Serie: Yu degli spettri
Genere: Drammatico/Romantico
Pairing: BotanXYusuke (ma non troppo...)
Rating: PG13
AVVISI: Angst, Deathfic.
- Da quando tutto è finito non ci sono stati più allarmi per i nostri amici. Yusuke e Keiko si sono messi insieme. Tutti sembrano felici. Ma la felicità è un sentimento fragile... solo un po' di più della vita umana...
Commento dell'autrice: La storia di questa fic è strana davvero. Nella mia innocenza di scrittrice di fanfiction alle prime armi intendevo scrivere qualcosa che parlasse esclusivamente della nascita di un sentimento forte fra Yusuke e Botan, perché li ho sempre visti bene insieme. Poi, però, dato che avevo fatto morire Keiko, mi sono accorta che questa cosa non sarebbe mai accaduta, perché Yu è TROPPO innamorato di quella ragazzaccia... non era assolutamente possibile che lui dimenticasse e si mettesse con Botan. Ed allora che ho fatto? L'ho fatto diventare un caso psichiatrico ^_^ e siccome continuavo a volere che lui si mettesse con Botan ho fatto diventare un caso psichiatrico anche lei e li ho chiusi assieme in una casa puzzolente ^__________^. A parte gli scherzi, questa è sicuramente la mia migliore fanfiction fino ad ora, e probabilmente rimarrà la migliore anche in futuro. Non mi era mai capitato di rileggere dopo un po' di tempo una mia fic e pensare "Accidenti, è proprio perfetta, proprio come la volevo io, non cambierei una virgola!". Ebbene, con No man è successo.
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No man no cry
Everything’s gonna be alright

11° capitolo
Dietro il velo


Era incredibile. Si sentiva mancare qualcosa.

Ma sei pazza? Come puoi lamentarti se per una notte, una notte sola, invece di scoparti crudelmente ti abbraccia soltanto?

Si, si sentiva un pazza. Ma le mancava qualcosa.
Aveva passato tutta la notte su quel divano, con lui che la abbracciava tranquillo, a sciogliersi in lacrime per tutto il dolore accumulato. Avrebbe dovuto essere felice. Sinceramente, felice.
Eppure quell’abbraccio l’aveva resa inquieta.
Perché lo sapeva, dentro di lei.
Per quanto potesse essere dolce… era qualcosa che non sentiva veramente.

Yusuke si era alzato dal letto. Si era vestito. Era corso a cercarla.
Ed il motivo era uno solo. E si chiamava Paura.
Anzi, la classica Paura di rimanere Soli.
Lei lo sapeva. Non si illudeva per nulla.
Però… però.
In tutte le storie c’è un però. La parte peggiore.
Aprì gli occhi, sentendolo ancora attaccato a lei. Così vicino… così lontano… ed irraggiungibile…
Dormiva. Un’espressione diversa dal solito. Leggermente più rilassata. Lo guardò un po’.

Incredibile. Come era stato possibile? Come era successo? Cosa l’aveva portata a provare sentimenti del genere per lui?
Si sentiva confusa. Confusa e sola.
Sensazione odiosa.
Si scostò da lui con decisione, svegliandolo.

Aprì gli occhi di scatto, quasi spaventato.
- Bo-Botan!


Era buffo. Il modo in cui l’aveva chiamata.
Aveva usato lo stesso tono di voce che usava quando ancora era tutto bello e felice. Quando erano ancora loro stessi e camminavano in gruppo guardando avanti con fiducia. Memorie di un tempo lontano che non tornerà più.
La strada, prima percorsa felicemente, adesso sembra scura. Solo un po’ più chiara di come sembrasse all’inizio. Ma fa ancora paura.
- Sei qui…
- Si.
Si sedette di nuovo accanto a lui.
- Scusa, ho fatto la bambina.
Non lo pensava davvero. Non pensava seriamente di essersi comportata in maniera infantile. Però… l’ambiente si stava riempiendo di silenzio, e questo non le piaceva.
- Non preoccuparti.
Concluse lui. E si appoggiò nuovamente allo schienale.
Aveva forse intenzione di addormentarsi di nuovo?
- Non hai fame?
- No.
Le rispose senza neanche degnarla di uno sguardo.
- Io ho fame.
- Allora mangia.
- Devo mangiare da sola?
- Ti dà fastidio?
- No, ma non è certo normale!
- Cosa non è normale, Botan?
Aprì gli occhi e la guardò, furioso.
- Spiegami, cosa è normale in tutto quello che è successo? Cosa c’è di normale in quello che provo? C’è qualcosa di normale in quello che abbiamo fatto? Mangia da sola, è meglio.
- Non voglio mangiare da sola!
- Botan, qual è il tuo problema?
Sentì crack. Proprio nel mezzo del petto.
Le sembrò di essere acqua. Acqua di un fiume in piena. Impossibile trattenersi.
- Il mio problema è che non voglio stare sola! Non voglio più stare sola, ma tu non lo capisci! Sei troppo preso da te stesso per occuparti di me! Nessuno si occupa di me, nessuno lo farà mai più! Se tu hai il diritto alla sofferenza, io non ce l’ho? Se tu hai il diritto alla paura, perché io non posso averlo? Se tu… se tu hai il diritto di provare solitudine… perché io non posso provarla? Perché non posso essere semplicemente triste quando sono triste, felice quando sono felice, semplicemente sentirmi sola come adesso quando come adesso mi sento sola? Mi capisci, Yusuke?
Il ragazzo la fissò a lungo.
La fissò per molti minuti. Botan sentiva il suo sguardo su di lei. Si era fatto improvvisamente pesante. Poi lui parlò. E le sembrò che fosse il fango della sua stessa piena a sommergerla.
- No. Non ti capisco. Non capisco il tuo bisogno di scaricare sugli altri le tue sofferenze. E non capisco perché ti ostini a credere ed a volere che gli altri credano che la tua sofferenza è la più grande fra tutte. E soprattutto non capisco l’origine di tutta questa tua rabbia.
Lei abbassò gli occhi, ormai pieni di lacrime.
- Però… però posso capire che stai male. Anche se non so cosa farci.
La accarezzò leggermente su una guancia.
- Io lo so… stiamo soffrendo entrambi. Troppo. Forse è più di quanto riusciremo a sopportare. Ma… sinceramente, Botan… non vedo soluzione. Magari… aspettando qualche mese… forse basterà qualche settimana… forse un giorno vedremo uno spiraglio, seguiremo la luce e ne usciremo. Ma per adesso… abbiamo già abbastanza motivi per cui soffrire, senza contare la nostra impotenza… nel senso lato del termine, perché mi pare di non soffrire di questo male fisicamente…
- He… hehehe…
- Hehehehe…
Sorrisero entrambi, guardando per terra.
Poi Botan rialzò gli occhi.
- Accidenti, mi è passata la fame…
- Davvero? Allora… che vuoi fare?
Lo prese per mano. Lo prese per mano e lo condusse nella stanza.
Ed in quella stanza dove erano stati distanti e vicini per così tanto tempo… per così tante volte… in quella stanza tornarono ad essere una sola cosa. Stavolta, sensibilmente più vicini, l’uno al cuore dell’altra.

È possibile che non troveremo mai una soluzione. Ma non credo che ci stiamo facendo del male. Non più di quanto già non sia stato fatto. Per questo… per questo continuerò ad averti dentro di me… continuerò a pensare solo a quello che stiamo facendo… sarai il mio unico pensiero, fino a quando non riuscirò più a pensare senza bisogno di occupare la mente con altri, più consolatori sogni.

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