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DREAM A LITTLE DREAM OF ME
- Questa cosa è assolutamente priva di senso. – dice, ma per quanto se ne renda conto non riesce ad allontanarsi, né ad alzarsi, e nemmeno a smettere di accarezzargli la barba. – Io ti odio.
Cesc ride come un cretino, appoggiato alla parete e comodamente seduto sul pavimento. Non la stringe e per la verità nemmeno la tocca, a parte per i pezzi di corpo che, giocoforza, visto il modo in cui sono seduti, devono venire in contatto, però non sembra nemmeno così particolarmente infastidito dalla sua presenza, anzi.
- Direi che questo al momento è l’ultimo dei tuoi problemi. – le fa notare, sporgendo il mento per permetterle di accarezzargli la barba più comodamente anche in prossimità del collo, - Tipo, io sono qui, adesso.
- E questo non è un problema, perché è evidente che sto sognando. – annuisce compitamente lei, sistemandoglisi meglio in grembo ed arrossendo alla sua risatina palesemente maliziosa quando solleva le braccia e le appoggia le mani sui fianchi per tenerla ferma mentre si accomoda meglio sotto di lei.
- Oppure magari sono entrato dalla finestra arrampicandomi sulla grondaia per approfittarmi di te nel sonno. – ipotizza lui, e lei guarda altrove. Le sue dita non smettono un secondo di passare delicatamente sulle sue guance e sul suo mento, come stupite dalla sensazione tattile incredibilmente fisica che sta provando, e che sembra volerle suggerire che tutto questo non è un sogno, anzi, è più che reale.
- Tanto per cominciare… - borbotta lei, girando uno sguardo intorno ed inarcando un sopracciglio, le dita che prendono a disegnare ghirigori immaginari sul profilo del suo viso, - questa stanza non ha finestre. Ed è completamente bianca, guarda, è come essere sospesi nel vuoto. Cioè, immagino che ci sia un pavimento perché stiamo seduti, ma per quello che ne so invece potremmo essere in uno spazio vuoto e volteggiare nell’aria, o cadere verso le profondità della terra, solo che non ce ne accorgiamo perché non abbiamo punti di riferimento. È tutto uguale.
Cesc la guarda come avesse improvvisamente preso a parlare arabo – cosa anche possibile, visto che nei sogni può accadere questo e anche altro – e poi inarca un sopracciglio e decide semplicemente di sorridere.
- Ok, forse è un sogno. – ammette, - Ma tu sei una ragazza con degli evidenti problemi, lasciatelo dire.
- Sì, uno dei quali sei tu. – ribatte lei, corrucciata, - Come stavo cercando di farti capire prima, io ti odio. Non è che non mi piaci e basta, mi stai proprio sul cazzo.
- Tu non hai—
- E tu sei scemo. – lo interrompe, e fa per alzarsi, ma all’ultimo momento non ci riesce, come se una forza misteriosa la stesse spingendo a rimanere ferma dov’è. – Vedi? È un sogno. – annuisce convinta, - Non riesco a muovermi.
- Certo che non riesci a muoverti, ti sto tenendo per i fianchi. – le fa notare lui, stringendo appena la presa per far sì che lei se ne accorga, - Forse non sono io l’unico scemo.
- Ma sai che sei un soggetto? – borbotta lei, tirandogli uno schiaffetto poco convinto ma grandemente offeso, - Cioè, wtf, vieni qui, nel mio sogno, e non solo ti intrufoli senza permesso, non solo mi metti le mani addosso contro la mia volontà, ma fai anche lo splendido! Non esiste. E poi sei palesemente gay, piantala.
- Cosa? – sputacchia lui, sorpreso?
- Niente. – sbuffa la ragazza, guardando altrove.
- Ma tu dici spesso cose come “wtf”? – chiede Cesc, cambiando saggiamente argomento e guardandola con curiosità. Lei scrolla le spalle.
- Continuamente. – risponde disinteressata, - Ehi, come fai tu a sapere cosa vuol dire wtf?
- Se questo è un sogno, - pontifica Cesc con aria fintamente intelligente, - io non sono altro che una proiezione del tuo subconscio, e in quanto tale è ovvio che questa terminologia sia perfettamente alla mia portata, essendo frutto delle tue conoscenze. E se questo non è un sogno, - ridacchia alla fine, mettendo via la maschera intellettualoide, - io ho ventitre anni, passo le giornate libere su internet ed ho una sorella che perde continuamente tempo su ontd_football: non solo so cosa vuol dire wtf, ma potrei scrivere trattati sull’uso del LOL dagli inizi dei tempi che ti stupirebbero.
La ragazza lo fissa con aria incredula per molti secondi, prima di tirargli uno schiaffo anche sull’altra guancia.
- Ma vedi che sei cretino? – insiste, - “l’uso del LOL attraverso i secoli, saggio a cura di Cesc Fàbregas”. Non ti rendi conto di quanto suona idiota anche solo dirlo?
- Be’, se questo è un sogno, e quindi il prodotto del tuo subconscio—
- La vuoi piantare con questa storia del subconscio?! – strilla lei, appendendoglisi alla barba e cominciando a tirare verso il basso per fargli male e, una buona volta, zittirlo. Lui, però, a parte trovare il tutto estremamente divertente e, pertanto, scoppiare a ridere, non fa altro. – Ok, basta. – conclude quindi lei, sospirando, - Mi sono stancata di te, della tua idiozia e di questo stupido sogno, o qualsiasi altra cosa sia. Vattene. – ordina perentoria.
- Come faccio ad andarmene se non ti alzi? – le chiede Cesc, serafico. Lei gli tira la barba ancora una volta.
- È questo il problema, non posso muovermi! Non ci riesco! Le lenzuola devono avermi intrappolato le gambe. Scompari!
- Potrei scomparire, se fossi un sogno. – annuisce compitamente lui, - Ma se non lo sono?
- Se non lo sei, posso ammazzarti a padellate. – ribatte lei, irritata.
- Ma qui non ci sono padelle. – le fa notare Cesc, allontanando una mano dal suo fianco per indicarle l’ambiente bianco e vuoto.
- Be’, se è un sogno, posso farne apparire una! – insiste la ragazza, provando a sperare intensamente che una padella appaia come per magia e altrettanto magicamente si schianti contro la fronte dell’uomo, cosa che naturalmente non accade.
- Però, se fosse un sogno, io potrei sparire. – ragiona lui, annuendo con aria seria, - Ma invece forse non lo è, e allora io non posso sparire e tu non puoi fare apparire padelle, quindi siamo punto e a capo.
Esasperata, lei sospira e si abbatte contro una sua spalla, riprendendo ad accarezzargli la barba quasi subito, giusto per darsi qualcosa da fare.
- Quindi cosa, in pratica sono obbligata a rimanere qui per sempre? – borbotta, - Non c’è niente che posso fare per andarmene?
- Uhm, magari devi solo ammettere che in realtà mi ami. – suppone lui, le labbra arricciate in una smorfia dubbiosa.
- Ah, be’, - sbuffa lei, scrollando le spalle, - allora prepariamoci ad una lunga convivenza.
Cesc ride, e quando parla ancora il suo tono di voce si fa più basso e sensuale.
- Magari – le sussurra, le mani ancora sui suoi fianchi, - devi solo aprire gli occhi.
Lei inarca un sopracciglio, sollevando lo sguardo e fissandolo supponente.
- Ci ho già scritto due fanfiction, su questo concetto. – dice quindi, - Con me non attacca. Forse è la barba! – si illumina, le dita che si chiudono istantaneamente, ricominciando a tirare, - Ma sì! Dev’essere questo il problema! Prima io non ti cagavo neanche di striscio, poi
lei è apparsa e all’improvviso…
- Ehi… - mormora lui, adesso vagamente inquieto, - Cosa… cos’hai in mente?
La ragazza sorride diabolica, stringendo la presa delle cosce attorno ai fianchi di Cesc per impedirgli di scappare.
- Scommetto che questo è un sogno. – dice, aprendo una mano, - E scommetto che se chiedo un rasoio bello tagliente appare.
- Un ra— Ehi, - biascica lui, genuinamente terrorizzato, - parliamone! Vuoi solo— intendo, vuoi solo radermi, no? Cioè, la barba e basta, giusto? – chiede, la voce che trema appena.
- Questo però non risolverebbe definitivamente il problema. – riflette la ragazza, il sorriso sempre più inquietante, mentre un rasoio appare effettivamente nella sua mano sinistra, - La barba, vedi, ricrescerebbe. Credimi, è molto, molto meglio, per entrambi, se risolvo il problema alla base. Sai, una volta per tutte. – conclude, passandosi eccitata la lingua sulle labbra.
Cesc è sparito il secondo dopo. Lei si sveglia nel proprio letto, da sola, le gambe effettivamente intrappolate in un groviglio di lenzuola, e impreca a bassa voce, un attimo prima di scoppiare a ridere.