Genere: Introspettivo.
Pairing: Cesc/Carlota.
Rating: PG-13
AVVERTIMENTI: Incest, Het.
- Il sole sorge. In sogno.
Note: Dunque, prima di tutto ci terrei a precisare che non ho ben capito se alla fine Cesc e Carla si siano lasciati davvero, perché c'è stato del gossip mentre ero in viaggio e, una volta tornata, non sono più riuscita a recuperarlo. Comunque so per certo che Cesc ha scritto cose deprimenti su Twitter e che sua sorella, amore adorato che è, è corsa immediatamente a consolarlo <3 E quindi è da quasi due settimane che voglio scrivere questa storia XD Però sostanzialmente è una storiella onirica un po' buttata lì così. No big expectations, thanks.
A parte questo, l'ho scritta per la quarta missione dell'ultima settimana del COW-T @ maridichallenge", su prompt alba. Il titolo, invece, è rubato a Right Thru Me, indegna canzone di Nicki Minaj di cui mi sono perdutamente innamorata.
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YOU SEE RIGHT THRU ME
how do you do that shit?

I colori accesi e violenti dell’alba sono tutti riflessi nei capelli e negli occhi di sua sorella, quando apre la porta e se la ritrova davanti senza preavviso. Non ha tempo di godersi il brillio aranciato del sole e la luminescenza azzurrognola del cielo mentre si specchiano sulla sua pelle color caramello, comunque, perché Carlota si lancia contro di lui con un sospiro spezzato e nasconde il viso sul suo petto, strusciando un po’ il musino bagnato di lacrime sulla sua maglietta, come un gattino in cerca di coccole.
- Sono venuta il prima possibile. – dice, stringendolo alla vita con una certa forza, - Appena ho capito… perché non me l’hai detto chiaramente?
Cesc fatica a prendere atto della situazione. Stringendo sua sorella fra le braccia – più che altro perché non può fare altrimenti: Carlota è così abbandonata contro di lui che, se lui decidesse di lasciarla andare, cadrebbe sicuramente di faccia per terra – cerca di affacciarsi di fuori. Il riverbero rossastro del sole nascente lo acceca per un secondo, e Cesc stringe saldamente un braccio attorno alla vita di Carlota per sollevare l’altro a schermarsi gli occhi.
- Mamma sa che sei qui? – le chiede preoccupato. Carlota sbuffa e si allontana da lui in un gesto secco, lanciandogli un’occhiata colma di disapprovazione.
- Che importa se lo sa? – sbotta, - Lo sa, stai tranquillo. Ma non cambiare argomento.
Cesc si stringe nelle spalle ed abbozza un sorriso minuscolo, facendosi da parte per lasciare a Carlota spazio sufficiente per entrare, trascinandosi dietro un borsone enorme e tanto gonfio da dare l’impressione che voglia fermarsi per i prossimi due-tre mesi almeno.
Tutte le finestre della casa hanno le serrande sollevate. Ogni stanza è invasa dalla luce, si riflette sulle superfici di tutti i mobili, sull’intonaco bianco delle pareti, sul lucido marmo dei pavimenti. Batte impietosa sul parquet in salotto, rimbalzando sulle pareti dipinte di un giallo così tenue da sembrare bianco, di solito, ma che adesso sembra essersi infiammato tutto all’improvviso. Quando Cesc e Carlota entrano per accomodarsi sul divano – lei lascia il borsone da qualche parte con uno sbuffo affaticato, e con uno sbuffo identico si lascia ricadere fra i cuscini, chiudendo gli occhi e sospirando pesantemente – i colori che li circondano sono così assurdi da sembrare finti.
- Ma sto sognando? – chiede Cesc, sedendosi sul divano accanto a sua sorella. Lei gli solleva addosso gli occhi ed inarca un sopracciglio.
- Ma sei scemo? – ribatte, - Senti, mi dici perché non me l’hai detto?
- Sì, infatti, non te l’ho detto. – realizza Cesc, indicandola con sconcerto, - Quindi come fai a saperlo?
Carlota sbuffa, sedendosi più compostamente ed incrociando le braccia sul petto.
- Sei scemo. – constata con ovvietà, e poi si concede un sospiro rassegnato. – L’ho capito, no?
- E come l’hai capito? – borbotta lui, quasi offeso. Non riesce mai a nasconderle niente. Può essere frustrante, alle volte. Può essere pauroso, anche.
Il petto di Carlota, quando sbuffa ancora, irritata, si gonfia così tanto che i suoi piccoli seni premono contro la canotta e contro i suoi avambracci, ancora intrecciati. Cesc vorrebbe non lasciar cadere lo sguardo, ma fa fatica a tenerlo alto.
- Piantala di guardarmi le tette. – sbotta Carlota. Cesc avvampa, ma la luce infuocata dell’alba fortunatamente gli permette di nascondere il rossore dell’imbarazzo dietro a quello del riflesso del sole.
- Non stavo… - comincia, ma Carlota ride e scuote il capo, avvicinandosi un po’.
- Sono cazzate, queste. – conclude perentoria, - Dimmi di Carla.
Cesc abbassa lo sguardo, torturando fra le mani l’orlo della maglietta che indossa.
- Ci siamo lasciati. – confessa a bassa voce.
- Questo lo so già, ti ho detto che l’ho capito. – lo interrompe Carlota, con uno sbuffo annoiato, - Vorrei capire perché.
Cesc le solleva gli occhi addosso e guarda l’onda morbidissima dei suoi capelli lunghi colorarsi di rosso, il petto che si alza e si abbassa al ritmo lento dei suoi respiri, gli occhi che brillano di curiosità un po’ infantile e le labbra umide piegate in una smorfia apprensiva e impaziente, e non sa come dirglielo. Non sa proprio come fare. Non sa da che parte cominciare, non sa se una parte dalla quale cominciare esista.
Sono innamorato di te. Mi sono perso. Non sono ancora riuscito a ritrovarmi.
Sono innamorato di te da anni e non me ne sono mai accorto. Ma Carla sì.
Mi sono perso. Carla ha provato a cercarmi, mi ha chiamato ad alta voce.
Io non ho mai risposto. Sono ancora perso. In questo posto pieno di luce.
Non so se è il sole che colora questa stanza di rosso. Forse sei tu.

- Cesc. – lo chiama Carlota. È così vicina che può sentire l’odore del suo respiro. Non somiglia a niente che abbia mai assaggiato prima. – Devi dire la verità. – lui prova a schiudere le labbra, prova a seguire l’impulso che lo spinge verso di lei, ma Carlota solleva due dita e lo tiene lontano, sorridendo tristemente. – Non a me. – dice, scuotendo il capo. – A quella vera.
*
Cesc si sveglia accaldato e con un gran mal di testa. Il sole sta sorgendo e la stanza sembra dipinta di rosso. Ogni tanto, il riverbero pallido e celeste del cielo si riflette sulle pareti, ma è appena un bagliore. Il rosso annega tutto. Cesc chiude gli occhi, poi li riapre e si alza di scatto. Raggiunge il telefono e non pensa neanche all’orario indecente e al disturbo che potrebbe dare, per non parlare della preoccupazione che Carlota potrebbe provare nel vederlo chiamare a quest’ora improponibile.
- Cesc…? – risponde sua sorella dopo un paio di squilli, la voce confusa e ancora impastata dal sonno, - Che succede?
Cesc trattiene il fiato per un paio di secondi, e poi butta fuori tutto.
- Devo parlarti. – dice di fretta, - Io e Carla ci siamo lasciati.
- Cosa…? – domanda Carlota, improvvisamente più presente a se stessa, - Cesc, ma è terribile, quando è successo? Perché?
- Vieni qui, per favore? – le chiede, senza rispondere. Sente la propria voce spezzarsi e cerca di darsi un contegno, prima di continuare. – Ti spiegherò tutto, - riprende, dopo essersi calmato, - ma ho davvero bisogno di vederti. Ce la fai?
Carlota si prende un secondo, forse per svegliarsi del tutto.
- Ma sì, certo. – risponde alla fine, - Prendo il primo volo. Sarò da te per questa sera, al massimo.
Cesc sorride, interrompendo la telefonata, e poi si lascia ricadere sul letto, senza forze. Ha le gambe molli e il cuore che batte all’impazzata. Cerca di inseguire il proprio respiro per impedire che gli sfugga via dalle labbra, ma quello corre veloce, seguendo il flusso del sangue pompato nelle vene a velocità folle, e Cesc ha bisogno di più di qualche secondo per calmarsi abbastanza da riprendere a ragionare lucidamente.
Il sole sta sorgendo. Fra poco Carlota sarà lì. E lui ha bisogno di smettere di sognare e cominciare a pensare.
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