Genere: Erotico, Romantico.
Pairing: Makoto/Haruka.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Bondage.
- Ci sono sere in cui Makoto e Haruka non parlano, perché Haruka non ha bisogno di chiedere, e Makoto non ha bisogno di rispondere.
Note: Storiellina scritta per la Free! Notte Bianca #5, sul prompt della Caska Makoto/Haruka, bondage ♥ Il bondage MakoHaru è LA COSA DA SCRIVERE, gente. LA COSA DA SCRIVERE. (E anche da leggere.)
Pairing: Makoto/Haruka.
Rating: NC-17.
AVVERTIMENTI: Slash, Lemon, Bondage.
- Ci sono sere in cui Makoto e Haruka non parlano, perché Haruka non ha bisogno di chiedere, e Makoto non ha bisogno di rispondere.
Note: Storiellina scritta per la Free! Notte Bianca #5, sul prompt della Caska Makoto/Haruka, bondage ♥ Il bondage MakoHaru è LA COSA DA SCRIVERE, gente. LA COSA DA SCRIVERE. (E anche da leggere.)
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THE RHYTHM THAT YEARNS TO BE RELEASED FROM CONTROL
Haruka non chiede, e non aspetta che sia Makoto a chiedere. Non ne hanno mai bisogno. Non hanno neanche bisogno di sfiorarsi, di un cenno, di incrociare lo sguardo. Lo sentono nell’aria, quando cambia odore, sapore, consistenza, quando un pensiero di passaggio si fa fantasia insistente. Non si parla. Non si chiede. Haru si alza in piedi, cammina lento lento fino al divano dove Makoto sta sprofondato, libri ovunque, sulle ginocchia, sui cuscini, sul pavimento impilati in tre colonne da cinque ciascuno, si ferma proprio lì di fronte, le gambe nude che sfiorano le sue, ed incrocia i polsi davanti a sé.
Makoto deglutisce a fatica, per qualche istante gli trema un labbro, poi basta. Mette via i libri, metodicamente, uno dopo l’altro, ed Haruka rabbrividisce mentre osserva le sue mani grandi, grandi, grandissime chiudersi attorno ad ogni singolo volume e poi lasciarlo andare.
Makoto fa spazio per lui, perché sa cosa vuole, perché sa di volerglielo dare.
Pochi istanti dopo si alza in piedi. Sorride, ma è un sorriso diverso. Il sorriso di Makoto è una coperta calda che Haruka si sente addosso quando sono insieme ed anche quando non lo sono. L’ancora sicura che, alta o bassa marea, lo tiene in porto, protetto, libero di galleggiare senza pensare a niente.
Ma non nelle serate come questa. Non nelle serate in cui non c’è bisogno di chiedere.
- Sei stato un bambino buono, o un bambino cattivo, Haru-chan? – domanda.
Haruka rabbrividisce per il suffisso. Normalmente protesterebbe. Non adesso, però.
- Cattivo. – risponde soltanto. Offre a Makoto l’incrocio dei suoi polsi mentre il sorriso di Makoto si allarga, e si allarga, e le sue mani scivolano sotto la cintola, le dita lunghe che si chiudono attorno alla fibbia della cintura, la slacciano. Il suono metallico rimbomba nelle orecchie di Haruka con tanta forza da lasciarlo stordito, per un attimo.
- Allora dovrò punirti. – dice Makoto. Haruka è già così duro che gli sembra di impazzire.
Niente a parte Makoto ha mai avuto su di lui un effetto così devastante. L’acqua lo calma, Rin lo prosciuga, ma Makoto, Makoto è diverso. Makoto lo riempie. Lo inonda, lo sommerge. Makoto è solo calore. Ed è intenso, e brucia, è totale, ed Haruka lo vuole, lo vuole così tanto che potrebbe mettersi a urlare.
Ma non ne ha bisogno, perché questa è una di quelle sere, le sere in cui non si parla, non si chiede. Si implora, ma non adesso, non ancora. L’eccitazione cresce nel bassoventre, ma sta ancora montando, e lo fa lentamente, le preghiere sono per quando l’acqua sarà così vicina agli argini da cominciare a traboccare.
Makoto gli stringe i polsi fra le dita. È straordinario che gli basti una mano per farlo. Haruka guarda in basso e gli esplode qualcosa dentro al solo pensiero di sentire le sue mani sui fianchi, le dita premute contro la pelle che si arrossa quando la stretta si fa più salda. Vuole le mani di Makoto, vuole le dita di Makoto, le vuole addosso, ovunque, dentro, sta quasi già per implorare, ma basta un’occhiata severa – una sfumatura così diversa in quegli occhi che per la maggior parte del tempo sono solo in grado di sorridergli – e gli si spegne la voce in gola.
Deglutisce pensando “scopami, scopami, fammi urlare”, e poi “no, no, lasciami aspettare ancora un po’”.
Makoto gli avvolge la cintura attorno ai polsi incrociati, due volte, poi stringe la cinghia. Haruka la sente premere contro la pelle nel punto più sensibile, appena sotto al palmo, e stringe i denti.
Makoto non chiede se è stretto abbastanza, e non chiede se è stretto troppo forte. No, sì, non importa. Scopami, scopami, scopami, no, non ancora.
- Haru-chan, - dice. La sua voce è di nuovo severa. Haruka non vuole deluderlo. Lo guarda, anche se ha gli occhi pesanti, anche se vuole solo abbandonarsi alle sue braccia. – Concentrati.
Haruka annuisce. Quanto gli piace Makoto quando lo guarda in quel modo. Quando lo fissa e i suoi occhi dicono “vedi? Vedi, Haru-chan, quanto ti amo? Ti amo così tanto che non ti toccherei con un dito. Ti amo così tanto che ti farò male fino a farti urlare”. Non c’è niente di più perfetto.
Makoto lo strattona verso il divano. Un colpo netto, che gli stringe la cintura attorno ai polsi. Può già vedere i segni sulla pelle. Li vede sotto la cintura, li sente, perché sa che ci sono. Gli unici segni che Makoto gli abbia mai lasciato addosso. (Sempre e solo segni che sbiadiscono. Così da doverli ricalcare spesso.)
Gli preme una mano sulla schiena, in mezzo alle scapole. Segue la curva della sua spina dorsale attraverso la maglietta e poi scivola con le dita sotto l’orlo, risalendo verso l’alto. La maglietta si solleva, impigliata al suo braccio. Haruka chiude gli occhi e la immagina perché non può vederla – le braccia di Makoto, i bicipiti gonfi, i flessori nervosi e tesi, le sue spalle enormi nelle quali affondare le unghie –, ed è così duro che fa quasi male.
- Stai fermo, Haru-chan. – dice Makoto. Haruka obbedisce. Stringe le dita attorno allo schienale del divano e si morde un labbro. Cerca di trovare la forza di resistere, ma quando Makoto stringe l’elastico dei suoi pantaloni fra le dita e li sospinge giù lungo le sue gambe non riesce ad impedirselo, ondeggia i fianchi, e Makoto lo sculaccia. – Fai il bravo, - dice. Haruka geme liquido, e Makoto lo sculaccia ancora. E poi lo accarezza lentissimo, le dita che sfiorano la pelle arrossata e poi scivolano fra le sue natiche, stuzzicando la sua apertura.
Lo accarezza da fuori, sfiorandolo appena col pollice. Lo fa apposta, naturalmente, apposta per guardarlo inarcarsi ed ascoltarlo gemere. Haruka ansima, stringe i pugni e sente la cintura stringersi più forte attorno ai polsi. Non può muoversi e non lo farebbe anche se potesse. Chiude gli occhi e aspetta di sentire dentro le dita di Makoto, e quando succede si sente esplodere in un gemito liquido che riecheggia nella stanza silenziosa, e subito dopo Makoto si ferma.
- No, - mugola Haruka, ondeggiando i fianchi, - Aspetta, ancora un po’…
Ma Makoto si allontana, scivola fuori dal suo corpo e Haruka ne sente la mancanza come di un braccio o una gamba, e si morde un labbro, e geme insoddisfatto, e Makoto si preme tutto contro di lui e all’improvviso l’universo collassa, e tutto, tutto, ogni cosa, si concentra sulla sensazione fisica del suo cazzo teso e duro premuto contro una coscia.
Può sentirlo anche attraverso i pantaloni, può sentirlo come se fossero nudi, e lo vuole come se al mondo non esistesse nient’altro.
- Makoto. – lo chiama. Gli trema la voce.
Makoto si piega su di lui, gli sorride contro una guancia e poi lo bacia. Haru vuole sentire le sue labbra sulle proprie, la sua lingua nella bocca, è assetato di lui, e volta il capo. Non chiede un bacio, ma quello arriva comunque, lento e ipnotico e bagnato. Sa di Makoto, e di qualcosa di dolce che stava sgranocchiando mentre studiava. È una cosa intima e loro, qualcosa di cui essere grato. Haruka mostra tutta la sua gratitudine ondeggiando i fianchi ancora una volta, invitando Makoto ad avvicinarsi ancora, a guidare la sue erezione verso l’alto, fra le sue natiche. Quando la sente strofinarsi contro la sua apertura, appena bagnata sulla punta, Haruka geme ancora. Prova a sollevare le braccia e a raddrizzare la schiena per aggrapparsi al suo collo, ma Makoto lo spinge in basso ancora una volta, lo costringe a restare piegato in avanti.
- Voglio scoparti così, Haru-chan, - dice, la sua voce è il soffio più dolce del mondo, - Così posso vederti.
Guardami, pensa Haruka, guardami, guardami, scopami, non farmi più aspettare.
Makoto entra dentro di lui in un colpo secco. Haruka sente ogni centimetro della sua erezione scavare un centimetro dentro al suo corpo, e fa così male che vorrebbe urlare, ed è così bello che quasi urla per davvero. Makoto è enorme ed Haruka lo sente ovunque, ed è forte e intenso e suo, tutto suo, così suo che vuole trattenerlo dentro di sé per sempre, e contrae i muscoli attorno a lui per invitarlo ad affondare di più, per convincerlo a non andare più via.
Si muovono insieme, e Makoto detta il ritmo, veloce da subito, forte da subito. Non lo scopa, lo sbatte. Il divano trema sotto di loro, anche se si appoggiano appena. Scivola in avanti, strisciando contro il pavimento, ma nessuno dei due lo sente. L’aria è pesante di gemiti soffocati, del ripetersi continuo dei loro nomi mentre si chiamano l’un l’altro solo per la curiosità di scoprire di cosa sa poterlo fare.
Quando i gemiti di Haruka cominciano a diventare lamenti confusi, Makoto stringe la mano a pugno attorno alla sua erezione e lo masturba svelto, senza dargli il tempo di adattarsi al ritmo. Ed Haruka, che stava rincorrendo il suo orgasmo, si ritrova da un momento all’altro ad esserne inseguito, e quando lo coglie lo fa di sorpresa, costringendolo ad inarcare la schiena in una parentesi improvvisa e tesa fino allo spasmo, il capo gettato indietro, le labbra spalancate in un grido dal respiro cortissimo.
Non gli resta niente, dopo essere venuto, neanche la forza di reggersi in piedi. Si aggrappa al divano ed appoggia le ginocchia contro il bordo mentre Makoto continua a muoversi dentro di lui, lo scopa piano, adesso, sussurrandogli all’orecchio quanto è bello, quanto è stretto, quanto lo ama. La sua voce lo culla, lo calma, e poi lo fa rabbrividire quando lo avverte di stare per venire.
È talmente confuso e i suoi sensi sono talmente sovraccarichi che lo sente appena, almeno fino a quando Makoto non esce da lui, e il suo orgasmo gli gocciola lungo una coscia.
Makoto sorride, accarezzandogli la schiena.
- Haru-chan, - dice, prima di inginocchiarsi dietro di lui e leccarlo fino a ripulirlo tutto, - Sei così carino.
Pochi minuti dopo, Makoto torna a sedersi sul divano. Il suo sorriso è di nuovo il solito, allegro e sereno, e ad un certo punto, mentre si risistemavano addosso i vestiti, è perfino arrossito. Haruka non si abituerà mai a questa parte di lui, ma ne è felice. È felice di potere continuare ogni giorno a guardare Makoto e stupirsi di quanto è bello. Da qualche parte lungo il percorso, mentre camminavano insieme, ha capito senza bisogno di dirselo che è questo l’amore, per lui. Poter continuare a guardare fisso qualcuno senza mai smettere di stupirsi quando, per l’ennesima volta, realizzi di non poter fare a meno di lui.
Dopo essersi seduto, per un istante Makoto lancia un’occhiata colpevole ai libri. Sta pensando che dovrebbe tornare a studiare. Sta anche pensando che, se non lo fa, più tardi, quando non avrà più tempo per farlo, si sentirà in colpa.
Ma quando Haruka gli si siede sulle ginocchia, gli allaccia le braccia attorno al collo e lo bacia, Makoto non lo respinge. Lo lascia accoccolarsi contro il suo petto, in silenzio, e lo accarezza lentamente, sempre in silenzio, senza che Haruka abbia bisogno di chiedergli di farlo. Sono le serate come quelle, quelle in cui parlare è superfluo, le migliori di tutte.