Genere: Romantico
Pairing: SanXAshitaka, KayaXAshitaka
Rating: PG13
AVVISI: Spoiler, Incompleta.
- Sono passati due anni dal termine dell'avventura che ha coinvolto tutti i protagonisti, Ashitaka vive poco lontano dalla città del ferro. Lui e San non si sono più visti, finchè un giorno lui non cade in una misteriosa malattia. Cosa lo aiuterà a guarire?
Commento dell'autrice: Inserirò un mio commento quando avrò concluso la storia è_é
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The Power Of Love
6° capitolo
L’alchimista


Non le sembrava vero di stare viaggiando a quel modo già da quattro giorni. Fino a qualche tempo prima la sola possibilità di una partenza, il semplice intravederne il caso all’orizzonte, era sufficiente a farla tremare, ed a portarla a nascondersi nella sua grotta. Lasciare la foresta? Mai e poi mai.
Non sapeva esattamente perché, ma era chiaro che di lasciare il suo nido, la sua tana, casa sua, insomma, non ne voleva sapere. I lupi, suoi fratelli, non le dicevano nulla. A loro faceva piacere se lei rimaneva. L’amavano, la volevano accanto.
Eppure, adesso che era lontana da quel posto, lontana da loro, rimpiangeva tutto quel tempo. Tutto il tempo che aveva passato lontana da Ashitaka, senza sapere nulla di lui. Tutto il tempo passato in solitaria contemplazione dei fiori e delle foglie, quando avrebbe potuto aiutarlo, avrebbe potuto accorgersi in tempo della sua malattia, avrebbe potuto evitare che si arrivasse tanto oltre. Avrebbe potuto essere in tempo. Ed invece era arrivata tardi, e non sapeva neanche se trascinare l’alchimista da lui l’avrebbe aiutato davvero o anche la famosa sacerdotessa avrebbe abbassato la mani, arrendendosi di fronte a quello stranissimo male.
Sì, perché… che cos’aveva, Ashitaka?
I kodama le avevano detto qualcosa, qualcosa di decisamente poco chiaro. Non mangiava, ma non esattamente per mancanza di appetito. Loro gliel’avevano impedito, più volte, e solo dopo lui perdeva la voglia di mangiare. Ma perché? Perché mai gli dei avrebbero voluto che Ashitaka morisse di fame? O semplicemente non mangiasse?
San non si stupiva che, debole com’era in seguito al digiuno, la malattia avesse preso possesso del suo corpo molto più velocemente del normale. Ma cos’era, poi, la normalità? Non aveva mai sentito parlare di un male del genere. Non ne conosceva le cause, e non aveva mai saputo di nessuno che ne fosse stato afflitto.
Non sapeva minimamente cosa fare per Ashitaka.
Ma forse, forse qualcun altro avrebbe potuto fare qualcosa. Un alchimista è più di un erborista, è più di uno sciamano ed è più anche di un monaco. Un alchimista è un medico. È uno che queste cose le ha studiate. È uno che fa al caso suo.
Quattro giorni erano passati, da quando era andata via dopo aver messo a letto Ashitaka raccomandandogli di non sforzarsi ed attenderla con fiducia. Si era affidata a Yakkul, lo stambecco sembrava avere una precisa idea di dove si trovasse il villaggio degli emishi, tanto che quando lei gli si era avvicinata per salutarlo, raccontandogli in un bisbiglio cosa stava andando a fare e dove intendeva andare, s’era messo a scalpitare, desideroso di partire. Un bravo animale, quello. Amava davvero il suo padrone.
E così, San andava avanti senza preoccuparsi della direzione, premurandosi solo di rimanere a cavallo di Yakkul, che correva veloce verso l’obbiettivo fermandosi solo per bere e brucare un po’ d’erba, permettendole così di nutrirsi e dissetarsi a sua volta.
Quel viaggio era stancante, ma in termini puramente estetici davvero bello; aveva visitato luoghi meravigliosi, aveva visto tramontare il sole ogni sera dietro un promontorio diverso, né l’aveva mai visto sorgere, il mattino dopo, dallo stesso luogo. Aveva mangiato frutti dei quali poco tempo prima ignorava perfino l’esistenza. Aveva corso con gli occhi pieni dei colori del cielo, ed era solo questo che le aveva impedito di piangere.
*

- Kaya-sama, vi prego, aiutatemi! Mio figlio ha la febbre alta, non so più che fare! È in queste condizioni da giorni e non accenna a migliorare!
La ragazza guardò con apprensione la sua coetanea che era entrata di corsa nella capanna, stringendo fra le braccia un fagottino tremante.
- Portalo qui! – disse perentoria ma dolcemente. – Povero piccolo… - gli passò una mano sul pancino, chiudendo gli occhi. – Cosa ha mangiato?
- Solo il mio latte, Kaya-sama…
Lei annuì.
- Dunque non dargliene più. Affidalo ad una balia, per nutrirlo.
La ragazza la fissò sconsolata, con le lacrime agli occhi.
- Ma c’è qualcosa che non va nel mio latte…?
Kaya sorrise rassicurante, poggiandole una mano sulla spalla, scossa dai singhiozzi.
- Forse no. Forse è soltanto qualcosa che hai mangiato tu ed a cui il bambino ha reagito male, ma noi non possiamo saperlo con certezza e non possiamo neanche rischiare: un’altra febbre come questa potrebbe essergli fatale, e sai bene quanto le nuove nascite siano importanti per questo villaggio.
La ragazza annuì.
- Dunque lo guarirete?
Kaya sorrise.
- Ma certo!
*

Era stanca, quella sera. Da quando l’anziana era morta, designando lei quale sua erede, tutto il peso del villaggio era gravato su di lei. Senza più principe nei dintorni, la guida spirituale era lei, la miko alchimista. Aveva studiato tanto per poter garantire serenità al suo popolo, aveva modificato le tecniche. Non più solo arti magiche, ma arti mediche, erboristeria. Questo le aveva permesso di salvare più di una vita in pericolo, ed adesso la situazione delle nascite non era più grave come un tempo. Certo, non si poteva dire che il villaggio pullulasse di infanti, ma… era pure sempre un passo avanti.
Seduta sull’erba, poco fuori dal paese, sollevò gli occhi al cielo. La luna era spaventosamente grande, e questo metteva in agitazione tutti gli abitanti. Gli anziani non facevano altro che ripetere, da anni, che tantissimo tempo prima l’ultimo principe degli emishi aveva abbandonato i suoi sudditi in una notte con la medesima luna. Kaya la ricordava, quella notte. Ashitaka era partito solo pochi anni prima, e non aveva abbandonato il suo popolo, era partito sofferente, cercando una cura per qual braccio maledetto.
E comunque lei non aveva paura delle notti come quella. Se era scomparso in una notte simile, allo stesso modo sarebbe riapparso.
*

Un villaggio. Poco distante, a dirla tutta. Yakkul era continuamente scosso da fremiti d’eccitazione, poteva sentirlo.
Era arrivata…
La stanchezza accumulata e repressa durante la cavalcata cominciò a farsi sentire in quell’esatto momento, ma San era soddisfatta: aveva raggiunto il suo scopo. Si abbandonò sul collo dello stambecco, e, quando giunse vicino a Kaya, già dormiva.
*

- Yakkul…?
Lo mormorò piano nella notte, quel nome. Quasi avesse paura che dirlo a voce più alta potesse farlo sparire, in caso si fosse trattato di un’illusione. Ma no, quello era proprio Yakkul! Lo stambecco di Ashitaka, la sua inseparabile cavalcatura! Dovunque l’uno si trovasse, l’altro lo seguiva come un’ombra!
Per questo, Kaya sorrise, sorrise di cuore, nel corrergli incontro mentre, dimentica della stanchezza fino a poco prima così pesante, dopo aver intravisto la figura a cavallo, invocava quel nome, non più Yakkul, ma Ashitaka, Ashitaka, Ashitaka, bentornato Ashitaka!
Ma la persona dormiente, con un sorriso soddisfatto sul volto, non era Ashitaka, no. Era una donna. Sconosciuta.
Una donna sconosciuta a cavallo di Yakkul, e di Ashitaka nessuna traccia.
*

- Ti senti un po’ meglio, adesso…?
Una voce dolce la risvegliò dal suo torpore, e lei si sentì grata per le poche gocce di quel liquido amaro che le scorrevano sulle labbra. Fu come rinascere.
- Cosa… è…?
- Un ricostituente. – rispose la stessa voce dolce. – E’ un po’ amaro, lo so, ma ti farà stare meglio.
- G-Grazie…
Aprì gli occhi e, lentamente, si mise seduta, guardando con attenzione la giovane donna che le stava di fronte. Capelli neri raccolti in una coda dietro la nuca, e kimono da miko. Si guardò intorno, scorgendo due grandi tavoli colmi di vasetti ed ampolline di ogni tipo. Poco più in là, una cesta di vimini contenente numerosi papiri ingialliti ed arrotolati. Riportò lo sguardo sulla ragazza, sorridendo soddisfatta.
- Sembra che io ti abbia trovata senza difficoltà.

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