animanga: haruka nanase

Le nuove storie sono in alto.

Genere: Erotico, Romantico.
Pairing: Makoto/Haruka.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Bondage.
- Ci sono sere in cui Makoto e Haruka non parlano, perché Haruka non ha bisogno di chiedere, e Makoto non ha bisogno di rispondere.
Note: Storiellina scritta per la Free! Notte Bianca #5, sul prompt della Caska Makoto/Haruka, bondage ♥ Il bondage MakoHaru è LA COSA DA SCRIVERE, gente. LA COSA DA SCRIVERE. (E anche da leggere.)
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THE RHYTHM THAT YEARNS TO BE RELEASED FROM CONTROL

Haruka non chiede, e non aspetta che sia Makoto a chiedere. Non ne hanno mai bisogno. Non hanno neanche bisogno di sfiorarsi, di un cenno, di incrociare lo sguardo. Lo sentono nell’aria, quando cambia odore, sapore, consistenza, quando un pensiero di passaggio si fa fantasia insistente. Non si parla. Non si chiede. Haru si alza in piedi, cammina lento lento fino al divano dove Makoto sta sprofondato, libri ovunque, sulle ginocchia, sui cuscini, sul pavimento impilati in tre colonne da cinque ciascuno, si ferma proprio lì di fronte, le gambe nude che sfiorano le sue, ed incrocia i polsi davanti a sé.
Makoto deglutisce a fatica, per qualche istante gli trema un labbro, poi basta. Mette via i libri, metodicamente, uno dopo l’altro, ed Haruka rabbrividisce mentre osserva le sue mani grandi, grandi, grandissime chiudersi attorno ad ogni singolo volume e poi lasciarlo andare.
Makoto fa spazio per lui, perché sa cosa vuole, perché sa di volerglielo dare.
Pochi istanti dopo si alza in piedi. Sorride, ma è un sorriso diverso. Il sorriso di Makoto è una coperta calda che Haruka si sente addosso quando sono insieme ed anche quando non lo sono. L’ancora sicura che, alta o bassa marea, lo tiene in porto, protetto, libero di galleggiare senza pensare a niente.
Ma non nelle serate come questa. Non nelle serate in cui non c’è bisogno di chiedere.
- Sei stato un bambino buono, o un bambino cattivo, Haru-chan? – domanda.
Haruka rabbrividisce per il suffisso. Normalmente protesterebbe. Non adesso, però.
- Cattivo. – risponde soltanto. Offre a Makoto l’incrocio dei suoi polsi mentre il sorriso di Makoto si allarga, e si allarga, e le sue mani scivolano sotto la cintola, le dita lunghe che si chiudono attorno alla fibbia della cintura, la slacciano. Il suono metallico rimbomba nelle orecchie di Haruka con tanta forza da lasciarlo stordito, per un attimo.
- Allora dovrò punirti. – dice Makoto. Haruka è già così duro che gli sembra di impazzire.
Niente a parte Makoto ha mai avuto su di lui un effetto così devastante. L’acqua lo calma, Rin lo prosciuga, ma Makoto, Makoto è diverso. Makoto lo riempie. Lo inonda, lo sommerge. Makoto è solo calore. Ed è intenso, e brucia, è totale, ed Haruka lo vuole, lo vuole così tanto che potrebbe mettersi a urlare.
Ma non ne ha bisogno, perché questa è una di quelle sere, le sere in cui non si parla, non si chiede. Si implora, ma non adesso, non ancora. L’eccitazione cresce nel bassoventre, ma sta ancora montando, e lo fa lentamente, le preghiere sono per quando l’acqua sarà così vicina agli argini da cominciare a traboccare.
Makoto gli stringe i polsi fra le dita. È straordinario che gli basti una mano per farlo. Haruka guarda in basso e gli esplode qualcosa dentro al solo pensiero di sentire le sue mani sui fianchi, le dita premute contro la pelle che si arrossa quando la stretta si fa più salda. Vuole le mani di Makoto, vuole le dita di Makoto, le vuole addosso, ovunque, dentro, sta quasi già per implorare, ma basta un’occhiata severa – una sfumatura così diversa in quegli occhi che per la maggior parte del tempo sono solo in grado di sorridergli – e gli si spegne la voce in gola.
Deglutisce pensando “scopami, scopami, fammi urlare”, e poi “no, no, lasciami aspettare ancora un po’”.
Makoto gli avvolge la cintura attorno ai polsi incrociati, due volte, poi stringe la cinghia. Haruka la sente premere contro la pelle nel punto più sensibile, appena sotto al palmo, e stringe i denti.
Makoto non chiede se è stretto abbastanza, e non chiede se è stretto troppo forte. No, sì, non importa. Scopami, scopami, scopami, no, non ancora.
- Haru-chan, - dice. La sua voce è di nuovo severa. Haruka non vuole deluderlo. Lo guarda, anche se ha gli occhi pesanti, anche se vuole solo abbandonarsi alle sue braccia. – Concentrati.
Haruka annuisce. Quanto gli piace Makoto quando lo guarda in quel modo. Quando lo fissa e i suoi occhi dicono “vedi? Vedi, Haru-chan, quanto ti amo? Ti amo così tanto che non ti toccherei con un dito. Ti amo così tanto che ti farò male fino a farti urlare”. Non c’è niente di più perfetto.
Makoto lo strattona verso il divano. Un colpo netto, che gli stringe la cintura attorno ai polsi. Può già vedere i segni sulla pelle. Li vede sotto la cintura, li sente, perché sa che ci sono. Gli unici segni che Makoto gli abbia mai lasciato addosso. (Sempre e solo segni che sbiadiscono. Così da doverli ricalcare spesso.)
Gli preme una mano sulla schiena, in mezzo alle scapole. Segue la curva della sua spina dorsale attraverso la maglietta e poi scivola con le dita sotto l’orlo, risalendo verso l’alto. La maglietta si solleva, impigliata al suo braccio. Haruka chiude gli occhi e la immagina perché non può vederla – le braccia di Makoto, i bicipiti gonfi, i flessori nervosi e tesi, le sue spalle enormi nelle quali affondare le unghie –, ed è così duro che fa quasi male.
- Stai fermo, Haru-chan. – dice Makoto. Haruka obbedisce. Stringe le dita attorno allo schienale del divano e si morde un labbro. Cerca di trovare la forza di resistere, ma quando Makoto stringe l’elastico dei suoi pantaloni fra le dita e li sospinge giù lungo le sue gambe non riesce ad impedirselo, ondeggia i fianchi, e Makoto lo sculaccia. – Fai il bravo, - dice. Haruka geme liquido, e Makoto lo sculaccia ancora. E poi lo accarezza lentissimo, le dita che sfiorano la pelle arrossata e poi scivolano fra le sue natiche, stuzzicando la sua apertura.
Lo accarezza da fuori, sfiorandolo appena col pollice. Lo fa apposta, naturalmente, apposta per guardarlo inarcarsi ed ascoltarlo gemere. Haruka ansima, stringe i pugni e sente la cintura stringersi più forte attorno ai polsi. Non può muoversi e non lo farebbe anche se potesse. Chiude gli occhi e aspetta di sentire dentro le dita di Makoto, e quando succede si sente esplodere in un gemito liquido che riecheggia nella stanza silenziosa, e subito dopo Makoto si ferma.
- No, - mugola Haruka, ondeggiando i fianchi, - Aspetta, ancora un po’…
Ma Makoto si allontana, scivola fuori dal suo corpo e Haruka ne sente la mancanza come di un braccio o una gamba, e si morde un labbro, e geme insoddisfatto, e Makoto si preme tutto contro di lui e all’improvviso l’universo collassa, e tutto, tutto, ogni cosa, si concentra sulla sensazione fisica del suo cazzo teso e duro premuto contro una coscia.
Può sentirlo anche attraverso i pantaloni, può sentirlo come se fossero nudi, e lo vuole come se al mondo non esistesse nient’altro.
- Makoto. – lo chiama. Gli trema la voce.
Makoto si piega su di lui, gli sorride contro una guancia e poi lo bacia. Haru vuole sentire le sue labbra sulle proprie, la sua lingua nella bocca, è assetato di lui, e volta il capo. Non chiede un bacio, ma quello arriva comunque, lento e ipnotico e bagnato. Sa di Makoto, e di qualcosa di dolce che stava sgranocchiando mentre studiava. È una cosa intima e loro, qualcosa di cui essere grato. Haruka mostra tutta la sua gratitudine ondeggiando i fianchi ancora una volta, invitando Makoto ad avvicinarsi ancora, a guidare la sue erezione verso l’alto, fra le sue natiche. Quando la sente strofinarsi contro la sua apertura, appena bagnata sulla punta, Haruka geme ancora. Prova a sollevare le braccia e a raddrizzare la schiena per aggrapparsi al suo collo, ma Makoto lo spinge in basso ancora una volta, lo costringe a restare piegato in avanti.
- Voglio scoparti così, Haru-chan, - dice, la sua voce è il soffio più dolce del mondo, - Così posso vederti.
Guardami, pensa Haruka, guardami, guardami, scopami, non farmi più aspettare.
Makoto entra dentro di lui in un colpo secco. Haruka sente ogni centimetro della sua erezione scavare un centimetro dentro al suo corpo, e fa così male che vorrebbe urlare, ed è così bello che quasi urla per davvero. Makoto è enorme ed Haruka lo sente ovunque, ed è forte e intenso e suo, tutto suo, così suo che vuole trattenerlo dentro di sé per sempre, e contrae i muscoli attorno a lui per invitarlo ad affondare di più, per convincerlo a non andare più via.
Si muovono insieme, e Makoto detta il ritmo, veloce da subito, forte da subito. Non lo scopa, lo sbatte. Il divano trema sotto di loro, anche se si appoggiano appena. Scivola in avanti, strisciando contro il pavimento, ma nessuno dei due lo sente. L’aria è pesante di gemiti soffocati, del ripetersi continuo dei loro nomi mentre si chiamano l’un l’altro solo per la curiosità di scoprire di cosa sa poterlo fare.
Quando i gemiti di Haruka cominciano a diventare lamenti confusi, Makoto stringe la mano a pugno attorno alla sua erezione e lo masturba svelto, senza dargli il tempo di adattarsi al ritmo. Ed Haruka, che stava rincorrendo il suo orgasmo, si ritrova da un momento all’altro ad esserne inseguito, e quando lo coglie lo fa di sorpresa, costringendolo ad inarcare la schiena in una parentesi improvvisa e tesa fino allo spasmo, il capo gettato indietro, le labbra spalancate in un grido dal respiro cortissimo.
Non gli resta niente, dopo essere venuto, neanche la forza di reggersi in piedi. Si aggrappa al divano ed appoggia le ginocchia contro il bordo mentre Makoto continua a muoversi dentro di lui, lo scopa piano, adesso, sussurrandogli all’orecchio quanto è bello, quanto è stretto, quanto lo ama. La sua voce lo culla, lo calma, e poi lo fa rabbrividire quando lo avverte di stare per venire.
È talmente confuso e i suoi sensi sono talmente sovraccarichi che lo sente appena, almeno fino a quando Makoto non esce da lui, e il suo orgasmo gli gocciola lungo una coscia.
Makoto sorride, accarezzandogli la schiena.
- Haru-chan, - dice, prima di inginocchiarsi dietro di lui e leccarlo fino a ripulirlo tutto, - Sei così carino.
Pochi minuti dopo, Makoto torna a sedersi sul divano. Il suo sorriso è di nuovo il solito, allegro e sereno, e ad un certo punto, mentre si risistemavano addosso i vestiti, è perfino arrossito. Haruka non si abituerà mai a questa parte di lui, ma ne è felice. È felice di potere continuare ogni giorno a guardare Makoto e stupirsi di quanto è bello. Da qualche parte lungo il percorso, mentre camminavano insieme, ha capito senza bisogno di dirselo che è questo l’amore, per lui. Poter continuare a guardare fisso qualcuno senza mai smettere di stupirsi quando, per l’ennesima volta, realizzi di non poter fare a meno di lui.
Dopo essersi seduto, per un istante Makoto lancia un’occhiata colpevole ai libri. Sta pensando che dovrebbe tornare a studiare. Sta anche pensando che, se non lo fa, più tardi, quando non avrà più tempo per farlo, si sentirà in colpa.
Ma quando Haruka gli si siede sulle ginocchia, gli allaccia le braccia attorno al collo e lo bacia, Makoto non lo respinge. Lo lascia accoccolarsi contro il suo petto, in silenzio, e lo accarezza lentamente, sempre in silenzio, senza che Haruka abbia bisogno di chiedergli di farlo. Sono le serate come quelle, quelle in cui parlare è superfluo, le migliori di tutte.
Genere: Introspettivo, Erotico.
Pairing: Makoto/Rin, Makoto/Haruka, Rin/Haruka, Rin/Haruka/Makoto.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Angst, What If?, Missing Moment.
- What If?/Missing Moment dell'episodio nove di Free! Eternal Summer. Rin entra in camera di Makoto ed Haruka per parlare con Haruka, ma trova solo Makoto. Nudo.
Note: In realtà ero partita con l'idea di scrivere porno ispirato a questa cosa. Poi però lo spirito dell'episodio nove ha preso possesso della mia anima, e lì ero perduta.
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SPEAKING A DEAD LANGUAGE

Si guardano negli occhi per un paio di secondi infiniti durante i quali Rin smette di respirare, e Makoto lo fissa sgomento, talmente preso alla sprovvista da non riuscire neanche a pensare alla possibilità di coprirsi, anche se solo con le mani. Durano un’eternità, questi due secondi, e Rin se li sente pesare addosso come anni mentre osserva le guance di Makoto cambiare colore, arrossarsi prima lievemente, poi con sempre maggiore intensità finché non diventano dello stesso colore delle mele mature, due pomelli da cartone animato che si fanno ancora più rossi quando gli occhi di Rin, inesorabilmente, scivolano lungo il suo corpo, fermandosi all’altezza dell’inguine.
Oh mio Dio.
Non può vederlo, ma sa che lo sguardo di Makoto segue il suo. Se ne accorge senza possibilità di dubbio quando all’improvviso la voce di Makoto spezza il silenzio in uno strillo infantile.
- Rin! – dice, le mani che scattano a coprirsi, - La porta! Chiudi la porta!
Come se l’avessero appena svegliato, Rin ci mette un po’ a tornare presente a se stesso. Sbatte le palpebre con aria confusa, torna a guardare Makoto in viso e solo quando vede riflesso il panico nei suoi occhi verdi si volta di scatto, afferrando la maniglia della porta e spingendo finché non sente la serratura scattare.
Gli batte il cuore così forte che si sente mancare il respiro.
Continua a fissare la porta perché non vuole voltarsi indietro. Riesce a sentire Makoto armeggiare coi suoi vestiti, indossarli uno dopo l’altro, e pensa che sono suoni che dovrebbero calmarlo, ma per qualche motivo stanno avendo su di lui l’effetto opposto. Continua a pensare alla pelle di Makoto, leggermente abbronzata e ancora umida dopo la doccia, e ai vestiti che gli scivolano addosso, attaccandosi al suo corpo, impacciandogli i movimenti.
Gli si stringe lo stomaco in un nodo doloroso e digrigna i denti in un gesto involontario di cui non si accorge finché non cominciano a fargli male.
- Scusa. – biascica, la mano ancora stretta attorno alla maniglia, - Non sapevo—Intendo, non pensavo—
- Rin, avresti potuto bussare! – risponde Makoto con quel tono lamentoso che usa soltanto quando è molto imbarazzato o molto infastidito da qualcosa.
- Non mi aspettavo nemmeno di trovarla aperta, la porta! – si agita Rin, lasciando andare la maniglia e stringendo le mani lungo i fianchi, - Perché non l’avete chiusa a chiave?!
- Haru… - considera Makoto, pensoso, - Deve averla lasciata aperta quando è uscito.
Rin si volta a guardarlo. Lo trova già vestito – indossa una maglietta che Rin ha visto forse più volte addosso ad Haruka di quante non l’abbia vista addosso a lui. Un tempo il particolare l’avrebbe disturbato – non avrebbe saputo spiegarsene il motivo, ma l’avrebbe disturbato. Adesso è come una breve parentesi all’interno di un discorso più ampio. Ne prende nota come una cosa che già conosce. Può vedersi scrollare le spalle senza motivo, come gli servisse un movimento specifico per passare oltre.
- Dov’è andato? – domanda.
Makoto risponde con uno di quei sorrisi che lasciano sempre Rin interdetto fra la possibilità di prenderlo a schiaffi e quella di dargli un bacio. Makoto ha sempre avuto quest’effetto, su di lui. In un certo senso, lo capisce ancora meno di quanto capisca Haru. Però con Makoto è più facile avere a che fare, e in un certo senso a Rin piace di più.
- Forse aveva voglia di fare una corsa. – ipotizza Makoto. Non dice altro, anche se Rin sa che lo sta pensando. Sa che Makoto al novantanove virgola nove percento sa esattamente cos’ha Haru per la testa in questo momento, ma non ne parla, nemmeno con lui (soprattutto con lui), perché se lo facesse gli sembrerebbe di tradire la sua fiducia, di rivelare in qualche modo un segreto che Haruka non gli ha mai rivelato ma che comunque si aspetta che Makoto continui a custodire gelosamente a prescindere da tutto il resto.
C’è sempre stata tutta una lunghissima conversazione silenziosa, fra Haruka e Makoto. Hanno cominciato a parlare fra loro prima ancora di cominciare a parlare davvero, e dal momento che funzionava hanno continuato ad andare avanti così per anni. Continuano, anche adesso. E per quanto silenziose siano le loro voci, sovrastarne il suono all’interno delle loro teste è praticamente impossibile.
Tant’è che Rin, quando ci ha provato, ha dovuto mettersi a urlare.
- Non dovrebbe andare in giro così la sera prima di una gara. – borbotta, incrociando le braccia sul petto, - Domani sarà stanco. Seriamente, cos’ha al posto del cervello? Non capisce quanto sono importanti queste gare per il suo futuro?
Makoto risponde con un altro di quei sorrisi privati la cui traduzione a Rin sfugge del tutto. Sente i propri muscoli tendersi in uno scatto nervoso, e cerca di mantenere la calma.
- Penso che Haru lo sappia, - risponde Makoto, - E che a modo suo ci stia già pensando. Anche se non ne parla.
È così tipico di loro, pensa in un altro scatto di rabbia, sentendosi forzato a guardare altrove per smettere di fissare il sorriso perfetto di Makoto. Non hanno idea, né Haru né Makoto, di quanto sia difficile star loro dietro. Di quanto sia dura per Rin provare continuamente a cercare di dare voce a cose che nessuno dei due dice. È costretto a parlare per tre, se vuole avere una conversazione. È una cosa così sfiancante che pensa che forse dovrebbe lasciare perdere più volte di quante spesso non riesca a tollerare.
A volte vorrebbe discuterne con Sousuke. Cercare di spiegargli questa situazione. Dirgli, non lo vedono. Non li vedono, gli sforzi che faccio. Visto quanto sono stato lontano, sto provando, sto provando con tutte le mie forze a tornare vicino, ma mentre io non c’ero loro hanno sviluppato un linguaggio segreto, un linguaggio che parlano con gli occhi, e io non so parlare la loro stessa lingua, e il loro è un dialogo nel quale non posso inserirmi.
Sa già cosa gli direbbe Sousuke, però. Che dovrebbe concentrarsi su altro, sul suo futuro, non quello di Nanase e Tachibana, e poi volterebbe lo sguardo, chiudendo la conversazione. A Sousuke non piace parlare di Haruka e Makoto. A Sousuke non piace neanche sentirli nominare. Rin non ne capisce il motivo e quando ci pensa riesce solo a sospirare.
Le persone sono così complicate. Nessuno dice mai quello che pensa veramente, anche se sarebbe tutto molto più semplice se lo facessero. Sono tutti così gelosi dei loro sentimenti. Tutti così spaventati di esporre una parte vulnerabile. Non riescono a capire una cosa che Rin invece ha capito tanto tempo fa – non esiste una parte che non sia vulnerabile. Siamo tutti pelle sensibile e carne tenera, esposta al dolore come alla gioia ogni minuto, ogni secondo. Tutto può fare male, perfino le cose più piccole, perfino le cose più irrilevanti, e il silenzio complica solo tutto.
Rin ha deciso che il silenzio non gli appartiene più.
- Come si aspetta che io lo sappia se non ne parla? – dice a mezza voce, lo sguardo un po’ perso. Makoto se ne accorge, perché Makoto si accorge sempre di tutto. Sembra programmato per notarli, questi dettagli. Rin immagina che quando passi le tue giornate al fianco di una persona come Haruka per forza di cose la tua mente si modifica in sua funzione. Dal momento che Haruka non parla mai, impari a capirlo da quello che non dice.
Rin non ci sarebbe mai riuscito. Anche se fosse rimasto. Anche se fosse rimasto un milione di anni. Non avrebbe mai imparato.
- Volevi parlargli? – chiede Makoto dolcemente, alzando appena la voce per tirarlo fuori da quel momento il più delicatamente possibile. Ci riesce, perché Makoto riesce sempre a fare tutto quello che vuole.
- Sì. – risponde Rin, - Volevo chiedergli se ha già deciso cosa fare dopo. Ma vedo che come al solito continua a scappare.
Makoto sorride, sedendosi sulla sponda del letto. Ha un asciugamano attorno al collo, ed è già tutto umido perché non si è ancora asciugato i capelli. Anche il resto dei suoi vestiti, come Rin aveva immaginato, gli si è tutto appiccicato addosso perché, nella fretta di rivestirsi, non ha prima pensato ad asciugarsi. Sospira, pensando distintamente che è un bene che lui, Haruka e Makoto non si vedano tutti i giorni. Ogni volta che è con loro tutto quello che vuole fare è coprirli di domande e tenerli d’occhio per evitare che facciano qualcosa di stupido. Non gli piace comportarsi in questo modo, sa che non è questo il suo posto. E inoltre sa che ad Haruka e Makoto questo non serve. Ma è più forte di lui.
Prende uno sgabello e lo trascina vicino al letto, sedendosi di fronte a Makoto.
- E tu? – gli domanda.
Makoto gli solleva addosso un’occhiata smarrita, onestamente confusa dalla domanda. È abituato a sentirsi rivolgere domande riguardo ad Haruka, ma l’idea che qualcuno possa rivolgergli una domanda per sapere come sta lui, a cosa pensi lui, quali siano i suoi progetti, gli è del tutto estranea.
È una cosa disturbante.
Makoto ed Haruka sono un organismo unico all’interno del quale Haruka ha occupato tutti gli spazi e il ruolo di Makoto è quello di fare da collante per essere sicuro che il corpo non cada a pezzi, sfaldandosi per ogni minimo movimento. È un’entità che nasconde la sua volontà propria per concentrarsi sul tenere insieme quella di qualcun altro.
Rin detesta il solo pensiero. Si sente soffocare alla sola idea.
- Io? – domanda Makoto, piegando appena il capo.
- Sì, tu. – insiste lui, brusco, - Hai pensato a cosa farai dopo? Con i tuoi tempi, è possibile che almeno un paio di osservatori si interessino a te. Se uno di loro ti contattasse, cosa faresti?
Makoto lo guarda per qualche istante, gli occhi verdi che brillano di una luce speciale di cui Rin si sente il calore addosso, e poi, mentre Makoto balbetta un “io…” stentato, mentre cerca le parole per esprimersi, Rin improvvisamente ha un’epifania. O forse no, forse epifania non è il termine più corretto, perché non viene investito da nessuna consapevolezza, non diventa tutto a un tratte consapevole di un qualche misterioso segreto che prima gli sfuggiva. Non è un’epifania, è una premonizione.
Non voglio sentire. Adesso Makoto parlerà e mi dirà che vuole restare. O che vuole andare via. Che vorrà fare qualsiasi cosa Haru voglia fare, che andrà o resterà a seconda della decisione che Haru prenderà a proposito del proprio futuro.
E io non voglio sentire.

- Non dobbiamo parlarne per forza, se non vuoi. – si obbliga a dire, il cuore che gli martella nel petto. Si chiede se sia così che Haru si sente ogni volta che capisce che dovrebbero parlare di quello che succederà dopo il diploma e poi invece non lo fanno. Si chiede se il suo cuore batta così forte al pensiero di perdere Makoto, perdere l’idea di Makoto, per colpa di qualcosa di più grande che lui non riesce a capire.
Forse è per questo, si dice, che non parlano mai. Perché è vero che siamo pelle e carne esposta al dolore in ogni momento, ma ci sono ferite che non si rimarginano e da quelle l’istinto ci porta a proteggerci anche se è stupido, anche se è inutile.
Rin ci pensa in quell’istante per la prima volta.
Lui sa cosa vuole dalla propria vita. Non si vede qui, fra dieci anni. Non si vede fermo, fra dieci anni. Non si vede sereno e contento di una cosa piccola accettata per non rischiare di fare un salto troppo lungo e cadere nel vuoto, fra dieci anni.
Se guarda bene, con più attenzione, vede Haruka e Makoto al suo fianco in quel momento? Quando sarà lontano da tutto questo, quando la scuola sarà un ricordo distante come un sogno, quando avrà allungato le dita per afferrare quello che vuole, Haruka e Makoto saranno lì con lui? Saranno qui? Saranno… cosa? Ancora impegnati nella loro fitta conversazione a due fatta di sguardi e sorrisi appena accennati, di gesti senza eco, di abbracci impalpabili, di carezze ferme alle intenzioni? Mentre Rin si allontana, e si allontana, e non li sente, e non li vede, rassegnato a sentirli parlare una lingua che non comprende finché le loro voci non saranno che un bisbiglio, e poi più niente?
Makoto abbassa lo sguardo, le labbra piegate in un sorriso incerto.
- Grazie. – dice.
Rin annuisce, ma lo stomaco gli fa così male che ha quasi la nausea. Si alza in piedi e pensa di andare via. Lasciarsi tutto questo alle spalle. Può sentire la voce di Sousuke rimbombargli nelle orecchie. Pensa a te stesso, Rin, è il tuo futuro, è il tuo sogno, è più importante di quelli degli altri. E Rin sa che è vero. Sa che, se avesse lasciato Makoto libero di parlare, poco fa, se Makoto gli avesse detto “Haruka probabilmente resterà qui, ed io resterò con lui anche se qualche università dovesse notarmi”, il suo futuro non sarebbe cambiato di una virgola. Lui avrebbe continuato ad andare per la sua strada, rassegnandosi giorno dopo giorno all’idea di perderli.
E questo fa ancora più male.
- Io non vi capisco. – dice, abbassando lo sguardo, - Né te, né Haruka. Non vi capisco. Vorrei… ma non ci riesco. Ci provo, ma non ottengo nessun risultato. Eppure, - solleva lo sguardo addosso a Makoto, trovando i suoi occhi a fissarlo di rimando, - Non posso fare a meno di continuare a provarci. Continuo a insistere anche se a volte mi sembra di parlare con un muro. Forse dovrei smettere, ma insistere è l’unica cosa che so fare. È l’unica cosa a cui riesco a pensare per provare a raggiungervi, in qualche modo. – abbassa lo sguardo un’altra volta, sulla propria mano sollevata, il palmo rivolto verso l’alto. La chiude a pugno in un gesto secco. – Sono qui a pochi passi da voi, ma ogni tanto mi sembra di stare ancora dall’altra parte del mondo.
Makoto lo guarda, le sopracciglia inarcate in un’espressione triste. Rin sa che gli dispiace. Makoto può percepire come si sente, e ne soffre perché è lui a causargli quel dolore, anche se indirettamente e senza volerlo. Quando Rin glielo legge negli occhi, si pente subito di aver parlato. Ma dire le cose a Makoto è molto più semplice che dirle ad Haru. C’è un muro attorno ad Haru che Rin non riesce ad attraversare senza sfondarlo. Il muro di Makoto invece è una barriera più morbida. Ogni tanto, solo ogni tanto, Rin è capace di passarvi attraverso e andargli più vicino. Ed è facile lasciarsi andare, in quelle occasioni, perché in quello spazio minuscolo fra se stesso e il suo muro Makoto tiene tutto il calore del mondo. E c’è un angolino che non è ancora stato occupato da Haru, e Rin sa che quell’angolino è lì per lui, quando vuole provare a raggiungerlo. Ed anche se dopo un po’ sente sempre il bisogno di andare via, è grato a Makoto per quello spazio che gli riserva, per la gentilezza che gli fa nel tenerlo sgombro in sua attesa.
- Rin. – dice Makoto. Il suono della sua voce è dolce come quello di una mamma, e Rin arrossisce quando ci pensa, perché è una cosa stupida. – Io ti sento molto vicino.
Rin gli solleva addosso lo sguardo, le labbra dischiuse in un’espressione sorpresa. Lo trova sorridente e sereno come al solito, e arrossisce ancora. Dai capelli bagnati di Makoto scende una gocciolina d’acqua che percorre lenta e ostinata la linea della sua mascella e poi scivola lungo il mento. Rin la osserva per concentrarsi su qualcosa di diverso rispetto agli occhi di Makoto, ma sa già che non è una buona idea.
Gli si avvicina, coprendo la distanza che li separa in un passo incerto. Quando le sue ginocchia sfiorano quelle di Makoto, pensa “è fatta”, ma non sa che cosa. L’unica cosa che riesce a riconoscere è una sensazione che, prima di quel momento, aveva provato solo con Haru. La sensazione precisa di essere stato libero fino a pochi secondi prima, e di essere poi stato attaccato ad un gancio all’improvviso quando si è avvicinato. Ne ha sentito come lo schiocco metallico, ed ora sa che, anche se provasse ad allontanarsi, non ci riuscirebbe.
- …un po’ mi dai sui nervi. – borbotta, sollevando le mani ed appoggiandogliele sulle spalle.
Makoto ride, e non si tira indietro quando Rin solleva una gamba e gli si siede a cavalcioni in grembo, guardandolo più da vicino.
Non ha bisogno di chiedergli cosa sta facendo. Probabilmente perché già lo sa. Ed è un bene, perché Rin invece non ne ha idea. Sta seguendo un istinto di cui non è sicuro di potersi fidare, un istinto che sussurra “più vicino”, anche se vicino non è ancora abbastanza. Gli scivola addosso, stendendo le gambe sul materasso. Poi le richiude dietro la schiena di Makoto, stringendoselo addosso. Non fa nient’altro, anche se sa che dovrebbe. Dovrebbe prendersi le sue responsabilità ed essere lui a fare il primo passo, ma non lo fa, perché ne ha paura. Perché se si sporgesse a baciarlo e Makoto si tirasse indietro, Rin saprebbe che Haruka si è messo in mezzo, senza parlare, senza nemmeno essere lì, e non potrebbe sopportarlo.
È Makoto ad avvicinarsi per primo, invece. Sfiora le labbra di Rin con le proprie chiudendo gli occhi non come se non volesse vederlo, ma come se non avesse bisogno di farlo. Rin gli sente addosso il sapore di Haruka in un’eco indefinita di cui non riesce a spiegarsi la ragione finché non accetta che quel sapore è lì perché Haruka è lì. Haruka è sempre lì. Non è in mezzo, ma con loro. Anche quando non c’è, anche quando non parla. Per il solo fatto che loro possono sentirlo, lui è lì.
Makoto schiude le labbra e la sua lingua accarezza lenta quella di Rin, mentre Rin piega il capo, si stringe a lui e chiude le dita attorno al tessuto bagnato della sua maglietta, tirandola piano per invitarlo a toglierla. Makoto si allontana solo per afferrarla da dietro e sfilarla dalla testa, lasciandola ricadere sul letto accanto a loro. Rin lo guarda, guarda la sua pelle nuda e liscia, le linee dei muscoli in rilievo, le curve e gli spigoli del suo corpo, e si sente invadere da un’invidia bruciante di cui non riesce ad identificare l’obiettivo. Non sa se è geloso di Haruka perché sul corpo di Makoto ha impresso il proprio nome prima ancora che Rin arrivasse nelle loro vite, e non sa se è geloso di Makoto perché il suo corpo si è imposto sulla memoria fisica di Haruka dandogli un’idea a cui aggrapparsi prima che Rin potesse arrivare ad imporgliene una nuova. Forse è una combinazione di entrambe le cose. E forse questa è una battaglia che Rin non può vincere, per cui è molto più semplice smettere di pensare, lasciarsi andare al calore di Makoto, alla forma delle sue spalle sotto le dita quando Rin gli si preme addosso, muovendosi lento contro di lui.
Makoto non è infastidito. Non è arrabbiato, non è nemmeno confuso. Gli piega le labbra l’ombra di un sorriso che sembra aver capito tutto senza bisogno di alcuna spiegazione. Non c’è niente di strano, si dice Rin, arreso al rossore che gli colora le guance mentre lo guarda in faccia, che Haruka continui a tornare da lui. Haruka non è mai in grado di spiegarsi, e Makoto non ha mai bisogno di una spiegazione per capire. Rin spiega sempre troppo, e fa sempre troppe domande. Fra Makoto e se stesso, forse anche lui sceglierebbe Makoto.
Le labbra di Makoto gli scivolano lungo il collo in una carezza bagnata, e Rin geme, il corpo in fiamme, bruciante di voglia. Makoto gli stringe le braccia attorno ai fianchi, girandosi appena per aiutarlo a sedersi sul materasso. Poi sale anche lui sul letto, con le ginocchia, mentre Rin indietreggia finché le sue mani non incontrano i cuscini. Solo allora si ferma, e guarda Makoto aspettandosi da lui una risposta per tutte le domande che vorrebbe e non riesce a fare adesso.
Makoto si china su di lui e lo bacia ancora, abbassandosi i pantaloni lungo i fianchi, e Rin decide che è una risposta sufficiente.
Gli tremano le mani, quando lo vede nudo. Tutto a un tratto è quasi minaccioso, l’erezione tesa puntata contro di lui, più massiccia di quanto Rin non avesse mai pensato. Lo colpisce anche l’idea di essere completamente vestito mentre Makoto è completamente nudo. È un’idea che lo spaventa, vederlo così scoperto ed esposto nonostante tutto quello che è successo in passato. Per un istante si sente sopraffatto dal rispetto nei suoi confronti. È una sensazione talmente forte da dargli il capogiro, da annullare tutte le altre, perfino l’eccitazione. Makoto è una persona grandissima, e Rin non è sicuro che sarà mai pronto a dirgli addio.
Si sfila la maglietta in un gesto frettoloso. Gli resta incastrata attorno alla testa e Makoto ride senza prenderlo in giro, trovando l’unico modo di alleggerire la tensione senza farlo arrabbiare. Rin piega le labbra in un broncio carico di un disappunto di cui non sente minimamente il peso, che scompare subito quando Makoto lo bacia ancora.
Non si sente più minacciato, adesso. Si sente teso di curiosità e desiderio, e spinge i pantaloni lungo le gambe assieme alle mutande, restando nudo sotto di lui. Makoto si solleva sulle ginocchia senza guardarlo, senza mai smettere di baciarlo, e le sue mani lo accarezzano per tutto il corpo, bene aperte, vigili e attente. Rin si rende conto di averle volute sentire così fin dal principio. Non saprebbe identificare un momento preciso, però sa che è un momento lontano. Avere aspettato fino ad adesso gli sembra assurdo, non gli sembra nemmeno possibile.
Schiude le gambe, invitandolo ad avvicinarsi di più. Makoto lo fa senza chiedergli niente, neanche quello che vuole, forse semplicemente perché lo sa già. Si inumidisce le dita e lo accarezza fra le natiche, il suo è un tocco lieve che fa venire voglia a Rin di ringhiare “di più” ma che allo stesso tempo lo spinge quasi di prepotenza in una bolla di calma che gli rilassa i muscoli, che lo invita ad aspettare, a lasciarlo fare.
Rin chiude gli occhi, e anche se in questo momento gli sembra di volere tutto e subito, si affida alle mani di Makoto, e pensa ad Haruka. Pensa, è così che Makoto lo tocca? È così che lo fa sentire? Ed io sarei in grado di toccarlo così, di farlo sentire in questo modo?
Poi i pensieri gli scivolano fuori dalla testa in un gemito quando sente l’erezione di Makoto premere contro la sua apertura. Istintivamente affonda le dita nelle sue spalle e trattiene il respiro. La voce di Makoto lo raggiunge ovattata, come se lui fosse un sogno e Rin stesse per svegliarsi ma non volesse rassegnarsi a lasciarlo andare.
- Dimmelo, se ti faccio male.
Quando entra fa male, sì, ma Rin non glielo dice perché non vuole che si fermi. Si affida al silenzio anche se aveva deciso che non lo avrebbe più fatto, e prova a parlare a Makoto nella sua stessa lingua, la lingua delle espressioni appena accennate, dei tocchi fugaci, dei gemiti bassi e dei cenni confusi. Non è come avere improvvisamente imparato a parlarla. Piuttosto è come avere trovato un canale di comunicazione simile, non del tutto identico ma universale abbastanza per capirne le regole anche se non le si conosce. Attraverso quel linguaggio, Makoto impara a conoscere il corpo di Rin mentre Rin impara a spiegarglielo senza usare le parole.
È una connessione troppo intensa per durare, Rin lo sa e, istintivamente, pensa ancora ad Haruka, e a quel suo continuo ritrarsi, rinchiudersi nel silenzio anche con Makoto. Pensa che forse è per questo che lo fa. Perché Rin non è l’unica persona intensa nella sua vita. Anche Makoto lo è, pur se in un altro modo, un modo che Haruka riesce a tollerare più a lungo, ma dal quale ha comunque bisogno di una tregua di tanto in tanto. Makoto è abbastanza intelligente da concedergliela prima che Haruka senta la necessità di chiedergliela. Rin non ha mai imparato a farlo e non è sicuro che lo farebbe anche se sapesse come.
Makoto si allontana da lui quasi subito, dopo l’orgasmo. Scivola fuori dal suo corpo e si stende sulla schiena al suo fianco. Le loro spalle si sfiorano perché il letto non è abbastanza grande da consentire una distanza maggiore, ma non importa. Rin deve comunque trattenersi per non voltarsi e avvolgerglisi attorno come una coperta. È la prima cosa che gli viene in mente, il desiderio di abbracciarlo. Sono una di quelle persone, pensa con un sorriso, una di quelle che vogliono continuare a stringere anche quando non è più necessario.
- Ti senti meglio? – gli domanda Makoto. Onestamente, Rin non sa cosa rispondere.
- Non lo so. – dice, fissando il soffitto, - Sono confuso. Continuo a pensare ad Haru.
Makoto ride divertito, sfiorando il dorso della sua mano con le nocche.
- Già. – dice, - Anch’io.
Rin annuisce come se avesse capito qualcosa. In realtà non è così, si sente molto più confuso di prima. Ha molta più paura di quello che li aspetta di quanto non ne avesse prima di cominciare a parlare con Makoto. Forse sarebbe stato meglio che non ne parlassero affatto, pensa, ma l’idea gli mette addosso una tristezza enorme. Si volta a guardarlo, scruta il suo profilo nella luce giallastra della stanza, quel suo sorriso immobile, così sereno.
- Makoto, - chiede a bassa voce, - Non ti fa paura, il futuro?
Il sorriso di Makoto si allarga un po’, ma non si volta a guardarlo.
- Mi fanno paura un sacco di cose. – dice, - Però non ho paura di perdere te ed Haru, Rin. Questo no. E non dovresti neanche tu.
Rin lo guarda ancora un po’, senza sapere se dovrebbe sentirsi rassicurato o meno. Le parole di Makoto gli scaldano il cuore, ma non sa se questo sarà sufficiente. Sente ancora di voler parlare con Haru, la voglia non è passata. L’idea di dover aspettare un altro giorno per ottenere delle risposte lo schiaccia. Ma si sente ancora piacevolmente intorpidito, e per il momento decide di lasciare perdere, e lo comunica a Makoto con uno sbuffo che lo fa ridere.
Resterebbe lì sdraiato ancora per un po’, ora come ora, ma presto qualcuno bussa alla porta e Rin sa che deve trattarsi di Nagisa prima ancora di sentire la sua voce. Lui e Makoto scattano in piedi insieme, ridendo a metà fra l’imbarazzo e il divertimento. Per un istante o due Rin si sente il cuore leggerissimo. Pensa ad Haru, lo immagina correre sul lungomare, concentrato e serio come sempre. Per quell’istante, aspettare fino a domani non gli pesa più.
Genere: Commedia.
Pairing: Rin/Ai, Makoto/Haruka.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Slash.
- "L’idea della cena a quattro era stata di Makoto, inizialmente. O forse era stata di Haruka e Makoto l’aveva soltanto assorbita per osmosi, e l’aveva poi proposta come propria per risparmiare ad Haruka la fatica di farlo da sé."
Note: Scritta per la Notte Bianca #2 della pagina No, ma io Free! lo guardo per la trama, eh? (♥) su prompt MakoHaru e RinAi. I quattro cenano insieme. Finiscono a parlare di sesso e Makoto e Haruka pensano di essere molto spinti, ma quando Rin e Ai iniziano a raccontare quello che fanno loro, il mondo crolla, una roba plottata con la Caska basandosi sull'headcanon per il quale la vita sessuale di tutte le coppie di Free! è assolutamente vanilla se paragonata a quella del RinAi.
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INVITO A CENA CON DELITTO

L’idea della cena a quattro era stata di Makoto, inizialmente. O forse era stata di Haruka e Makoto l’aveva soltanto assorbita per osmosi, e l’aveva poi proposta come propria per risparmiare ad Haruka la fatica di farlo da sé. Era per questi dettagli, d’altronde, che la loro relazione funzionava così bene, quella speciale telepatia alla cui esistenza Rin, inizialmente, si era rifiutato di credere, ma della quale, sulla lunga distanza, non aveva potuto che ammettere l’esistenza, con conseguenze che poi si erano sostanzialmente risolte nel rimescolare un po’ la loro routine, costringendo sia lui che Haruka a smettere di inseguire il sogno di una relazione che li avrebbe sicuramente resi due psicopatici nel giro di due mesi, per trovare qualcosa di meglio, che li facesse stare bene.
Non si erano mai serbati rancore a vicenda, tantomeno Rin ne aveva mai serbato nei confronti di Makoto. Odiare Makoto, aveva scoperto col passare dei mesi, era letteralmente impossibile. Quando anche, ogni tanto, si comportava in modo fastidioso, o si trincerava dietro uno di quegli atteggiamenti da martire penitente che Rin gli avrebbe volentieri strappato di dosso a unghiate, bastava guardarlo anche mezzo secondo in viso e il suo sorriso, di qualunque tipo fosse – triste, divertito, dolce –, era in grado di farti dimenticare ogni cosa. Makoto era una di quelle persone che non odi mai, che potrebbero farti di tutto ma tu torneresti sempre comunque a perdonarle. In più, Makoto non faceva mai letteralmente niente di male, per cui anche quella di perdonarlo era una fatica che non dovevi mai fare. Se c’era una persona con la quale Rin potesse convivere pacificamente era lui, perciò interrompere ogni rapporto per un motivo ridicolo del tipo “mi ha portato via il ragazzo!”, quando poi non era nemmeno vero, non era mai stata neanche un’opzione.
Per Haruka le cose erano lievemente più complesse, ma d’altronde lo erano sempre state. La sua idea di Rin era l’idea di qualcosa di passeggero che invece lui avrebbe voluto ancorarsi addosso, in qualsiasi forma purché ci riuscisse, per cui era spaventato, onestamente spaventato dal pensiero che la loro nuova “organizzazione sentimentale” – come amava chiamarla Rei, dichiarando di non volerci avere niente a che fare quando Nagisa gli proponeva di chiudere il cerchio infilandosi nel suo letto a sorpresa durante la notte entrando attraverso la finestra – potesse dare a Rin un qualche motivo per sparire di nuovo.
Da cui, l’idea delle attività in comune. Da cui, la cena.
Di fronte all’usuale piatto di sgombro arrosto, quella sera, Rin ed Aiichiro presero posto di fronte a Makoto ed Haruka e si lasciarono scivolare serenamente nel più imbarazzato dei silenzi, interrotto solo ogni tanto dal rumore delle forchette contro i piatti e dei bicchieri che venivano sollevati e riposati sul tavolo quando qualcuno aveva sete. Nonostante Ai fosse recentemente diventato una specie di estensione di Rin, e nonostante questo processo di assorbimento all’interno del suo corpo come un terzo braccio o qualcosa di ugualmente ridicolo ma irrinunciabile fosse stato genericamente accolto bene un po’ da tutti, contenti, per una volta, di vedere Rin in grado di relazionarsi in maniera sana con un altro essere umano che non fosse il proprio riflesso nello specchio, la sua presenza portava ancora un po’ di imbarazzo, nel gruppo, specie quando finiva involontariamente per ridurre a zero gli argomenti di conversazione – dal momento che Rin aveva tassativamente proibito agli altri di parlare del loro comune passato di fronte ad Ai, per non farlo sentire tagliato fuori o meno importante.
Fu Haruka, esasperato da un silenzio durato ormai più di mezz’ora, il primo a spezzarlo.
- Insomma. – disse a bassa voce, il viso composto nella solita maschera di indifferenza, - State insieme da quanto, ormai?
- Sette mesi. – rispose trionfante Aiichiro, sorridendo felice come faceva ogni volta che poteva discutere del suo argomento di conversazione preferito, ovvero l’epica battaglia che aveva combattuto contro “i demoni del passato di Matsuoka-senpai”, come gli piaceva chiamarli, per conquistare il suo amore, - E venticinque giorni.
- Quanta precisione. – rise Makoto, terminando il suo sgombro, - Fai il conto alla rovescia per celebrare l’ottavo?
- Naturalmente. – annuì Aiichiro, entusiasta.
- Ai. – sospirò Rin, aggrottando le sopracciglia, - Ti prendono in giro.
- Solo un pochino. – rispose Haruka, senza cambiare espressione, sollevando una mano ed avvicinando il pollice e l’indice per indicare quanto poco.
- Lasciatelo in pace. – sorrise Rin, allungando una mano ed appoggiandola sulla testa di Aiichiro, scompigliandogli appena il caschetto, - Lo sapete com’è.
- Ma è divertente. – rise Makoto, e poi si voltò a guardare Ai, sorridendo gentilmente, - Lo facciamo per affetto, eh. – si affrettò a rassicurarlo, - È bello vedervi insieme. Sembrate felici.
- Siamo più che felici. – ribatté Rin, - Felici e soddisfatti, grazie mille.
Haruka aggrottò lievemente le sopracciglia, lanciando a Rin un’occhiata indecifrabile da sotto in su. Aveva accettato senza troppi problemi l’idea che Rin potesse mettersi con qualcuno e che quel qualcuno non potesse in alcun modo essere lui, ma non si poteva comunque dimenticare il fatto che, per anni, Rin fosse stato il suo unico chiodo fisso a parte l’acqua, in un modo o nell’altro. Questo sentimento così vecchio a tratti ritornava a galla senza che lui potesse fare niente per fermarlo, senza che nemmeno se ne accorgesse, e questo lo portava, ogni tanto, solo ogni tanto, ad infastidirsi. Il che portava poi sempre a casini vari ed eventuali, perché Rin ed Haruka non erano in grado di gestire in maniera normale neanche una fisiologica irritazione da gelosia. Ogni cosa finiva per trasformarsi in una competizione di qualche tipo, e infatti Makoto non si stupì particolarmente di sentire pronunciare ad Haruka il commento che pronunciò. Lo temette, ma stupirsene, no, non più di tanto.
- Noi siamo più felici. – dichiarò con ingiustificabile sicurezza, - E più soddisfatti.
Rin aggrottò le sopracciglia, fissandolo astioso.
- Che vorrebbe dire? – borbottò.
- C’è un così bel tempo, fuori! – disse Makoto, battendo le mani, - Non pensi anche tu, Nitori-kun?
- Uh—? – biascicò Aiichiro, guardandolo con smarrimento, - Ma piove.
- Potremmo uscire tutti insieme a fare una passeggiata. – insistette Makoto, sperando che ciò fosse sufficiente a deviare la conversazione prima che avesse il tempo di trasformarsi in una guerra mondiale. Ma nel vedere che né Rin né Haruka sembravano inclini a smettere di fissarsi con rabbia, aggiunse – Potremmo andare a nuotare da qualche parte! – convinto che, di fronte a questo, Haruka avrebbe ceduto senza alcun dubbio.
E invece no.
E Makoto capì che non c’era più niente da fare – e si rassegnò al pensiero – quando, di fronte alla prospettiva di andare a nuotare, fosse anche in una pozzanghera, Haruka non aveva nemmeno distolto lo sguardo.
- Ieri, - disse Haruka, senza cambiare espressione, - Stavo cucinando lo sgombro. Indossavo il costume, e sopra il costume solo il grembiule. Makoto è tornato a casa dopo aver fatto la spesa e, appena mi ha visto, ha lasciato cadere le buste per terra e mi ha scopato sul ripiano della cucina.
- Ha—Haru! – urlò Makoto, voltandosi a guardarlo all’improvviso e coprendosi il viso con entrambe le mani per tentare di nascondere l’imbarazzo che gli arrossava le guance, - N—Non dire queste cose!
- Perché? – domandò Haruka, scrollando le spalle, - È vero. E se Rin dice di essere più felice e soddisfatto di me, deve dire qualcosa di almeno altrettanto bello.
Per un paio di secondi, Rin sembrò sul punto di rispondere qualche cosa. Aiichiro, seduto educatamente al suo fianco, le belle sopracciglia sottili aggrottate a disegnare una linea perfetta sopra i suoi occhi azzurri, lo fissava intensamente, aspettando diligente la sua risposta.
Dopo quel paio di secondi, però, Rin si limitò a distogliere lo sguardo, scrollando le spalle.
- Hai ragione, - disse, - Siete più felici e soddisfatti voi.
Haruka stava per concedersi uno sbuffo ed un’espressione altezzosa per festeggiare la propria vittoria, quando Aiichiro batté entrambe le mani contro il tavolo.
- Cosa?! – strillò, - Ma— Matsuoka-senpai!
- Riuscirai mai ad abituarti a chiamarmi Rin?
- …ma mi hai detto che ti piace quando ti chiamo Matsuoka-senpai, soprattutto quando—
- Ai! – lo rimproverò Rin con un’occhiataccia, ma Aiichiro, infastidito, scosse il capo e lo fissò con ostinazione, ben deciso a non lasciarsi zittire sul punto.
- No! – disse, - Rin. Non è vero. – poi si voltò verso Haruka, sorridendo. – Ieri io e il senpai siamo andati in piscina di notte, mentre tutti dormivano. Il senpai mi ha legato alla scaletta con gli occhialini, mi ha infilato la cuffietta appallottolata in bocca e poi mi ha scopato in acqua! Subito dopo, io mi sono immerso e gliel’ho preso in bocca in apnea! Cinque minuti interi!
- C—Cosa? – biascicò Makoto, arrossendo ancora, mentre Haruka, al suo fianco, spalancava gli occhi.
- E il giorno prima! – proseguì Aiichiro, - Il giorno prima, quando sono tornato in camera dopo il mio allenamento pomeridiano, ho trovato il senpai che strillava al telefono con Kou-chan, rimproverandola per aver lasciato in camera sua il suo costume da bagno, e allora gli ho chiesto di indossarlo e lui l’ha fatto, e poi mi ha chiesto di scoparlo con ancora il costume addosso, ed io l’ho fatto, ed è stato bellissimo!
- Ma— Ma il costume da bagno di Kou! – strillò Makoto, lanciando sguardi ormai quasi isterici a Rin, ad Haruka e poi di nuovo a Rin.
- E il giorno prima ancora! – continuò Aiichiro, ormai inarrestabile, - Quando il senpai è tornato dalla mensa io avevo appena finito di riordinare la mia scrivania, e lui mi ha detto che ero stato così bravo da meritarmi un premio, per cui mi ha fatto piegare in avanti e mi ha leccato per quarantacinque minuti, facendomi venire senza neanche masturbarmi! O, aspetta. – si interruppe, dubbioso, - Forse questo è stato all’inizio della settimana, forse due giorni fa abbiamo usato il dildo a due teste…? – chiese, lanciando a Rin un’occhiata genuinamente curiosa.
- Adesso basta! – sbottò lui, premendo la propria mano contro la bocca di Aiichiro per impedirgli di continuare a parlare, nonostante il ragazzino continuasse a borbottare contro la sua pelle parole incomprensibili, - Basta così. – sospirò, prima di voltarsi a guardare Haruka.
Lo trovò bianco in volto, praticamente cereo, gli occhi azzurri ormai diventati due pozze enormi che quasi sembravano mangiargli via metà della faccia.
- È… - domandò Haruka, deglutendo a fatica, - È tutto vero? Quello che ha detto?
Rin rifletté per qualche secondo sulle proprie possibilità, prima di decidere cosa rispondere. E ad annunciare l’arrivo della decisione fu un sospiro arreso.
- No. – ammise con tono lamentoso, - No, Ai vi stava solo prendendo in giro. Era una piccola vendetta per averlo preso in giro perché fa la conta dei giorni. – si voltò a guardare Aiichiro, liberandogli la bocca, - Non è così, Ai?
Aiichiro lo guardò per un paio di secondi, sbattendo le lunghe ciglia ricurve e poi sospirando e abbassando lo sguardo.
- È così. – biascicò, chinando il capo verso Haruka e Makoto, - Vi chiedo scusa, è stato un comportamento infantile da parte mia. Non lo farò più. Mi dispiace di avere inventato cose così imbarazzanti. Perdonatemi!
Prima di dire qualsiasi cosa, Makoto si voltò a guardare Haruka, e si permise di sorridere solo quando vide il suo volto riacquistare colore.
- Non preoccuparti. – disse quindi, rivolgendosi ad Aiichiro, - Stavamo solo giocando.
Rin annuì, e poi si alzò in piedi.
- Adesso è il caso di andare via. – disse, - Siamo in ritardo.
Aiichiro annuì a propria volta, alzandosi in piedi per seguirlo.
Makoto ed Haruka li osservarono allontanarsi sulla soglia della porta, Haruka perfettamente immobile, Makoto agitando una mano in segno di saluto.
- Dildo a due teste, mh? – rise Makoto, - Non poteva che essere uno scherzo.
Haruka gli lanciò un’occhiata incerta e poi sbuffò, scrollando le spalle.
- Vado a farmi un bagno. – dichiarò. Makoto ritenne opportuno non insistere.
*
- Matsuoka-senpai? – lo chiamò Aiichiro, e Rin lasciò andare uno sbuffo lamentoso, lanciando uno sguardo supplice al grigio cielo invernale sopra le loro teste.
- Rin, - sbottò infastidito, - In che lingua te lo devo dire? Chiamami Rin quando siamo in pubblico!
- Ma siamo solo noi due, adesso, Matsuoka-senpai. – ribatté Aiichiro con un sorriso sereno che non ammetteva repliche mentre lasciava scivolare le mani attorno al suo gomito, prendendolo a braccetto, - Comunque, perché hai mentito?
- Eh? – borbottò Rin, passandosi una mano fra i capelli.
- Le cose che ho raccontato erano tutte vere. – rispose Aiichiro, - Ma tu hai detto che stavo solo scherzando. Perché hai mentito?
Rin sollevò gli occhi al cielo un’altra volta, scuotendo il capo.
- Quello che Haruka non sa non lo spinge a lasciarsi consumare dall’acqua fino a sciogliersi come un ghiacciolo. – rispose, e poi aggiunse, sorridendo, - Lasciamogli credere di essere più felice di noi, se ne ha bisogno.
- Oh. – disse Aiichiro, annuendo appena e lasciandolo andare. Rin riuscì ad avanzare solo di qualche passo prima che la voce di Aiichiro lo fermasse, chiamandolo. – Senpai! – disse, correndogli dietro. Quando giunse accanto a lui, aveva le labbra piegate agli angoli da un sorriso da monello che diede a Rin dei brividi nient’affatto spiacevoli. – Resta il fatto che hai mentito. – disse, - E quindi dovrò punirti, una volta che saremo tornati in camera.
Rin sorrise a propria volta, annuendo impercettibilmente.
Aveva giusto voglia di provare un po’ di spanking.
Genere: Erotico.
Pairing: Haruka/Rin/Makoto.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Threesome, Shota.
- Rin invita Haruka e Makoto a passare un pomeriggio insieme, convinto che nel pomeriggio potranno andare in spiaggia a nuotare. Peccato che si metta a piovere, e lui si ritrovi improvvisamente obbligato a trovare un modo per passare il tempo.
Note: Non so, ieri a una certa m'è presa di scrivere porno shota ed oggi verso sera avevo 4k di roba che potrebbe anche essere la più zozza che io abbia scritto quest'anno, almeno fino ad ora XD Evviva Free!, evviva l'OT3, evviva gli shotini, evviva le turbe mentali di Rin e il cazzo enorme di Makoto. *cough*
Scritta per la quarta settimana del #summerCOWT, su prompt pioggia d'estate, per votare per la splendida Artémis ♥
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THUNDERSTRUCK

Fuori piove già da un po’, e Rin sente di aver esaurito tutte le proprie risorse. Hanno giocato ai videogiochi, hanno guardato i cartoni animati, hanno parlato di cosa vogliono fare per il resto dell’estate – per due ore circa Rin si è divertito a descrivere nel dettaglio tutto ciò che farà in Australia quando si sarà trasferito, godendo sottilmente, quasi senza accorgersene, sia dell’espressione corrucciata di Haruka sia di quella più triste di Makoto che lo fissava – ed adesso non c’è davvero più niente da fare, e fuori continua a piovere.
Non dovrebbe piovere così, d’estate. L’estate non è una stagione da pioggia, l’estate dovrebbe essere una stagione calda per andare a fare il bagno, così Haruka non guarderebbe più fuori dalla finestra con l’aria di voler colare giù dal davanzale assieme alle gocce che si schiantano contro il vetro, e Rin non dovrebbe stare lì a fare il buffone per intrattenere lui e Makoto. Dopotutto è stata una sua idea quella di passare il pomeriggio insieme. Se loro si annoiano, è colpa sua. Se si annoiano, non vorranno più passare il tempo con lui, e invece hanno una staffetta da affrontare insieme di lì a poche settimane, e Rin non vuole che si allontanino. Non Haruka e Makoto, non adesso, almeno.
Sarebbe molto più facile se potessero uscire. Non piove così forte, Rin è sicuro che riuscirebbero ad arrivare in spiaggia e potrebbero fare il bagno. Magari non potrebbero allontanarsi troppo dalla riva, ma almeno Haruka, una volta a mollo, sarebbe tranquillo. Makoto, probabilmente, invece no, ma Rin non può pensare a troppe cose tutte insieme. Troppe cose tutte insieme lo confondono, e se deve per forza stabilire una scala di priorità non può certo prendersi in giro e mettere chiunque non sia Haruka al primo posto.
Mamma, però, quando le ha chiesto se potevano almeno uscire a fare una passeggiata, non ha voluto saperne. Lo conosce, e deve avergli letto negli occhi qualcosa che non l’ha convinta, perché ha negato risolutamente e ha detto a tutti e tre di tornare in camera a giocare. Poco dopo, ha portato loro del succo di frutta e dei biscotti, dicendo “visto? Potete divertirvi anche in casa”, e poi è andata via.
Adesso i bicchieri sono vuoti da un pezzo e sul piattino di porcellana bianca non sono rimaste che poche briciole, ma il problema resta, e loro non si stanno divertendo affatto.
- Ohi, Makoto. – sbuffa Rin, sollevando lo sguardo su di lui senza però sollevare la testa dalle braccia incrociate sul tavolo, - Ti va di fare una gara?
Makoto inarca le sopracciglia, fissandolo con evidente preoccupazione. Si sente in imbarazzo perché Rin si è rivolto a lui e non ad Haruka, ma allo stesso tempo è consapevole che si trattasse di una cosa ovvia. Da quando si sono incontrati la prima volta, volendo fare una gara Rin non ha mai chiesto ad Haruka. Forse perché ha perso la prima – anche se quella non è che fosse proprio una gara ufficiale – e non ci tiene a ripetere l’esperienza tanto presto.
- Una gara? – domanda Makoto, sbattendo le ciglia, - Che gara?
Rin non lo sa, ovviamente. Tutto quello che sa è che il suo cervello gli ha ordinato di inventarsi qualcosa per combattere la noia e quell’insopportabile sensazione di immobilità, e l’unica cosa alla quale è riuscito a pensare abbastanza in fretta è stata la parola “gara”. È sempre la parola “gara”.
Mentre si arrovella, cercando qualcosa da dire per non sembrare stupido, gli torna in mente la piscina, e i ragazzi più grandi sotto le docce. Si è fermato ad osservarli di nascosto più spesso di quanto non sia intenzionato ad ammettere anche con se stesso, ma ricorda le loro parole, i loro scherzi e le loro risate. Le labbra gli si arricciano in un sorriso furbo mentre piega appena il capo in un gesto inconsapevolmente provocante, i capelli rossi che gli scivolano sul collo, scoprendolo e solleticandogli la nuca.
- Facciamo una gara a chi ce l’ha più grosso. – dice.
La reazione di Makoto è immediata: stringe le mani a pugno e si irrigidisce tutto, spalancando gli occhi. Raddrizza la schiena, allontanandosi impercettibilmente.
- Ma… - balbetta, - Ma, Rin…
- Cosa? – ghigna lui, sollevando la testa, - Ti vergogni? – lancia un’occhiata ad Haruka ed il suo ghigno si allarga ancora di più, - Non vuoi farglielo vedere?
L’espressione di Haruka non cambia di un millimetro, ma d’altronde raramente capita che lo faccia, per cui Rin non se ne preoccupa. Torna a guardare Makoto, invece. Makoto che, nel frattempo, è arrossito fino alla punta delle orecchie e si sta agitando tutto, le gambe che tremano, piegate sotto il tavolo basso, e le braccia che si agitano a mezz’aria.
- Ma è che— - pigola imbarazzato, - E’ che, Rin—
- Smettila di fare il bambino. – la voce di Haruka risuona nell’aria completamente immobile della cameretta di Rin, ed è seguita da un silenzio che si prolunga, nel quale si sente solo il picchiettare della pioggia contro il vetro della finestra. – Non hai niente di cui vergognarti.
- Giusto! – gli fa eco Rin, euforico, entusiasta di aver trovato qualcos’altro da fare prima di cena, - Visto? E poi lo faremo insieme, al mio via ci abbasseremo i pantaloni nello stesso momento, così nessuno dovrà farlo per primo. E visto che non possiamo essere obbiettivi, Haru sarà il giudice.
- Che— Che cosa?! – geme Makoto, stridulo, arrossendo ancora di più, - No!
- Per me va bene. – scrolla le spalle Haruka, appoggiandosi al pavimento con entrambe le mani e stendendo le gambe.
- Ma nessuno mi sta a sentire? – piagnucola Makoto, abbassando lo sguardo. Rin gli offre in risposta solo una risata, e poi lo afferra per le spalle, tirandogli la maglietta per costringerlo ad alzarsi. Controvoglia, Makoto non può che obbedire, spinto dalla sua ostinazione e dallo sguardo fisso di Haruka, ed in pochi secondi si sistemano entrambi in piedi, l’uno accanto all’altro, proprio di fronte a lui.
- Okay. – dice Rin, - Sbottoniamoci i pantaloni.
Le mani di Makoto tremano, ma obbediscono quando Rin sfila il bottone dall’asola per primo, e poi abbassa la cerniera dei jeans che indossa. Haruka li fissa senza emozione, sbattendo le ciglia di tanto in tanto, con l’aria di uno che guarda qualcosa di molto noioso solo perché sa che fra un po’ lo spettacolo comincerà a cambiare ritmo.
- Ready, - dice Rin in un inglese quasi del tutto privo di accento, - Set, go!
Il fruscio dei pantaloni che scivolano lungo le loro gambe è lievissimo, ma riesce comunque a cancellare il rumore della pioggia per un paio di secondi. Rin abbassa lo sguardo su se stesso e sorride compiaciuto, oggi è in giornata buona.
Poi si volta a guardare Makoto, e gli casca il mondo addosso.
L’uccello di Makoto è enorme. E Rin non è un grande esperto di tredicenni, ora che ci pensa non gli è ancora mai capitato di vedere quello di Haruka e Nagisa sotto la doccia, perché loro smettono sempre di nuotare prima di lui, così come Makoto, e non capita mai che vadano via insieme, ma in compenso ha visto quelli di un sacco di ragazzi più grandi, e Makoto è gigantesco, è grosso quasi come quelli lì, è grosso da fare paura, è grosso da perderci la testa.
I pensieri gli si accalcano nel cervello senza che lui riesca a frenarli o ad ordinarli, gli si agitano nella testa immagini disturbanti, e su tutte l’istantanea così recente di quel coso enorme, così enorme che vorrebbe guardare altrove ma non ci riesce. Gli si stringe lo stomaco in una morsa che quasi gli mozza il respiro. Non si rende conto di aver cambiato espressione, ma Haruka lo vede, e le sue labbra si piegano in un ghigno divertito che non gli aveva mai visto addosso prima d’ora.
- Mi sa che abbiamo un vincitore. – dice atono. Rin arrossisce violentemente.
- Sta’ zitto! – urla, la voce appena un po’ troppo alta e stridula. Si schiarisce la gola e torna a guardare Makoto. – Ma com’è possibile? – bisbiglia avvicinandosi, quasi piegato in due per osservarlo meglio. Stupito da quel gesto, Makoto si ritrae, accennando a tirarsi su i pantaloni, ma Rin gli stringe i polsi fra le dita, fermandolo. – Aspetta! – dice, - Fammi guardare.
- Ma Rin, - piagnucola Makoto, gli occhi pieni di lacrime d’imbarazzo, - Per favore!
- Smettila di fare la bimbetta! – abbaia Rin, rimproverandolo aspramente, - Fammi vedere. – conclude più tranquillamente. Poi si mette in ginocchio proprio di fronte a lui, ed allunga una mano nella sua direzione, sfiorandone la lunghezza con due dita. Lo sente rabbrividire sotto i polpastrelli, e quel brivido gli passa addosso come se Makoto gliel’avesse attaccato.
- Rin, no. – mugola, afferrandogli un polso e stringendo, - Non— se lo tocchi—
- Lo so benissimo cosa succede se lo tocco, Makoto. – sbuffa Rin, lanciandogli un’occhiata infastidita, - Sei proprio scemo.
- Ma se lo sai, non farlo, no?! – sbotta Makoto, strattonandogli un po’ la mano per costringerlo a lasciarlo. Rin si rifiuta, però, e stringe le dita attorno a lui, massaggiandolo piano.
- E smettila. – dice, tutto assorto in quello che sta facendo, - Voglio vedere come diventa. Se è così grosso adesso…
- Rin… - Makoto geme, serrando le dita attorno al polso di Rin senza però più provare ad allontanarlo, come se avesse soltanto bisogno di aggrapparsi a qualcosa. Rin gli lancia un’occhiata dal basso, arricciando le labbra in un mezzo broncio, ed al solo vederlo Makoto arrossisce così violentemente che Rin non può fare a meno di sorridere, solleticato da un’idea estemporanea.
- Voglio provare. – dice. Makoto spalanca gli occhi e trattiene il fiato.
- No! – quasi strilla, terrorizzato, - No, Rin, aspetta!
Ma Rin non aspetta, d’altronde non l’ha mai fatto. Non pensa neanche che c’è Haruka, ancora seduto da qualche parte nella stanza, che li guarda e chissà cosa pensa. A Rin non interessa poi tanto, per adesso. Le reazioni di Makoto sono molto più divertenti.
Si avvicina lentamente, ma non perché abbia paura. Lo fa di proposito perché gli piace sentire Makoto tremare di paura e aspettativa sotto le dita. E quando serra le labbra attorno alla punta del suo cazzo e succhia piano, come se avesse fra le dita un leccalecca, il gemito forte e scomposto che Makoto si lascia sfuggire è talmente piacevole che Rin se lo sente gocciolare lento lungo la schiena in un brivido che glielo fa venire duro all’istante.
Si allontana, schiude gli occhi e lo guarda, e adesso è duro anche Makoto. Prevedibilmente, è ancora più grosso di prima. Non si è solo allungato, è anche gonfiato, e la pelle attorno alla lunghezza è talmente tesa da lasciare scoperta la punta, che brilla della saliva di Rin e del liquido pre-seminale che gocciola già dal buchetto in cima.
Senza accorgersene, Rin si lecca le labbra, cercandosi addosso il sapore di Makoto, e sorride quando lo trova.
- Mi piace un sacco. – ammette onestamente, - Ed è davvero enorme. – lascia scivolare la mano chiusa a pugno per tutta la lunghezza, e Makoto ormai è ridotto ad una massa di ossa robuste e muscoli tremanti. È quasi ridicolo, perché è così grande che Rin si sente quasi sopraffatto, ma allo stesso tempo ha gli occhi pieni di lacrime e le guance rossissime, e sembra così un bambino che Rin non può fare a meno di intenerirsi. Poi si ricorda di Haruka, perché il suo cervello può andare avanti solo per un limitato periodo di tempo prima di ripresentargli davanti agli occhi la sua immagine, ed istintivamente si volta a cercarlo. Lo trova ancora seduto, immobile nella stessa posizione in cui era quando l’ha guardato l’ultima volta, e punta un dito contro l’erezione di Makoto, senza staccargli gli occhi di dosso. – Tu non sei curioso? – gli chiede, - Non lo vuoi toccare?
Haruka scrolla le spalle, affatto impressionato.
- Makoto me lo lascia toccare quasi ogni giorno. – rivela senza particolari imbarazzi.
- Ha— Haru-chan! – geme Makoto in un lamento strozzato, - Non—
- Ma perché ti vergogni? – domande Haruka, piantandogli addosso un paio d’occhi di un azzurro gelato e impossibile, - L’hai visto cosa ti ha fatto? Non c’è niente per cui imbarazzarti.
- E’ vero. – conferma Rin, ma non può impedire alle proprie labbra di piegarsi in una smorfia infastidita al pensiero di Makoto ed Haruka che fanno queste cose da soli, per conto loro. Certo, è comprensibile, si conoscono da quando erano bambini, Rin è solo l’ultimo arrivato. Non può certo essere geloso di tutto quello che facevano mentre ancora lui non li conosceva. Però lo è.
- …voglio vedere se entra. – dice tutto d’un fiato. E sa che è principalmente la gelosia a parlare – il suo cervello non concepisce che Makoto possa avere qualcosa di Haruka che lui non ha, che Haruka possa avere qualcosa di Makoto che lui non può prendere, che entrambi condividano qualcosa alla quale lui non può nemmeno avvicinarsi –, ma non è solo quello. È anche curiosità, è la sensazione dell’uccello enorme di Makoto sulla lingua, il suo sapore in bocca che gli scivola giù per la gola, la sua durezza sotto le dita.
Vuole provare, e lo sguardo impassibile di Haruka non lo fermerà, e le lagne di Makoto nemmeno.
Si volta, ruotando sulle ginocchia, e si piega in avanti, le mani bene aperte sul pavimento. Volta indietro il capo per guardare Makoto.
- Dai! – dice.
È una parola sola, ma nel cervello di Makoto fa da interruttore e provoca una detonazione che lo lascia stordito. Rin glielo legge negli occhi e sorride.
- Dai. – ripete più dolcemente.
- Rin, non so se—
- Eddai, Makoto! – sbotta Rin, - Cos’è, vuoi farmi implorare? Sei insopportabile.
Makoto si irrigidisce tutto, mortificato dal rimprovero, e deglutisce, stringendo i pugni come per darsi coraggio.
- Va bene… - dice con un filo di voce, - Scusami.
Haruka pianta entrambi i gomiti sul tavolo ed appoggia il mento sui palmi delle mani a coppa, sulle labbra l’ombra di un sorriso divertito.
- Makoto, - dice, - Sei proprio stupido.
Makoto arrossisce ancora ed abbassa lo sguardo, chiudendo le mani attorno ai fianchi magri di Rin. Anche le sue mani sono grandi, pensa Rin, passandosi la lingua sulle labbra, mentre sente qualcosa contrarsi e fare quasi male appena sotto lo stomaco.
Stringe i pugni, pensando che farà male. Non può non fare male. Anche se Makoto esita, anche se lo sfiora con le dita bagnate, la punta del pollice che preme dentro di lui, allargando la sua apertura, non può che fare male, perché Makoto è troppo grosso.
Chiude gli occhi e digrigna i denti nel sentire la sommità gonfia e calda del suo cazzo premere contro di lui, cercare di farsi strada dentro al suo corpo. I fianchi di Makoto si muovono lievemente in avanti e Rin lo sente sgusciare fra le sue natiche, bagnato e bollente, e gli sfugge di bocca un gemito un po’ troppo infantile, per i suoi gusti, che cerca con poco successo di ricacciarsi in gola.
- Non va… - mugola Makoto, quasi scusandosi per la propria incompetenza, - Non riesco.
- Non stai provando abbastanza. – ringhia Rin. Lancia un’occhiata ad Haruka e vede i suoi occhi, la sua espressione indifferente, e capisce che loro devono averlo già fatto, devono aver provato per forza, e Makoto, con Haruka, dev’esserci riuscito. Per forza. E Rin non può accettarlo. Stende un braccio indietro, afferrando Makoto per un fianco per impedirgli di allontanarsi. – Riprova. – dice risoluto.
Makoto deglutisce e non sembra entusiasta, all’idea, ma ha ormai capito che ribellarsi e provare a sottrarsi agli ordini di Rin sarà del tutto inutile, perché lui non glielo lascerà fare. Perciò stringe delicatamente la propria erezione fra le dita e la guida nuovamente verso l’apertura arrossata di Rin, provando a spingersi di nuovo dentro di lui. Stavolta, la punta riesce ad entrare per un paio di centimetri, e Rin, sentendosi già tirato all’inverosimile, sbatte un pugno contro il pavimento, respirando affannosamente.
- Rin, non voglio farti male. – dice Makoto con tono implorante, ma anche lui respira a fatica, e le sue dita forti sono strette intorno ai fianchi di Rin al punto da lasciargli segni arrossati sulla pelle lievemente abbronzata. – Lasciami—
- Sta’ zitto. – ruggisce Rin, rendendosi conto di essersi morso le labbra con troppa forza solo quando comincia a sentirle indolenzite. Molla la presa, passando la lingua sul segno dei denti e rabbrividendo di piacere. – Haruka— vieni qui.
Haruka spalanca gli occhi ed inarca le sopracciglia, e per un secondo tutto il suo corpo si irrigidisce in una posa statica e innaturale, i gomiti ancora premuti sul tavolo, le mani ancora aperte, i palmi rivolti verso l’alto, ma il mento sollevato, le labbra dischiuse in un’espressione sorpresa. Rin sogghigna soddisfatto, realizzando che non si aspettava di essere chiamato in causa a questo punto, e che la cosa lo turba.
Lo stupore di Haruka dura solo un paio di secondi, comunque. Una volta passato, a lui non resta che alzarsi e raggiungerli, e lo fa, inginocchiandosi di fronte a Rin e poi sedendosi a gambe incrociate a qualche centimetro da lui.
Rin ha bisogno di distrarsi, perché Makoto fa male, ma lui non ha intenzione di rinunciare a prenderlo dentro quanto più può. Ormai è una questione di principio. Se solo solleva gli occhi sulla faccia da stronzetto imperturbabile di Haruka, si sente divampare dentro un incendio. Non può accettare di essere da meno di lui, non può assolutamente accettarlo.
Solleva entrambe le mani e le lascia planare goffamente sul bottone che tiene chiusi i pantaloni di Haruka. Lo sfila dall’asola e poi li tira giù con forza, quasi strattonando, finché Haruka non capisce l’antifona e solleva i fianchi dal pavimento, lasciandoseli scivolare giù lungo le cosce snelle, dai muscoli già ben definiti. Rin non è stupito di vedere che indossa il costume da bagno, sotto i pantaloni, e ride divertito mentre abbassa anche quello.
- Rin— - mugola Makoto, dietro di lui, e Rin sta quasi per abbaiargli contro di stare zitto, una buona volta, ma poi lo sente avvicinarsi un po’ per sbirciare la scena oltre la sua spalla, e nel movimento lo sente farsi strada dentro di lui per un buon paio di centimetri in più. Soffocata dal bruciore, la sensazione di piacere è comunque nitida e così improvvisa da colpirlo quasi con violenza. Sente nuovamente il sapore di Makoto in bocca, sente il fantasma della consistenza della sua erezione sulla lingua e d’un tratto vuole di nuovo quella sensazione.
Guarda in basso, ed anche Haruka ormai è duro. Solo perché li ha guardati, pensa Rin con soddisfazione, è diventato durissimo, e non hanno nemmeno dovuto toccarlo.
La dimensioni di Haruka non sono neanche lontanamente paragonabili a quelle di Makoto – Rin dubita che qualcosa, nel mondo, lo sia – ma dovrà farselo bastare per forza. Si china su di lui, piegando la schiena in modo da esporsi ancora di più per Makoto, che geme profondamente nel sentirsi scivolare ancora più in profondità dentro di lui. La strenua resistenza del suo corpo, della sua apertura arrossata e irritata dalla forzatura e dallo sfregamento, sta cominciando ad affievolirsi, e Rin lascia andare un gemito liquido di trionfo e soddisfazione mentre serra le labbra attorno al cazzo durissimo di Haruka e succhia, succhia fortissimo, come se dovesse succhiargli via l’anima per rubargliela.
Haruka non geme. Gli sfugge dalle labbra un mugugno minuscolo, appena udibile, ma non importa, perché anche se non lo sente parlare Rin sa che gli sta piacendo. Ne ha la certezza quando Haruka solleva una mano e gli afferra i capelli, tirandolo verso l’alto e poi spingendolo verso il basso, per fargli capire cosa vuole anche senza dirglielo. E Rin lo capisce al volo, pianta entrambe le mani per terra e le usa come perno per sollevarsi ed abbassarsi ritmicamente su di lui. E più lui si muove, più Makoto perde il controllo, rapito dallo spettacolo che gli offrono.
Rin lo sente muoversi confusamente contro di lui, lo sente affondare e poi ritrarsi, ma il suo cazzo è talmente gonfio che a lui sembra di riuscire a contenerlo a stento, gli sembra che ogni volta che si tira indietro minacci di uscire, ed il pensiero è straziante e delizioso allo stesso tempo.
Haruka getta indietro il capo, gli occhi chiusi e il respiro affannoso, mentre la lingua di Rin gli si attorciglia attorno al cazzo, la punta che si strofina contro il palato ogni volta che la sua testa si solleva e poi si riabbassa su di lui. Rin succhia ancora una volta, forte, e stavolta Haruka geme, e i fianchi di Makoto scattano in avanti in un movimento improvviso, imperioso e involontario, che spinge Rin quasi oltre il limite ma che è troppo maldestro per non spingerlo ad uscire da lui con uno schiocco bagnato ed osceno.
Rin si solleva, separandosi controvoglia dall’erezione di Haruka, solo perché la scarica di dolore che gli si è arrampicata lungo la spina dorsale è stata troppo intensa per non sfogarla in un lamento.
- Scusa! – pigola Makoto, stringendogli le natiche fra le mani e lasciandovi scorrere in mezzo la sua erezione in una carezza premurosa, - Aspetta, so come fare. – dice quindi, annuendo a se stesso.
Rin geme ancora, ed a questo punto sarebbe disposto a lasciarsi fare di tutto. Nonostante il dolore e l’indolenzimento, è così duro che si sente impazzire, non ce la fa più. Si getta su Haruka, prendendolo in bocca fino alla base e succhiando affamato, mentre le mani di Makoto gli scorrono lungo le cosce, invitandolo a chiudere le gambe. Lui segue le sue direttive senza nemmeno accorgersene, ed è felice di averlo fatto quando sente il cazzo enorme e durissimo e bagnato di Makoto scivolargli fra le cosce. Lo sente strofinarsi contro i testicoli e contro la propria erezione turgida per tutta la sua lunghezza, e se non fosse così impegnato a farsi scivolare giù Haruka dritto in gola si metterebbe a urlare di piacere.
È troppo bello per durare, e infatti dura pochissimo. Due spinte, e Rin viene con un gemito soffocato, schizzando sul pavimento. Confuso e scosso dai brividi, solleva il viso, lasciandosi scappare l’uccello di Haruka dalla bocca, ma non prima di averlo leccato un’ultima volta dalla base alla punta. Haruka stringe forte le palpebre, si morde il labbro inferiore e poi gli viene addosso, e Rin fa appena in tempo a chiudere gli occhi prima di sentire il suo orgasmo colargli giù lungo una guancia. Tira fuori la lingua e ne lecca via una goccia, sente il sapore di Haruka in bocca e gli sorride. Haruka arrossisce, e questo gli piace quasi più di un orgasmo.
Ci mette un po’ a realizzare di stare ancora dondolando velocemente avanti e indietro. Poi sente i gemiti soffocati di Makoto e capisce che lui non è ancora venuto. Sconvolto, piega il collo per lanciargli un’occhiata ed assicurarsi di aver capito bene, e Makoto è bellissimo. C’è un velo di sudore che gli copre la fronte, ha gli occhi chiusi e i capelli scompigliati sulla testa, le sue labbra bagnate sono dischiuse ed ogni tanto la lingua fa capolino per inumidirle. I muscoli delle sue spalle sono tesi, così come quelli delle sue braccia, e le sue mani sono chiuse con forza attorno ai fianchi di Rin. È durissimo, mentre si strofina veloce nello spazio fra le sue cosce, bagnato e gocciolante di sperma e sudore, e la sensazione è intensa quasi al punto da farglielo tornare duro un’altra volta.
Fortunatamente, Makoto dimostra di essere anche lui umano quando, pochi secondi dopo, si lascia sfuggire un gemito piagnucoloso e viene. Rin sente gli schizzi caldi del suo orgasmo gocciolargli lungo lo stomaco e le cosce, ed il suo corpo è scosso da un brivido tale che all’improvviso non riesce più a reggersi sulle mani, e si accascia contro Haruka. È tutto indolenzito e comincia a sentire la fatica, tutto il suo corpo si rifiuta risolutamente di muoversi e lui non si sente carico abbastanza da costringerlo a farlo controvoglia.
Makoto quasi gli si sdraia addosso, respirando forte contro la sua nuca. Gli sbuffi di fiato lo solleticano e lo irritano un po’, ma nel momento in cui Haruka solleva una mano e gliela passa fra i capelli, scostandoglieli delicatamente dagli occhi, dalla fronte e dalle guance sudate, a Rin non importa più.
- Non è stato malaccio. – dice con un sorriso ironico, voltandosi sulla schiena ed appoggiando la testa sulle gambe nude di Haruka mentre Makoto gli lascia appena lo spazio per muoversi prima di lasciarsi ricadere con uno sbuffo su di lui, anche lui appoggiando il capo fra le ginocchia di Haruka. – Potreste tornare domani? – domanda, il sorriso che si allarga in un ghigno malizioso, - Ho sentito al telegiornale che dovrebbe piovere per tutto il resto della settimana.
Genere: Introspettivo, Romantico, Erotico.
Pairing: Makoto/Haruka, Rin/Haruka, Rin/Haruka/Makoto.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Threesome, Lemon, Angst.
- "Makoto lascia Haruka un paio di settimane dopo il ritorno di Rin dall’Australia. Si sente obbligato a farlo, in un certo senso, quando li trova avvinghiati l’uno all’altro contro il lavandino della cucina, in casa di Haruka."
Note: Credevo fosse una PWP, invece erano feels. Però almeno il porno c'è.
La storia partecipa alla seconda settimana del #summerCOWT, sfida 3, prompt altrove, e alla sfida di 500themes_ita sul prompt #75 (Sollievo miracoloso).
All publicly recognizable characters, settings, etc. are the property of their respective owners. Original characters and plots are the property of the author. The author is in no way associated with the owners, creators, or producers of any previously copyrighted material. No copyright infringement is intended.
A WAVE WASHING OVER ME

Makoto lascia Haruka un paio di settimane dopo il ritorno di Rin dall’Australia. Si sente obbligato a farlo, in un certo senso, quando li trova avvinghiati l’uno all’altro contro il lavandino della cucina, in casa di Haruka.
Non può dire che trovarli in quelle condizioni lo stupisca, d’altronde ha sempre saputo che qualcosa del genere sarebbe successa, prima o poi. Ha sempre saputo che prima o poi Rin sarebbe tornato e questa non è che la naturale conseguenza del suo ritorno.
Haruka ha sempre girato attorno a Rin come un piccolo pianeta solitario attorno al suo sole. Makoto ci pensa e ci ripensa e non riesce a trovare un paragone più azzeccato di questo. La faccia del pianeta-Haruka sembrava illuminarsi di riflesso solo col sorriso del sole-Rin.
La luna-Makoto gravitava silenziosamente attorno al pianeta-Haruka, satellite in ombra, legato alla gravità di entrambi.
Diventare il ragazzo di Haruka è stata una fortuna insperata, un’occasione che Makoto non aveva mai creduto avrebbe potuto presentarsi alla sua porta. Certo, non c’è mai stato niente di ufficiale tra loro – non c’è neanche adesso – ma nel corso degli ultimi anni il loro rapporto si è evoluto. E Makoto non ha fatto niente perché questo miracolo si verificasse, cosa che l’ha reso ancora più prezioso.
Semplicemente, nel corso della lunga eclissi che è passata dall’ultimo raggio di Rin al successivo, Haruka s’è andato avvicinando. Makoto non ha fatto niente per favorire il suo avvicinamento, troppo spaventato dalla possibilità che, muovendosi troppo, potesse allontanarlo, ma non ha neanche fatto niente per fermarlo, decidendo per la prima volta nella sua vita di correre il rischio, lanciarsi ad occhi chiusi contro la fortuna.
Si è concesso di sperare contro ogni prudenza alla quale il suo lungo rapporto con Haruka l’avesse abituato, insomma. Ha scommesso su se stesso contro il ricordo indelebile del sorriso enorme di un Rin irraggiungibile.
Apparentemente, almeno a giudicare dalla fame con la quale Haruka e Rin si mordono le labbra a vicenda, ha perso.
- Makoto. – dice Rin, riportandolo troppo velocemente sulla terra mentre si volta a guardarlo. Makoto non può fare a meno di notare che una delle sue mani resta appesa al fianco di Haruka, che non fa niente per scrollarsela di dosso. È una dichiarazione di possesso, ed una di appartenenza. È un gesto che dice, da solo, tutto quello che Makoto avrebbe preferito non dover sentire dire mai. – Non voglio vedere isterismi di nessun tipo. Stai calmo.
Le parole di Rin suonano alle orecchie di Makoto come le parole di un pazzo. Spalanca gli occhi e si volta a guardare Haruka. Haruka gli ricambia l’occhiata con la solita inespressività assoluta, ma d’altronde Makoto può contare sulle punte delle dita le volte in cui ha visto i suoi occhi accendersi di una qualche emozione, ed in nessuno di quei casi la sua persona era in alcun modo contemplata.
- Lascia che ti spieghi. – dice Rin, e Makoto trema. Sentirsi dire “non è come sembra” sarebbe troppo da sopportare perfino per lui.
- Mi sembra che sia già tutto molto chiaro. – risponde Makoto.
Rin aggrotta le sopracciglia e chiude la bocca, irritato dal dovergli dare ragione. Makoto sa cosa Rin vorrebbe dirgli, vorrebbe spiegargli che quello che c’è fra lui ed Haruka non deve necessariamente influenzare quello che condivide con Makoto, che sono due cose diverse, che possono coesistere, che forse dovrebbero coesistere. Ma Makoto non ha alcun bisogno di sentirsi dire niente del genere, perché li conosce, e già lo sa.
Fra Haruka e Rin c’è qualcosa che risuona. Haruka è completamente sopraffatto da Rin, lui gli accende qualcosa dentro, è una scintilla che lo rende diverso, ed Haruka è innamorato della persona che diventa quando è con lui. I suoi occhi cambiano colore quando sono insieme, la sua pelle si riscalda quando si toccano, c’è una connessione chimica, un’eco molecolare, atomica, che li lega l’uno all’altro con filamenti invisibili. È sempre stato così, dalla prima volta che si sono visti.
Rin guarda Haruka e vede la sfida di una vita. Guarda il suo volto algido, la linea netta e rigida delle sue labbra, e non desidera altro che possederlo. Vincerlo, abbatterlo, disfarlo – ma non è lui che vuole distruggere, sono le sue difese. L’obiettivo eterno di Rin è spogliare Haruka di tutto, ridurlo al suo nucleo morbido e pulsante ed affondarci i denti. Prenderne un morso e trattenerlo per sé.
Il loro è un richiamo assoluto, istintivo, animalesco. Non ha niente a che vedere con i sentimenti che spingono Makoto verso entrambi. Non ha niente dell’adorazione assoluta che Makoto riserva ad Haruka, non ha niente del fascino oscuro e magnetico che Rin esercita su di lui.
Makoto sa che sono tutte cose che possono coesistere. La sua devozione per Haruka, la totale dipendenza di Haruka nei suoi confronti, la sua fascinazione nei confronti di Rin e la curiosità che Rin sente stuzzicata dentro di sé nei suoi confronti, e la fame primordiale che avvolge Rin ed Haruka in un bozzolo segreto che dipende solo da loro due. Tutto può trovare uno spazio, tutto può incastrarsi nella stessa situazione, possono dividere i tempi e gli spazi e possono farlo a lungo, ma c’è qualcos’altro, dietro, qualcosa che Rin non prende mai nemmeno in considerazione perché non ha la mentalità giusta per farlo.
D’altronde, Rin non è mai stato bravo a parlare d’amore. È sempre stato un campione a scherzarci su, è sempre stato fenomenale ad evitarlo, scansandolo come una brutta malattia, non è mai stato bravo a capirlo. La possibilità di essere innamorato di Haruka non l’ha mai neanche sfiorato, come d’altronde Makoto sospetta non abbia neanche mai sfiorato Haruka stesso.
Forse nessuno dei due ne sente il bisogno, ma la verità è che non si sono mai dati una possibilità di provarci. Non ne hanno avuto il tempo, il loro rapporto si è bruciato troppo in fretta, e ne sono rimaste solo ceneri ardenti che tornano a prendere fuoco ogni volta che si vedono.
Ma vivere questa cosa come l’abbiamo vissuta noi non è normale, pensa Makoto, abbassando lo sguardo di fronte a quello severo di Rin e a quello di ghiaccio di Haruka, Una persona dovrebbe stare con un’altra persona, qualcuno che possa farlo stare bene, che possa amarlo completamente. Una persona come Haruka merita di stare con qualcuno che ama e che possa amarlo a sua volta. Forse quella persona è Rin.
- Io penso che sia meglio chiuderla qui. – dice in un filo di voce. Non alza lo sguardo perché non vuole vedere l’espressione di Haruka restare sempre uguale. Preferisce non guardare e concedersi l’illusione di immaginarlo piegare le labbra in una smorfia triste, anche se non fa niente per fermarlo.
Rin fa schioccare la lingua, irritato.
- Mi sembrava di aver detto “niente isterismi”. – dice.
Makoto gli offre un sorriso di scuse. Non sa neanche per cosa si sta scusando. Forse di esistere.
- Non ne sto facendo. – dice, - È solo meglio così.
- No, questo sei solo tu che fai l’attrice drammatica del cinema muto degli anni Venti. – ritorce Rin, acido, - Makoto il martire seriale, Makoto che si sacrifica, Makoto che se ne va perché “è meglio così, vi lascio a voi stessi”, bella roba.
- Cosa dovrei fare, restare qui mentre ti sbatti il mio ragazzo davanti a me? – insiste Makoto con lo stesso sorriso evanescente, gli occhi piantati sul pavimento, - Hai vinto, Rin. È quello che hai sempre voluto, vero? Hai vinto. Haruka è tuo.
- Sei un coglione. – ringhia Rin.
Il sorriso di Makoto si fa ancora più triste.
- Sì. – annuisce.
- Sì, ma non per i motivi che pensi tu! – insiste Rin, alzando la voce, - Sei sempre il solito, non sei cambiato affatto! Sei un codardo spaventato dalla sua stessa ombra, sei—
- Rin.
La voce di Haruka è bassa, un sussurro appena udibile, ma non appena la sente Rin chiude la bocca. Haruka gli appoggia una mano alla spalla e Rin ringhia un’ultima volta, ma si fa indietro, e lascia stare.
Makoto allora solleva lo sguardo, trova il volto di Haruka ed è sempre il solito, non è cambiato. Lo fissa, le labbra dischiuse, un fremito di speranza negli occhi. Forse mi chiederà di restare, pensa, Forse dirà a Rin di andarsene, e chiederà a me di restare.
- Vattene, allora. – dice invece Haruka.
Makoto pensa solo che avrebbe dovuto saperlo.
*
Lo incontra per caso una settimana dopo, al centro commerciale. Rin sta leccando un ghiacciolo con l’aria di uno che può permettersi di fare un po’ quel cazzo che gli pare e, guardandolo, Makoto cerca di pensare ad un singolo avvenimento della sua recente settimana, e non ne ricorda nemmeno uno. Sa di essere andato a scuola, sa di aver saltato tutti gli allenamenti del club di nuoto, sa di essere tornato a casa e di aver fatto i compiti e badato ai suoi fratelli, sa tutte queste cose ma nessun avvenimento gli è rimasto attaccato alla memoria, e per qualche motivo si sente in difetto.
Rin è solo, e Makoto si stupisce di non trovarlo con Haruka. Non sa perché si stupisca, Rin non gli è mai sembrato il tipo da rimanere sempre appiccicato al suo ragazzo, e di sicuro Haruka non lo è – ci pensa e gli vengono in mente con una facilità dolorosa almeno un centinaio di occasioni in cui è stato lui a doverlo cercare per primo per passare un po’ di tempo con lui, anche quando stavano insieme –, ma in qualche modo è come se avesse sempre creduto che, una volta che quei due si fossero finalmente trovati, poi separarli, anche solo per qualche secondo al giorno, sarebbe stato impossibile. E lo turba vedere coi propri occhi che così non è.
Comunque, non ha nessuna voglia di fermarsi a parlare con lui, e cerca di passargli oltre, ma naturalmente, nel momento esatto in cui lui gli attraversa la strada, Rin tira un calcio alla sedia vuota che ha di fronte, mandandogliela praticamente a sbattere contro le ginocchia.
- Siediti. – dice.
Makoto deglutisce, quando i loro sguardi si incontrano.
- … forse è meglio se vado. – prova. Rin sbatte la mano contro il tavolo con tanta forza da far girare quasi tutti i clienti seduti ai loro tavolini tutto intorno.
- Makoto, se non la smetti giuro che ti prendo a pugni. – dice. – Ora piantala di fare la testa di cazzo, siediti e facciamo conversazione.
Makoto vorrebbe avere la forza di mandarlo a quel paese, e invece non riesce a fare altro che sospirare e sedersi, lo zaino fra le ginocchia, le mani abbandonate in grembo.
Rin continua a leccare il suo ghiacciolo. Makoto gli lancia un’occhiata e, come al solito, è sconvolto dalla naturalezza della sua sfacciataggine. Rin non è mai stato una persona particolarmente sincera e genuina, c’è sempre stato un che di artefatto in lui, ma Makoto ha sempre creduto fosse normale. Nessuno è naturalmente dotato di tanto fascino. Tanto, d’accordo, ma non quanto ne aveva Rin fin dall’infanzia. Da bambino Rin avrebbe potuto scatenare uragani con un sorriso. Ora fa lo stesso con uno sguardo.
Tuttavia, per quanto artefatto e a tratti forzato fosse il suo modo di fare, la sicurezza, la confidenza che Rin aveva nei riguardi del proprio corpo non era mai stata fasulla. Si vedeva quanto a proprio agio si sentisse all’interno della propria pelle, la indossava come un vestito di sartoria cucito su misura, un completo elegante abituato ad attirare gli sguardi della gente.
Makoto lo ha sempre invidiato per questo. Era stato un bambino troppo grosso, dall’ossatura troppo robusta. Troppo alto per la sua età, con le spalle troppo larghe per le magliette della sua taglia, le gambe troppo lunghe per i pantaloni della sua misura. Rin aveva sempre avuto il fisico giusto, l’altezza giusta. Lui ed Haruka sono sempre stati così simili. Di una bellezza assolutamente inavvicinabile, per lui.
Non è mai riuscito ad odiare Haruka, per questo. Ma Rin sì. A tratti, nel corso della sua infanzia – a tratti, anche adesso –, Makoto ha odiato Rin. Makoto lo odia ancora.
- Non mi chiedi niente? – domanda Rin. È così nervoso ed irritato che gli trema la voce. È sempre stato così emotivo. La sua qualità redentrice. E sa come usarla – ogni volta che Makoto pensa che lo prenderebbe volentieri a pugni in faccia, quel tremito nella voce di Rin, quella luce incerta nei suoi occhi, quel modo di piegare le labbra come in preda a un tormento segreto che non lo lascia mai in pace, è in grado di scatenargli dentro reazioni surreali, ed a quel punto vorrebbe solo abbracciarlo, premersi forte il suo viso contro il petto e dirgli “va bene, Rin, ho capito. È tutto a posto. Piangi, se devi, arrabbiati, se devi, prendimi a pugni, se vuoi. Sfogati”, e qualsiasi odio possa aver provato per lui fino ad un secondo prima svanisce in quell’improvviso, divampante desiderio di tenerlo stretto e farlo stare bene.
Rin è sempre stato un’anima inquieta. Makoto ha sempre avuto una predisposizione naturale per quelli come lui.
Vorrebbe sospirare e dire “cosa vuoi che ti chieda, Rin”. Invece sospira comunque e segue le regole del gioco.
- Come stai? – domanda. Rin ha detto di voler fare conversazione. Quindi faranno conversazione. Rin non accetta mai che le cose vadano differentemente da come le ha pianificate. Niente fa eccezione, nella sua vita. Se le cose non vanno come dice lui, lui prende e va via.
È un’opzione che, se non fosse così disperatamente innamorato di Haruka – al punto da sapere che, se Rin andasse via per causa sua, Haruka non riuscirebbe mai a perdonarlo –, Makoto prenderebbe volentieri in considerazione.
- Una merda, grazie. – risponde Rin. Lecca il bastoncino attorno al quale il ghiacciolo è andato scomparendo negli ultimi minuti, una lappata dopo l’altra, e poi lo getta nel cestino poco distante. – Tu?
Makoto lo conosce a sufficienza da sapere che non gliene frega assolutamente niente, di come sta lui, perciò non perde tempo a rispondere.
- Perché stai male? – domanda invece, lo sguardo basso, forzandosi addosso un sorriso dietro al quale si sente più sicuro.
- Non ti viene in mente nessuna possibile risposta? – domanda Rin, acido. Makoto scuote lentamente il capo, e Rin grugnisce, frustrato. – Allora te ne do una io. Lo sai in che condizioni è rimasto Haruka fin dal giorno in cui l’hai mollato?
Makoto stringe le dita attorno allo zaino.
- È felice? – domanda.
- No, testa di cazzo che non sei altro, no che non è felice. E sei ancora più idiota di quanto pensassi se lo credi davvero.
Makoto abbassa lo sguardo e non dice niente.
- Be’? – domanda Rin.
Makoto tace ancora.
- Makoto!
- Ma cosa vuoi che ti dica?! – esplode lui tutto insieme. L’ondata che gli riempie il petto è un miscuglio confuso di rabbia, frustrazione e tristezza. Cosa gliene frega, di come sta Haruka? Cosa gliene frega se si lascia morire annegato in una vasca da bagno? Cosa gliene frega se smette di mangiare e dormire, cosa? Deve pensare a se stesso! Al suo cuore, al vuoto disgustoso e appiccicaticcio che sente allargarsi nel petto, una pozza di catrame nerissimo dalla quale si sente inghiottito quando anche solo pensa all’eventualità di accettarne l’esistenza! Come può pensare ad Haruka? Come può pensare che sta male? Chi ci pensa a lui? C’è Rin, con Haruka! Per quanto Haruka possa stare male, c’è Rin con lui! Ma Rin non è con Makoto, no! Ovviamente no. Con Makoto c’è solo Makoto, e Makoto si detesta. – Lasciami in pace, Rin. – dice in un rantolo, stringendo i pugni al punto da farsi male da solo ficcandosi le unghie nei palmi, - Lasciami in pace e basta.
Rin non dice niente per un sacco di tempo. Resta così perfettamente silenzioso ed immobile che ad un certo punto Makoto è costretto a guardarlo per assicurarsi che sia ancora lì. C’è ancora. Lo guarda, è furioso. Quando parla, lo fa con un ringhio nella voce trattenuto a stento.
- Makoto. – dice, - Haruka non è nemmeno uscito di casa, negli ultimi giorni. E guardami, - aggiunge indicandosi, - Io ti sembro il tipo da poter stare dietro alle sue paranoie autistiche del cazzo? Quando lo vedo accucciato in quella vasca da bagno di merda, con l’occhio languido che strilla “Makoto, Makoto, dove sei? Perché non sei qui a salvarmi da me stesso?”, secondo te a me cosa viene voglia di fare? Mi viene voglia di prendergli la mano e aiutarlo ad uscire? No, cazzo. Mi viene voglia di affogarlo.
Makoto trema visibilmente, spalancando gli occhi. Lo fissa, le labbra dischiuse, gli occhi pieni di confusione.
- Sicuramente—
- Esagero? – domanda Rin, - No. – poi sospira, passandosi una mano fra i capelli in un gesto al cui magnetismo Makoto non si è mai abituato. Qualcosa nel modo in cui le sue dita si perdono in quella massa arruffata di capelli rossi, qualcosa nella sua espressione quando accade. C’è un erotismo sfacciato che si emana da ogni gesto di Rin, una specie di fiotto liquido e caldo che, a tratti, Makoto si sente addosso con una chiarezza disturbante. – Senti, Makoto, io non ho idea di cosa tu abbia pensato quando hai deciso di mollarlo, ma se pensi che lasciarci soli a noi stessi sia la soluzione ideale, o stai mentendo a te stesso, o non ci conosci affatto. Insomma, - sorride appena, quasi tristemente, - Io ed Haruka siamo due psicopatici, completamente inadatti alla vita. Con tutte le cazzate che ci riempiono il cervello si potrebbero foderare gli oceani. – Makoto lo ascolta, il respiro che si fa sempre più sottile con ogni parola che gli sente pronunciare. E poi Rin lo dice. – Abbiamo bisogno di te.
Rin lo dice, e nella testa di Makoto esplode l’universo. Gli si accende una luce abbagliante nel cervello, e quando capisce quanto cazzo si sente felice gli sta già battendo il cuore talmente forte che sente gli occhi riempirsi di lacrime e il respiro farsi affannoso.
Rin si irrigidisce sulla sedia e la sua espressione cambia completamente, diventa simile ad un’espressione che Makoto ha già visto. Lo osserva stringere le mani attorno ai braccioli della sedia e sollevarsi appena dalla seduta, piantandogli addosso un’occhiata spaventata.
- Makoto, stai bene? – domanda. Makoto non riesce a parlare. Rin si alza del tutto in piedi e si precipita accanto a lui, gli appoggia la mano aperta sulla schiena e preme un po’, chinandosi su di lui. – Makoto! – quasi urla.
Makoto deglutisce e ricorda, prende un respiro profondo e si volta a guardarlo, sorridendogli.
- È tutto a posto. – dice, - Tranquillo.
Rin espira, sollevato, e raddrizza la schiena. Ma non gli toglie le mani di dosso.
- Meno male. – dice, - Credevo che ti stesse succedendo di nuovo.
Non ha bisogno di specificare che cosa, ed improvvisamente Makoto si sente invaso dai ricordi. Un Rin infinitamente più piccolo ma sempre curiosamente uguale a se stesso, nonostante i cambiamenti, lo guarda e piange. “Ho avuto paura,” gli dice. “Haruka sta bene,” gli risponde lui. “Non per lui,” insiste il piccolo Rin, “Per te.”
Makoto è sempre stato geloso della connessione fra Haruka e Rin. Ne era geloso perché sentiva che Haruka avrebbe dovuto appartenergli – lui gli era sempre stato accanto, no? Se lo meritava. Era suo, doveva essere suo – ed era geloso anche perché Rin sembrava così inafferrabile, così fuori dalla sua portata. Non sarebbe mai riuscito a toccardo, si diceva, forse Haruka un giorno l’avrebbe fatto, ma lui? Per lui Rin sarebbe sempre rimasto troppo distante, così pensava.
Però forse si sbagliava.
*
Rin lo porta a casa di Haruka, ovviamente. C’è silenzio ovunque, ma entrambi sanno bene dove trovarlo, e quando entrano in bagno lo trovano sdraiato nella vasca, i capelli bagnati, gli occhi un po’ spenti, il delfino di plastica che galleggia mollemente nello spazio fra le sue ginocchia. Haruka si volta verso di loro e, quando vede Makoto, spalanca gli occhi. Li spalanca proprio, come un bambino sorpreso di fronte ad un regalo, e poi scatta in piedi, schizzando acqua dappertutto.
Makoto non l’ha mai visto tanto felice di vederlo. Non sta sorridendo, non dice niente, la sua espressione non è tanto diversa dal solito, ma Makoto riesce lo stesso a capire che è contento. Forse è il modo particolare in cui gli brillano gli occhi – forse è semplicemente il fatto che, appena realizza la sua presenza lì, appena ne è veramente cosciente, Haruka scavalca il bordo della vasca e, rischiando di spezzarsi l’osso del collo scivolando coi piedi sul pavimento bagnato, si lancia contro di lui.
Non cerca un abbraccio, cerca una collisione di corpi. Makoto gli si offre a braccia aperte, sente il suo petto schiantarsi quasi con violenza contro il proprio, sente l’acqua della sua pelle trasferirsi sui suoi vestiti, renderli pesanti e trasparenti, e gli sta bene.
Rin, al suo fianco, sorride, anche se è un sorriso storto.
- Sei geloso? – gli domanda in una risata sorpresa, - Ma mi hai portato tu qui.
- Questo non cambia niente. – ride Rin, passandosi una mano fra i capelli, e Makoto pensa che forse è giusto che certe dinamiche non cambino, per quanto stupide e infantili possano essere. Saranno tutti e tre per sempre gelosi l’uno dell’altro in modi sempre diversi. Ed è una cosa stupida, ed è una cosa buffa, ed è una cosa piacevole.
Makoto guarda in basso ed Haruka lo sta fissando, le sopracciglia aggrottate.
- Non farlo mai più. – gli dice. Asciutto e diretto, come sempre. Makoto annuisce e promette anche se non gli è stato chiesto di farlo. È una sua scelta, lui lavora meglio sotto il peso della responsabilità.
Haruka si solleva sulle punte per premergli un bacio urgente sulle labbra. Un po’ preso alla sprovvista, sulle prime Makoto non sa che fare, e resta lì, completamente immobile, mentre Haruka gli ficca le dita nelle spalle e lo attira a sé. Rin ride di gusto, gettando indietro il capo.
- Gli sei mancato più di quanto pensavi, pare. – lo prende in giro. Haruka si allontana da Makoto per lanciargli un’occhiata furiosa.
- Sta’ zitto. – dice, poi si volta a guardare Makoto, le sopracciglia aggrottate. – E tu, baciami. – ordina. Makoto non se lo fa ripetere due volte.
La questione del sesso, quando Makoto ed Haruka stavano insieme, era sempre stata molto naturale. Makoto aveva riflettuto spesso sull’argomento, quando ancora non stavano insieme, che poi è un altro modo per dire che aveva fantasticato di brutto, al punto da avere paura che, quando la cosa si sarebbe verificata –se si sarebbe verificata affatto – sarebbe stata una delusione.
Era stato talmente idiota da crederci, ma ovviamente quando era successo aveva capito di essersi solo preso in giro per anni per cercare di non illudersi troppo. La prima volta con Haruka era stata meravigliosa. Incredibile. Molto meglio di qualsiasi fantasia. L’aveva sentito ovunque, ovunque intorno a sé, ed era stato grandioso. Non aveva mai voluto altro, ed era stato grandioso.
Haruka, però, era sempre stato molto passivo, a riguardo. Gli piaceva, o almeno sembrava piacergli parecchio, ma aveva sempre lasciato che fosse Makoto a cercarlo per primo. Non sembrava mai veramente affamato di lui.
Ora Makoto schiude le labbra e cerca con la propria lingua quella di Haruka, e si stupisce di trovarla già in cerca della sua, invece che immobile e in attesa. Haruka gli stringe le braccia intorno al collo e si preme forte contro di lui, nervoso ed elettrico per la prima volta in assoluto da quando hanno cominciato a toccarsi, e Makoto sente sulle sue labbra un sapore diverso. Ed anche se non l’ha mai assaggiato, sa che è quello di Rin. E capisce che questo è quello che è cambiato, che adesso c’è Rin in mezzo. Che Haruka non avrebbe mai potuto baciarlo così, senza di lui. Il bisogno di Haruka è custodito nel segreto del tocco di Rin fin dalla prima volta che si sono visti. Fin dal primo istante in cui si sono guardati, Rin immerso in piscina, Haruka ritto a bordovasca. Haruka ha visto il sorriso di Rin e ha deciso che sarebbe stato lui il padrone delle sue voglie. Nessun altro. Così come Makoto è convinto di essere lui l’affidatario unico ed esclusivo del suo affetto incondizionato.
Quando sente le dita di Haruka insinuarsi bruscamente sotto la sua camicia dopo averla strattonata a lungo per tirargliela fuori dai pantaloni, il suo primo istinto è quello di perdercisi completamente. Haruka lo tocca come nuota, affamato e disperato ma anche con totale fiducia e abbandono. E Makoto ha voluto questo tocco così a lungo che, in un primo momento, la sola idea di fermarlo suona come una blasfemia alle sue orecchie.
Poi ricorda che Rin è lì, che non hanno ancora discusso questa strana situazione, che forse dovrebbero. E stringe i polsi di Haruka fra le dita, allontanandoselo di dosso.
- Aspetta, - dice contro le sue labbra, dal momento che Haruka non sembra affatto intenzionato a smettere di baciarlo, - Dobbiamo—
- Stare zitti e continuare. – dice Rin, inarcando un sopracciglio. Makoto gli solleva addosso lo sguardo e nota che si è spostato alle spalle di Haruka, troppo vicino per essere li per caso. Guarda in basso e nota le sue dita già intente a fargli scivolare il costume da bagno lungo le cosce, e deglutisce quando l’erezione di Haruka fa capolino oltre l’orlo, sobbalzando appena nel momento in cui il tessuto elastico la scopre.
- Ma… - Makoto annaspa, lanciando occhiate preoccupate ad entrambi. Sarà normale, questa cosa? Sarà giusta così?
Rin sospira e scuote il capo, annoiato.
- Makoto, sei sempre stato una palla al piede. – dice con aria rassegnata, - La situazione è semplice: - spiega, sollevando un braccio e stringendolo attorno alle spalle di Haruka, mentre appoggia il mento sulla curva del suo collo, - Lui è mio, e io non lo mollo. È anche tuo, però, e per quanto mi piacerebbe poter avere l’esclusiva, non può funzionare. Quindi, da ora in poi, ci si muove in tre. O così, o niente. Adeguati.
Makoto sbatte le palpebre un paio di volte, abbastanza allucinato dalla situazione da perdere di vista per qualche secondo anche la vicinanza così pressante di Haruka ed il calore della sua pelle nuda e bagnata contro la propria.
Ci pensa Haruka, come al solito, a riportare la sua attenzione su di sé. Gli stringe il mento fra le dita e lo costringe a voltarsi e piegare il collo per guardarlo, e gli parla solo quando è sicuro di avere i suoi occhi addosso.
- Quello che questo cretino sta cercando di dirti è che io vi voglio entrambi e non sono disposto ad accettare niente di meno. Adeguati a questo. – conclude, prima di tirarlo giù con forza, schiacciandoselo addosso e baciandolo voracemente, con la bocca aperta, la lingua bagnata che preme sulle sue labbra per forzarle ad aprirsi.
Non c’è altra legge che Makoto conosca che non sia quella di adeguarsi ad ogni voglia di Haruka, e perciò chiude gli occhi e decide di lasciarsi andare. Gli tornano in mente le parole di Rin quando li ha trovati a baciarsi in cucina – “niente isterismi, Makoto” – e si dice che è stato un idiota. Sarebbe stato tutto molto più semplice se si fosse fermato ad ascoltare. Non Rin, e per una volta neanche Haruka: solo se stesso.
Le mani di Rin scorrono veloci sul petto di Haruka, ne tracciano le linee sode e definite, e Makoto sente addosso le sue nocche ossute, e la sua pelle si ricopre di brividi. Haruka solleva il bacino e si struscia impaziente contro di lui, e Makoto ha appena il tempo di pensare che, però, le cose si sono fatte serie proprio in fretta, che subito il pensiero viene sostituito dalla consapevolezza di potercisi abituare altrettanto in fretta. Si allontana dalle labbra di Haruka solo per scivolargli lungo il collo, e sbatte la testa contro Rin, che, in risposta, gli tira uno scappellotto sulla nuca.
- Vai dall’altro lato. – borbotta, - Non lo vedi che qui è occupato?
Makoto non può fare a meno di ridere, e ride perfino più forte quando vede anche Haruka sorridere appena, gli occhi chiusi, totalmente abbandonato alle sue carezze e ai morsi affamati che Rin affonda nella sua spalla. Diligentemente, lascia un piccolo bacio sul segno dei denti di Rin – che Rin si premura di ricalcare immediatamente dopo che lui si allontana – e poi piega il capo, risalendo la linea del collo di Haruka in punta di lingua, fino a raggiungere il lobo. Lo prende fra le labbra, succhia, morde e lecca, Haruka si lascia sfuggire un gemito e poi decide che basta così.
Makoto sente le sue mani premere con decisione contro il petto – le ignora, loro risalgono lungo le sue spalle, si aggrappano e graffiano, ed allora Makoto apre gli occhi e sorride.
- Okay, - dice sorridendo, - Okay, ho capito.
Haruka sbuffa, scuote la testa per liberarsi gli occhi dalla frangetta bagnata e poi si volta. Makoto lo osserva allacciare le braccia dietro al collo di Rin e baciarlo quasi con violenza. Guardarli baciarsi è un po’ come guardarli nuotare l’uno contro l’altro. Usualmente, ad Haruka non interesserebbe minimamente una competizione in quel senso, ma per qualche motivo se è Rin ad essere coinvolto diventa imperativo mettercela tutta per prendere il controllo. Giocano a sopraffarsi a vicenda, ed in quella gara continua è talmente palese che si appartengono senza speranza che Makoto ne sarebbe quasi geloso (ancora), se non stringesse i fianchi di Haruka fra le mani, se non potesse affondare le dita negli spigoli netti del suo bacino, se non potesse stringere con forza le sue natiche e sentirle opporre resistenza, dure come fottuto marmo, contro i suoi palmi bene aperti.
È facile ritrovare il ritmo, lo stesso ritmo col quale facevano l’amore prima di lasciarsi. È facile anche se c’è Rin, il che gli fa pensare che forse Rin è sempre stato lì, in fondo, in qualche modo. Invisibile, stava nascosto dentro Haruka, nel suo sguardo lontano e distratto, ma c’era. E così è più facile accettarlo adesso, accettare che, mentre Makoto accarezza Haruka e poi forza la sua apertura con le dita, allargandole per farsi spazio dentro il suo corpo, Rin è lì, e lo tocca, e gli lascia scivolare le mani addosso con tanta forza da lasciargli la pelle arrossata, e gli morde le labbra fino a farle diventare gonfie e lucide e rosse come lamponi, e si struscia contro di lui, e poi avvolge le loro erezioni con le dita e le accarezza, masturbandosi con lui e contro di lui.
Sono bellissimi, e Makoto vuole diventare una parte di tutto questo. Lo vuole con un’intensità che lo spaventa. Si lecca una mano e si accarezza un paio di volte, poi punta la propria erezione contro Haruka con fissa in testa l’idea di trafiggerlo, chiude gli occhi e spinge. Affonda dentro di lui strappandogli dalle labbra un gemito roco che somiglia ad un lamento, e quasi si aspetta che Haruka cerchi di allontanarsi, di sfuggirgli, ma Haruka va incontro alle sue spinte, si schiaccia contro di lui, inarca la schiena per prenderlo più profondamente e gli si apre attorno con fiducia, solo per poi contrarre i muscoli attorno al suo cazzo con tanta forza da farlo sentire in trappola.
È così stretto che fa quasi male, è quasi troppo. Però è bellissimo, e mentre lo scopa con gli occhi chiusi come in un sogno, Makoto pensa davvero di essere stato un idiota. Pensa che forse, da qualche parte nello spazio e nel tempo, c’è una versione alternativa di sé che ha avuto meno paura, che ha detto subito sì, che è rimasta ad ascoltare fin dal primo istante, e che è stata molto più felice di lui. Pensa a tutto quello che avrebbe potuto avere fin dall’inizio – i gemiti di Haruka soffocati contro le labbra di Rin, la solidità delle braccia di Rin sotto le sue dita mentre gli richiude addosso le mani e lo usa per tenere Haruka più stretto, schiacciato fra i loro corpi – e sì, si sente proprio un idiota.
Poi Haruka viene, all’improvviso e con un gemito spezzato, uno schizzo bianco e trasparente contro gli addominali contratti di Rin. E Makoto non pensa più a niente, a parte spingere più forte. I gemiti di Haruka si fanno più profondi e più confusi, e proprio quando stanno per diventare imprecazioni il corpo di Makoto cede, e lui segue con i fianchi l’ondata di piacere che gli monta nel bassoventre e poi si abbatte su Haruka, sul pallore della sua spina dorsale, curva come una falce di luna, lasciando Makoto svuotato e senza forze.
Rin non è venuto. Makoto se ne accorge ma si sente troppo drenato per potersene davvero interessare. Haruka, però, non è della stessa opinione. Non aspetta neanche di riprendere fiato: Makoto lo osserva cadere sulle ginocchia in un movimento fluido, afferrare Rin per i fianchi e poi prenderlo in bocca senza la minima esitazione, con la voglia di uno che non ha aspettato altro per anni.
Le labbra di Haruka si chiudono con forza attorno all’erezione di Rin, Makoto lo sente succhiare e sa che il suono dovrebbe infastidirlo, solo che non lo fa. Piuttosto solleva gli occhi su Rin, sui lineamenti del suo volto adesso così rilassati, e poi guarda in basso, alla mano che ha poggiato sulla testa di Haruka, alle dita che ogni tanto si stringono attorno ai suoi capelli scuri, tirano un po’, poi premono per dettare alla sua testa il ritmo per muoversi avanti e indietro, abbastanza per affondare fino alla base dentro la sua bocca ma non per costringerlo a strozzarsi.
All’inizio, Haruka succhia con gli occhi chiusi, perfettamente soddisfatto anche solo dall’idea di quello che sta facendo. Poi schiude le palpebre, guarda in alto. Il suo sguardo incontra quello di Rin e non riesce più a mollarlo, e Makoto sente qualcosa di fisico e intenso passare fra loro, e trattiene il respiro.
Rin geme, chiude le dita attorno ai capelli di Haruka e se lo stacca di dosso appena in tempo per venirgli in faccia. Haruka chiude gli occhi e la bocca, ma non si sposta. Poi riapre gli occhi, sbuffa appena e si lecca le labbra, assaggiando l’orgasmo di Rin con curiosità e interesse, come se si fosse chiesto di cosa sapesse fin dalla prima volta che l’ha visto.
Haruka è sempre stato strano, fin da piccolo. Forse se lo chiedeva davvero, pensa Makoto. Ed è consapevole di perdersi in questi pensieri stupidi solo perché non vuole guardare in basso, perché sa di averlo di nuovo duro.
Sospira pesantemente, passandosi una mano fra i capelli e sperando che passi. Spera anche di non attirare troppo l’attenzione di Haruka e Rin, ma ovviamente, sentendolo sospirare, loro si voltano a guardarlo. Haruka solleva un sopracciglio con l’aria di uno che non vuole neanche sentirne parlare, mentre Rin getta indietro il capo, passandosi una mano fra i capelli per scostarseli dal viso, e ride di gusto, appoggiandosi al lavandino alle sue spalle.
- Makoto, sei assurdo. – commenta fra una risata e l’altra, - Haruka, ci pensi tu? Visto che sei un portento.
Haruka lo studia con un certo interesse, restando in silenzio per qualche secondo. Poi sbuffa.
- Troppa fatica. – conclude, aprendo la bocca al massimo ed indicandosela come a dimostrare che, per riuscire a soddisfarlo, gli servirebbe una mascella molto più snodata di quella che la natura gli ha dato in dono per supportare la sua scarsissima mobilità espressiva.
Rin scoppia a ridere un’altra volta, così convulsamente da doversi piegare in due. Haruka, infastidito dal chiasso, gli tira una botta dietro la testa.
- Non fare casino, sei sguaiato. – lo rimprovera. Poi si volta a guardare la vasca da bagno ancora piena. Si avvicina e immerge due dita nell’acqua. Trovandola ancora tiepida, sorride lievemente. – Ho bisogno di un bagno. – sentenzia. Non aspetta neanche un commento da parte loro prima di immergersi.
Rin ride ancora e batte una pacca amichevole sulle spalla di Makoto, che lo fissa allucinato, rendendosi conto – finalmente – di quello che è effettivamente successo nel corso dell’ultima mezz’ora.
- Vieni, dai. – dice Rin, guidandolo fuori dal bagno, - Tanto lo sai che ne avrà almeno per un’oretta. – Makoto annuisce vagamente, e il sorriso di Rin si allarga in un ghigno malizioso che gli lascia scoperti i denti. – E poi, noi due abbiamo un sacco di tempo perduto da recuperare.
A Makoto non sfugge affatto l’implicazione delle sue parole, specie quando intercetta il suo sguardo abbracciare quasi con soddisfazione la sua erezione ancora svettante.
Può abituarsi in fretta anche a quello.
Genere: Erotico.
Pairing: Rin/Haruka.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Incest, AU.
- "Quand’era piccolo e aveva sete, sua madre gli diceva che prima o poi gli sarebbe passata."
Note: Scritta per la Notte Bianca #10 su prompt Free!, Arabian!AU, Rin è il sultano di un oasi, Haruka l'ultimo arrivato nel suo harem. Arabian!AU, signore e signori.
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THIRST

Quand’era piccolo e aveva sete, sua madre gli diceva che prima o poi gli sarebbe passata. Si sarebbe abituato, la scarsità d’acqua gli sarebbe entrata dentro, sarebbe diventata parte integrante della sua vita, e lui avrebbe smesso di pensarci. Si sarebbe accorto all’improvviso di avere sete solo quando vedeva dell’acqua o ne percepiva l’odore o la presenza nell’umidità dell’aria, e per tutto il resto del tempo sarebbe riuscito ad andare avanti senza problemi, dapprima ignorando il bisogno di bere e poi dimenticandolo del tutto.
La maggior parte dei bambini smetteva di chiedere acqua intorno ai sei anni. A dodici, Haruka ancora chiedeva di bere dalle sei alle dieci volte al giorno.
Quando il carro dell’acqua passava per il villaggio, fermandosi in piazza per riempire i secchi e le borracce di chi poteva pagare, sua madre parlava con le altre donne del posto e scuoteva il capo, sconsolata. “Haruka sarà la nostra rovina,” diceva a bassa voce, consegnando tutti i propri risparmi all’uomo sul carretto e porgendogli i due secchi perché li riempisse, “Beve in continuazione. Dobbiamo nascondere i secchi d’acqua in alto, così che lui non li possa raggiungere. E quando ci rifiutiamo di dargli da bere almeno tre volte al giorno, piange. Piange, piange tutta la notte,” concludeva con un singhiozzo stremato, coprendosi il viso al ricordo delle lunghe ore notturne silenziose spezzate solo dal pianto disperato di Haruka, dall’urlo devastante della sua sete perenne.
Haruka avrebbe fatto di tutto per un po’ d’acqua. Ogni tanto, dopo una notte particolarmente dura da affrontare, si alzava presto, di buon mattino, si avvolgeva nel proprio mantello e copriva il capo con un turbante e partiva alla ricerca di una fonte d’acqua, nonostante sapesse benissimo che non ce n’erano per chilometri intorno al villaggio. Il caldo secco del deserto gli si attaccava alla gola, rendendo il suo respiro quasi un rantolo, ma lui continuava a camminare, determinato, convinto che prima o poi avrebbe trovato un fiume, o un piccolo lago, o anche solo un pozzo o un abbeveratoio. Quando l’avesse trovato, aveva deciso, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata spogliarsi e immergersi nell’acqua fin sopra la testa, e restare lì, sospeso, finché il suo corpo non ne avesse assorbita abbastanza da ritenersi soddisfatto, anche se avessero dovuto servigli delle ore per raggiungere quel risultato.
Quando, a sedici anni, aveva capito che non avrebbe mai trovato dell’acqua a meno di andare via di casa, posto di fronte al bivio fra restare ed andarsene, Haruka aveva scelto di andarsene. Tutti sapevano che c’erano solo due modi per trovare l’acqua, da quelle parti: partire, lasciare il deserto, affrontare un lungo viaggio per mare rischiando la vita alla ricerca di terre più fertili, oppure restare, e trasferirsi in un’oasi. E tutti sapevano qual era l’unico modo per entrare in un’oasi.
Ritto in piedi in mezzo alla stanza, Haruka si lasciava osservare da Matsuoka-san senza ricambiarle lo sguardo. La ragazza gli girava intorno senza pudore, scrutandolo da ogni lato, ogni tanto toccandolo senza particolari imbarazzi per saggiare la consistenza dei muscoli sotto la pelle, navigata come un’esperta. Non era difficile capire quale fosse il suo ruolo a palazzo, evidentemente si occupava dell’esame dei ragazzi prima che venissero ammessi nell’harem.
Dopo avergli accarezzato le spalle e le braccia, ed aver osservato da vicino fianchi e gambe, Gou, ritenendosi soddisfatta, si allontanò da lui e lo fronteggiò, le braccia incrociate sul seno stretto in una fascia che la copriva appena, la gonna cortissima che le lasciava scoperta la curva abbondante dei fianchi.
- Sei un po’ magro, ma non c’è male. – aveva sentenziato, annuendo, - A Rin non sono mai piaciuti troppo grossi, dopotutto.
Rin Matsuoka era il sovrano dell’oasi più grande della zona, la stessa oasi dalla quale proveniva l’acqua che veniva settimanalmente venduta anche al villaggio di Haruka. Lo aspettava già steso sul proprio letto, nell’ombra della propria camera, quando Gou gli permise di passare.
Rigido sulla soglia della porta, Haruka non mosse un passo, limitandosi a guardare dritto davanti a sé senza dire una parola.
- Avvicinati. – disse Rin, sollevandosi appena a sedere ed appoggiando la schiena contro i numerosi cuscini che aveva alle spalle. Nella penombra così profonda gettata sulla stanza dalle pesanti tende in velluto che coprivano le finestre, non era possibile distinguere con precisione i lineamenti del suo viso. Su Rin Matsuoka circolavano molte leggende, si diceva che avesse gli occhi di fuoco, che i suoi denti fossero appuntiti come quelli dei pescecani, la sua lingua velenosa come quella di un serpente. – Hai sete? – chiese, allungando una mano a recuperare una brocca sul comodino e versandosi un bicchiere d’acqua, che sorseggiò svogliatamente, le labbra dischiuse in un ghigno sardonico che lasciava intravedere il bagliore bianchissimo dei denti affilati sotto le labbra.
Haruka lo osservò bere lentamente, con appagamento ma senza sete, e nel riflesso della lucentezza pericolosa di quel sorriso comprese che tutte le leggende erano vere, e Rin Matsuoka era un uomo pericoloso.
- Non ti sei ancora avvicinato. – disse Rin, posando il bicchiere sul mobiletto a fianco al letto con un rumore sordo e netto, quasi severo, - E non hai risposto alla domanda.
Haruka si schiarì la gola, accennando a muovere un paio di passi più vicino al letto.
- Sì, signore. Ho sete.
Il ghigno di Rin si fece più ampio. Haruka lo osservò leccarsi le labbra e si sentì stringere lo stomaco in una morsa. Poteva sentire l’odore dell’acqua nell’aria, poteva sentirgli l’odore dell’acqua addosso.
Ho sete ho sete ho sete da morire.
- Naturalmente ce l’hai. – Rin scivolò lentamente giù dal letto, avvicinandosi piano. Indossava una lunga casacca nera lievemente sdrucita, e pantaloni dello stesso colore. Era pieno di gioielli – una collana sul petto lasciato nudo dalla scollatura ampia, bracciali attorcigliati lungo gli avambracci dal polso al gomito, pesanti anelli su quasi tutte le dita. Sulla testa, un po’ pendente su una spalla, portava avvolto un turbante rosso che non serviva a contenere la massa scompigliata dei suoi capelli, che scendevano in ciocche disordinate sulla sua fronte e ai lati del suo viso, sfiorando le guance fino al mento. – Tutti quelli che vengono qui hanno sete. – continuò a parlare a bassa voce, girandogli attorno come un predatore, gli occhi famelici che lo sfioravano in carezze senza vergogna, - Sai quanta acqua mi rimarrebbe se dessi da bere a chiunque sia mai venuto a bussare alla mia porta chiedendone un po’?
Haruka sollevò gli occhi nei suoi. Non c’era simpatia, negli occhi di Rin Matsuoka. Non c’era empatia, non c’era comprensione. Non c’era nemmeno divertimento, però. C’era una maschera ironica e crudele su un volto spento, del tutto disinteressato. Quell’uomo non era crudele perché voleva, era crudele solo perché poteva permetterselo. Haruka lo guardava e non si sentiva odiato, né compatito, né disprezzato, s’è per questo.
Non sentiva niente. Proprio un bel niente.
- Perciò, - riprese Rin, tornando a sedersi sulla sponda del letto, le mani ben piantate sul materasso e le gambe lievemente divaricate, - Se vuoi bere, meritatelo.
Haruka gli si avvicinò ancora di un passo. Le sue ginocchia sfioravano quelle di Rin, e per parecchi secondi nessuno dei due sembrò intenzionato a muoversi. L’odore dell’acqua nell’aria era così forte che Haruka poteva quasi sentirlo appoggiarsi in goccioline umide sulla propria stessa pelle. Era una sensazione troppo invitante per rifiutare la tentazione.
Senza dire una parola, appoggiò entrambe le mani sulle spalle di Rin, sollevandosi abbastanza per poi ricadere senza un suono seduto a cavalcioni sul suo grembo. Rin ghignò soddisfatto, un braccio già avvolto attorno alla sua vita sottile. Haruka rabbrividì al contatto della propria pelle accaldata coi gioielli gelidi che ricoprivano il braccio di Rin, ma la sensazione di sollievo fresco e improvviso sulla sua pelle riarsa dal sole non fece che acuire il desiderio di bere. Si morse un labbro, incapace di comprendere se si sentisse più assetato o affamato. Alle volte, la parola sete non era sufficiente a descrivere il trasporto col quale desiderava l’acqua. Non era sete, era fame, cieca e devastante. Avrebbe voluto poterla mordere, l’acqua, sentirla cedere come carne sotto i denti. Non era sete, era fame, e c’era fame anche negli occhi di Rin, in quel suo inquietante sorriso sghembo. Era una fame di tipo diverso, ma Haruka poteva comprenderla, poteva condividerla.
Strinse la presa attorno alle sue spalle, sentendole tese sotto i vestiti. Rin lasciò scivolare la mano giù lungo la sua schiena, scendendo a stringergli una natica fra le dita e sogghignando divertito quando Haruka non reagì in alcun modo a quel tocco.
- Non riesco a capire se sei abituato a lasciare che gli altri ti tocchino, o se sei solamente frigido. – commentò, lasciandolo andare solo per portare la mano all’altezza del viso. Haruka lo osservò inespressivo mentre si leccava il palmo della mano fino alla punta delle dita. – Vediamo quanto dura.
Haruka chiuse gli occhi, espirando piano. Il tocco umido delle dita di Rin lungo la sua schiena e poi oltre l’orlo dei pantaloni era piacevole. Avrebbe voluto che fosse ancora più bagnato. Si leccò le labbra e poi se le morse con forza, il pensiero dell’acqua svelto a risvegliargli dentro quella fame senza confini, come sempre. Istintivamente, si sollevò appena sulle ginocchia, ondeggiando il bacino per seguire i movimenti delle dita di Rin mentre lo accarezzavano ruvidamente fra le natiche.
Rin sorrise soddisfatto, sporgendosi in avanti e chiudendo le labbra attorno alla curva del collo di Haruka, che presto lo sentì succhiare affamato, quasi violento. Gli sfuggì un gemito che divenne un lamento quando sentì le punte dei suoi denti affilati pungergli e graffiargli la pelle, ed istintivamente portò una mano alla testa di Rin, afferrandolo per i capelli e strattonando un po’ per costringerlo a mollare la presa, ottenendo però in risposta solo che lui affondasse ancora di più nella sua carne. Haruka gemette ancora, stupito di trovare la sensazione più piacevole di quanto non avrebbe mai potuto pensare. Forse dipendeva dalla pressione delle dita di Rin, dalla sensazione sempre più bagnata che percepiva fra le natiche, che lo costringeva a contrarsi e rilassarsi nel tentativo di attirarlo dentro di sé, di risucchiarlo come in un vortice.
- Sei durato poco. – commentò Rin in una risata soddisfatta. Haruka si concesse di aprirgli gli occhi addosso solo per un attimo, e nel momento esatto in cui lo fece il sorriso sulle labbra di Rin sfumò e scomparve, lasciandoli entrambi per un secondo immobili ed inespressivi a fissarsi.
Poi Haruka si sentì afferrare per i capelli e per i fianchi nello stesso istante, ed il secondo dopo era disteso sul letto, le gambe spalancate, il collo teso all’indietro in uno spasmo di dolore acuto e penetrante mentre sentiva Rin farsi strada dentro di sé, aprirlo fino in fondo in un colpo unico, preciso, violento, quasi un marchio, simile a quello che i suoi denti gli avevano lasciato sul collo, ma ancora più profondo.
Ansimando affannosamente, richiuse con forza le gambe attorno ai fianchi di Rin, spingendolo ancora più profondamente dentro di sé. Rin gemette, stringendo le dita attorno alle lenzuola e tirando appena, e si lasciò sfuggire un’imprecazione fra i denti, che tornarono a brillare, appuntiti, letali, quando la smorfia in cui le sue labbra erano piegate si distese in un altro di quei suoi ghigni da predatore.
- Vuoi l’acqua così tanto o ti piace solo da impazzire? – domandò a bassa voce, scivolando con le dita lungo una coscia di Haruka, graffiandolo con le unghie solo per costringerlo a mollare un po’ la presa, in modo da lasciarlo libero di muoversi dentro di lui.
Haruka dischiuse gli occhi, la sua espressione identica a prima, le labbra dischiuse, rosse e gonfie e appena umide e quegli occhi azzurri così freddi. Rin ringhiò di gola, chinandosi su di lui fino a parlargli addosso.
- La tua espressione mi irrita. – disse, mordendogli il labbro inferiore, - Te la strapperò di dosso, fosse l’ultima cosa che faccio. – concluse, baciandolo profondamente, senza riguardi, in un collidere di lingua labbra e denti che toglieva il fiato.
Haruka gemette nella sua bocca, allungando le braccia ad afferrarlo per i risvolti della casacca, non per spingerlo lontano da sé, ma per attirarlo più vicino. Schiuse le labbra lasciando libero accesso alla fame di Rin, lo stomaco contratto in uno spasmo, il dolore che si diffondeva dappertutto, e poi quelle scariche violente, quegli accessi di piacere fulminanti che lo lasciavano stordito, gli annebbiavano la vista, lo riempivano di bianco nel cervello a intervalli irregolari, senza che lui riuscisse mai a prevederle, ad aspettarsele, a prepararsi adeguatamente per il loro arrivo.
Rin si muoveva selvaggio dentro di lui, concentrato solo ed unicamente sulla forza che imprimeva alle proprie spinte. Haruka gettò indietro il capo, si morse un labbro per non urlare, poi Rin lo toccò fra le gambe, strinse la sua erezione fra le dita e la fece scivolare velocemente all’interno del suo pugno chiuso, ed Haruka spalancò la bocca, ed anche se dalla sua gola non sfuggì che un rantolo le sue labbra tremarono, e i suoi occhi diventarono più lucidi, e tutta la superficie del suo corpo, ogni singolo muscolo perfettamente definito e guizzante sotto la pelle si tese fino allo stremo.
Rin si spinse dentro di lui un’ultima volta, più profondamente, ed Haruka gemette, aggrappandosi disperatamente alle coperte e trattenendo il respiro per un secondo che si estese nel tempo e poi esplose, e d’improvviso il suo corpo divenne pesante e intorpidito, e lui si ritrovò a ricadere sul materasso senza neanche avere avuto il tempo di accorgersi di essersi sollevato, prima.
Rin venne dentro di lui senza lasciarsi sfuggire neanche un’esclamazione di piacere, ed Haruka ebbe come l’impressione che avrebbe dovuto sentirsi irritato dal dettaglio, come se Rin gli avesse lanciato una sfida, e lui l’avesse persa. E l’impressione divenne una certezza quando scorse il profilo del solito sorriso soddisfatto farsi strada sulle sue labbra, ed aggrottò le sopracciglia, lasciandosi sfuggire uno sbuffo contrariato mentre incrociava le braccia sul petto e guardava ostinatamente altrove.
Per qualche motivo, invece di infuriarsi, Rin scoppiò a ridere.
- A-ha! – esclamò divertito, - Ho vinto.
Haruka si voltò a guardarlo in uno scatto furioso, bene intenzionato a mandarlo a quel paese, acqua o non acqua, ma il sorriso che trovò quando incontrò il suo viso era diverso dai ghigni a cui Rin l’aveva già abituato. Era un sorriso differente, più morbido. Suo malgrado, Haruka non trovò la voce per parlargli, però lo osservò attentamente mentre Rin allungava un braccio sopra di lui, raggiungendo la caraffa sul comodino e versando un altro bicchiere d’acqua, che stavolta passò a lui.
- Tieni. – disse con un piccolo cenno del capo. Poi il sorriso tornò un ghigno, stavolta quasi giocoso. – La prossima volta, se sei bravo abbastanza, ti faccio fare il bagno.
Haruka mandò giù l’intero contenuto del bicchiere in un sorso, ed in un attimo fu già pronto a riprovare.
Genere: Commedia.
Pairing: Rin/Haruka/Makoto.
Rating: R.
AVVERTIMENTI: Slash, Threesome, Flashfic.
- "La soluzione era giunta, non richiesta, dopo mesi di riflessione, in un momento in cui ormai sia Rin che Makoto avevano finito per abituarsi alle ritrosie di Haruka quasi fossero normale routine."
Note: Scritta per la Notte Bianca #10 su prompt Free!, Rin/Makoto/Haruka, "L'importante è che si faccia in acqua."
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LA NATURA DIPOLARE DELL’ACQUA

La soluzione era giunta, non richiesta, dopo mesi di riflessione, in un momento in cui ormai sia Rin che Makoto avevano finito per abituarsi alle ritrosie di Haruka quasi fossero normale routine.
Haruka aveva un codice di comportamento molto preciso, ai limiti dell’ossessivo-compulsivo, in effetti. Essendo sempre stato così, ed essendo Haruka rimasto stoicamente fedele a se stesso nel corso degli anni, nessuno dei due si era particolarmente stupito quando, la prima volta che avevano provato a mettergli le mani addosso insieme, Haruka aveva premuto entrambe le mani contro il petto di Rin, che lo assaliva da davanti, ed era scivolato lontano dal corpo di Makoto, che lo stringeva da dietro, allontanandosi in un movimento fluido di un paio di passi, per poi sparire in corridoio, i passi lenti e strascicati chiaramente diretti verso il bagno.
- Dio, non di nuovo. – aveva mugolato Rin, lasciandosi ricadere di peso sul letto.
- Si prenderà un raffreddore. – aveva osservato Makoto con un sospiro.
- Dio, - aveva ripetuto Rin con un sincero lamento di dolore, - Non di nuovo.
Ci avevano riprovato altre volte, dopo quell’imbarazzante fiasco, ma la risposta di Haruka era stata sempre la stessa. Qualunque fosse il momento, in qualsiasi posizione si trovasse, in qualsiasi stanza l’avessero rinchiuso nel tentativo di avere ragione una volta per tutte di quei suoi no così silenziosi eppure così decisi, non importava quanto Haruka stesso avesse voglia di andare avanti: si alzava ed andava via, possibilmente diretto verso la pozza d’acqua più vicina, dove si sarebbe spogliato da sé molto più velocemente di quanto Rin e Makoto non avrebbero mai potuto fare, per immergersi fin sopra ai capelli e tornare in pace con se stesso e col mondo.
- Sai cosa? – commentava Rin, di tanto in tanto, - Alle volte mi sembra di avere a che fare con un ritardato. Potrebbero anche metterci in galera per, boh, circonvenzione d’incapace, se riusciamo a portarcelo a letto.
- Forse hai ragione. – sospirava Makoto, appoggiando le spalle alla parete e rilassandole appena, attirandosi uno sguardo famelico da parte di Rin, - Forse è meglio se non ci riusciamo mai.
A quel punto, usualmente, si guardavano intensamente negli occhi per una manciata di secondi e poi sospiravano, affranti, stabilendo di riprovarci il giorno dopo.
Quando avevano deciso di provarci in tre per risolvere alla base il problema che impediva al cervello palesemente bloccato di Haruka di scegliere uno qualsiasi fra loro due, ad entrambi era sembrata la soluzione migliore, e per un po’ di tempo, finché le cose si erano fermate a venti centimetri di lingua in gola nelle docce e a finte-casuali toccatine sopra i vestiti negli angoli bui delle scale prima e dopo le lezioni, era andato tutto alla grande. Era stato quando le cose avevano cominciato a spostarsi sotto, pelle contro pelle, che qualcosa nel cervello di Haruka era andato storto.
Non erano mai stati in grado di capire cosa. Avevano provato a porgli delle domande, ad aiutarlo a spiegare, ma ogni tentativo si risolveva soltanto in una scrollata di spalle ed un laconico “non lo so, non sembra giusto” da parte di Haruka che né Rin né Makoto erano mai stati in grado di interpretare correttamente, dal momento che avevano provato a cambiare situazione, posizione, luogo, data, ora e sistemazione una quantità imprecisata ma enorme di volte e non erano mai stati capaci di trovare la soluzione giusta.
E poi, all’improvviso, la soluzione.
Haruka era sparito in bagno già da una buona ventina di minuti quando Rin e Makoto, annoiati dall’attesa, avevano deciso di raggiungerlo. L’avevano trovato seduto in un angolino della vasca, intento come al solito a fissare quello stupido pupazzo galleggiante a forma di delfino come se i suoi occhi neri a bottoncino celassero chissà che intimo segreto. Alle volte, entrambi erano gelosi di quello stupido delfino, ma nessuno dei due era stupido abbastanza da ammetterlo.
- Ti spiace se quantomeno ti facciamo compagnia? – aveva domandato Rin, sarcastico, già tutto intento a sbottonarsi la camicia. Makoto l’aveva imitato, lanciando ad Haruka un’occhiata curiosa, ma lui aveva risposto solo con una scrollatina di spalle, chiaramente disinteressato a qualsiasi cosa potesse accadere da quel momento in poi, purché accadesse in acqua.
Ed era stato allora che Rin e Makoto si erano guardati negli occhi, le labbra dischiuse, due espressioni gemelle di puro sconcerto, ed avevano capito.
A quel punto, era stato molto facile. Erano scivolati entrambi nella vasca da bagno, stringendosi un po’. Makoto si era sistemato alle spalle di Haruka, accogliendolo contro il proprio petto e massaggiandogli la schiena con le mani grandi bene aperte, mentre Rin si era accucciato di fronte a lui, lanciandogli uno dei suoi ghigni taglienti, vicino abbastanza da osservarsi riflesso nei suoi occhi freddi.
- Ho un’idea. – aveva detto, un tremito divertito della voce, mentre guardava in basso, al corpo nudo di Haruka che sembrava sciogliersi morbido e rilassato sotto la superficie dell’acqua.
Makoto aveva riso, chinandosi in avanti per lasciare un bacio gentile sulla nuca di Haruka, lasciandosi solleticare il naso dalle punte dei suoi capelli bagnati.
- Proviamo? – aveva chiesto, sporgendosi in avanti ancora un po’ per mordere piano la spalla di Haruka prima di cercare i suoi occhi.
Haruka era arrossito appena, e poi aveva scrollato nuovamente le spalle. Più che un vero e proprio sì, un tacito assenso, ma comunque più di quanto entrambi fossero riusciti a strappargli nel corso degli ultimi mesi.
Rin aveva allungato una mano, lasciandola scivolare fra le cosce tornite di Haruka con un’urgenza che aveva dato a Makoto i brividi come se la fosse sentita scorrere addosso. Haruka non si era allontanato. Makoto l’aveva sentito appoggiarsi meglio contro il suo petto, rilasciando il capo contro una delle sue spalle per spingere il bacino lievemente in avanti, invitando Rin a toccarlo ancora.
Rin aveva ghignato soddisfatto.
- Vittoria. – aveva sussurrato, chinandosi a baciarlo, famelico.
Nessuno aveva fatto caso a chi fosse arrivato primo, secondo o terzo, quella sera.