Fandom: Originali
Genere: Generale.
Rating: R.
AVVISI: Het, Slash, Threesome, Angst. (In continua evoluzione.)
- "Nonostante gli sforzi congiunti dei più eminenti scienziati e dei governi della Terra riuniti in assemblea, nonostante gli svariati tentativi operati nei più disparati modi, attingendo a piene mani alle più varie risorse dell'intelletto umano, mettendo a punto le più sofisticate tecnologie che consentissero di risparmiare la maggior percentuale di risorse naturali e artificiali fornite dal pianeta, non è stato possibile evitare il collasso dell'ecosistema. [...] Oggi, primo gennaio 2161, il primo contingente militare terrestre, guidato dal generale Robert Carnival, muove i primi passi sul suolo di Minthe.
E qui comincia la nostra storia."

Note: Raccolta delle varie entry che ho scritto per le Chronicles of Minthe. Ogni capitolo è dedicato a un personaggio diverso, ed i capitoli (corrispondenti ognuno ad un'entry) sono ordinati cronologicamente.
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THE CHRONICLES OF MINTHE
GIORNO 28: ATHEKA

Dalle memorie di Atheka, tredicesima sacerdotessa degli spiriti dell'aria e guardiana del Libro delle Leggi.

"In quel tempo, noi sacerdotesse non usavamo avventurarci al di fuori della Grotta Sacra. Tutto ciò di cui avevamo bisogno si trovava lì, in quella familiare crepa nella roccia che, custodendoci, ci faceva sentire protette come all'interno del grembo materno. Riscaldate dal calore della terra, a contatto con gli spiriti della natura, coi loro sussurri che, rimbalzando da una parete rocciosa ad un'altra, giungevano confusi e sibilanti alle nostre orecchie, come vaghe folate di vento la cui interpretazione andava cercata fra i dettami che, dal Libro, avevamo assorbito nel corso della nostra istruzione, restavamo lì, senza mai neanche sentire alcuno stimolo ad esplorare il mondo di fuori, quel mondo di luci e colori così vividi e violenti di cui sentivamo favoleggiare tanto spesso dai viandanti che, ogni tanto, si fermavano alla Grotta per una preghiera ed un consiglio.
Fui io la prima. La prima ad abbandonare la grotta, la prima ad immergersi nel calore soffocante, nel turbinio di immagini e profumi del mondo di fuori.
Sospetto che nessuna delle mie antenate, da mia madre in su fino alla Prima Sacerdotessa Amariele, avesse mai guardato direttamente la luce di Minar, l'effetto che ha sull'azzurro del cielo, sul verde dell'erba, sui toni scuri e rossastri della terra smossa. Sospetto che tutte loro si siano accontentate di coglierne il riflesso argentato sulle pareti della grotta quando ci si avvia verso l'uscita, sospetto che per tutte sia stato più che sufficiente, il più delle volte, sospingersi solo fin dove l'ombra protettiva delle ampie volte rocciose della caverna ci consentiva, e d'altronde io stessa, se non avessi avuto pressante bisogno di farlo, non avrei mai varcato quella soglia, mai oltrepassato quel sacro confine che, di generazione in generazione, ci aveva tenute prigioniere.
La guerra, fin dall'antichità, era stata parte del ciclo di vita e di morte su Minthe come il passare stesso delle stagioni. Come l'alternarsi del caldo e del freddo, della luce e della pioggia, della bora e dello scirocco, così le guerre si erano avvicendate una dopo l'altra, ordinate, precise, seguendo regole stabilite dai nostri antenati per il nostro stesso bene, perché i popoli hanno bisogno di obbiettivi, per andare avanti, i popoli hanno bisogno di uno stimolo per continuare a combattere, i popoli hanno bisogno di guerre per purificarsi, per sfogare i propri istinti più bassi, per scaricare ogni desiderio di sangue e violenza, prima di potersi concedere puri e mondi da ogni peccato alla pace.
La guerra era sempre stato ciò che aveva contribuito a lasciare che Minthe restasse sempre uguale, che il suo tempo fosse scandito sempre dagli stessi rituali, che le sue tradizioni si ripetessero immutate anno dopo anno, insensibili al trascorrere del tempo che, per sua natura, modifica qualsiasi cosa sfiori al proprio passaggio.
Curiosamente, fu una guerra - ma una guerra diversa - a cambiare tutto questo per sempre. E mi riferisco alla vita di Minthe, oltre che naturalmente alla mia.
Furono le esplosioni, inusualmente vicine, ad attirarmi all'esterno per la prima volta. Non era mai successo, prima, che potessi sentirle così bene. C'erano dei luoghi, dei luoghi sacri, stabiliti dalla storia e dalle tradizioni di ogni popolo, luoghi ai quali le guerre rituali non avrebbero mai dovuto neanche avvicinarsi. La Grotta Sacra era uno di questi, ed era per questo che non mi era mai capitato, nel corso della mia intera vita, di sentire tanto clamore attorno a me.
Ad insospettirmi furono anche le strane tempistiche con cui quel clamore sembrava presentarsi. L'ultima guerra non si era conclusa da molto, la vittoria del mio popolo era stata sofferta ma inequivocabile, e per legge nessuna grande battaglia doveva avere luogo, per alcun motivo, durante i cinque anni di pausa fra un conflitto e l'altro.
Le esplosioni mi svegliarono nel mezzo della notte. Non so quando fossero cominciate, so che una, più potente delle altre, mi strappò al sonno. Ricordo ancora il ritmo concitato dei miei respiri, in sincrono col battito furioso del mio cuore, quando mi resi conto che non si era trattato di un'esplosione isolata, e neanche dell'ultima di una lunga serie, ma di una, una soltanto, in una serie che sembrava non dovesse interrompersi mai.
Mi sollevai dal mio giaciglio, avvolgendomi stretta nel mantello. La Legge mi imponeva di restare nella Grotta, di proteggere il Libro, di non mettere neanche un piede all'esterno, per la mia stessa sicurezza. Ma quanto sicuro avrebbe potuto continuare ad essere quel nascondiglio, e per quanto a lungo? Non c'erano tunnel nascosti, in fondo alla grotta, non c'erano vie segrete che potessero portarmi a stanze blindate, o ad un'altra uscita in caso di attacco.
Non avevo idea di cosa stesse accadendo fuori, nel villaggio di Faarthenorth, l'oasi che più di ogni altra si trovava vicina alla Grotta Sacra. Una ribellione? Guidata da chi? Ed a che scopo? Cosa poteva essere successo di tanto grave da costringere il mio popolo, le cui voci sentivo alzarsi sullo sfondo delle continue esplosioni, in un grido comune, ad intraprendere un combattimento in tempo di pace?
Mi resi conto in un lampo di non aver tempo da perdere. Prendere decisioni sull'onda dell'emozione, o della paura, non era qualcosa che una sacerdotessa avrebbe dovuto fare, ma quali erano, in effetti, le mie opzioni? Sentivo il clamore della battaglia avvicinarsi, più vicino e più minaccioso di quanto non fosse mai stato prima di quel momento, e se davvero la mia missione non poteva essere altra che proteggere il Libro delle Leggi, allora l'avrei protetto, anche a costo della mia incolumità, anche a costo di infrangere l'unica regola che aveva sempre governato la mia vita.
A ripensarci adesso, che tanti anni sono passati ed i miei capelli sono ormai bianchi, e la mia pelle, un tempo fresca e giovane, è ormai ricoperta di rughe, a ripensarci adesso che quello della guerra, quello di
ogni guerra, non è altro che un ricordo lontano, un monito che, dal passato, ci impedisce di agire dissennatamente nel presente, sono abbastanza convinta che una qualsiasi delle mie antenate non si sarebbe mossa dal punto in cui si sarebbe trovata. Così come tutte coloro che l'avevano preceduta, così come tutte le altre sacerdotesse al riparo delle loro grotte in tutto il mondo, in tutti i mondi, sarebbe rimasta lì, ligia al proprio dovere. Si sarebbe fatta trovare, si sarebbe fatta uccidere, pur di non venir meno al proprio giuramento.
A volte penso di essere stata uno strumento degli sheiir, che siano stati loro a guidare le mie mani mentre, con cura ma frettolosamente, con coraggio ma tremando di paura, avvolgevano il libro delle leggi in un panno immacolato e lo allontanavano dalla piattaforma di pietra sulla quale catene magiche e trasparenti lo tenevano sospeso, dopo averle dissolte con un gesto e poche parole nella lingua sacra degli antichi. A volte, invece, penso di essere stata una pedina della Storia, una di quelle persone assolutamente innocue, per nulla particolari, nella maggior parte perfino banali, di cui essa si serve per dipanarsi anno dopo anno, per spingere le civiltà all'evoluzione, al cambiamento. A volte, invece, ripenso alle vecchie leggende dei nostri avi, alla Veggente di cui nei libri più antichi si fa riferimento, alla capacità che i primi capi giuravano possedesse, di manipolare eventi e destini a proprio vantaggio, secondo logiche oscure che solo alla fine avrebbero dimostrato di avere un senso.
A volte invece penso di essere stata un evento del tutto casuale, in un mare di eventi del tutto casuali, e poi realizzo che, in fondo, mi andrebbe bene anche così. Qualsiasi cosa mi abbia spinto, quel giorno, a portare con me il libro, abbandonare la grotta ed avventurarmi in luoghi che non avevo mai visitato, di cui a stento conoscevo vagamente l'ubicazione geografica, qualsiasi cosa fosse, la mano degli dei, l'ispirazione della Storia, la magia di una figura leggendaria, la semplice fortuna, qualsiasi cosa sia stata ha messo in moto un meccanismo che tutt'oggi non si ferma, che tutt'oggi cambia il mondo sotto i nostri occhi, così che quando lo guardiamo, anche solo un istante dopo l'ultima occhiata, esso è già completamente differente da come lo ricordavamo.
Le sacerdotesse non vivono più nelle grotte, al giorno d'oggi. Non ci sono guerre di cui avere paura, non ci sono più regole stabilite da uomini antichi a gravare sulle nostre vite e sul nostro destino. E mi piace pensare che la svolta, la vera svolta, non sia stata con un atto violento, non sia stata la prima bomba terrestre caduta sul suolo di Minthe. Mi piace pensare sia stata lì, in quel momento, mentre le mie mani prendevano il libro, lo avvolgevano e lo nascondevano in una sacca di pelle di woshti per poi caricarmelo in spalla ed abbandonare la Grotta Sacra per sempre.
Mi piace pensare che la svolta sia stata la luce di Minar che per la prima volta toccava il mio viso. Romantico per quanto possa sembrare, sono quasi sicura che sia stato davvero così."


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