Serie: Yu degli spettri
Genere: Drammatico/Romantico
Pairing: BotanXYusuke (ma non troppo...)
Rating: PG13
AVVISI: Angst, Deathfic.
- Da quando tutto è finito non ci sono stati più allarmi per i nostri amici. Yusuke e Keiko si sono messi insieme. Tutti sembrano felici. Ma la felicità è un sentimento fragile... solo un po' di più della vita umana...
Commento dell'autrice: La storia di questa fic è strana davvero. Nella mia innocenza di scrittrice di fanfiction alle prime armi intendevo scrivere qualcosa che parlasse esclusivamente della nascita di un sentimento forte fra Yusuke e Botan, perché li ho sempre visti bene insieme. Poi, però, dato che avevo fatto morire Keiko, mi sono accorta che questa cosa non sarebbe mai accaduta, perché Yu è TROPPO innamorato di quella ragazzaccia... non era assolutamente possibile che lui dimenticasse e si mettesse con Botan. Ed allora che ho fatto? L'ho fatto diventare un caso psichiatrico ^_^ e siccome continuavo a volere che lui si mettesse con Botan ho fatto diventare un caso psichiatrico anche lei e li ho chiusi assieme in una casa puzzolente ^__________^. A parte gli scherzi, questa è sicuramente la mia migliore fanfiction fino ad ora, e probabilmente rimarrà la migliore anche in futuro. Non mi era mai capitato di rileggere dopo un po' di tempo una mia fic e pensare "Accidenti, è proprio perfetta, proprio come la volevo io, non cambierei una virgola!". Ebbene, con No man è successo.
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No man no cry
Everything’s gonna be alright

2° capitolo
Lontano dalla luce


- Solo… lasciatemi solo…
Non voleva essere lasciato solo. Eppure aveva chiesto di esserlo.
Il fatto, grave, era che l’unica persona che volesse come compagnia… non c’era più. Non era più in grado di dargli attenzione. Non era più in grado di intrattenerlo. Non era più in grado di amarlo.
- Keiko, dove sei...?

Dove sei, Keiko? Perché non ci sei più? Perché… perché io devo sopportare tutto questo…?

Sentì le lacrime salirgli agli occhi, pungenti. Bruciavano più del solito. Probabilmente aveva pianto troppo.
Quella stanza era rimasta nell’oscurità più totale, e lui non capiva più niente. Si era buttato sul primo muro che aveva trovato, e si era lasciato andare per terra, stremato. Si era fatto anche male con una scheggia, ma il dolore del legno sembrò quasi lenire quello dell’animo… mille volte più forte. Tremendamente impossibile da assopire… difficile da controllare… sarebbe mai riuscito a dominarlo?
Si alzò in piedi, fermamente determinato ad aprire la finestra. Fissò un punto a caso nel buio. Era lì, la sua finestra? Dove diavolo era la sua luce?
Il buio della stanza gli era entrato nell’animo… o forse era il buio dentro di lui, troppo grande perché il suo spirito potesse contenerlo, che era uscito, avvolgendo nella sua coltre tutto quello che aveva attorno?
Si risedette per terra. Non aveva più nessuna finestra da aprire. E… anche se l’avesse avuta, nessuna delle luci che l’avrebbero sfiorato sarebbero state in grado di toccarlo nel profondo… nessuno ne sarebbe stato capace, nessuno l’avrebbe più toccato come la sua luce faceva prima.
Lui non voleva essere toccato da nessun’altra luce.
Rivoleva semplicemente la sua.



Comunque non poteva rimanere fermo in quella posizione ancora per molto tempo. I mali del corpo attutiscono quelli dell’animo, ma sono sopportabili solo fino ad un certo punto.
Alla fine si alzò, sentendo chiaramente le ossa delle ginocchia e dei gomiti scricchiolare. Questo lo fece un po’ sorridere. Giusto quanto basta per accorgersi che le lacrime si erano talmente incrostate e seccate sulla faccia che neanche i sorrisi gli riuscivano bene. Si sentiva tirato ogni volta che cambiava espressione.
Avrebbe potuto accendere la luce… almeno un bagliore finto… si chiese dove fosse l’interruttore. Concluse che non valeva neanche la pena cercarlo.
In fondo, conosceva quella casa. Poteva benissimo muoversi al buio.
E… forse… se avesse continuato a vivere di buio in eterno… forse… forse il buio, alla fine, avrebbe preso anche lui.

Prendimi. Voglio che tu mi prenda. Non voglio sentire più nulla. Non voglio vedere più nulla. Voglio sprofondare nel buio. Per questo, ti prego… prendimi. Ti prego… non lasciarmi in questo luogo… non ho più nulla… più nulla per cui valga la pena vivere… non c’è più nulla, qui, per me. C’è qualcosa per me nella tua casa, signora morte. Portami da lei. Portami in casa tua, non ho paura. Sarei solo felice… perché… l’unica persona che voglio vive… è morta… con te. Ed io voglio assolutamente seguirla.

Sarebbe bastato poco. Anche con uno dei semplici coltelli da cucina che teneva in un cassetto.



“Yu, non puoi usare questi coltelli per tagliare il legno! Sbaglio o hai comprato un seghetto poco più di una settimana fa?”

L’avevo perso, il seghetto, Keiko… scomparso in quel casino che è il mio camerino…

“Comunque non puoi usare questi coltelli per tagliare il legno. Sono il servizio buono, me li ha regalati la maestra Genkai! Insomma, dovrebbero essere un ricordo prezioso anche per te!!!”
“Ah, smettila Keiko, sei proprio una noia!”

Lui odiava avere ricordi fisici delle persone. Tutto quello che doveva ricordare di Genkai ce l’aveva in testa. Lì non si sarebbe di sicuro perso.
Però… forse… forse aveva qualche fotografia di Keiko… da qualche parte… in qualche cassetto… magari sopra una scrivania… DOVEVA esserci una sua fotografia…
Nuovamente si alzò, stavolta pensando di recuperare quella fotografia… almeno avrebbe avuto qualcosa da guardare mentre aspettava di essere inghiottito dal buio…
Si risedette di nuovo, sorridendo di sé stesso. Per trovare una sua foto avrebbe dovuto accendere la luce. Ed anche se fosse riuscito a trovare la foto al buio… bè, come guardarla?
Non voleva rallentare il processo di scomparsa di sé stesso. Voleva che fosse tutto il più veloce possibile.
Prima moriva, prima arrivava da lei.
Quando si ha la conferma che un mondo spirituale esiste… quando si sa per certo che morendo si può raggiungere la persona cara… quando si hanno queste consapevolezze assolute… nulla può fare paura.
Stava già cominciando a sentirsi male. Era un buon segno.
Lentamente, schiacciato a terra dalle troppe lacrime, dal troppo buio e dal troppo dolore, Yusuke chiuse gli occhi. E si abbandonò al sonno consolatore. Un’oscurità temporanea che l’avrebbe difeso qualche ora. Lui sapeva che non sarebbe servito a niente. Era un’altra, l’oscurità che ricercava.
Ma cazzo… nel frattempo si sarebbe accontentato. Sempre meglio quello che continuare a tenere aperti gli occhi su quel dolore, su quella ferita troppo fresca. Meglio il nulla. Anche se solo sonno.

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