorizzata, piegandosi su di lei per sollevarla da terra prima che venisse calpestata da qualcuno, - Chiamate un’ambulanza! Presto!
Dal palco, Matt e i Placebo osservarono la folla aprirsi dal fondo e far passare una barella, e poi la videro riaprirsi di nuovo mentre la stessa barella tornava indietro, stavolta con passeggero a carico.
Stupiti e un po’ turbati, gli uomini si scambiarono qualche rapida occhiata dalle loro postazioni sul palco e, dopo qualche secondo di muta conversazione, decisero di rientrare nel backstage.
*

- CIOÈ PRATICAMENTE UN INFARTO?! – gridò Matthew, sconvolto, scattando in piedi e stringendo i pugni.
Era la prima notizia che arrivava loro nel backstage, da quando si erano ritirati, preoccupati dai movimenti che avevano intravisto fra la folla mentre erano ancora sul palco.
- Non è esattamente un infarto, Matt… - lo rassicurò Tom, mettendogli una mano sulla spalla e invitandolo a sedersi di nuovo, - E’ stata un’aritmia. Probabilmente causata dalla forte emozione.
- Che ha poi a sua volta causato uno svenimento. – concluse Alex, lo sguardo serio, a metà fra la preoccupazione e il rimorso, - Però fortunatamente si è risolto tutto. La ragazza ora s’è ripresa.
- Sì, ma non so se vi rendete conto che ha avuto praticamente un infarto! – insisté Matthew, incapace di pensare ad altro.
- Alex, sono d’accordo con Matthew. – mugugnò Stefan, guardando contrito il pavimento, - E’ stata tutta colpa nostra. Dovremmo quantomeno scusarci con lei… e anche con Matt, per averlo coinvolto in questa cosa.
- Anche io sono d’accordo. – annuì Steve, sospirando pesantemente, - Non abbiamo tenuto conto della possibilità che potesse succedere un qualche incidente. D’altronde avremmo dovuto immaginarlo, le condizioni degli spettatori ai concerti sono sempre critiche, andarci a mettere il carico da undici è stata un’ingenuità imperdonabile…
Anche Alex sospirò, arrendendosi.
- Che dire? Avete ragione. Ammetto di non avere avuto un’idea poi così brillante. Peccato, perché nelle intenzioni non era malaccio.
Esasperato, Matt sbuffò e si alzò in piedi.
- “Nelle intenzioni non era malaccio”, dice? Cosa devo sentire… Tom, andiamo via. Devo ancora ritrovare Gaia.
- Aspetta un attimo, Matt, dovresti firmare anche tu il bigliettino di scuse da inviare a quella povera ragazza… mi sembra il minimo…
- Tom, basta, voglio andare via, non voglio avere più niente a che fare con questa storia!
- Adesso non metterti a fare i capricci! Ok, abbiamo sbagliato, abbiamo commesso un terribile errore di valutazione, ma dal momento che, alla fine dei conti, anche tu hai acconsentito a salire sul palco-
- Contro la mia volontà!
- …dal momento, dicevo, che anche tu hai acconsentito, è giusto che anche tu ti prenda le tue responsabilità. Quindi adesso ti siedi tranquillo e finiamo questa cosa, e solo dopo potremo andare. D’accordo?
Anche Tom aveva ragione, dovette ammettere Matt, pur senza troppo entusiasmo.
Perciò, non poté fare a meno di ubbidire docilmente e aspettare fino a quando qualcuno non avesse avuto una qualche idea per risolvere quella situazione incresciosa.
Ovviamente, tutti tacquero. Il silenziò piombò pesantissimo sulla stanza, rendendo l’atmosfera più tesa di quanto non fosse già e innervosendo tutti.
E fu in quel momento che Matt se ne rese conto.
Brian non aveva ancora detto una sola parola.
Lo guardò.
Stava fissando un punto imprecisato della parete di fronte a lui, scompostamente seduto su una poltrona ampia e morbida. Aveva appoggiato il capo sul palmo aperto, e il gomito sul bracciolo. Era in quelle condizioni da un tempo pressoché infinito. I suoi occhi azzurri sembravano su un altro pianeta, persi chissà in che riflessione, mentre un dito tamburellava nervosamente sulla guancia pallida.
E soprattutto…
Brian si mordeva il labbro inferiore.
Quella gli sembrava una considerazione degna di essere presa a parte, rispetto a tutto il resto.
Anche se non capiva perché.
Brian aveva delle… delle belle labbra.
Brian si mordeva il labbro inferiore.
- Io… non mi sento in colpa per essere salito sul palco con Matt come volevo. – disse infine l’uomo, sciogliendo l’immobilità e il silenzio e tornando a sedersi compostamente, - E credo che anche lei sia stata felice, prima di… prima di svenire, è ovvio.
- Con questo cosa intendi dire? – sospirò Stefan, ormai rassegnato a dover chiedere spiegazioni per tutto, quella sera.
- Intendo dire quello che ho detto. Non mi sento in colpa. Ecco tutto.
- Sì, abbiamo capito, Bri. – incalzò Alex, mettendo le mani sui fianchi, - Quello che voleva chiedere Stef era “Questo vuol dire che non intendi fare niente per scusarti?”
Brian tornò a riflettere silenzioso, incrociando le mani sotto il mento.
- No… - disse dopo un po’, scrollando le spalle, - No, non intendo questo. Anzi, il bigliettino di scuse e di auguri di pronta guarigione mi sembra un po’ poco.
- Be’, - mugugnò Alex, infastidita, - non possiamo certo metterci a parlare di risarcimento danni…
Brian sorrise lievemente.
- Veramente pensavo a qualcosa di un po’ più personale. Vorrei andare a trovare la ragazza in ospedale.
- COSA?! Bri, è troppo pericoloso! Pensa alle persone che potrebbero vederti! Pensa al casino che causeresti in ospedale! E pensa se ci fossero i suoi genitori, di sicuro vorranno il tuo sangue e le tue ossa!
- Uh, come la stai facendo grossa… andarle a porgere le mie scuse e i miei saluti di persona mi sembra la cosa migliore da fare.
- Sì, anche io sono d’accordo. – disse Stefan annuendo e alzandosi in piedi, - Andiamo.
- No, non c’è bisogno. – sorrise Brian, alzandosi in piedi a sua volta, - Non è giusto coinvolgere anche voi. Sono io l’unico che deve scusarsi. Voi tornate pure in albergo, sarete esausti.
- Ma Bri…
- Tornate pure in albergo. – ripeté Brian, sorridendo più apertamente e socchiudendo gli occhi.
Quello era un tono perentorio. Aveva smesso di essere gentile subito prima del sorriso.
Stefan sospirò e si arrese.
- Come vuoi tu. Andiamo, Steve?
Steve annuì, comprendendo perfettamente la situazione.
- Allora andiamo tutti. – disse Alex, dirigendosi a passi lenti verso l’uscita, - Tom, scusami per l’inconveniente. Non si ripeterà, puoi starne certo.
- Può accadere. È tutto a posto. – sorrise Tom, comprensivo, salutandola con una lieve stretta di mano.
Matt rimase appoggiato al muro, incerto sul da farsi.
Pensava a qualcosa. Pensava a qualcosa che non voleva esattamente dire ad alta voce. Pensava a qualcosa che non era sicuro di voler dire neanche a sé stesso.
- Bellamy. – lo chiamò Brian, freddissimo ma sempre sorridente, - Vieni con me?
Sì, era a questo che stava pensando, più o meno.
Anche se, nella sua testa, c’era un “vuoi”, prima di “venire con me”.
Andare con lui…
…sì. Ci sarebbe andato.
Non era l’azione, che lo preoccupava.
Era l’intenzione.
Era il fatto di volerlo seguire, e volerlo fare anche dopo quel pomeriggio allucinante.
Era il fatto di decidere di seguirlo ben sapendo che Gaia era ancora dispersa chissà dove nella folla.
Era il fatto d’essere stato attratto da quelle labbra quando non era affatto il momento giusto.
Perché, ci sarebbe stato un momento più giusto di quello?
Scosse il capo. Guardò Brian. Annuì.

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