Genere: Introspettivo, Romantico.
Pairing: Cesc/Carlota.
Rating: R.
AVVISI: Incest (one-sided), Het, (vago) Underage.
- La relazione di Cesc con sua sorella Carlota viaggia su due binari. Uno è quello reale. L'altro, quello immaginario.
Note: Questa fic la voglio scrivere da quando Carlota ha twittato quella cosa su suo fratello che infastidisce la gente fotografandola nei momenti meno opportuni XD Voi capite che quei due mi obbligano a cose che io mai e poi mai nella vita...! No, sto mentendo, lo sappiamo tutti. Io, nella vita, eccome. *sospira*
Comunque, per darle giusto un minimo di dignità, partecipa alla prima missione della prima settimana del COW-T, su prompt Pioggia.
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
AND THE RAIN KEEPS FALLING ON YOUR LIES

Carlota s’era infilata nel suo letto perché aveva paura dei tuoni. La stanzetta in cui l’aveva sistemata, in effetti, era abbastanza esposta, molto più esposta della sua, che si trovava in una parte più riparata dell’appartamento, verso l’interno. Era la prima volta che veniva a trovarlo a Londra tutta da sola. Era arrivata stravolta da quello che aveva raccontato come il volo peggiore della sua intera vita. Aveva i capelli fuori posto, gli occhi rossi e il suo odore aveva un retrogusto evanescente di sudore. Aveva anche messo su qualche chilo, rispetto all’ultima volta che l’aveva vista a casa. Era bellissima.
Portarsi dietro un sentimento come quello che si portava dietro lui – da ormai troppo tempo perché riuscisse a quantificarlo contandolo sulle dita di entrambe le mani – poteva essere molto pericoloso, ma diventava bellissimo quando eri in grado di gestire i giganteschi silenzi che dovevi autoimporti per far sì che restasse segreto. Dubitava ad esempio che Carlota avrebbe continuato ad infilarsi nel suo letto con tanta naturalezza, o che avrebbe continuato a comportarsi come sempre anche in ambiti che col letto non avevano niente a che fare, se avesse potuto sbirciare fra i suoi pensieri e vedere coi propri occhi come la immaginava ogni volta che l’aveva vicina, che sentiva il suo profumo, che sentiva addosso il tocco caldo della sua pelle o quello un po’ umido e morbido delle sue labbra. Sicuramente sarebbe scappata via da lui, non avrebbe più voluto rivederlo.
Tacendo, Cesc risolveva il problema alla radice: non metteva in pericolo la relazione che aveva in realtà con sua sorella, e poteva continuare a coccolare silenziosamente quella che invece coltivava con la sua immagine nella propria testa. Non era stato semplice e negli anni aveva vissuto momenti di sconforto in cui a volte aveva desiderato di poter prendere quella massa ingombrante di sentimenti sporchi e buttarla via, o nasconderla abbastanza bene da dimenticarsi lui per primo della sua esistenza. Altre volte invece avrebbe desiderato soltanto poter prendere Carlota in disparte e dirle tutto. La piega così dolce delle sue labbra, il bagliore di comprensione ed affetto assoluti che brillavano nei suoi occhi, ogni tanto giocavano a cercare di convincerlo che avrebbe potuto davvero, che se avesse trovato il coraggio di confessarle tutto lei l’avrebbe capito, perdonato, chissà, magari perfino ricambiato.
Ma non aveva mai ceduto a questi richiami. Sapeva che non erano che scherzi della sua immaginazione, che prendeva gli atteggiamenti sempre affettuosi di Carlota e li manipolava perché a lui sembrassero qualcosa di diverso, tentando di indurlo a liberarsi la coscienza. Non l’avrebbe mai fatto. Più che per se stesso – spesso si sorprendeva a gemere di dolore, nella notte, oppresso dai pensieri e dai desideri che non aveva modo di soddisfare, a dirsi che almeno dopo una bella confessione sarebbe stato libero – per Carlota. Lei, Dio mio, lei— non avrebbe mai sopportato di vedere l’ombra dell’odio e del disgusto calare sui suoi occhi. Non quando rivolti a lui. Aveva bisogno del suo amore, e poco importava che non fosse del tipo che lui segretamente desiderava. Era amore, bastava tanto.
In silenzio, mentre dei tuoni e dei lampi che squarciavano il cielo nerissimo della notte londinese non arrivava a loro che un’eco lontanissima, accese la luce della lampada sul comodino. Il chiarore giallastro che si diffuse subito dopo restituì al viso di Carlota i toni caldi e ambrati della sua pelle, prima pallida come quella di un fantasma nel buio della stanza. Cesc la osservò aggrottare le sopracciglia con un certo fastidio e poi tornare a distenderle, le labbra tirate in una breve smorfia ammorbidita subito dopo dalla pesantezza del sonno, più forte di quella di un qualsiasi disturbo esterno. Scivolò con due dita lungo l’ovale del suo viso, cercando di non disturbarla. Le ravviò i capelli sulla fronte, scoprendola.
Era bella, minuscola e arresa. Non avrebbe mai potuto essere sua.
Cercando di muoversi il più cautamente possibile, allungò una mano verso il cassetto del comodino. Lo dischiuse il tanto che bastava per tirarne fuori una macchina fotografica, e le piantò l’obiettivo addosso. Deglutì a fatica. Dio, fa’ che non si svegli, pregò. Pregava spesso, per gioco. Prima delle partite, per esempio, o prima degli allenamenti, quando si prospettava una giornata particolarmente dura. Quella volta, però, pregò credendoci.
Non servì a granché: al primo scatto, Carlota strizzò gli occhi e piegò il capo, e poco dopo si sveglio.
- Cesc…? – lo chiamò, la voce carica di sonno, prima di voltarsi su un fianco e nascondere il viso contro il suo petto, - Metti via quell’affare, ho sonno…
- Scusami. – sorrise lui, stringendosela contro dopo aver riposto la macchina fotografica nel cassetto. Una foto sarebbe stata sufficiente. Pregò che non fosse venuta mossa, ma senza crederci troppo. Se Dio ce l’aveva con lui – cosa, peraltro, del tutto possibile, visti i pensieri che gli ingombravano la mente tendendo in uno spasmo di desiderio tutti i muscoli del suo corpo – forse semplicemente non gradiva essere disturbato da lui, ed avrebbe mandato a puttane qualsiasi preghiera gli fosse giunta portando l’eco della sua voce. – Non volevo disturbarti.
- Spegni quella luce… - borbotta, la voce impastata, stringendo le dita attorno al tessuto della sua maglietta. Cesc si contorce un po’ per allungarsi a spegnere la luce senza per questo dover smettere di abbracciarla, ma alla fine ci riesce, e dopo esserci riuscito torna a chiudersi a riccio attorno a lei, come per proteggerla dai rumori lontani del temporale. – Piove ancora… - sussurra lei, delusa, - Speravo di svegliarmi col sole.
- A Londra? – ironizza lui. Lei risponde con un mugugno contrariato ed un debole pugno contro il petto. Cesc ride, posandole un bacio lievissimo sulla fronte. – Dormi. – dice piano, cullandola un po’, - Sono sicuro che domani sarà una bellissima giornata.
- Bugiardo… - pigola lei, ma sta già scivolando nel sonno. Cesc si concede un sorriso triste ed aspetta che lei si sia addormentata profondamente, prima di risponderle.
- Non sai nemmeno quanto, piccola. – sussurra, la voce spezzata in un mezzo singhiozzo che si premura di ricacciare quanto prima nel fondo della gola.
Fuori sta ancora piovendo, ma i rumori sono sempre più distanti, come venissero da un altro universo. Quando Cesc si immerge nel proprio, un universo di fantasia dove non importa che il primo legame fra lui e Carlota sia quello del sangue, quei rumori si annullano e scompaiono. Lì dove va ogni volta che chiude gli occhi inalando il suo profumo, non piove mai.
back to poly

Vuoi commentare? »





ALLOWED TAGS
^bold text^bold text
_italic text_italic text
%struck text%struck text



Nota: Devi visualizzare l'anteprima del tuo commento prima di poterlo inviare. Note: You have to preview your comment (Anteprima) before sending it (Invia).